Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: Stormwind    14/09/2021    3 recensioni
La verità è un brutto vizio: una volta che inizi a dirla non smetti più e Ryo Saeba lo sa bene. Costruirsi una intoccabile fortezza attorno al cuore potrebbe non bastare a proteggere e a proteggersi. Basta un incontro durante una notte come tante e ciò che credi al sicuro non lo è più. Un nuovo caso per il nostro duo preferito metterà a dura prova City Hunter da ogni punto di vista. Quella che sembra una richiesta di protezione come tante diverrà un pericolosa mina pronta ad esplodere. Riusciranno Ryo e Kaori ad uscirne illesi? Non vi resta che scoprirlo!
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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3) Scottanti rivelazioni

 

Ci volle un bel po’ prima che Kaori realizzasse appieno quanto appena rivelatole. Sentir pronunciare il nome del defunto fratello era l’ultima cosa che si sarebbe aspettata di udire quella sera.

– M-mio fratello ha lavorato a questo caso?

– Sì, purtroppo non ho ancora chiare molte cose. Tieni, guarda – rispose lui porgendole dei vecchi fogli, - sono gli interrogatori firmati da Maki – aggiunse per poi attendere ch’ella potesse leggerli con tutta calma. La donna non si fece pregare due volte divorando le parole stampate più e più volte: l’interrogatorio di Kyoko era stato condotto con estrema professionalità da Maki e si sentì profondamente fiera di ciò. Traspirava vividamente, nonostante la formalità di quegli atti, tutta l’onestà dell’uomo che era. Lo capì dalle domande, poste con tono calmo ma inflessibile, dalla volontà di arrivare alla verità anche quando sembrava già designata e per il rispetto del suo ruolo e di chi gli si affidava disperatamente. Sì, quello era indubbiamente suo fratello. Non le fu difficile immaginarsi la scena: lui seduto al tavolo di quello che era poco più di un buio sgabuzzino, gli occhiali dismessi nel taschino della sua bianca camicia e la solita espressione dipinta in volto, quella che assumeva quando era dannatamente serio. – Non c’è dubbio. Si tratta di Maki – commentò poi, risvegliatasi dal suo sogno ad occhi aperti.

– Te l’avevo detto – confermò lui quasi incoraggiandola. -Be’, visto che sei qui, ti va di sentire una bella storia? – continuò smorzando i toni, quasi per farle dimenticare quella giornata decisamente troppo pesante per entrambi.

Annuì.

Lo sweeper narrò con dovizia di particolari quanto appreso da quel disordinato dossier, evitando di riempire l’incerta linea temporale dei fatti con sue supposizioni. Quelle era lecito farle, ma non avrebbero aggiunto dati oggettivi e verificabili. Kaori ascoltò in silenzio senza mai interromperlo. In cuor suo si sentiva già meglio: Ryo si fidava di lei e lo stava dimostrando a modo suo con un gesto del genere. – Credo di non aver mancato nulla, bel casino, eh?

– La versione di Kyoko regge.

- Sì, vero, ma perché le crediamo. Però guarda tutto da un’altra prospettiva, non ci sono prove di ciò che dice, nessuna, Kaori.

– Ma le credi perché questo è il tipico caso perfetto e nessun caso lo è, Maki me lo diceva spesso nelle rare occasioni in qui mi parlava dei tempi in centrale.

- Bingo! Troppe dichiarazioni strane combaciano tra loro come se fossero state preorganizzate per montare un processo farsa.

– Strano che non abbiano seguito la pista dell’esperimento – commentò la donna cercando un senso in tutta quella assurda vicenda.

– Io credo che Maki ci abbia provato. Era un tipo troppo meticoloso per ignorare la cosa.

– Ora capisco perché Kyoko non si è rivolta alla polizia prima di pedinarti disperatamente… non ha più alcuna fiducia nella legge.

– Sai, Kaori. Ora lo credo anch’io e ti dirò di più. Lui era fin troppo per quelli lì. Non l’ho mai biasimato per aver abbandonato i panni del detective. “Pochi arresti e tante finzioni”, mi ripeteva sempre – narrò Ryo sedendosi composto e a braccia conserte. – Paradossalmente sono stati casi come questo ad avvicinarlo al mestiere di sweeper – concluse specchiandosi tristemente nello sguardo della donna che amava. Quelle ultime parole gli avevano lasciato l’amaro in bocca.

– So a cosa stai pensando e non devi – lo ammonì lei. – sono orgogliosa dell’uomo che era, non darti colpe che non hai.

– Kaori…

– E se questo è un altro patetico tentativo per liberarti di me… sappi che è tutto fiato sprecato! – lo rimproverò impettita.

