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Autore: heliodor    17/09/2021    0 recensioni
Nata con grandi poteri magici, Bryce è stata addestrata fin da bambina per diventare la strega suprema, la più forte della sua generazione. Lo scopo della sua stessa esistenza è guidare l’esercito dell’Alleanza nella guerra contro l’Orda.
Quando Malag il rinnegato esce allo scoperto e attacca Valonde, la vittoria sembra allontanarsi sempre di più e molti iniziano a dubitare delle sue capacità.
Per diventare la guida che tutti si aspettano che sia e vincere la guerra, Bryce dovrà rinunciare all’amore, all’amicizia e a tutto ciò che la vita potrebbe offrirle se smettesse di combattere.
Ma sarà davvero in grado di compiere un sacrificio così grande?
Da oggi con il 100% di Mappa in più!
La trovate in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La cosa che ti riesce meglio

 
Elvana l’attendeva davanti alla porta della sua stanza, le braccia incrociate sul petto e la schiena appoggiata al muro. “Ed eccoti qui” disse con tono allegro. “Stavo per venirti a cercare.”
“Sono andata a fare una passeggiata” disse aprendo la porta.
“Con Londolin?”
“Si chiama Vyncent.”
“Di cosa avete parlato voi due?”
Bryce si accigliò. “Non è affare che ti riguardi.”
Elvana scrollò le spalle. “Te lo chiedo solo perché Coralena vuole vederti e penso che abbia a che fare con la vostra passeggiata romantica.”
“Non è stata” iniziò a dire stizzita. “Coralena?” chiese preoccupata. “Che cosa vuole?”
“A me non ha detto niente. È venuto un valletto che ti cercava e ho dovuto mandarlo via dicendogli che eri uscita con Londolin.”
“Lo hai fatto davvero?” chiese stupita.
“Ho solo detto la verità” disse Elvana staccandosi dalla parete. “E penso che sappiano già dove siete andati e perché. E con chi avete parlato.”
Bryce si accigliò. “Ci hanno seguiti?”
Elvana scrollò le spalle. “Io l’avrei fatto. In effetti, per un po’ ci ho pensato, ma ho deciso di concedervi una mezza serata di libertà. In fondo ve la siete meritata.”
“Basta” disse Bryce arrossendo. “Non è affatto come pensi.” Aprì la porta e si infilò nella stanza. Si fermò al centro, girò le spalle e fece un cenno alla strega. “Anche tu.”
Elvana entrò perplessa. “Credo sia la prima volta in assoluto che mi inviti a entrare in una tua stanza. A meno che tu non sia costretta a farlo.”
Bryce chiuse la porta. “Chi ci seguiva?” le chiese con tono preoccupato.
“Non l’ho visto chiaramente, ma con la vista speciale ho avvertito la sua aura. Sai cosa intendo, vero?”
“Manto invisibile” disse Bryce.
Elvana annuì.
“È per questo che abbiamo lasciato il palazzo senza che nessuno ci fermasse. Volevano che uscissimo.”
“Lo penso anche io. Si vede che erano più interessati a sapere dove stavate andando e con chi aveste appuntamento. A proposito, puoi dirmelo o è un segreto?”
“Tu con chi pensi che ci siamo visti?”
Elvana scosse la testa. “Quello stregone che ci ha accolti all’ingresso per caso? C’entra lui?”
Bryce annuì.
“Che voleva?”
Sbuffò e andò a sedersi sul bordo del letto. “Non so se mi ha detto tutta la verità, ma mi ha fatto chiaramente capire che gli arziti non vogliono far parte dell’alleanza. Per nessun motivo.”
“Mi sembrava che fosse chiaro da come ti hanno trattata nella sala delle udienze.”
“Speravo di poterli convincere” disse Bryce. “In qualche modo.”
“E cosa vuoi fare? Andartene?”
“Come portavoce di Erix sono inutile” disse affranta.
“Quello lo eri già prima.”
Bryce le scoccò un’occhiataccia.
