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Autore: Corydona    10/09/2021    0 recensioni
Sequel di "Selenia - Trono rovesciato"
Le Ombre della Notte tengono Selenia sotto scacco. Uomini e donne scelti tra le corti di Selenia tramano di nascosto per sovvertire l'equilibrio che per secoli aveva resistito. Quell'equilibrio però si è incrinato con l'uccisione di Guglielmo Lotnevi. A cosa mirano le Ombre? Da chi sono comandate?
Nulla è come sembra, e presto anche coloro che credevano di avere la situazione in pugno dovranno fare i conti con la realtà.
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Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Lo scroscio della pioggia si riversava su Nilerusa dal primo pomeriggio, tanto che sua madre aveva scherzato dicendo che il dio Sole stava calpestando le nuvole correndo da una parte all'altra. Menta sorseggiò un po' di quell'infuso caldo che profumava di erbe aromatizzate e che Carmen le preparava ogni volta in cui si sentiva debole. Nel breve periodo trascorso insieme a Bianca De Ghiacci non aveva dimenticato com'era sentirsi coccolata da quelle premure e si chiese, forse scioccamente, se lei ne ricevesse. Aveva saputo tramite il Tirfusama che stava bene e che era tornata nel Pecama, nel suo piccolo regno.

Soffiò sulla bevanda fumante, fissando ipnotizzata il fumo che saliva alto. Si accorse che dalla manica spuntava la stanga della M marchiata con il fuoco sul suo polso e lo ricoprì alla svelta: non riusciva a guardarlo, a evitare di sentirsi colpevole. Ma per cosa? Lei non aveva commesso alcun crimine, come Melissa aveva detto per rassicurarla. Certo, alcuni suoi comportamenti o legami personali potevano apparire non irreprensibili agli occhi di una regina severa; in ogni caso, quel simbolo di eterna condanna era sempre lì, pronto a ricordarle che era l'ultima erede di una stirpe maledetta e che nemmeno Bianca l'aveva salvata. Bevve un sorso bollente, ripensando alla De Ghiacci.

Roberto era stato ucciso da Raissa sotto i suoi occhi, e lei non aveva potuto fare niente se non guardarlo cadere nel mare.

Una piccola parte di Menta aveva sempre temuto che anche al proprio fratello fosse riservato un destino simile, se non addirittura peggiore. Incontrare Angelo, da questo punto di vista, le aveva restituito la leggera sensazione di saperlo ancora in vita.

Qualcuno bussò alla porta, facendola sobbalzare: suo padre era ancora al centro di Nilerusa e non sarebbe rientrato prima della sera. Quando Carmen aprì la porta, Menta trasalì.

Sull'uscio era apparsa Alcina Primavera. Si trattenne all'esterno, spiando con occhiate gelide la famiglia che teneva sotto controllo, con dei soldati di sua fiducia che la vegliavano giorno e notte. Strinse la presa sulle pieghe scure del vestito abbastanza per evitare che il fango lo sporcasse.

Carmen si fece di lato. «Maestà, entrate.»

«Non resterò a lungo.» La regina fece saettare lo sguardo intorno per l'ambiente, arricciando il naso.

Menta si alzò in piedi in segno di rispetto, ma la donna le rivolse un gesto quasi impercettibile per dirle di rimanere al suo posto. Sembrava che volesse mostrare la sua distanza anche fisica da quella dinastia.

«Non siete tutti. Non ha importanza, so dov'è chi manca.»

«Ci state spiando?» Angelo era l'unico a non essere intimorito da lei, tanto che per diversi giorni aveva lasciato scoperto il suo marchio sulla pelle, un segno di orgoglio da sfoggiare per aver sfidato una delle sovrane più temute di Selenia.

«Non avreste pensato che vi avrei lasciati qui dopo che avete tentato di sfidare i limiti imposti dalla maledizione.» Alcina mantenne lo sguardo fisso sul giovane, che ricambiava con aria di sfida. Rimase immobile per alcuni istanti prima di sorridere tra sé, soddisfatta. «Come immaginavo. Tu non sei chi hai finto di essere e io per una sciocca sensazione di vittoria mi sono lasciata ingannare.»

