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Autore: pummikyu    23/09/2021    0 recensioni
Alla Torre della Carpa Dorata, una sera verso la fine di dicembre, si erano ritrovati insieme vari coltivatori di scuole diverse, in seguito a una Conferenza del Dibattito protrattasi per così a lungo da far rabbuiare il cielo sopra Lanling. Per una causalità di tal fatta, unita al pungente gelo invernale che bloccava il normale scorrimento del sangue, uno di loro, il più sprezzante delle convenzioni e delle etichette, decise di contrastare l’intirizzimento generale in un modo piuttosto singolare, e nondimeno affine alle proprie inclinazioni.
«Giochiamo al gioco della bottiglia!»
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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PROLOGO

Alla Torre della Carpa Dorata, una sera verso la fine di dicembre, si erano ritrovati insieme vari coltivatori di scuole diverse, in seguito a una Conferenza del Dibattito protrattasi per così a lungo da far rabbuiare il cielo sopra Lanling. Per una causalità di tal fatta, unita al  pungente gelo invernale che bloccava il normale scorrimento del sangue, uno di loro, il più sprezzante delle convenzioni e delle etichette, decise di contrastare l’intirizzimento generale in un modo piuttosto singolare, e nondimeno affine alle proprie inclinazioni.

«Giochiamo al gioco della bottiglia!», aveva strepitato d’improvviso Wei Wuxian, infrangendo la quiete dei presenti che contemplavano rapiti il paesaggio innevato, e rovinando il sonno di quelli appisolati sulle ringhiere dei corrimani della scuola. Si era ormai fatto decisamente tardi, l’ora di cena era stata soppiantata dai prolungamenti del banchetto durato fino al quel pomeriggio e i coltivatori, la maggior parte dei quali ancora ebbri, non era particolarmente disposta ad affrontare il viaggio di ritorno; il padrone di casa aveva così proposto che si trattenessero lì e trascorressero una notte nelle stanze di servizio. Eppure, di nuovo il caso aveva voluto che non si trovasse la chiave della camera privata che avrebbe dovuto ospitare la novella coppia formata da Wei Wuxian e Lan Wangji, la quale si era espressamente raccomandata che le venisse fornita un’unica abitazione munita di letto matrimoniale e di muri il più possibile spessi.

Jin GuangYao aveva assentito con un cordiale sorriso che gli increspava le labbra e con gli occhi stretti, mormorando tra sé e sé: “Finalmente stavolta non mi deludete!”.

Mancando però questo requisito fondamentale che avrebbe consentito agli sposini la loro intimità notturna, Wei Wuxian si era indispettito e aveva cominciato ad annoiarsi, coinvolgendo chiunque gli passasse a tiro con i propri lamenti, e Jin GuangYao non aveva potuto esimersi dal suggerirgli di allestire in una sala oltremodo spaziosa l’arredamento che opinava più opportuno per passare la notte.

«In pratica mi stai dicendo che io e mio marito dovremmo dormire qui, in corridoio?», fece Wei Wuxian, scambiando l’enorme salone dei ricevimenti che il magnanimo Coltivatore Supremo gli aveva messo a disposizione per un passaggio pedonale. 

«Ci saranno impronte ovunque e a Lan Zhan si sporcheranno gli abiti da funerale», riprese. 

Una lievissima ruga arricciò da sotto il copricapo la fronte di Jin GuangYao, che imperterrito manteneva il sorriso, nonostante fosse abbastanza scosso per la libertà che si prendeva di continuo il Patriarca di Yiling di dargli irrispettosamente del tu. Cercò comunque di non farci troppo caso, dopotutto avevano condiviso dei momenti molto intensi e forse Wei Wuxian era giustificato ad apostrofarlo con meno formalità di quanta prevista dalle gerarchie marziali. Si risvegliò da questi pensieri (che, diciamolo, potevano attraversare soltanto la sua di mente o, al massimo, quella di Lan Qiren) all’inequivocabile «Wei Ying» di Lan Wangji, il quale si appartò momentaneamente in un angolo della stanza per convincere Wei Wuxian ad accettare l’offerta senza fare troppe storie.