“Tu non sei fatta per questo, Bryce” disse Elvana. “Contrattare, negoziare, argomentare con persone che nemmeno ti ascoltano.” Scosse la testa affranta.
“Che cosa mi stai suggerendo di fare? Dovrei andare via?”
“Aspetta” disse la strega. “Ho detto quello che non sai fare, ma c’è anche quello in cui eccelli.”
Bryce si accigliò.
Elvana evocò un dardo nella mano destra.
“È un dardo” disse.
“Sei scaltra” disse l’atra divertita. “Sì, è proprio un dardo.”
“Che cosa dovrei farci?”
Elvana scrollò le spalle. “Non lo so, ma quello che ti riesce meglio è piantare uno di questi nel petto di quelli che ti ostacolano.”
Bryce si alzò di scatto. “Mi stai suggerendo di ammazzare qualche arzita a caso per tentare di convincerli a entrare nell’alleanza?”
“No” rispose Elvana ritraendosi. “Non qualche arzita a caso. Puoi cominciare da quella Coralena e magari proseguire con quei due che ti hanno offesa nella sala delle udienze. Forse non li convincerai, forse anche loro cercheranno di bucarti la pelle con i loro dardi, ma è di sicuro la cosa che ti riesce meglio.”
“Assurdo” disse Bryce scuotendo la testa. Marciò decisa verso la porta e la spalancò. “Andiamo.”
“Dove?” chiese Elvana uscendo dopo di lei.
“Da Coralena.”
 
La sala in cui arrivarono era decorata da grandi drappi arancioni e neri che coprivano le pareti e lasciavano intravedere appena qualche pietra grigia sottostante.
I lati di cinquanta passi ciascuno erano occupati da rastrelliere piene di spade, lance e scudi che riflettevano la luce delle lampade a olio che ardevano su dei trespoli.
C’era una sola figura al centro della sala, in quel momento girata verso la parete opposta, dove un manichino coperto da un’armatura completa era stato piazzato a una trentina di passi di distanza.
“Riguardo a quello che ho detto prima” le sussurrò Elvana entrando. “Non dicevo sul serio. Era solo per provocarti.”
Bryce si accigliò.
“La faccenda del bucare qualche arzita con i dardi magici. Anche se mi darebbe una grossa soddisfazione sforacchiare quella lì” aggiunse indicando la figura al centro della sala con un cenno della testa.
Bryce sospirò. “L’avevo capito da sola” le sussurrò.
“Bene. Ora mi sento più tranquilla.”
Bryce avanzò fino a una decina di passi di distanza, fermandosi e restando in silenzio.
Coralena aveva puntato un braccio verso il manichino, qualcosa che brillava nel suo palmo. Chiuse e aprì la mano per tre volte di seguito, spostando di poco il polso e il braccio a ogni colpo.
Bryce seguì la corsa dei tre dardi socchiudendo gli occhi per cogliere la scia che si lasciavano dietro. Ognuno dei proiettili colpì il manichino. Il primo in un punto tra il collo e la testa, il secondo nell’incavo del braccio destro e il terzo tra il petto e la spalla sinistra.
Ogni colpo staccò dal manichino dei pezzi di legno che rimbalzarono via verso la parete opposta disseminandosi sul pavimento.
Bryce attese con pazienza che Coralena si voltasse verso di lei. Quando lo sfece, notò lo sguardo divertito della strega.
“Io ti saluto” disse educata.
“E io saluto te, principessa di Valonde. Vedo che sei venuta subito invece di riposarti dopo la tua passeggiata.”
“Non ero molto stanza.”
“E non sei sola.” Il suo sguardo scivolò verso Elvana. “Io ti saluto, Elvana di Ningothris. O come ti chiamerebbero a Valonde e in metà dei regni dell’alleanza, strega della notte.”
Elvana fece una smorfia. “Mi chiamano in tanti modi” disse.
“Se a te sta bene così” fece Coralena scrollando le spalle. Tornò a rivolgersi a Bryce. “Hai cenato?”
“Ancora no” disse.