Menta trasalì di nuovo. Se lei era in grado di scoprire tanto facilmente i segreti delle persone solo guardandole, avrebbe presto conosciuto il suo. Inspirò ed espirò profondamente, sperando che il panico non le attanagliasse le viscere e che, soprattutto, la Primavera non le leggesse nel pensiero. Giampiero le aveva rivelato che ne era capace e le aveva consegnato una collana con uno strano ciondolo di pietra scura che lei doveva indossare in ogni momento: una protezione dalla magia, aveva detto il marchese. Lo sentiva gelido contro la sua pelle, sotto gli strati di vestiti che la difendevano dagli spifferi che si insinuavano gelidi dentro casa.

«Perché avrei dovuto fingere e prendermi la marchiatura?» Angelo fece un passo avanti, ponendosi come scudo tra Carmen e la regina.

«Non te la farò pagare, perché sei sordo alle ferite e la tua morte non sarebbe utile a nessuno. E a me servi vivo.» La voce di Alcina era fredda, a rimarcare una decisione già presa. «Voglio che tu conduca qui il vero Virgilio Gredasu.»

«M-ma, Maestà,» provò a obiettare Carmen, «come può lui sapere dove si trova? È stato qui per mesi...»

La sovrana sorrise. «Sono certa che sarà in grado di svolgere questo compito. Probabilmente avevano già ideato il piano in caso di cattura, visto che hanno dimostrato di non essere degli sprovveduti.»

«Non vi permetterò mai di marchiarlo.» Angelo aveva fatto un passo avanti, per nulla intimorito dall'alone di autorità che la donna emanava.

«Cosa farò o non farò di lui non dipende da te. Hai un mese di tempo.»

«E se non lo facessi?»

«Sarai morto, così come lui non appena i miei uomini lo troveranno al tuo posto.» Lo disse con semplicità, quasi noncuranza, e la sua espressione risoluta fu uno schiaffo per Carmen, impallidita e sul punto di svenire. «Prendi questa.» Dal mantello estrasse una spada con tanto di fodero. Sull'elsa era inciso il suo fiore di magnolia. «Vedi, ti sto concedendo l'onore di una delle armi dei miei fedelissimi. Non mi aspetto che tu riponga la tua fiducia in me, ma apprezzerai il mio tentativo.»

«Ho delle alternative?»

«Nel tuo ultimo soggiorno al castello non sei stato torturato. Non vorrei chiamare i soldati che mi hanno scortata fin qui e ordinare di catturarti.»

Dietro quel sorriso e quel tono gentile, le parole della sovrana suonavano pronunciate da un dio maligno. O, almeno, così suonarono alle orecchie di Menta, che ne rimase attonita. Non erano stati torturati, ma il dolore della marchiatura era impresso nella sua memoria, indelebile come la traccia sulla sua pelle. Che Alcina avesse davvero intenzione di torturarlo se non avesse obbedito?

La regina gli lasciò l'arma tra le mani, ma lo trattenne quando il giovane fece per estrarre la lama dal fodero. «Questo non è il luogo adatto.»

«Non è una spada normale» commentò lui, asciutto. «Ha della magia?»

«Lo scoprirai da solo. Ricorda che hai un compito da svolgere e un mese di tempo per farlo. Portami il capitano della Millenaria e quella spada sarà tua per sempre.»

Angelo strinse l'impugnatura, acquietandosi. La scrutò con attenzione, con l'animo che ribolliva sottopelle, ponderando la richiesta della Primavera e i benefici che ne avrebbe ricevuto. Si era lasciato sfuggire per caso con Menta di non aver mai posseduto una spada, ma che quelle che avevano sulla nave erano utilizzate indifferentemente da tutti i marinai in caso di scontro con i pirati. Nemmeno nelle missioni via terra ne aveva avuta una che potesse considerare propria e, nonostante affermasse di essere abile nei combattimenti, la mancanza di un'arma con cui prendere confidenza era un piccolo macigno che gli pesava. Sembrava che Alcina avesse colpito il punto giusto per ottenere il suo appoggio.

