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Autore: Abby_da_Edoras    21/09/2021    4 recensioni
Questa storia, che si ispira molto liberamente all'ultimo episodio della serie TV "The White Princess", mi è venuta da un sogno, praticamente ho sognato tutta questa vicenda in una notte e non ho potuto fare a meno di scriverla, quindi se vi sembra una follia (come in effetti è!) prendetevela con il mio inconscio! E' la notte della vigilia dell'esecuzione di Edward Plantagenet e Perkin Warbeck (che per me è comunque Richard). I due giovani rinchiusi nella Torre non sanno cosa li aspetta ma... ecco che un uomo riesce a penetrare nella prigione e dichiara di essere lì per liberarli. L'uomo è al servizio di Sir Richard Pole e il suo vero scopo è salvare Teddy per ragioni, diciamo, anche personali, ma entrambi i ragazzi avranno salva la vita grazie a lui. E poi... il mio delirio prosegue, non so ancora per quanti capitoli, grazie a chi vorrà seguirmi!
Non cercate il personaggio di Erik nella serie TV, nel mio sogno è stato "traslato" direttamente da Erik il Rosso di Vikings e nemmeno io so il perché!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori di The White Princess.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Edward Plantagenet / Teddy, Margaret Pole / Margaret of York
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Undicesima parte

 

Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark

Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star (Here I am)…

(“Send me an angel” – Scorpions)

 

Trascorse ancora qualche settimana e, a dispetto delle fosche previsioni di Elizabeth e dei suoi propositi di rivalsa, la situazione andò risolvendosi quasi da sola, naturalmente e senza spargimenti di sangue. Gli informatori di Re Henry riuscirono a scoprire che Perkin Warbeck (o Richard, che dir si voglia) si era rifugiato in Borgogna e che si era riunito alla sua Catherine e al figlioletto neonato, senza dimostrare più il benché minimo interesse per la corona d’Inghilterra. Inoltre, gli stessi informatori erano venuti a sapere anche che Edward Plantagenet non era con lui, né ci era mai stato. Chissà, forse si era rifugiato in Scozia o da qualche altra parte in Francia, tra i sostenitori degli York ma, come si poteva ben immaginare, Re Henry non avrebbe certo potuto inviare soldati in Francia o in Scozia per cercare Edward o per catturare e interrogare Warbeck sulle sue reali intenzioni.

Pareva, dunque, che le ombre che potevano insidiare il trono di Henry e dei suoi figli fossero svanite nel nulla e così anche Isabella di Castiglia, rassicurata, decise di concedere la sua benedizione al fidanzamento tra sua figlia Caterina e Arthur, il figlio maggiore di Henry ed Elizabeth.

Tutto risolto, dunque? Beh, non per Elizabeth, che si sentiva ancora umiliata per la figura da perfetta imbecille fatta davanti a Sir Richard e Maggie e che voleva riconquistare la sua dignità o qualche sciocchezza del genere.

Il marito, però, a quel punto ne aveva abbastanza delle rimostranze e dei capricci di Elizabeth!

“Insomma, si può sapere che cosa vuoi?” la rimproverò pochi giorni dopo. “Hai ottenuto tutto quello che desideravi, la corona è al sicuro, Warbeck è in Francia con la famiglia e Arthur sposerà Caterina d’Aragona. Cos’altro c’è che non va? Non ne posso più delle tue ossessioni, sei diventata persino peggiore di mia madre!”

“Come puoi non rendertene conto da solo, Henry?” reagì indispettita lei. “Va bene, in questo momento il trono è assicurato ai Tudor e il matrimonio tra Arthur e Caterina si farà, ma tu credi davvero che quel traditore di Warbeck se ne starà tranquillo in Francia con la famiglia? Magari sta organizzando un esercito per attaccarci di nuovo. E Edward, poi? Non sarà svanito nel nulla, no?”

“Secondo te io dovrei far guerra alla Francia solo perché sospetto di Warbeck? Ma ti ascolti quando parli? In Borgogna ho spie e informatori che osservano ogni mossa di quell’uomo, che ormai da mesi è innocuo e dedito solo alla sua famiglia” rispose bruscamente Henry. “Tuttavia, se soltanto tentasse qualcosa, ne sarei immediatamente informato e sarei pronto ad accoglierlo se mai dovesse tornare in Inghilterra con intenzioni bellicose.”

Elizabeth si irrigidì, ma non poté obiettare perché, per una volta, doveva ammettere che suo marito aveva perfettamente ragione.

“In quanto a Edward, certo non è svanito nel nulla, ma non ce lo vedo proprio a tramare nell’ombra per impossessarsi di una corona che nemmeno vuole. Probabilmente qualcuno dei sostenitori degli York lo tiene sotto la sua protezione e lui se ne sta lì tranquillo” continuò il Re.

