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Autore: Brume    10/09/2021    8 recensioni
Parigi, 2017.
Oscar vive una vita tranquilla, ha un ottimo lavoro ed una certa fama, conquistata nel tempo, in campo accademico. E' una studiosa d' arte e passa la sua vita viaggiando. Dopo alcune esperienze d' amore tormentate, conosce Axel; anche questa storia non funziona ma lascia, almeno, una buona amicizia. Un mattino riceve una lettera: è Andrè, una vecchia conoscenza. Gli chiede di incontrarla...
Tutto ciò che accade in seguito a questi eventi porterà i tre protagonisti a fare un esame delle proprie vite, soprattutto Oscar ed Andrè si ritroveranno alle prese con un sentimento tormentato.
Questa storia è la mia prima AU, ambientata nel 2017. Vediamo che ne esce =)!
Aggiunta fanart ultimo capitolo =) !!! B.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAP.7    Mille fili. Un solo destino.



 

Ci abbiamo provato, Andrè.

Abbiamo provato ad amarci, abbiamo provato ad odiarci.

Tu hai mandato all’ aria un matrimonio ed io ho cercato di rifarmi una vita  ma nulla, niente di tutto questo continuare ad incaponirsi ci ha portato distanti e lontani. 

 

Mai.

 

Siamo sempre rimasti insieme, uniti da questi mille fili, in un solo destino: fili a volte sottili, a volte grezzi; colorati, spesso anche in bianco e nero. 

Lontani migliaia di chilometri, questi fili hanno trovato la via, passando attraverso pianure, monti, oceani.


Ora eccoci qui.

Tu sei steso a letto, stai riposando. 

Sei stato un paio di giorni in ospedale, ti hanno tenuto osservazione e dato qualche punto; quando ti sei svegliato mi hai visto, hai chiuso gli occhi ed hai sospirato.

Io non ho detto nulla.

Ho aspettato pazientemente lungo i corridoi, accanto ad Axel, che tu ti riprendessi da  quanto è accaduto.Una settimana dopo - oggi - ti abbiamo riportato a casa.

Durante il viaggio non hai profferito una parola, mi hai solo chiesto notizie di Belle.

Sta bene, mi sono presa cura di lei ti ha risposto Axel. 

Tu hai sorriso.

Quando siamo arrivati a casa, hai voluto salire le scale con le tue gambe. Io ed Axel ci siamo presi solo un attimo: lui mi ha guardato, mi ha dato una carezza ed ha detto è giusto così. 

Io...io mi sono voltata a guardarti, ho baciato Axel sulla guancia e l' ho guardato andare via... poi ti ho raggiunto. Ringraziano in cuor mio l’ uomo, l’amico che per anni ho avuto accanto.

 

Tu eri già in poltrona.

Dove sei ora. 

Silenzioso.

 

La sera sta scendendo, nel frattempo. 

Prendo Belle, la porto a fare un piccolo giro...stiamo a spasso forse una mezz'ora o giù di lì.È davvero brava.

"Dove siete state?" Mi sento chiedere quando rientro; sgancio il guinzaglio al cane, sollevo lo sguardo.

 Sei seduto nella poltrona vicino alla finestra.

"Andrè...ti pensavo a letto. Io e Belle siamo state al parco. Abbiamo fatto nuovi amici"  rispondo.

Il tuo sguardo dolce si posa su di me. Vedo le labbra muoversi  ma non ne esce nulla; ti lascio solo e vado in cucina, inizio a guardarmi in giro, per la cena.

"Grazie, Oscar." Sento dirti, quando sono di la; mi appoggio al lavello, chino la testa, mi viene da piangere. Ma faccio finta di nulla, spio nella dispensa.

Trovo qualcosa di pronto e sorrido, prendo una padella e seguendo le istruzioni preparo tutto. Non accendo il gas:  torno di la a sentire se ti sta bene. 

"Per la cena ci sarà da accontentarsi" dico. 

Tu che stai guardando fuori dalla finestra con Belle al tuo fianco ti giri. 

Sei ancora pallido, il viso è un pò gonfio, coperto da cerotti.

“Grazie davvero Oscar. Scusami per tutto ciò che ho causato…” mi dici solamente.

Io mi  sono seduta sul divano, ti fisso,  i nostri occhi non si vogliono staccare. Il mio cuore batte all'impazzata, sono ancora sorpresa e spaventata per quanto è accaduto.

 

“Avrei voluto fosse diverso. Sono tornato qui per rifarmi una vita...per… per provare a riallacciare i rapporti con te. Dopo quella telefonata...non sono più riuscito a stare lontano” aggiungi dopo un momenti di silenzio.

Non so cosa dire.

Non so cosa dirti perchè anche io, alla fine, ho cercato sollievo tra le braccia di Axel, e non solo una volta. Dopo che si è lasciato con Marie, con te lontano, mi è sembrata la cosa più logica da fare. 

