3) Scottanti rivelazioni
Ci volle un bel po’ prima che Kaori
realizzasse appieno quanto appena rivelatole. Sentir pronunciare il nome del
defunto fratello era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata di udire quella
sera.
– M-mio fratello ha lavorato a questo
caso?
– Sì, purtroppo non ho ancora chiare
molte cose. Tieni, guarda – rispose lui porgendole dei vecchi fogli, - sono gli
interrogatori firmati da Maki – aggiunse per poi attendere ch’ella potesse
leggerli con tutta calma. La donna non si fece pregare due volte divorando le
parole stampate più e più volte: l’interrogatorio di Kyoko era stato condotto
con estrema professionalità da Maki e si sentì profondamente fiera di ciò.
Traspirava vividamente, nonostante la formalità di quegli atti, tutta l’onestà
dell’uomo che era. Lo capì dalle domande, poste con tono calmo ma inflessibile,
dalla volontà di arrivare alla verità anche quando sembrava già designata e per
il rispetto del suo ruolo e di chi gli si affidava disperatamente. Sì, quello
era indubbiamente suo fratello. Non le fu difficile immaginarsi la scena: lui
seduto al tavolo di quello che era poco più di un buio sgabuzzino, gli occhiali
dismessi nel taschino della sua bianca camicia e la solita espressione dipinta
in volto, quella che assumeva quando era dannatamente serio. – Non c’è dubbio.
Si tratta di Maki – commentò poi, risvegliatasi dal suo sogno ad occhi aperti.
– Te l’avevo detto – confermò lui
quasi incoraggiandola. -Be’, visto che sei qui, ti va di sentire una bella
storia? – continuò smorzando i toni, quasi per farle dimenticare quella
giornata decisamente troppo pesante per entrambi.
Annuì.
Lo sweeper narrò con dovizia di
particolari quanto appreso da quel disordinato dossier, evitando di riempire
l’incerta linea temporale dei fatti con sue supposizioni. Quelle era lecito
farle, ma non avrebbero aggiunto dati oggettivi e verificabili. Kaori ascoltò
in silenzio senza mai interromperlo. In cuor suo si sentiva già meglio: Ryo si
fidava di lei e lo stava dimostrando a modo suo con un gesto del genere. – Credo
di non aver mancato nulla, bel casino, eh?
– La versione di Kyoko regge.
- Sì, vero, ma perché le crediamo.
Però guarda tutto da un’altra prospettiva, non ci sono prove di ciò che dice,
nessuna, Kaori.
– Ma le credi perché questo è il
tipico caso perfetto e nessun caso lo è, Maki me lo diceva spesso nelle rare
occasioni in qui mi parlava dei tempi in centrale.
- Bingo! Troppe dichiarazioni strane
combaciano tra loro come se fossero state preorganizzate per montare un
processo farsa.
– Strano che non abbiano seguito la
pista dell’esperimento – commentò la donna cercando un senso in tutta quella
assurda vicenda.
– Io credo che Maki ci abbia provato.
Era un tipo troppo meticoloso per ignorare la cosa.
– Ora capisco perché Kyoko non si è
rivolta alla polizia prima di pedinarti disperatamente… non ha più alcuna
fiducia nella legge.
– Sai, Kaori. Ora lo credo anch’io e
ti dirò di più. Lui era fin troppo per quelli lì. Non l’ho mai biasimato per
aver abbandonato i panni del detective. “Pochi arresti e tante finzioni”, mi ripeteva
sempre – narrò Ryo sedendosi composto e a braccia conserte. – Paradossalmente
sono stati casi come questo ad avvicinarlo al mestiere di sweeper – concluse
specchiandosi tristemente nello sguardo della donna che amava. Quelle ultime
parole gli avevano lasciato l’amaro in bocca.
– So a cosa stai pensando e non devi –
lo ammonì lei. – sono orgogliosa dell’uomo che era, non darti colpe che non
hai.
– Kaori…
– E se questo è un altro patetico
tentativo per liberarti di me… sappi che è tutto fiato sprecato! – lo
rimproverò impettita.
– Capisco, capisco, non ti agitare! – si
difese lui divertito alzando le mani in segno di resa, - andiamo a sentire
ancora una volta che dice la nostra amica, ti va? – terminò offrendole il
braccio gentilmente per sommo imbarazzo della donna che non poté fare a meno di
esibire un bellissimo sorriso, uno di quelli che amava tanto.
– Con molto piacere.
****
Convincere Kyoko ad uscire dalla
stanza nella quale s’era barricata tutto il giorno si stava rivelando
un’impresa pantagruelica. La ricercatrice ignorava gli accorati inviti di Kaori
e quelli più… “diretti” di Ryo opponendosi al dinamico duo con un tombale
silenzio radio. – Kyoko, come possiamo aiutarti se non ti decidi a parlarci? –
ribadì per l’ennesima volta Kaori.