«Ho la vostra parola che non lo ferirete né ucciderete?»

Lei chinò il capo, con un impercettibile assenso. «Lederlo non è nel mio interesse.»

«D'accordo, parto subito.» Prese una sacca da viaggio, pronta per l'eventualità di una fuga improvvisa più che per eseguire gli ordini della donna che l'aveva relegato lì. Indossò un mantello che si era procurato al mercato di Nilerusa e si congedò da Carmen con un abbraccio, sotto lo sguardo indifferente di Alcina.

Scambiò un'occhiata con Menta e le si avvicinò con passo incerto. Non avrebbe potuto dire nulla che le due donne non avrebbero colto, dunque rimasero senza parole di commiato e con solo una stretta di mano come addio.

La sovrana posò lo sguardo su Carmen non appena Angelo se ne fu andato. La nobile decaduta era sconvolta, temeva che aver taciuto la verità – è cioè che quello non era suo figlio – potesse avere delle catastrofiche conseguenze. «Non vi punirò per averlo tenuto nascosto: la lealtà è sempre ammirevole, ma non ho finito con voi. Menta verrà con me a Castelvetro.»

«Cosa sarà di lei?»

La giovane socchiuse gli occhi. Sua madre non aveva battuto ciglio quando si era trattato del futuro di Virgilio, perché preoccuparsi per l'altra figlia?

«Diventerà una donna di corte. Ormai la maledizione è stata infranta, quindi non vedo motivo per cui tenere segregati gli ultimi Gredasu.»

«Sarò una pedina politica?» La domanda sorse spontanea dalle sue labbra, senza che lei potesse impedirlo. Si rese conto solo in un secondo momento di aver utilizzato termini particolari, appresi da Melissa e non da Bianca. L'amuleto l'avrebbe protetta, si ricordò, la regina non avrebbe scoperto il suo segreto.

«Sarai molto di più. Raduna i tuoi effetti personali e poi partirai con me.»

«Avete parlato degli ultimi Gredasu.»

«Infatti mi sono occupata di loro due. Menta e Virgilio hanno dimostrato di essere persone di valore, per questo li voglio con me. Non ti devo altre spiegazioni. Tu e tuo marito siete liberi di restare qui o di andare altrove, se questo regno vi reca ricordi spiacevoli. Non vi perseguiterò oltre, perché il vostro destino non mi interessa né mi riguarda più.»

«Ma, Maestà, noi non potremmo...»

«No.»

Alcina fece una smorfia infastidita, quasi disgustata, disprezzando l'ardire che quella donna, sua suddita, aveva tentato di sfoggiare. Era un coraggio che non possedeva davvero, era solo il mero desiderio di conquistare uno status che non le apparteneva. Era nobile di sangue, ma il sangue non era tutto.

Altrimenti i nobili del Defi non trascorrerebbero le loro giornate in futilità.

«Sei ancora qui?»

Menta non si era mossa di un passo. «Non ho nulla da portare con me.»

La sovrana inclinò la testa di lato, occhieggiando i vasi di spezie sul terreno. «Quelli sì, se vuoi: nel castello ci sono poche distrazioni se non ami i pettegolezzi. A meno che tua madre non vi sia così affezionata da non poterne fare a meno.»

Carmen roteò gli occhi in alto: non comprendeva per quale motivo se la regina accoglieva i suoi figli a corte non poteva fare altrettanto con lei. Aveva accettato la sua condizione, ma se era vero che la maledizione era stata spezzata, allora anche lei era meritevole di cambiare il suo stile di vita.