In realtà a Wei Wuxian non interessava affatto cavillare su inezie del calibro della scusa che aveva appena partorito, ma pur di dare sfogo alla sua frustrazione nei confronti dell’organizzazione di Jinlintai aveva tirato in ballo questioni di igiene e pulizia. Lui, che aveva passato quasi un anno della propria vita dormendo nella Caverna dell’Ecatombe del Demonio, letteralmente sui sassi imbrattati dal sangue. Lui adesso si lamentava del fatto che, su un pavimento tirato a lucido ogni tre ore come quello della sede dei Jin, il suo compagno rischiava di insozzarsi la candida veste. Ma se avrebbe venduto il suo asino pur di vedere Lan Zhan con il naso sporco di polvere, il torso svestito con chiazze di unto e qualche briciola tra i capelli! Non sapeva perché aveva una fantasia simile, dopotutto lo aveva visto per anni insudiciarsi di sangue sul campo di battaglia, eppure in effetti non lo aveva mai scorto senza la sua consueta compostezza che padroneggiava anche sfiorando l’aria con Bichen sguainata. Tranne quando era ubriaco. Pensò che trovarsi dello sporco addosso avrebbe imbarazzato suo marito in una maniera adorabile, e arrossì immaginando che poi lui gli avrebbe chiesto aiuto per lavarsi e allora poi forse…

«Wei Ying».

Una voce bassa lo richiamò all’attenzione sugli eventi circostanti e Wei Wuxian capì di essere veramente troppo annoiato e di non sapere cosa fare per togliersi dai piedi quella sensazione. Poi ebbe un lampo di genio.

«Giochiamo al gioco della bottiglia, fai venire qua tutti e chiedi se vogliono giocare!». 

Era rivolto verso Jin GuangYao, ma quest’ultimo era troppo impegnato a tenere sotto controllo gli altri ospiti, onde evitare che facessero troppo trambusto e si disperdessero per tutto il palazzo, per badare a ciò che era stato appena detto, che lo raggiunse come un’eco lontana.

«Quello che vuoi, Maestro…», rispose con sbrigativa condiscendenza, senza aver davvero ascoltato quali sarebbero state le conseguenze di quella concessione.

«Ragazziiiiii, quiiiiii!! Ho una proposta» sbraitò entusiasta lo scalmanato Wei Wuxian, con gli occhi che gli ardevano di un rinnovato gusto per le cose fatte tanto per fare. Non trovò risposta. La maggior parte dei coltivatori era uscita a godersi la nevicata notturna sulle scalinate protette dall’ampia tettoia della Torre della Carpa Dorata. Si sentivano i rumori di passi scricchiolanti e le traiettorie delle palle di neve illuminavano il cielo nero come delle stelle cadenti. Risate.

«DaGe non vale, avevamo detto che per oggi l’allenamento era sosp-».

Un proiettile di neve scagliato dall’alto colpì in pieno la faccia di HuaiSang e a nulla valse il ventaglio usato per attutire e schermare l’offensiva.

Da dietro un pilastro, ben  accorto di non esporsi a quell’intemperie non solo atmosferica, Jin GuangYao emise un sospiro silenzioso: “La prossima volta giuro non faccio entrare nessuno in casa mia e ci troviamo dai Jiang, ché loro hanno tutto nuovo, tutto rifatto, e soprattutto al sud nevica di meno! Altro che prestare di nuovo la sede del mio clan, e per così a lungo poi. A stento sono scampato alla cancel culture che mi voleva bannato da qualsiasi albo dei coltivatori e ridotto a una maschera di me stesso e ora dovrei rischiare di nuovo quel poco di reputazione che ho conservato per colpa di questa gente così… plebea. Se lo scordano. Dio, guardali come giocano e come urlano, non li reggo. Vado a fermarli”.

Non appena mosse un passo verso il primo gradino, il suo movimento venne ostruito dalle maniche della sua tunica; seduta stante pensò che gli si fossero impigliate da qualche parte ma, mentre si voltò per assicurarsi che non ci fossero strappi o cuciture allentate nel tessuto, si trovò di fronte Lan XiChen che lo tratteneva per un braccio. 

«A-Yao, vieni giù con me?», domandò l’uomo con un’innocenza tale da far impallidire e poi squagliare la neve stessa, attraverso una voce soave e ignara. 

GuangYao avvertì una piacevole cedevolezza nel tono con cui gli erano state rivolte quelle brevi parole, ché non poté fare a meno di ricambiare il sorriso, questa volta genuinamente, senza forzature. I due scesero la scalinata, l’uno accanto all’altro, e raggiunsero il ponticello che congiungeva le due rampe di scale della Torre, dove si era radunata una maggior quantità di neve, sufficiente da imbiancare le loro calzature. Il maggiore dei due estrasse il suo flauto e intonò una canzone alla luna, contemplandone il riflesso nei riverberi dell’acqua mentre muoveva le dita sui fori e calibrava il suo respiro. 

