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Autore: elemandorla    17/09/2021    0 recensioni
La ModyCampbell. Bastava quel nome per incendiare l'animo di qualsiasi giovane under 30.
Cinque sconosciuti si ritrovano a condividere un destino comune. Incontratosi sulla crociera dei sogni, inebriati dall'entusiasmo caotico dell'estate, non sospettano minimamente ciò che gli aspetta.
Cinque ragazzi completamente diversi, uniti dalla stessa sorte.
Amore, insidie, tradimenti ed un'isola.
C'è soltanto una regola: sopravvivere.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3: “La cabina Gamma”

-Vecchia lupa di mare!-
Beatriz mi seguì nella nostra cabina con un sorriso a trentadue denti.
-Nate è un Figo paura. Sono fiera di te! Come ti ha agganciata?-
Alzai le spalle e le indicai il pacchetto di sigarette vuoto.
-Pure galantuomo! 100 punti a te Keke-
Mimai un finto inchino e mi buttai sul letto, stravolta dalla giornata e inebriata dalla vodka alla fragola.
-Cosa ne pensi di Chase?- mi chiese infine Beatriz.
Odiavo essere così diretta…
-È’ un viscido colossale B-
Ma ero fatta così. Se c’era da dire qualcosa la dicevo senza peli sulla lingua.
Lei mise il broncio e mi fece una linguaccia.
-Mi sa del tipico tizio che si farebbe anche un palo della luce. Superficiale e allupato- sentenziai.
-Sei una giudicona. Dagli una chance, bacia come un Dio greco. Mi ha offerto un Mojito e mi conficcato la lingua in bocca, intraprendete come piacciono a me.
Un fremito di disgusto mi sfioró lo stomaco.
-Grazie dei dettagli B, ora vivrò meglio-
La vidi ridacchiare, sapeva perfettamente quanto mal giudicavo queste bambinate.
-Secondo me uscirà il suo lato profondo-
-Oh certo, io l’ho già intravisto quando ci ha urlato dietro di vestirci da zoccole per la festa di stasera-
Scoppiammo a ridere entrambe. Adoravo come Beatriz sapesse fare dell’autoironia, era la persona meno permalosa sulla faccia della terra.
-Tu lo sai vero, che seguiremo il consiglio?-
-Seguiremo?-
-Kimberly Clark. Hai 24 dannati anni e sei in vacanza. Io ti proibisco di vestirti da brava ragazza a costo di buttarti i tuoi cenci giù dall’oblò-
Risi di gusto per la fermezza con cui aveva sentenziato quella condanna e mi avviai verso il bagno per farmi una doccia.
Le cabine della MobyCampell erano spaziose e lussureggianti. Dopotutto era una crociera a 5 stelle, il lusso trasudava da ogni piastrella.
Condividevano un letto matrimoniale, nella cabina 51 al quarto piano.
Il bagno era dotato di una doccia e una vasca idromassaggio, immacolato come un pezzo di paradiso.
Non avevo mai litigato seriamente con Beatriz fino a quando lei non aveva comprato il mio biglietto, rifiutandosi categoricamente di risarcirla.
“È il tuo regalo di compleanno. Consideralo un piccolo aiuto per rispolverare quella catacomba che sei diventata” aveva detto.

Osservai la mia immagine allo specchio e mi compiacqui del mio aspetto: le poche ore di sole avevano fruttato un bel colorito sulle guance che risaltava l’azzurro dei miei occhi.
Quelle dannate occhiaie invece si potevano sistemare solo con il bene primario assoluto, alleato delle donne in crisi, soccorritore di ragazze esauste: il correttore.
Mi truccai nel modo più accattivante possibile, in modo da non destare lamentele dalla mia petulante amica e iniziai a frugare in valigia per scegliere un outfit consono.
Mi immaginavo già la comodità di un vestito a fiori abbinato con un paio di converse quando mi assalì il panico.
-Beatriz cosa cazzo hai fatto?- urlai allarmata.
Vidi la mia rossa amica ridacchiare prima di darmi una pacca sulla spalla.
-Mi ringrazierai-
Passai in rassegna ogni indumento contenuto in quella che doveva essere la MIA valigia e mi misi le mani tra i capelli.
Beatriz aveva fatto piazza pulita di tutti i miei vestiti, rimpiazzandoli con un guardaroba che avrebbe fatto invidia alle escort di Amsterdam.
Tubini attillati, top di pizzo, biancheria sexy e tacchi.
-Cosa diavolo dovrebbe coprire questo coso?- strillai alzando un top di raso rosso piccolo quanto un guanto.
-Ho pensato di aggiungere un po’ di pepe al tuo guardaroba. Sarai una bomba, fidati di me- mi rispose raggiante.
-Dannazione B! Dovevi per forza cambiarmi tutta la valigia? Se vado a bere un caffè così mi struprano- protestai.
-Smettila di lagnarti, ho tenuto qualcuno dei tuoi straccetti. Tasca destra-
Ah, misericordiosa.
-Io ti uccido-
-Siamo ai Caraibi Keke. E precisamente siamo sulla MobyCampell. Cavolo, goditela!-
Mi sorrise maliziosa prima di afferrare un calice e versare un liquido ambrato dentro.
-Tieni- disse porgendomelo. -Ti aiuterà a rilassarti-