– A mali estremi, estremi rimedi! –
bofonchiò lo sweeper a bassa voce rialzandosi, ancor più di quanto non lo
fossero già, le maniche della giacca. Inutile sottolineare come tale
dichiarazione non passò inosservata alla sua collega, pronta a colpirlo senza
pietà.
– Psst, vieni qui – sibilò nei suoi confronti
con giusto un filo di voce.
– S-sì?.
– Mantienimi questo un attimo – nelle
sue mani un grosso sacco spuntato chissà da dove.
– Ma ti pare il momento di fare il Babbo
Natale?!
Ignorandola prese a tirare fuori di
tutto da quel sacco senza fondo: costumi vari, maschere, coriandoli…
addirittura un naso da clown ch’aveva visto giorni migliori. – Ah, trovato! –
esultò sventolando un paio di folti baffi, neri come la pece.
– Lo sapevo sarebbe arrivato il giorno
in cui avresti perso il senno!
– Abbi fede. Ha detto non vuole
parlare con noi, giusto? – sussurrò il più piano possibile cercando di non
attirare l’attenzione della donna dietro la porta. – Allora parlerà con John
Oates! Ho anche il travestimento da Daryl Hall pronto per te se vuoi farmi da
spalla.
– Hall e Oates? Cosa c’entrano dei
musicisti? – obiettò Kaori, confusa come non mai da tutta quella pantomima.
Ancora una volta lo stallone di Shinjuku s’era deciso a dimostrare le sue
perfette abilità di imitatore intonando fieramente in sequenza varie canzoni
del duo statunitense che tanto spopolava anche nel paese del Sol Levante.
“Sei un cretino!”, questa l’ultima
frase avvertita dal povero Ryo prima di ritrovarsi sotto cento tonnellate di
martello.
– Uffa! Se preferivi altro bastava
dirlo… magari un po’ di Kahoru Kohiruimaki – esalò a fatica schiacciato da quel
peso enorme.
– Sempre il solito! Ti sembra il
momento?!
Nonostante la fallimentare esecuzione
il piano strampalato dell’imitatore di Shinjuku si rivelò un successo, in
quanto Kyoko aveva finalmente abbandonato il suo rifugio attirata da tutto quel
trambusto. Trattenere una fragorosa risata le fu molto difficile una volta
fuori. – Mi avessi cantato “Out Of Touch” sarei uscita prima – scherzò.
Missione compiuta, Saeba.
****
Il ricostituito trio si ritrovò seduto
ancora una volta sul luogo del misfatto. Ryo si raccomandò mentalmente un paio
di volte di non aprir più bocca per considerazioni inopportune. Trovare i
tasselli mancanti era imperativo.
– Kyoko, ho indagato sul caso, non lo
nego – cominciò rivelando semplicemente le sue carte. – I fatti effettivamente
portano dalla tua parte, ma non mi basta e per accettare di aiutarti devo
sapere tutto o non se ne fa più niente. Queste sono le regole, prendere o
lasciare.
– Accetto.
– Bene, siamo tutt’orecchi.
– Sì, ci avevi visto giusto. Masatoshi
era il mio fidanzato. Non ve l’ho detto prima perché, e sembrerà stupido,
temevo il vostro giudizio. Temevo mi avreste bollata come una pazza che vuole
vendetta scuotendo la sua spada sdentata in giro – disse tirando un lungo respiro.
Guardò negli occhi il suo interlocutore e per un momento si sentì totalmente
inerme, come rapita dall’intensità di quello sguardo. Mai nessuno prima di
allora le era parso così indecifrabile, inavvicinabile.
– Mi spiace avervi dato una brutta
impressione, ma quando ho rivisto il fantasma del dubbio nei miei confronti non
ce l’ho fatta più. La polizia non mi ha mai creduto se non per un detective, a
chi mi sarei potuta rivolgere se non a City Hunter?
- Il detective di cui parli, - intervenne
Kaori, - si chiamava per caso Hideyuki Makimura?
– Sì, perché?
– Era mio fratello… e il precedente
socio di Ryo.
– Oh… non ne avevo idea. E dov’è ora?
– Makimura è morto – tagliò corto lui.
– Abbandonata la vita da servitore della legge s’era dedicato a questo
mestiere. Cosa ricordi di quelle indagini? Uno come lui non mollava mai la
presa.