“O magari è proprio in Galles, nella tenuta di Sir Richard e sotto la sua protezione” insinuò malignamente Elizabeth.

“Ancora con questa storia? Eppure sei stata tu stessa a far perquisire la tenuta e le terre di Sir Richard e i nostri soldati non hanno trovato tracce del ragazzo. Lo avevano nascosto, secondo te? Magari in Borgogna? Bene, come ti ripeto non mi sembra molto ragionevole dichiarare guerra alla Francia per questo e tanto meno perdere un uomo fidato come Sir Richard” ribatté Re Henry, spazientito. “Anzi, a questo punto ho preso la mia decisione al riguardo: andrò io stesso dai Pole e offrirò la grazia e la liberazione per Edward in cambio del loro giuramento di fedeltà ai Tudor.”

“Tu vuoi fare cosa???” trasecolò Elizabeth, ma non poteva protestare ancora, la scelta di Henry era la più giusta e avrebbe risolto la faccenda una volta per tutte. Continuare a perseguitare i Pole e Edward era controproducente, nessuno di loro rappresentava una vera minaccia per il Regno e, anzi, se avessero continuato a tormentarli sarebbero passati dalla parte del torto. Allora sì che qualche sostenitore degli York avrebbe avuto buone ragioni per organizzare qualche sommossa o attentato contro i tiranni Tudor! Per una volta Henry aveva preso la decisione più saggia e ad Elizabeth non restava che inghiottire l’orgoglio ferito e consolarsi con il matrimonio di Arthur e Caterina, che avrebbe rafforzato ancora di più la casata Tudor e il loro trono.

Il vero problema fu quando il messaggio di Re Henry, che annunciava una sua visita in settimana, giunse alla tenuta di Sir Richard e Erik dovette spiegarlo a Edward!

“Perché Re Henry viene qui? Anche lui vuole perquisire tutte le proprietà di Sir Richard per cercarmi? Vuole riportarmi in prigione… o magari farmi giustiziare?” esclamò il ragazzo, fuori di sé dalla preoccupazione.

“No, no, Edward, non fare così, è proprio tutto il contrario” cercò di calmarlo l’uomo. “Sir Richard mi ha fatto leggere la lettera del Re e dobbiamo essere felici del fatto che lui voglia venire qui perché potrà significare l’inizio di una nuova vita per te e per tutti noi. Sai, Re Henry ha scoperto che Warbeck, o Richard come lo conosci tu, è andato in Francia con la sua famiglia e che non ha più alcun interesse verso la corona d’Inghilterra. Ha saputo anche che tu non sei con lui, che non hai mai cospirato contro i Tudor, perciò sarebbe disposto a concederti la libertà con una dispensa speciale.”

“Io non ci credo” si ostinò il giovane. “Perché mai Re Henry dovrebbe farlo? Lui mi considererà sempre una minaccia per il solo fatto che esisto e io… io non voglio niente da lui, lui ha rovinato la mia famiglia, li ha fatti passare per traditori, è un uomo cattivo e pensa solo al potere!”

Erik sospirò dentro di sé, rendendosi conto che la cosa più difficile sarebbe stata proprio convincere Edward a recedere dalle sue posizioni intransigenti… Prese dolcemente il ragazzo per le spalle e lo attirò a sé, cercando il suo sguardo.

“Ascoltami, Edward, ascoltami bene” gli disse con pazienza e tenerezza. “Ti ho già spiegato tempo fa che essere liberi e vivere una vita adulta può significare anche, a volte, fare delle cose che non ci piacciono, te lo ricordi?”

Imbronciato, Teddy si costrinse ad annuire.

“Questa è una di quelle volte. Senti, io lo so cosa pensi del Re, ma nessuno di noi può cancellare il passato e riscriverlo come vuole. Credi che per me sia stato facile accettare di andare avanti dopo che quei soldati Danesi distrussero il mio villaggio e uccisero la mia famiglia e i miei amici? Certo, mi sarebbe piaciuto andare a cercarli e fare a loro quello che avevano fatto a me, ma non sarebbe servito a niente, anzi. Loro mi avrebbero ucciso, l’avrebbero avuta vinta una volta per tutte, e io adesso non sarei qui, non ti avrei mai conosciuto, non sarei così felice insieme a te. Ho dovuto accettare una cosa terribile con la speranza che la mia vita sarebbe potuta ricominciare da capo da qualche altra parte, che sarei stato di nuovo felice… ed è stato così, perché ho incontrato te.”