 

“Che c’è? A cosa stai pensando? Ti ho turbato con le mie parole?” chiedi. Ti alzi, mi dai le spalle. Osservi la neve che ha ricominciato a cadere.

“...no, non mi hai turbata. Sto solo pensando...a tutto ciò che è accaduto, a tutto quello che abbiamo passato. All'orgoglio, alla stupidità, alle leggerezze che entrambi abbiamo compiuto. A quella notte a Vienna, che non ho mai dimenticato” rispondo.

Ti volti.

Mani in tasca, ora ritto davanti alla finestra,  volto basso.

I tuoi occhi fanno capolino solo un istante.

“Nemmeno io l’ho mai dimenticata. Avrei dovuto...avrei dovuto fermarmi allora, restare con te, a tutti i costi” mi dici.

Ci avviciniamo.

Con passi lenti, per la prima volta dopo i giorni dell’ ospedale , siamo uno di fronte all’ altro. Mi prendi le mani, le stringi forti.

“Sei ancora della stessa idea, Oscar? Lasciamo andare le cose come vanno?” mi chiedi; io non so cosa rispondere.
Il mio cuore vorrebbe lanciare tutto ciò che c’è stato prima alle ortiche, ricominciando da capo, ricominciando tutto ma quel briciolo di razionalità no, me lo impedisce...quindi sto zitta, non rispondo. 

Tu capisci.

Zoppicando, ti allontani.
Esci dalla porta, attraversi il corridoio e vai nel tuo studio; ne torni con un involucro che poni sul grande tavolo di ciliegio poco distante da noi.

“Ti avevo preso un regalo, l'ho fatto fare apposta per te. La mia intenzione era di tornare a Parigi e fartelo avere, in qualche modo” dici.

Guardo te e guardo quell’ involucro voluminoso.

Mi avvicino, ti guardo, quasi a chiedere il permesso di aprirlo.
Tu, accanto a me, mi incoraggi.

“Se vuoi accettarlo...è tuo. Aprilo” dici.

Le mie dita prendono delicatamente il filo di spago, sciogliendolo. Pian piano ne srotolo il contenuto, avvolto nel velluto e nella carta da pacchi.

Quando arrivo a sfiorare il tessuto e la trama capisco; è un arazzo. 

“Andrè…” sussurro “ ma...è un arazzo… “

“Si. L’ ho fatto fare apposta per te” rispondi.

Con cautela tolgo le coperture e le lascio in un angolo. Davanti a me è steso una magnifica opera d'arte che riconosco al volo: è una delle Danze Macabre italiane che ho studiato, forse la più bella. In realtà si tratta di un Trionfo della Morte. Lo osservo estasiata.

“Ti piace?” mi domandi.

 Nel frattempo sei tornato a sederti.

Io sono senza fiato. 

Guardo te, guardo l’ arazzo: sono commossa e sospiro, poi inizio a singhiozzare.

Senza nemmeno accorgermene mi lascio andare.

 Finisco per accucciarmi per terra piangendo come una fontana, coprendomi il viso con le mani; piango tutte le mie lacrime, le mie tensioni, la mia vita di questi ultimi anni.

Quando riapro gli occhi ti trovo davanti a me. 

Inginocchiato, mi porgi la tua mano. Silenziosamente mi aiuti, mi rialzo, sento le tue braccia cingermi, le tua mani affondare nei miei capelli.

Appoggio il viso alla tua spalla e mi lascio cullare, come una bambina; i miei sospiri riempiono l’ aria. 

“Mia adorata Oscar” dici “ ora...dobbiamo solo riposarci un pò. Io non voglio obbligarti a prendere una decisione, non ti chiederò nulla. Posso solo offrirti la mia casa per ora, se la vuoi, un letto in più c’è e se vuoi stare qui. Poi, vedremo” .

Annuisco, è tutto ciò che riesco a fare; poi mi stacco da te.

“Ora...ora è meglio che vada a preparare qualcosa da mangiare” ti dico. 

“Lascia stare. Se hai voglia di camminare, a pochi passi da qui c’è uno dei miei locali preferiti.” 

Ti guardo.

“Ce la fai? Sei sicuro?” domando.

Mi fai cenno di si con la testa.

Prendiamo i cappotti, dunque, e dopo pochi minuti siamo per la strada, vicini, senza tuttavia sfiorarci. Camminiamo lenti e ci guardiamo nei dintorni.

“Cosa ci facevi, qui ad Arras?” mi domandi ad un certo punto.

“Axel...lui non l'aveva mai vista. Così abbiamo preso la macchina e siamo venuti qui… “ rispondo.

 Mi aggiusto la sciarpa nel frattempo.

“...Tu...da quanto tempo eri qui? Quando sei arrivato?” ti chiedo.

“ Nemmeno un mese, Oscar” rispondi.

Siamo quasi arrivati, mi fai un cenno con la mano. 

“Pensi di fermarti?” chiedo, ancora, mentre entriamo.