- Il detective fu l’unico a credermi e
credo venne ostracizzato per questo – spiegò Kyoko, cercando di rammentare il
più possibile di quei terribili giorni. – Lottò con tutte le sue forze per scongiurare
quella farsa, pagando infine un prezzo elevato. Venni a sapere infatti di una
nota di demerito ai suoi danni a pochi giorni dalla prima udienza… poi il
trasferimento ad un altro caso per ordine di un superiore.
Tsk, tipico di Maki. Così diligente
Kaori, assimilate stoicamente le nuove
notizie, prese le redini del discorso con grande sorpresa del suo socio, incalzando
la scienziata. – Che n’è stato del progetto? –
– Senza i dati di Masa sono andati a
rilento per tutti questi anni ma non credo abbiano mai smesso di sperimentare
in realtà, non dopo i primi risultati positivi – rispose per poi aggiungere, –
nessuno del team era veramente indispensabile a parte lui, infatti sono pronta
a scommettere che sono l’unica superstite ad oggi.
– E tu come hai fatto a salvarti? – incalzò
l’altra metà di City Hunter.
– Non ero ritenuta un pericolo, anzi, il
resto viene da sé – argomentò la donna. – Inoltre non potevano uccidermi, non
durante il processo, ma si facevano comunque sentire come un’ombra soffocante,
tanto da farmi desistere nelle mie indagini personali. Dopo le prime condanne
scappai via da Tokyo cercando di sfuggire al mio destino…
Ryo stava prendendo nota di tutto con estrema
attenzione: da un lato poteva dire d’essere molto fiero dell’atteggiamento di
Kaori e del suo approccio; dall’altro si chiedeva quali potessero essere le ripercussioni
per la ragazza a dover affrontare un caso così torbido. Si alzò per andare a
guardar fuori dalla finestra. La luna pallida in cielo illuminava, assistita da
mille fiaccole colorate, tutta la città, insonne come sempre. Il peccato
affondava quotidianamente le sue fauci in quel cuore di metallo e solitudine
urbana, eppure l’innegabile fascino di quel panorama non mancava mai di
appagarlo.
– Voglio dei nomi – disse, – è tempo di
ripagare questi stronzi con la loro stessa moneta.
– Pff. A saperli! Non li ho mai incontrati di
persona, però so che si fanno chiamare i “Conti Bianchi”.
– I “Conti bianchi”, dici?
Interessante – mormorò. – Un’ultima cosa e poi possiamo chiuderla qui – riprese
con tono cordiale tornato al suo posto. – Raccontami del giorno in cui t’ho
salvata.
****
- Incredibile che tu abbia dimenticato
una donna, Ryo – lo canzonò la sua partner mentre richiudeva la porta dell’auto.
– Non è proprio da te.
- Be’, siamo in due, Kaori. Anche la
nostra ricercatrice ha i ricordi un po’ confusi – puntualizzò lui salendo
lentamente una rampa di scale. Si trovavano all’indirizzo prefissato la sera
prima: i due infatti erano in missione presso un vecchio condominio, meta
indicata da Kyoko come casa del defunto professore. Lì, anni fa, s’era
concentrato quel gioco di eventi che aveva portato la scienziata a incombere
prepotentemente nella sua vita e in quella della collega. – Questo deve essere
l’appartamento del professore – esclamò dinanzi la porta numero “tre” dello
stabile.
– Guardati intorno, provo a
scassinarla.
Come mi sono ridotto…
Fu proprio il destino, o così aveva
ripetuto più volte la “cliente” rievocando l’episodio, a propiziare l’incontro
tra i due. Aveva narrato la sera precedente di come fosse stata da lui salvata
dopo una rocambolesca fuga dal luogo che si apprestava a profanare; aveva
narrato degli spari e della sua voce a rassicurarla nel buio più assoluto.
– Certo che Kyoko ama complicarmi la vita –
commentò armeggiando con la serratura. – Ricordo certamente di una sparatoria a
pochi passi da qui, pensai all’epoca si trattasse di un tentativo di stupro – chiarì
sovrappensiero, – ricordo delle grida soffocate e poi l’inferno. Uomini armati
fino ai denti per una sola ragazza? Un po’ troppo a pensarci bene. Non riuscii
ad acciuffarli ma la cosa più strana fu che ad attendermi una volta tornato
indietro non c'era più nessuno.
– Possibile che il trauma di quella
notte terribile le faccia ricordare le cose in modo confuso?
– Forse, ma credo non sia finita qui –
concluse non troppo convinto. Poi un clic. – Prego, dopo di te.
Il piccolo locale era rimasto
pressoché limpido, questo grazie ai tentativi della famiglia del defunto di
preservarne lo spirito. L’ingresso, costeggiato da muri stretti, era tappezzato
da ritagli di giornale riguardo le sue conquiste accademiche, da titoli vari e
da qualche foto messa lì quasi a spezzare la monotonia di quel blocco di parole.