Edward, sulle prime, non voleva ascoltare le sagge parole di Erik, continuava a fare l’offeso e a sfuggire il suo sguardo, ma quando l’uomo iniziò a raccontargli di nuovo delle terribili esperienze vissute da ragazzino qualcosa si mosse nel suo cuore, una piccola spina lo intaccò e gli fece capire che non era lui ad avere l’esclusiva della sofferenza, che altre persone avevano passato momenti ancora più atroci e dolorosi e che erano riusciti a superarli. La voce pacata di Erik lo calmava e lo incantava e, senza quasi rendersene conto, Edward si trovò a seguire tutto quello che l’uomo diceva, perdendosi ancora una volta nell’azzurro placido dei suoi occhi, dello stesso colore del lago davanti al quale lo aveva sposato.

“Sir Richard pensa che la cosa migliore da fare sia parlare chiaramente al Re e fargli vedere che in effetti tu adesso vivi con noi, che anzi da molti mesi ormai sei tornato con la tua famiglia e che questo non ha portato a nessun complotto contro la corona” spiegò Erik. “Naturalmente il Re non dovrà sapere che è stato proprio Sir Richard a incaricarmi di liberarti, non deve perdere la fiducia che ha in lui o saremo tutti perduti. Il Re dovrà credere che, in effetti, la tua liberazione è avvenuta grazie a un piano architettato dai sostenitori di Warbeck e che sono stati i suoi uomini a farvi scappare, però poi lui ha capito che la sua famiglia era più importante di una corona, che ciò che davvero voleva era vivere in pace con sua moglie e suo figlio. Così ti ha fatto portare qui e lui si è nascosto in Francia temendo una vendetta dei Tudor…”

“Vuoi dire che il Re vorrà vedermi? Che saprà che sono sempre stato qui e che abbiamo ingannato Elizabeth? Ma non possiamo, si arrabbierà e io…” il giovane sembrava di nuovo perduto nel suo terrore e Erik si sentì spezzare il cuore, sapeva che gli stava facendo male ma quella era l’unica soluzione, l’unico modo per poter veramente sperare di avere una vita tranquilla insieme a lui, senza più dover temere le inferenze dei sovrani.

“Nessuno ti farà del male, Teddy, questo te lo prometto” dichiarò, stringendolo più forte come a volerlo proteggere da tutto il male del mondo. “Ti ho detto tantissime volte che ti amo, che sei tutta la mia vita e che per te sarei pronto a uccidere e a morire, adesso sei tu che devi essere forte e coraggioso e fidarti di me. Ti fidi di me, Teddy?”

Il ragazzo era veramente spaventato, ma il calore delle mani di Erik, la tenerezza nella sua voce e nel suo sguardo sembravano entrargli nel sangue e infondergli una forza che non aveva mai nemmeno sospettato di avere.

“Sì, io… io mi fido di te, Erik” disse, cercando di tenere ferma la voce. “Cosa devo fare?”

“Non sarà facile, ma adesso sei cresciuto, sei maturato e io so con certezza che sarai in grado di fare quello che devi, ne sono più che sicuro” riprese l’uomo. “Sì, Re Henry vorrà vederti e, prima di firmare la dispensa con cui ti restituirà la libertà, vorrà anche parlare con te, sentire la tua versione dei fatti. Dovrai essere sufficientemente bravo e determinato per convincerlo che le cose sono andate davvero come sostiene Sir Richard, che i Pole ti hanno accolto con gioia e nascosto, ma che non sapevano niente del piano per liberarti e che quello è stato tutto organizzato da dei sostenitori di Warbeck e degli York, che Sir Richard non conosce.”

Negli occhi scuri di Edward si leggevano mille emozioni contrastanti: paura, confusione, turbamento, un vago senso di inadeguatezza, ma anche una piccola luce di speranza, una fiammella accesa dalle parole di Erik, dalla presenza dell’uomo che amava accanto a lui, che non lo avrebbe mai lasciato solo e che non avrebbe permesso che qualcosa di orribile potesse accadergli.

“Io… non so se sono in grado di mentire… e se mi chiedesse delle cose difficili? Se io mi confondessi e dicessi qualcosa di sbagliato?” chiese, aggrappandosi alle braccia di Erik come se lui potesse davvero trasmettergli la sua calma e la sua saggezza.

L’uomo gli accarezzò teneramente i capelli e gli sorrise.

“Edward, tu sei un Plantagenet e sei un Principe, provieni da una famiglia di Re e sono sicuro che saprai tenere testa benissimo al sovrano” replicò. “Sei più intelligente di quanto tu stesso non creda e comunque non dovrai mentire, non del tutto, dovrai semplicemente… nascondere una parte della verità. Lo so che sarà difficile, ma non te lo chiederei se non fossi certo che sarai in grado di farlo.”

A dirla tutta Erik non era poi così sicuro che il povero ragazzo non si sarebbe impappinato, ma doveva aiutarlo a credere in se stesso, perché soltanto così avrebbero avuto una possibilità.