“Non ti ruberò molto tempo” disse Coralena muovendosi con passo lento verso il manichino.
Bryce valutò se fosse il caso di seguirla e alla fine si mosse nella stessa direzione.
Coralena indicò lo sfregio tra il collo e la testa. “Un buon centro, ma non eccellente. Sono sicura che tu sapresti fare di meglio.”
“Questo è sicuro” disse Elvana. “E anche io potrei fare di meglio.”
Bryce le scoccò un’occhiataccia alla quale la strega di Ningothris rispose con un’alzata di spalle.
“È un buon centro come hai detto tu” disse infine. “E anche gli altri due sono molto precisi. Il colpo al braccio lo avrebbe reso incapace di sollevare lo scudo e quello alla spalla di alzare la lancia. Il colpo al collo lo avrebbe ucciso.”
Coralena annuì con vigore.
“Ma tu hai colpito prima il collo, poi il braccio e solo alla fine la spalla. Posso chiederti perché?”
“Perché rendere il nemico incapace di combattere, se posso ucciderlo al primo colpo?” chiese Coralena.
Bryce indicò lo spazio tra l’elmo e il resto della corazza. “Il colpo è più difficile. Serve una precisione maggiore. Tempo per prendere la mira, decidere se vale la pena rischiare e poi agire. Se fallisci hai sprecato un colpo prezioso e potresti non avere il tempo per metterne a segno un secondo.”
In quel momento era suo padre a parlare e non lei. Ricordava ancora le lezioni che lui le aveva dato, nei sotterranei del palazzo di Valonde, quando si allenava a tirare dardi contro i manichini.
Coralena annuì di nuovo. “Questo è il vostro modo di combattere” disse con tono di sufficienza.
Bryce avrebbe voluto risponderle che quello era l’unico modo sensato di agire.
“Prima togli la possibilità al nemico di difendersi” le diceva suo padre mentre indicava la lancia del manichino. “Poi lo disarmi” aggiungeva strappando via la spada e gettandola lontano. “Infine, elimini del tutto la minaccia” concludeva indicando la parte tra la testa e il collo che veniva lasciata scoperta dall’armatura.
Bryce aveva imparato che in quella piega sottile un colpo ben piazzato poteva spezzare una vita.
“Il modo di chi ha sempre forze soverchianti rispetto all’avversario” proseguì Coralena. “E non si preoccupa di quante perdite potrà subire, perché sa che altri combatteranno al posto loro se cadranno o resteranno feriti.”
La strega si girò verso una fila di manichini allineati sulla parete di destra. “Ma se sei da sola e devi affrontare il nemico sapendo che se cadi, nessuno ti sostituirà?”
Coralena sollevò il braccio e lo puntò verso i manichini. Con un gesto veloce aprì e chiuse il palmo della mano sei volte, lanciando un dardo per ognuna di essa.
Tutti dardi colpirono il bersaglio tra il collo e la testa, scheggiando il legno sottostante. Un manichino crollò a terra producendo un frastuono che le ferì i timpani.
Coralena tornò a rivolgersi a lei. “Per secoli, noi arziti ci siamo battuti da soli in queste terre aspre, conquistandoci il rispetto e il timore dei nostri nemici. I nostri mantelli sono famosi per il loro coraggio e la loro mira. Chiunque scenda in battaglia contro di noi sa che noi colpiremo per primi e solo per uccidere, non per ferire o menomare. Non ci interessa dominare o conquistare nuove terre, qui abbiamo tutto ciò che ci serve per prosperare e quello che non produciamo, possiamo scambiarlo con qualcun altro. Non ci serve niente e siamo sufficienti a noi stessi. Se Malag e la sua orda verranno qui in pace, potranno transitare e andare per la loro strada. E se invece decideranno di attaccarci…” Scosse la testa. “Siamo abituati a combattere con forze superiori alle nostre. Quindi, come vedi la vostra alleanza per noi è inutile. È un peso. Perché dovremmo combattere al vostro fianco, se fino a oggi abbiamo combattuto bene da soli? E perché proprio con voi, che ci avete esiliato in questa desolazione? Rispondi alle mie domande, principessa di Valonde.”