La volevo uccidere.
Beatriz Mcguire aveva categoricamente finito di vivere.
Dannazione.
Guardavo nervosamente la mia immagino allo specchio chiedendomi con che coraggio mi sarei presentata alla festa di stasera conciata così.
Quello non era affatto il mio stile.
Tra tutti i mini indumenti di Beatriz, i più casti erano… no.
Non esisteva quella parola.
I meno succinti, chiamiamoli così.
Avevo optato per una mini-gonna di pelle rosa pericolosamente corta abbinata ad un top nero semplice ma talmente scollato che con la mia terza abbondante sarei stata tranquillamente assunta in un bordello di gran classe.
Sbuffai sonoramente e mi grattai la testa, combattuta.
Fortunatamente quella scalmanata mi aveva risparmiato gli stivaletti borchiati. Forse potevo passare per una semplice allupata in cerca di attenzioni.
Beatriz mi raggiunse per sistemarsi il rossetto rosso fuoco e fischió.
-Accidenti Keke, sei uno schianto!-
-Mi sento una…-
-Strafiga. Questo sei. Ora muoviti, la festa inizia tra quindici minuti-
Uscì dal bagno ancora irritata e feci per mettermi le scarpe quando la sua voce squillante mi fece quasi sobbalzare.
-Pensi davvero di uscire con quei capelli?-
Sbuffai, rivolgendole l’occhiattaccia più nera della storia.
Beatriz spalancò la porta del bagno e mi indicò la retta via.
-Muoviti. Ci penso io-
Forse potevo risparmiarle la vita per qualche altro giorno.
Dovevo ammettere che aveva fatto davvero un bel lavoro.
Mi aveva sistemato i capelli in morbidi boccoli che avevamo lasciato ondeggianti e liberi sulle spalle.
-Pagherei per avere il tuo colore di capelli Keke. Sembra oro colato-
-Disse la ragazza dai boccoli Rossi fuoco. Sei uno schianto e lo sai-
Mi presi qualche istante per radiografarla.
Ero abituata al suo stile “libertino” ma quella sera si era davvero superata.
Un tubino verde smeraldo le risaltava le morbide curve. Poteva permettersi qualsiasi cosa di scollato avendo un seno non prosperoso, ma piccolo e sobrio.
Quella matta si era messa un paio di tacchi a spillo vertiginosi.
Matta ma stupenda, perché quei trampoli le donavano tantissimo con le gambe lunghe che già aveva.
Le assestai una pacca sul sedere gridando “Facciamo vedere a questi mozzi di che pasta sono fatte le ragazze di Manhattan”, stupendo sia me stessa che lei.