– Capisco, capisco, non ti agitare! – si difese lui divertito alzando le mani in segno di resa, - andiamo a sentire ancora una volta che dice la nostra amica, ti va? – terminò offrendole il braccio gentilmente per sommo imbarazzo della donna che non poté fare a meno di esibire un bellissimo sorriso, uno di quelli che amava tanto.

– Con molto piacere.

 

 

****

 

Convincere Kyoko ad uscire dalla stanza nella quale s’era barricata tutto il giorno si stava rivelando un’impresa pantagruelica. La ricercatrice ignorava gli accorati inviti di Kaori e quelli più… “diretti” di Ryo opponendosi al dinamico duo con un tombale silenzio radio. – Kyoko, come possiamo aiutarti se non ti decidi a parlarci? – ribadì per l’ennesima volta Kaori.

– A mali estremi, estremi rimedi! – bofonchiò lo sweeper a bassa voce rialzandosi, ancor più di quanto non lo fossero già, le maniche della giacca. Inutile sottolineare come tale dichiarazione non passò inosservata alla sua collega, pronta a colpirlo senza pietà.

 – Psst, vieni qui – sibilò nei suoi confronti con giusto un filo di voce.

– S-sì?.

– Mantienimi questo un attimo – nelle sue mani un grosso sacco spuntato chissà da dove.

– Ma ti pare il momento di fare il Babbo Natale?!

Ignorandola prese a tirare fuori di tutto da quel sacco senza fondo: costumi vari, maschere, coriandoli… addirittura un naso da clown ch’aveva visto giorni migliori. – Ah, trovato! – esultò sventolando un paio di folti baffi, neri come la pece.

– Lo sapevo sarebbe arrivato il giorno in cui avresti perso il senno!

– Abbi fede. Ha detto non vuole parlare con noi, giusto? – sussurrò il più piano possibile cercando di non attirare l’attenzione della donna dietro la porta. – Allora parlerà con John Oates! Ho anche il travestimento da Daryl Hall pronto per te se vuoi farmi da spalla.

– Hall e Oates? Cosa c’entrano dei musicisti? – obiettò Kaori, confusa come non mai da tutta quella pantomima. Ancora una volta lo stallone di Shinjuku s’era deciso a dimostrare le sue perfette abilità di imitatore intonando fieramente in sequenza varie canzoni del duo statunitense che tanto spopolava anche nel paese del Sol Levante.

“Sei un cretino!”, questa l’ultima frase avvertita dal povero Ryo prima di ritrovarsi sotto cento tonnellate di martello.

– Uffa! Se preferivi altro bastava dirlo… magari un po’ di Kahoru Kohiruimaki – esalò a fatica schiacciato da quel peso enorme.

– Sempre il solito! Ti sembra il momento?!

Nonostante la fallimentare esecuzione il piano strampalato dell’imitatore di Shinjuku si rivelò un successo, in quanto Kyoko aveva finalmente abbandonato il suo rifugio attirata da tutto quel trambusto. Trattenere una fragorosa risata le fu molto difficile una volta fuori. – Mi avessi cantato “Out Of Touch” sarei uscita prima – scherzò.

Missione compiuta, Saeba.

 

 

****

Il ricostituito trio si ritrovò seduto ancora una volta sul luogo del misfatto. Ryo si raccomandò mentalmente un paio di volte di non aprir più bocca per considerazioni inopportune. Trovare i tasselli mancanti era imperativo.

– Kyoko, ho indagato sul caso, non lo nego – cominciò rivelando semplicemente le sue carte. – I fatti effettivamente portano dalla tua parte, ma non mi basta e per accettare di aiutarti devo sapere tutto o non se ne fa più niente. Queste sono le regole, prendere o lasciare.

– Accetto.

– Bene, siamo tutt’orecchi.

– Sì, ci avevi visto giusto. Masatoshi era il mio fidanzato. Non ve l’ho detto prima perché, e sembrerà stupido, temevo il vostro giudizio. Temevo mi avreste bollata come una pazza che vuole vendetta scuotendo la sua spada sdentata in giro – disse tirando un lungo respiro. Guardò negli occhi il suo interlocutore e per un momento si sentì totalmente inerme, come rapita dall’intensità di quello sguardo. Mai nessuno prima di allora le era parso così indecifrabile, inavvicinabile.

– Mi spiace avervi dato una brutta impressione, ma quando ho rivisto il fantasma del dubbio nei miei confronti non ce l’ho fatta più. La polizia non mi ha mai creduto se non per un detective, a chi mi sarei potuta rivolgere se non a City Hunter?

- Il detective di cui parli, - intervenne Kaori, - si chiamava per caso Hideyuki Makimura?

– Sì, perché?

– Era mio fratello… e il precedente socio di Ryo.

– Oh… non ne avevo idea. E dov’è ora?