“Per sempre” rispondi. Poi te ne vai verso l’ ingresso.

 

Siamo entrati, attendiamo sulla porta; la cameriera arriva , ci fa accomodare. 

Chiede cosa sia successo ad Andrè e poi ci lascia dei menu. 

Il posto è davvero carino, c’è gente di tutte le età. Ti vedo salutare alcune persone e parlarci nello strano dialetto che avete qui e mi fa tanto ridere; è il primo, vero momento in cui riesco a rilassarmi.

Quando li saluti e ti giri verso di me inconsapevolmente, forse per un riflesso, poni la tua mano sulla mia. 

Ti lascio fare.

Mi emozioni, come non mai.

Ci fissiamo, sorridiamo. Dopo un attimo arriva la cameriera.

La nostra serata passa così, al tavolo di un locale, dove continuiamo a parlare senza sosta di noi e dei nostri sogni, senza mai sfiorare alcuni argomenti; la conversazione è quasi leggera ma si continua a sentire quella tensione.

Il tuo volto ha ripreso un pò di colore dopo avere mangiato; ma non sei ancora sazio.

“Ti andrebbe della cioccolata?” mi chiedi. La cioccolata, il nostro dolce preferito. Quello che ci preparava tua nonna, anche quando eravamo ormai cresciuti, adulti e vaccinati.

“Certo” rispondo. Le nostre mani sono ancora intrecciate, si sono riprese. I nostri corpi parlano per noi.

Alzi la mano, ne ordini un paio; il locale si è ormai svuotato e Luc, il padrone, finisce per sedersi con noi.

 

Quando usciamo di li è l’ una.

Siamo stanchi. 

Sono stati giorni intensi in cui la mente ed i corpi non si sono mai fermati.

La strada del ritorno è lunga, sembra quasi raddoppiata...per lo meno questa è la nostra impressione.

Arriviamo a casa in silenzio.

“Se mi dai cinque minuti, ti preparo il letto. E’ nel mio studio” dici.

“Posso pensarci io, se mi dici dove trovare le cose” rispondo seguendoti. 

Apri la porta, Belle ci viene incontro, la salutiamo.

Andrè cerca di piegarsi sulle ginocchia ma rischia di perdere l’ equilibrio. 

La stanchezza si fa sentire.

Quando si rialza, si avvia verso lo studio; apre il divano letto scuro nella parte sinistra della stanza, a fianco della scrivania.

“Sei sicura di fare da sola?”domanda.

“Si, non preoccuparti” rispondo. 

Dunque va e torna dopo pochi istanti, con le lenzuola, che posa sul tavolinetto basso vicino ad una abat-jour.

“Grazie. Grazie davvero, Andrè” gli dico. Lui sorride, china leggermente la testa.

“Buonanotte, Oscar” mi dice prima di chiudere la porta.

 

Ma la notte...non è buona.

 

Dopo essermi sistemata e messa a letto, rimango sveglia almeno tre ore, prima di prendere sonno...e sento che la stessa cosa succede a te, nella stanza di fronte.

 

Cosa devo fare?

Cosa è giusto fare?

 

Continuo a chiedermi, senza trovare mai una risposta; sono le cinque quando, esausta, il mio corpo cede e prendo sonno. Ma non passano nemmeno dieci minuti che i miei occhi si riaprono: ho sentito un rumore.

Non accendo la luce.

Credo di sapere cosa stia accadendo. Trattengo il giato.

 

Sento il tuo corpo stendersi accanto a me.

Non mi tocchi, non mi sfiori, ma sei vicino; il tuo respiro mi arriva sotto la coltre delle coperte,  mi sfiora il collo.

“Andrè…” sussurro, con la voce improvvisamente rauca, stanca.

“Non dire nulla, Oscar. Ti prego, lasciami stare vicino a te. Solo un istante. Solo un attimo” mi dici, sottovoce.

Io combatto ancora un pò con la mia razionalità, ma so già che è una battaglia persa. 

 

Caccialo. 

Non lasciarlo qui.

Dice la mia mente.

 

Voltati.

Bacialo.

Stringilo tra le tue braccia.

Mi dice il cuore.


Sospiro.

Tu fai lo stesso.

 

Cedo.

 

Mi volto verso di te, trovo il tuo viso ad aspettarmi.

Ci guardiamo a lungo, uno sguardo in cui passano tutti gli anni della nostra vita, tutti i giorni, i minuti, gli attimi.

Poi, come spinti dal vento di una tempesta, i nostri corpi si avvicinano e siamo insieme, ci ritroviamo. 

Ci baciamo, quasi senza respirare, mentre i nostri cuori si aprono, mentre i respiri si fanno sempre più intensi, mentre le labbra si sfiorano e giocano; lasciamo andare entrambi la ragione, lasciamo che fugga lontano.

 

Questa notte è solo nostra.

Anche domani.

E dopo domani, ancora: è ora di vivere.

 

E’ ora di essere felici.

 
mille
   
 
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