Bryce scelse con cura le parole. “Ammiro il vostro modo di combattere.”
“Tu ci ammiri?” fece Coralena divertita. “Voi Valonde non provate ammirazione, a parte verso voi stessi. Dicono che sarai la strega suprema della tua generazione, tutti ne parlano. Non è arroganza, questa?”
“Alle persone piace parlare.”
“Parlare senza moderazione è arroganza, principessa di Valonde.”
Bryce strinse i pugni. “Che cosa volete?”
Coralena sorrise. “Niente. Non hai sentito? Abbiamo tutto quello che ci serve.”
“Non è vero” ribatté. “Ma se siete così forti, portate la vostra armata fuori dalle mura e affrontate l’orda di Malag.”
“Prima che ci attacchi?”
“Non hai appena detto che è il vostro modo di combattere? Colpire il nemico per eliminarlo, senza aspettare che si avvicini abbastanza per colpirvi. Un singolo, preciso colpo al collo.”
Coralena la fissò senza parlare.
“Mi dispiace per quello che vi è stato fatto” disse Bryce. “Ma è successo duemila anni fa. Quelle persone hanno sofferto? Sì. Ma sono morte. Sono morti tutti.”
“Noi vogliamo impedire che altri soffrano” disse Coralena. “Per colpa vostra. Voi Valonde non siete meglio di Malag e della sua orda.”
Bryce si trattenne dal colpirla.
Elvana invece scattò in avanti. “Ora sei ingiusta a paragonarci ai rinnegati” disse con veemenza.
Coralena le scoccò un’occhiata disgustata. “E tu sei stupida a sentirti una di loro.”
Elvana si bloccò come se stesse per dire una frase ma ci avesse ripensato.
“Sei una serva dei Valonde” proseguì Coralena. “E nemmeno te ne rendi conto. Vi accontentate delle briciole che cadono a terra mentre i vostri padroni banchettano. Ho studiato la storia di Ningothris, non è molto diversa dalla nostra, ma la vostra maledizione è di controllare un tratto di costa molto vicino al continente antico.”
“Noi non siamo servi” disse Elvana ritraendosi.
“Invece lo siete” disse Coralena. “Vi tengono al guinzaglio, come un cane fedele che possono liberare quando serve a loro, come in questa guerra. Noi non ci faremo mettere la catena come voi.”
“Ti ho chiesto che cosa volete” disse Bryce a denti stretti.
Coralena le rivolse un’occhiata sprezzante. “Voglio che voi Valonde vi inginocchiate. Nella piazza principale di questa città. In ogni piazza di ogni città che avete conquistato. Voglio che chiniate il capo e chiediate scusa ai vostri servi.”
Bryce si trattenne a stento dal colpirla. “E se mi inginocchiassi io davanti a te, adesso, basterebbe a convincerti che non abbiamo servi, ma alleati?”
Coralena ghignò. “Potresti provare” disse. “Se non hai paura di sporcarti il vestito.”
“E convinceresti il consiglio ad approvare l’alleanza con Valonde?”
La domanda aleggiò nell’aria tra di loro mentre Coralena sembrava rifletterci sopra.
“Non posso convincerli, ma posso chiedere un altro voto e parlare a vostro favore.”
“Lo faresti davvero? Lo giuri sul tuo onore?”
“Lo giuro” disse la strega. “Ma lo farò solo se ti inginocchierai. Adesso.”
Bryce le voltò le spalle e marciò fuori dalla sala. Elvana la raggiunse quando era già a metà del corridoio che li collegava col resto del palazzo.
“Tanto non avrebbe mantenuto la promessa” disse con aria sufficiente.
“Invece sì” disse Bryce scura in viso. “Lo avrebbe fatto.”
“E allora perché non l’hai fatto?”
Bryce ghignò. “Inginocchiarmi non è una delle cose che mi riescono meglio.”

 
  
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