Alcina ghignò, piegando un angolo della bocca, proprio per provocarla. Dietro l'aspetto e il comportamento mansueto che la Gredasu aveva dimostrato nei suoi anni di vita trascorsi lì, c'era l'attesa di un futuro migliore, di ricevere la grazia da lei o da Tancredi... Eppure non aveva compiuto niente che le permettesse di ottenerla. Si divertì a osservare l'irrequietezza che le traspariva dai lineamenti delicati del viso. «Allora, vuoi tenerli o tua figlia può portarli con sé?»

«I-io... non so se...» La ragazza balbettò contorcendosi le mani. Erano tornate a essere il suo solo scopo da quando era tornata dopo la marchiatura e non avrebbe desiderato separarsene; ma lei come poteva saperlo? Non le aveva letto nella mente, ne era certa. Forse Carmen aveva ceduto.

«Lo interpreto come un sì.» Alcina schioccò le dita e un uomo si precipitò lì, fermandosi al suo cospetto con un inchino. Senza alcuna cerimonia lei indicò le piantine, come impartendogli ordini con il pensiero. «Nella carrozza, e porta qui un mantello pesante.»

Quello eseguì all'istante, tornando con un tessuto scuro tra le mani, simile a quello che indossava la regina, tanto che Menta si chiese se era un vecchio capo del suo guardaroba.

«Indossalo e metti anche il cappuccio.»

Non se lo fece ripetere due volte e vi si rintanò, provando un piacevole tepore al contatto con la pelliccia all'interno. Per il freddo aveva indossato gli stivali con cui era partita ormai diversi mesi prima insieme al marchese. Quel regalo di un abile artigiano si era rivelato più utile di quanto avesse immaginato.

«Addio.» Voltò le spalle a sua madre, consapevole che non sarebbe più tornata. Se da un lato la vita tranquilla la faceva sentire a proprio agio, dall'altro quei giorni lontano dal Defi le avevano fatto scoprire la sensazione di libertà, una libertà che lei non aveva alcun motivo per non meritare e che le era stata impedita dalla condotta di un avo fuori di testa. E, soprattutto, che i suoi genitori non avevano neanche provato a restituire a lei e Virgilio.

La sovrana la fece accomodare nella carrozza, dandole la precedenza. Menta era certa che non sarebbe capitato altre volte, forse voleva controllare che non scappasse. Alcina prese posto di fronte a lei e le rivolse un sorriso accennato, un istante prima che i cavalli partissero, sbalzando la giovane che si aggrappò appena in tempo allo sportello per non cadere addosso alla regina.
«Il vero motivo per cui sei qui è più complesso.» Menta sobbalzò all'udire quella voce gelida rivolgersi a lei con tono confidenziale. «Nella mia corte sono circondata da nobili mediocri, perché sono più facili da controllare e obbediscono ai miei ordini senza sollevare obiezioni. Ho bisogno di persone più sveglie e coraggiose. Sono pochi coloro che godono della mia piena fiducia e devo infittirne le fila.»

«Chiedo perdono, Maestà, ma non credo di essere adatta per consigliarvi.»

Un angolo della bocca della donna si incurvò verso l'alto. «Non è quello che ti chiederò. Ti offro la mia fiducia in cambio di te.»

Lei non si prese neanche un minuto prima di rispondere: in cuor suo aveva già deciso. «La accetto e apprezzo che siate voi ad avere fiducia in me, ma continuo a non capire come potrò servirvi.»

«Di questo ci occuperemo domani mattina insieme agli altri, perché si tratta di una faccenda delicata. Per questa sera dovrai solo riposarti, ho già predisposto una camera per te e ho ordinato un tuo guardaroba nuovo, visto che come corporatura sei simile alla principessa non è stato impegnativo. Troverai degli abiti più consoni e ti farò portare la cena. Immagino che tu non abbia ancora mangiato.»

Menta scosse la testa.

La regina non aggiunse una parola, immersa nelle sue riflessioni. Il suono della pioggia picchiava sulla carrozza e le accompagnò per tutto il tragitto fino a Castelvetro.

   
 
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