Si fermò a guardarne una ritraente l’uomo intento a pescare seduto alle rive
del fiume Uji.
Kaori, in religioso silenzio, assecondava
i suoi movimenti per tentare di ricostruirne la metodicità e motivo. Aveva appreso
molto da quando aveva cambiato vita e continuava a farlo giorno dopo giorno: a
volte l’era capitato di ricevere dei complimenti per i progressi fatti e la
gioia di quei momenti era per lei immensa. Seguì il passo ritrovandosi nella
stanza principale.
Un appartamento come tanti altri, chissà
se troveremo qualcosa di utile.
E in effetti le impressioni della
donna erano reali. Un arredamento minimalista decorava pochi metri quadrati. Poche
le cose degne di nota, se così era possibile definire il tutto: una tv che
aveva sicuramente visto giorni migliori campeggiava triste nel suo vetusto grigiore
alla loro sinistra, un vecchio giradischi e dei vinili di Tatsuro Yamashita spuntavano
disordinati da una piccola mensola alla loro destra. Il futon, arrotolato alla
bene e meglio in un angolo, raffigurava la solitudine di una vita spesa per la
scienza. La banale ordinarietà di un uomo solo.
– Cosa stiamo cercando esattamente,
Ryo? – chiese ponendosi esattamente al centro della stanza.
– Non so, Kyoko è passata di qui quella
sera e volevo solo ripercorrerne i passi – rispose asetticamente lo sweeper
avvicinatosi alla mensola. Ne tirò fuori un album e cominciò a leggerne le
canzoni presenti. – “For You” di Tatsuro Yamashita. Un intenditore.
– Troveremo la verità – commentò lei fermandosi
al suo fianco senza farsi troppo convincere da quella risposta, – lo faremo
anche per Maki.
Sorrise spontaneamente a quell’incoraggiamento
sentendosi rinvigorito dal quel gesto così nobile e puro. Cosa avrebbe fatto
senza di lei?
– Hai ragione! Lo faremo anche per
lui.
– Ecco, quindi via quel brutto musone –
lo schernì lei sorridendo a sua volta.
Kaori, come fai? Come fai a rendere
tutto così semplice e complicato allo stesso tempo?
– Prima di andar via darò una occhiata
anche in bagno, però prima vorrei dirti una cosa.
– Uh?
– Mi dispiace per ieri, ehm… non avrei
dovuto dirti quelle cose. Non potrei desiderare una collega migliore di te, Kaori
– confessò in un impeto di sincerità per gran sorpresa della donna che a stento
riuscì a contenere un verso.
– Ryo…
A quella sincera dichiarazione non
seguì altro, in quanto interrotti d’improvviso dal sordo tonfo di un oggetto che
aveva sfondato la finestra alle loro spalle. In pochi attimi si ritrovarono
avvolti da una cappa densa e grigiastra. Qualcuno aveva teso loro una
imboscata.
– Kaori non respirare! – gridò a
fatica prendendola per mano.
Una voce efebica risuonò fuori
sadicamente attirando la loro attenzione.
– City Hunter… giochiamo a fare la
guerra?
Fine capitolo
Eccoci
ancora una volta al solito (e invadente me ne rendo conto) angolo dello
scrittore. Ringrazio come sempre tutti voi che avete recensito, letto, seguito
o solo spulciato questa mia opera. Sono contento che il caso sino ad ora vi
stia piacendo, veramente. Per quanto riguarda i nostri amati, Ryo finalmente
sta comprendendo che vivere i propri sentimenti non è per forza un punto
debole, anzi. Peccato per l’imboscata, mannaggia, eheh. Scusate per la
citazione kitsch al classico “The Warriors” (1979) con la provocazione finale,
ma ho sempre desiderato farlo!
Piccole
curiosità, ho infarcito il capitolo di piccoli dettagli musicali come omaggio ad
un’arte a me cara (sono un musicista a mia volta). City Hunter è bello anche
per le sue atmosfere anni ’80 e la sua cultura pop, quindi mi è sembrato carino
tratteggiarle con riferimenti ad hoc. In ordine citati:
Hall
& Oates – duo statunitense che ha spopolato nelle classifiche di mezzo
mondo.
Kahoru
Kohiruimaki, voce della sigla “Ai Yo Kienaide” per l’anime di City Hunter (non
vorrei sbagliare ma credo sia la prima opening).
E
poi Tatsuro Yamashita, musicista pop di grande pregio, autore di una lunga
serie di album di successo in quella decade (e ancora di grande rilievo per la
scena giapponese).
Fine
del mio momento inopportuno.
A
presto!