– Makimura è morto – tagliò corto lui. – Abbandonata la vita da servitore della legge s’era dedicato a questo mestiere. Cosa ricordi di quelle indagini? Uno come lui non mollava mai la presa.

- Il detective fu l’unico a credermi e credo venne ostracizzato per questo – spiegò Kyoko, cercando di rammentare il più possibile di quei terribili giorni. – Lottò con tutte le sue forze per scongiurare quella farsa, pagando infine un prezzo elevato. Venni a sapere infatti di una nota di demerito ai suoi danni a pochi giorni dalla prima udienza… poi il trasferimento ad un altro caso per ordine di un superiore.

Tsk, tipico di Maki. Così diligente

Kaori, assimilate stoicamente le nuove notizie, prese le redini del discorso con grande sorpresa del suo socio, incalzando la scienziata. – Che n’è stato del progetto? –

– Senza i dati di Masa sono andati a rilento per tutti questi anni ma non credo abbiano mai smesso di sperimentare in realtà, non dopo i primi risultati positivi – rispose per poi aggiungere, – nessuno del team era veramente indispensabile a parte lui, infatti sono pronta a scommettere che sono l’unica superstite ad oggi.

– E tu come hai fatto a salvarti? – incalzò l’altra metà di City Hunter.

– Non ero ritenuta un pericolo, anzi, il resto viene da sé – argomentò la donna. – Inoltre non potevano uccidermi, non durante il processo, ma si facevano comunque sentire come un’ombra soffocante, tanto da farmi desistere nelle mie indagini personali. Dopo le prime condanne scappai via da Tokyo cercando di sfuggire al mio destino…

 Ryo stava prendendo nota di tutto con estrema attenzione: da un lato poteva dire d’essere molto fiero dell’atteggiamento di Kaori e del suo approccio; dall’altro si chiedeva quali potessero essere le ripercussioni per la ragazza a dover affrontare un caso così torbido. Si alzò per andare a guardar fuori dalla finestra. La luna pallida in cielo illuminava, assistita da mille fiaccole colorate, tutta la città, insonne come sempre. Il peccato affondava quotidianamente le sue fauci in quel cuore di metallo e solitudine urbana, eppure l’innegabile fascino di quel panorama non mancava mai di appagarlo.

 – Voglio dei nomi – disse, – è tempo di ripagare questi stronzi con la loro stessa moneta.

 Pff. A saperli! Non li ho mai incontrati di persona, però so che si fanno chiamare i “Conti Bianchi”.

– I “Conti bianchi”, dici? Interessante – mormorò. – Un’ultima cosa e poi possiamo chiuderla qui – riprese con tono cordiale tornato al suo posto. – Raccontami del giorno in cui t’ho salvata.

 

 

****

 

- Incredibile che tu abbia dimenticato una donna, Ryo – lo canzonò la sua partner mentre richiudeva la porta dell’auto. – Non è proprio da te.

- Be’, siamo in due, Kaori. Anche la nostra ricercatrice ha i ricordi un po’ confusi – puntualizzò lui salendo lentamente una rampa di scale. Si trovavano all’indirizzo prefissato la sera prima: i due infatti erano in missione presso un vecchio condominio, meta indicata da Kyoko come casa del defunto professore. Lì, anni fa, s’era concentrato quel gioco di eventi che aveva portato la scienziata a incombere prepotentemente nella sua vita e in quella della collega. – Questo deve essere l’appartamento del professore – esclamò dinanzi la porta numero “tre” dello stabile.

– Guardati intorno, provo a scassinarla.

Come mi sono ridotto…

Fu proprio il destino, o così aveva ripetuto più volte la “cliente” rievocando l’episodio, a propiziare l’incontro tra i due. Aveva narrato la sera precedente di come fosse stata da lui salvata dopo una rocambolesca fuga dal luogo che si apprestava a profanare; aveva narrato degli spari e della sua voce a rassicurarla nel buio più assoluto.

 – Certo che Kyoko ama complicarmi la vita – commentò armeggiando con la serratura. – Ricordo certamente di una sparatoria a pochi passi da qui, pensai all’epoca si trattasse di un tentativo di stupro – chiarì sovrappensiero, – ricordo delle grida soffocate e poi l’inferno. Uomini armati fino ai denti per una sola ragazza? Un po’ troppo a pensarci bene. Non riuscii ad acciuffarli ma la cosa più strana fu che ad attendermi una volta tornato indietro non c'era più nessuno.

– Possibile che il trauma di quella notte terribile le faccia ricordare le cose in modo confuso?

– Forse, ma credo non sia finita qui – concluse non troppo convinto. Poi un clic. – Prego, dopo di te.