“Quando parlerai con Re Henry, pensa a tua sorella, al tuo nipotino e… e a me, se vuoi” gli suggerì. “Pensa che tu puoi salvarci tutti, che non puoi permetterti di sbagliare perché altrimenti finiremmo tutti arrestati o peggio, e che sarai così bravo da rendere orgogliosa la tua famiglia, i tuoi genitori e i tuoi zii che dal Cielo ti guardano, ti proteggono e vogliono che tu sia libero e felice.”

Ora gli occhi di Edward brillavano di una luce diversa, di una fierezza che gli derivava dalla consapevolezza di poter fare, finalmente, qualcosa di grande e importante per l’uomo che amava e per tutta la sua famiglia. Era ancora spaventato, ma sentiva che Erik, Maggie e tutti i Plantagenet gli avrebbero dato la forza per fare ciò che doveva.

“Va bene, Erik, farò quello che mi hai detto, sarò bravo e anche tu sarai fiero di me” affermò con decisione.

L’uomo lo prese tra le braccia e lo avvolse in un tenerissimo abbraccio.

“Io sono sempre fiero di te, Teddy” mormorò tra i suoi capelli.

Lo sollevò e lo portò in camera, lo depose con tenerezza sul letto e, sempre accarezzandolo dolcemente sul viso e sui capelli, lo baciò lungamente e languidamente. Aveva bisogno di sentirlo tra le sue braccia, di sentire la sua morbidezza e il suo sapore, di sapere che non gli sarebbe accaduto niente, che non lo avrebbe perduto mai, che tutto sarebbe finito bene perché Teddy era un ragazzo buono e tenero che aveva già sofferto abbastanza. L’abbraccio si fece intenso e profondo e Erik si perse nella dolcezza del contatto sempre più intimo con Edward, un contatto che riempiva entrambi di tenerezza, calore, felicità infinite mentre le loro anime e i loro corpi si fondevano insieme, dando ad entrambi il coraggio e la determinazione necessari per superare l’ultimo ostacolo e iniziare finalmente una nuova vita fianco a fianco.

Due giorni dopo, quando Re Henry giunse alla tenuta dei Pole con le sue guardie del corpo ma senza Elizabeth (che, a quanto pareva, si era rifiutata di subire una nuova umiliazione davanti all’insulsa cugina…), ad accoglierlo c’era Sir Richard con moglie e figlio e, accanto a lui, Erik e… Edward, che forse per la prima volta in tutta la sua vita sembrava veramente un Principe.

Il Re non si sorprese più di tanto nel vedere il ragazzo insieme alla sua famiglia. Una parte di lui, forse, aveva sempre saputo che il giovane Plantagenet era molto più vicino di quanto tutti pensassero, ma quella stessa parte sapeva anche che Edward non era affatto una minaccia per il suo trono e che non si sarebbe mai lasciato coinvolgere in nessuna cospirazione, che era buono, gentile e semplice, qualsiasi cosa potesse pensare di lui la Regina.

Sir Richard salutò con deferenza il suo sovrano e lo invitò ad accomodarsi nella sua casa, dopo aver ordinato ai servitori di offrire un ristoro alle guardie del Re e agli stallieri di occuparsi dei cavalli. Re Henry fu fatto entrare nel salone della tenuta dei Pole dove ebbe il posto d’onore, mentre Sir Richard e tutti gli altri entravano nella stanza dopo di lui. Ottenuto il permesso di parlare, l’uomo iniziò a raccontare al Re la sua versione dei fatti, così come Erik l’aveva già spiegata a Edward. Re Henry appariva calmo e interessato e ascoltava con bonarietà la narrazione di Sir Richard, ma il suo sguardo cercava più spesso il giovane Edward che, in piedi accanto al camino, gli puntava addosso gli occhi scuri senza timore o timidezza, ricordandogli fin troppo bene il bambino impertinente che, tanti anni prima, durante la sua cerimonia di insediamento, aveva esclamato davanti a tutti Un giorno io sarò il Re!, provocando una mezza sincope alla povera sorella Maggie!

“Molto bene” disse ad un certo punto il sovrano, interrompendo a mezzo una stupenda arringa conclusiva di Sir Richard. “Adesso, però, vorrei scambiare due parole con Edward, ci sono alcune domande che mi sto ponendo e alle quali solo lui può dare risposta.”

Era giunto il momento. Libertà o prigionia? Vita o morte?

Maggie si tormentava le mani, Sir Richard ostentava sicurezza e, per darsi un contegno, prese in braccio il piccolo Henry. Edward, invece, dopo aver scambiato uno sguardo con Erik e aver tratto tutto il conforto e il coraggio possibili dai suoi limpidi occhi azzurri, drizzò ben alta la testa e si presentò al cospetto di Re Henry.

Fine undicesima parte

 

 

 

   
 
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