«Dovremmo rientrare?» esordì il più giovane quando sentì l’ultima nota scemare nell’indistinto del vento, come scosso all’improvviso da un brusco risveglio. 

Zewu-jun sorrise limpido: «Devi occuparti degli ospiti?».

GuangYao torse il capo che fino a quel momento era dedito a rimirare la neve fluttuante, e lo volse verso la sua destra, posando lo sguardo sull’espressione beata del compagno: «Anche tu sei un ospite, ErGe - commentò - Non crederai mica che voglia congedarvi senza prima avervi dato un alloggio opportuno. Avanti, torniamo dentro, la neve comincia a intensificarsi e fa ancora più freddo».

«Ti darò una mano ad assegnare le stanze, visto che mi ospiti», si affrettò a dire Lan XiChen, desideroso tanto di sdebitarsi quanto di prolungare il più possibile quella notte. Accettato con garbo l’aiuto del fratello giurato, Lianfang-zun si incamminò insieme al compagno lungo la scalinata.

 

«Lan Zhan, non è possibile, non c’è nessuno!», sbuffò Wei Wuxian, che era l’unico a essere rimasto in casa, senza godersi la neve. 

In quell’istante, Lan Wangji era seduto al tavolo centrale, assorto in piena meditazione, rotta soltanto dalle lagnanze di Wei Ying che faceva i capricci come un bimbo a cui non fossero state date abbastanza attenzioni e premure. Piccoli e delicati cristalli di neve si posavano impercettibilmente sull’abito immacolato e svanivano pochi secondi dopo, lasciando un fresco alone di acqua sulla stoffa. Questo era uno dei modi preferiti di Lan Zhan di profittare del freddo inverno; sentire la neve attraverso la mediazione dei suoi strati di vestiario gli riportava alla memoria i momenti passati ad aspettare qualcuno di molto importante, con il suo corpo come unico scudo di fronte alle ferite del cielo. Come il fuoco e il ghiaccio, pensava, eppure sapeva bene in cuor suo che il gelo poteva essere altrettanto cocente che fiamme. Così si sentiva protetto dal velo di neve che, senza fretta, gli imperlava l’incarnato, e allo stesso tempo percepiva come una dolce invasione da cui non voleva separarsi. Anche se faceva un po’ male, a lungo andare. Lui era stato educato a sopportare, e così aveva fatto: aveva sopportato l’assenza di sua madre prima, di suo padre poi; non aveva fiatato e aveva continuato a figurarsi una presenza evanescente accanto a sé, finendo per acuire sempre di più la sua solitudine. Aveva sopportato l’umiliazione di dubitare della giustizia e della legge, e il dolore della perdita un’ulteriore volta. Ma ora, a differenza delle volte precedenti, gli bastava aprire gli occhi per trovare di nuovo la gioia. E la sua gioia ora lo stava chiamando con un tono cantilenante, offrendo una spiacevole e strascicata imitazione del dialetto di Gusu. Lan Wangji, ancora con gli occhi chiusi, inarcò un sopracciglio con l’intento di recuperare la concentrazione, ma ormai il richiamo si faceva sempre più vicino e insistente. Quando aprì gli occhi si trovò Wei Ying adeso alla faccia che si avvalse di quell’intimità creatasi per caso per schioccargli un bacio sulle labbra serrate, che suggellò con un sorriso allegro.

«Hanguang-jun, aiutami a reclutare qualcuno». 

«Wei Ying - rispose serio non appena la sua bocca fu lasciata respirare - è notte fonda. Dobbiamo svegliarci alle cinque e tu non mi lasci dormire». 

Fingendosi offeso, Wei Wuxian brontolò che non erano ai Meandri delle Nuvole e avrebbero potuto prendersela un po’ più comoda ma, non appena quelle parole gli sfuggirono dalla bocca, si rese conto della loro insensatezza e ritrattò quanto detto. Sapeva bene che non avrebbe attaccato con Lan Zhan, per lui era indipendente il luogo dove esercitare la propria disciplina. Disciplina che quasi per automatismo si rifrangeva anche su Wei Wuxian, le cui abitudini erano decisamente agli antipodi di quelle del partner. Però continuava a essere tediato, quindi decise di tormentare ancora per un po’ suo marito, il quale nel frattempo gli aveva cinto la vita in un abbraccio e aveva appoggiato il mento sulla sua spalla dandogli dei teneri bacini, nella speranza di calmarlo e di dissuaderlo dal progetto che aveva in mente, che, a dir la verità, neppure Lan Zhan aveva ben compreso. 

Wei Wuxian, sedutogli in grembo, aveva sollevato le ginocchia per poter oscillare le gambe come un marmocchio su un’altalena: «Uffa! Ma nemmeno i bimbi vogliono venire a giocare?». 