-Mi sono documentata- iniziò Beatriz non appena entrammo nell’ascensore che ci avrebbe condotto al sesto piano.
-La cabina Gamma è all’ultimo piano della nave, sai cosa significa? Che è il piano delle suite, e sai cosa significa? Che è una bomba di attico. E noi siamo le tipe dei proprietari!-
-Non siamo le loro tipe. Non li conosciamo nemmeno- ribattei cercando di smontarle il castello che si era costruita.
Volevo un bene immenso a Beatriz ma non eccelleva in quanto a razionalità.
-Stasera ci sbronziamo- ordinò senza considerare di striscio la mia osservazione.
-Su questo concordo. L’ultima cosa che voglio fare è essere sobria mente sostengo una conversazione ad una festa. Almeno le persone mi appaiono meno stupide-
B ridacchiò del mio tagliente umorismo.
-Nate non mi sembra affatto stupido però-
-Nemmeno a me. Ma non ha ancora superato il test- sentenziai guardandola lascivamente.
Ci lasciammo l’ascensore alle spalle e camminammo seguendo le indicazioni che portavano alla Cabina 101, la cabina Gamma.
La musica ovatta trapassava le spesse pareti e luci colorate si infiltravano da sotto la porta per tagliare la pallida luce artificiale del corridoio del sesto piano.
Con un movimento repentino Beatriz estrasse l’iPhone dalla borsetta e fece sfrecciare le unghie laccate di rosso sullo schermo.
-Che fai?-
-Scrivo a Chase che siamo qui-
Tempo due minuti e il sottoscritto spalancò la porta davanti a noi.
-Porca vacca! Siete magnifiche- biascicò il ragazzo dagli occhi verdi venendoci incontro.
Si prese pochi (per me interminabili) secondi per passare in rassegna i nostri outfit e sostò più del dovuto sullo scollo del mio minuscolo top, gesto che mi mise enormemente a disagio.
Poi allacciò un braccio attorno al collo di Beatriz e si incamminò verso la bolgia trascinandosela appresso mentre con la mano libera mi strizzò una chiappa.
Feci un verso strozzato, un misto tra la sorpresa e l’indignazione per la cafonaggine di quel gesto. Stavo per urlargli addosso ma vidi la chioma rossa della mia amica sparire nel frastuono della festa e mi mossi per non perderla.
Come misi un piede dentro la fantomatica cabina Gamma, la musica mi investì come un treno in corsa.
Un aroma dolciastro di Alcool fruttato, sigarette e droga mi pervase le narici.
La cabina aveva un soggiorno stratosferico che era stato trasformato nella pista da ballo, circondato da vetrate trasparenti che davanti sull’oceano. Ci saranno state almeno un’ottantina di persone lì dentro. La gente ballava ammassata, ancheggiando l’uno contro l’altro, fradici per l’alcool versato o il troppo sudore.
Seguì Beatriz e il suo rapitore, spintonando chiunque intralciasse il mio cammino, finchè non li vidi sostare ad un bancone ricoperto di bottiglie di ogni forma e colore.
Vidi il porco agguantare una bottiglia di Gin e sussurrarle qualcosa all’orecchio, dopodiché Beatriz getto la testa indietro e aprì la bocca mentre lui le versava l’alcool direttamente giù per la gola.
Feci per andare da lei ma Chase non perse nemmeno un minuto e la attirò a se prendendola per i fianchi e baciandola intensamente.
Sbuffai.
Non le avrei mai rovinato il momento.
Mi diressi allo stesso bancone dove pochi metri più in la la mia migliore amica si stava limonando quel disgraziato e arraffai la prima cosa che mi capitò in mano.
Mezza bottiglia e quattro sigarette dopo mi ritrovai in pista a ballare freneticamente sulle note di “Turn me On”.
Sentivo la testa leggera e non smettevo di sorridere. Erano mesi che non toccavo una goccia d’alcol e forse non era stato troppo geniale traccanarmi mezza bottiglia di Rhum e cola.
Un gruppetto di tre ragazze mi aveva affiancata dopo pochi minuti che mi ero buttata nella mischia, avevo apprezzato tantissimo il gesto, sopratutto dopo l’ennesimo allupato che aveva cercato di appoggiarmelo mentre ballavo.
Mi avevano detto i loro nomi ma sinceramente non me ne ricordavo mezzo.
Erano tutte bellissime e ballavano come delle pazze scatenate.
Il pensiero di essere praticamente mezza nuda mi aveva abbandonata al quinto sorso.
Non me ne fregava un cavolo. Qui tutti erano spensierati.
Mi calai altri tre shot di vodka liscia con le mie nuove amiche e a quel punto pensai davvero di star toccando il limite perché una volta in pista, un tipo ben piazzato mi si incollò addosso, ignorando il mio severissimo dito alla “nono”, così una di loro (mi pare si chiamasse Melanie) mi prese e cominciò a baciarmi.
Stetti al gioco, sapendo che quell’escamotage era stato creato da qualche donna primordiale per dissuadere le creature maschili dal compiere gesti peccaminosi.
Funzionò, perché il ragazzo alzò i tacchi, arraffando una bionda ossigenata alle nostre spalle.
Risi di gusto, ancheggiando a ritmo di musica ad un palmo dalla mia salvatrice quando d’un tratto venni presa per un braccio.
Beatriz mi strappò dalle braccia della povera Melanie e si piazzò davanti a me con le mani sui fianchi.
-Dove cazzo eri-
-Dove cazzo eri tu- urlai per sovrastare la musica.
-Prima con Chase e poi ti ho cercata per mezz’ora. Sei ubriaca?-
Le rivolsi un sorriso a trentadue denti per poi prenderla per i fianchi e cominciare a ballarle addosso.
Vidi il suo viso rilassarsi e gli angoli della bocca sollevarsi in un sorrisino che interpretai come puro orgoglio.
Ci buttammo in mezzo alla calca di gente che ballava al centro dell’attico, ubriache e felici.
Ballare con la mia migliore amica era da sempre una delle cose che amavo di più in assoluto.
Quando misero “17”, strillammo come impazzite e cominciammo a ballare come delle dannate, con l’alcool che ci scorreva nelle vene e il ritmo che ci possedeva.
Dovevamo apparire tremendamente sexy o paurosamente ridicole perchè sentivo gli occhi di mezza sala addosso.
Una presenza alle mie spalle mi bloccò di colpo e lanciai uno sguardo esasperato alla rossa davanti a me, notando con irritazione che anche lei era stata braccata da un complice che le aveva agguantato il bacino.
La presi per un braccio e cercai di spostarla ma l’energumeno alle mie spalle non sembrava intenzionato a mollarmi.
Mi voltai di scatto, ritrovandomelo faccia a faccia.
-Levati- gli intimai con la voce impostata dall’alcool.
-Sei uno schianto di donna- mi sussurrò cercando di avvicinarsi al mio viso.
Gli piazzai i palmi delle mani sul petto bagnato di sudore per allontanarlo da me ma lui mi aveva incollato le sue sul bacino, facendo resistenza al mio patetico tentativo di scacciarlo.
Guardai Beatriz con la coda nell’occhio e la vidi nella mia stessa situazione.
Che palle!
-Lasciami!- strillai per sovrastare la musica e guarda caso ottenni di nuovo l’effetto opposto perché mister-non-mollo-un cazzo mi afferrò un polso e mi strattonò per attirarmi più vicino a lui.
Cercò le mie labbra e io mi divincolai dalla presa. Provai ad assestargli uno schiaffo in faccia ma fui lenta, annebbiata dall’alcool, e  mi bloccò l’altro polso prima che la mia mano fresca di manicure potesse sfiorarlo.
Ero proprio in trappola.