Il piccolo locale era rimasto pressoché limpido, questo grazie ai tentativi della famiglia del defunto di preservarne lo spirito. L’ingresso, costeggiato da muri stretti, era tappezzato da ritagli di giornale riguardo le sue conquiste accademiche, da titoli vari e da qualche foto messa lì quasi a spezzare la monotonia di quel blocco di parole. Si fermò a guardarne una ritraente l’uomo intento a pescare seduto alle rive del fiume Uji.

Kaori, in religioso silenzio, assecondava i suoi movimenti per tentare di ricostruirne la metodicità e motivo. Aveva appreso molto da quando aveva cambiato vita e continuava a farlo giorno dopo giorno: a volte l’era capitato di ricevere dei complimenti per i progressi fatti e la gioia di quei momenti era per lei immensa. Seguì il passo ritrovandosi nella stanza principale.

Un appartamento come tanti altri, chissà se troveremo qualcosa di utile.

E in effetti le impressioni della donna erano reali. Un arredamento minimalista decorava pochi metri quadrati. Poche le cose degne di nota, se così era possibile definire il tutto: una tv che aveva sicuramente visto giorni migliori campeggiava triste nel suo vetusto grigiore alla loro sinistra, un vecchio giradischi e dei vinili di Tatsuro Yamashita spuntavano disordinati da una piccola mensola alla loro destra. Il futon, arrotolato alla bene e meglio in un angolo, raffigurava la solitudine di una vita spesa per la scienza. La banale ordinarietà di un uomo solo.

– Cosa stiamo cercando esattamente, Ryo? – chiese ponendosi esattamente al centro della stanza.

– Non so, Kyoko è passata di qui quella sera e volevo solo ripercorrerne i passi – rispose asetticamente lo sweeper avvicinatosi alla mensola. Ne tirò fuori un album e cominciò a leggerne le canzoni presenti. – “For You” di Tatsuro Yamashita. Un intenditore.

– Troveremo la verità – commentò lei fermandosi al suo fianco senza farsi troppo convincere da quella risposta, – lo faremo anche per Maki.

Sorrise spontaneamente a quell’incoraggiamento sentendosi rinvigorito dal quel gesto così nobile e puro. Cosa avrebbe fatto senza di lei?

– Hai ragione! Lo faremo anche per lui.

– Ecco, quindi via quel brutto musone – lo schernì lei sorridendo a sua volta.

Kaori, come fai? Come fai a rendere tutto così semplice e complicato allo stesso tempo?

– Prima di andar via darò una occhiata anche in bagno, però prima vorrei dirti una cosa.

– Uh?

– Mi dispiace per ieri, ehm… non avrei dovuto dirti quelle cose. Non potrei desiderare una collega migliore di te, Kaori – confessò in un impeto di sincerità per gran sorpresa della donna che a stento riuscì a contenere un verso.

– Ryo…

A quella sincera dichiarazione non seguì altro, in quanto interrotti d’improvviso dal sordo tonfo di un oggetto che aveva sfondato la finestra alle loro spalle. In pochi attimi si ritrovarono avvolti da una cappa densa e grigiastra. Qualcuno aveva teso loro una imboscata.

– Kaori non respirare! – gridò a fatica prendendola per mano.

Una voce efebica risuonò fuori sadicamente attirando la loro attenzione.

– City Hunter… giochiamo a fare la guerra?

Fine capitolo

 

Eccoci ancora una volta al solito (e invadente me ne rendo conto) angolo dello scrittore. Ringrazio come sempre tutti voi che avete recensito, letto, seguito o solo spulciato questa mia opera. Sono contento che il caso sino ad ora vi stia piacendo, veramente. Per quanto riguarda i nostri amati, Ryo finalmente sta comprendendo che vivere i propri sentimenti non è per forza un punto debole, anzi. Peccato per l’imboscata, mannaggia, eheh. Scusate per la citazione kitsch al classico “The Warriors” (1979) con la provocazione finale, ma ho sempre desiderato farlo!

Piccole curiosità, ho infarcito il capitolo di piccoli dettagli musicali come omaggio ad un’arte a me cara (sono un musicista a mia volta). City Hunter è bello anche per le sue atmosfere anni ’80 e la sua cultura pop, quindi mi è sembrato carino tratteggiarle con riferimenti ad hoc. In ordine citati:

Hall & Oates – duo statunitense che ha spopolato nelle classifiche di mezzo mondo.

Kahoru Kohiruimaki, voce della sigla “Ai Yo Kienaide” per l’anime di City Hunter (non vorrei sbagliare ma credo sia la prima opening).

E poi Tatsuro Yamashita, musicista pop di grande pregio, autore di una lunga serie di album di successo in quella decade (e ancora di grande rilievo per la scena giapponese).

Fine del mio momento inopportuno.

A presto!

   
 
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