Quelli che il Patriarca di Yiling aveva appena chiamato “bimbi” altro non erano che i discepoli minori delle varie scuole di coltivazione, che quel giorno avevano accompagnato i loro maestri a presenziare alla Conferenza, con l’obiettivo di seguire da vicino gli svolgimenti di una prassi così fondamentale. Alcuni si erano stufati di rimanere tutte le sette ore della discussione, e avevano preferito andarsene a metà seduta, ritornando alle rispettive scuole una volta che i loro superiori avevano finito di presentare le proprie dichiarazioni. Solo pochissimi erano ancora là, che aspettavano ormai di potersi riposare e passare la notte: c’erano solo Lan SiZhui e Lan JingYi, i cui maestri erano rimasti fino alla fine della Conferenza. E ovviamente, insieme a loro, poiché era a casa propria e non avrebbe avuto altro posto dove andare, c’era Jin Ling che, a differenza dello zio paterno, non bramava così tanto di essere lasciato in pace dagli ospiti. Anzi, a dirla tutta, si stava divertendo a prendere a ghiacciate in faccia JingYi e a correre dietro a Fata tutta piena di neve.

«Wei Ying. Vorresti far giocare SiZhui a un gioco depravato? E anche tuo nipote?» si assicurò secco Wangji. 

«Noo! Non sono mica così perverso! Mi accontento di farli bere…», disse Wei Wuxian abbassando sempre di più il volume della voce. Un misto di perplessità e inquietudine si dipinse negli occhi di Lan Zhan, deformandone il volto in una lieve smorfia di terrore: «Wei Ying!». 

Preoccupato che potesse alterarsi ancora di più e punirlo corporalmente in maniere singolari, Wei Wuxian rettificò la propria affermazione, confessando che aveva solo voglia di dire cagate perché si annoiava e non trovava nessuno con cui combinare marachelle. 

«Mi manca Jiang Cheng», ammise pensando al suo compagno di giochi di un tempo che, nonostante l’aria drammatica assunta da Wei Ying, in realtà era a pochi metri di distanza e stava schiamazzando dietro a Jin Ling che lo aveva appena fatto scivolare sulla neve bagnata. Non era stato semplice giungere a una riconciliazione dopo le verità taciute e poi ammesse all’improvviso dopo così tanto tempo, eppure i due fratelli erano giunti a una sorta di tregua che ricordava molto il rapporto che avevano da ragazzini. Il passato non era più una scusa da scomodare a proprio piacimento. Così ora conducevano una relazione taciturna e piuttosto indifferente, e di tanto in tanto si ritrovavano in luoghi condivisi; Jiang Cheng lo degnava addirittura di un’alzata di capo e di sopracciglio, mentre Wei Wuxian lo salutava da distante con una buona dose di rammarico nella voce. Nonostante questo però il loro era un rapporto normale tra parenti che si incontrano per le occasioni e le feste tradizionali: sopportabile e a tratti imbarazzante. Aveva ragione Wei Ying a rimpiangere la loro spensieratezza di molti anni prima, ma non si poteva fare altro, per il momento. Per questo gli mancava Jiang Cheng ed era felice di averlo lì a due passi, anche se nessuno dei due riusciva a essere spontaneo e sciolto nelle interazioni che si scambiavano. Tuttavia, almeno, non lo sentiva più ringhiare quando Wei Wuxian gli si avvicinava, piuttosto rimaneva fermo, le braccia lungo i fianchi che di tanto in tanto contraevano le mani in due pugni, e lottava disperatamente per non abbassare lo sguardo. Dato tutto quello che avevano passato, quella reazione poteva dirsi una conquista! In passato aveva sguinzagliato Zidian per molto meno.

 

«Sento dei passi, Lan Zhan, forse sono tornati!», mugolò speranzoso Wei Ying udendo un portone richiudersi e della gente entrare. 

In effetti, di lì a pochi secondi dopo, scorse da dietro la porta le sagome di alcuni dei presenti e si precipitò fuori per accoglierli, imperturbabile alle occhiate glaciali che lo trafiggevano, così come non era minimamente toccato dal fatto di stare urlando nel bel mezzo della notte a delle persone che probabilmente volevano soltanto ritirarsi nelle stanze private e rimandare all’indomani qualsiasi affanno.

Raccogliendo l’espressione più raggiante che il suo viso gli permetteva, disse a gran voce: «Ragazzi, non avete sonno, vero? Giochiamo al gioco della bottiglia?!»

   
 
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