-Levale le mani di dosso-
La musica era altissima eppure quell’ordine mi arrivò chiaro e tondo.
Quella voce era calda ma minacciosa, avrebbe intimorito chiunque.
Chiunque tranne il mio rapitore, che a quanto pare non sembrò scomporsi minimamente.
Cercai di svincolarmi da quella presa ferrea ma i miei arti erano inebriati dal troppo alcool e chissà perché sentivo le gambe incapaci di agire.
-Sei sordo? Mollala o ti spacco la faccia. Adesso-
Intercettai il punto da cui proveniva quella voce e alzando lo sguardo i battiti del cuore accelerarono impercettibilmente.
Un ragazzo dalla pelle abbronzata e i crini biondo cenere fronteggiò il bestione che mi teneva con forza.
Fissai stordita il suo penetrante sguardo e notai come quegli occhi, che dovevano essere stati creati da una qualche sfumatura dell’oceano caraibico che avevo visto oggi, erano freddi e calmi mente incendiava con lo sguardo l’altro uomo.
Mister non-mollo mi lasciò il polso, consapevole che forse non valevo la sofferenza di un occhio nero.
Mi tastai l’arto dolorante e cercai con lo sguardo il mio Salvatore.
A un tratto mi sentì presa per la vita e venni trascinata fuori dall’ammasso di persone che ignare di tutto stavano ancora ballando come se non ci fosse un domani.

 

  
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