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Autore: Nocturnal Valex    23/09/2021    2 recensioni
Il corpo di Snape non fu mai ritrovato nella Stramberga Strillante, dove Harry era sicuro di averlo visto morire, ma sei anni dopo quel giorno Harry ha ben altro a cui pensare: qualcuno ritornerà dal passato, e tra amori vecchi e nuove minacce, Harry deve riuscire a mantenere insieme i pezzi della sua vita.
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Severus, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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*Marzo 1996*

Harry non si era mai pentito di qualcosa come si stava pentendo ora di aver spiato i ricordi nel Pensatoio di Snape, eppure non riusciva a smettere di pensarci. Suo padre non era una bella persona ai tempi della scuola, non poteva giustificare un comportamento del genere, e ora si sentiva in colpa nei confronti di Snape. Non che lui c’entrasse qualcosa, ma era abbastanza sicuro che James non gli avesse mai chiesto scusa e ora si sentiva in dovere di farlo al posto suo.
Eppure anche Snape non era stato gentile con sua madre. Chiamarla in quel modo era stato meschino e maleducato. Avrebbe avuto bisogno di sentire entrambe le campane, che in questo caso erano tre: i suoi genitori e Snape, ma mentre i primi due erano morti, dubitava che il terzo gli avrebbe mai risposto, e sicuramente avrebbe trovato ridicole le sue scuse.
Passò giorni a rimuginare su ciò che aveva visto nel Pensatoio e a come fare per porvi rimedio. Aveva bisogno delle lezioni di Occlumanzia e soprattutto aveva bisogno di rivedere Snape. C’era qualcosa in quell’uomo, qualcosa che lo rendeva affascinante e spaventoso. Harry non sapeva se ne era attratto o respinto. Sicuramente non era un bell’uomo, non aveva quella bellezza classica dei suoi compagni né un fisico su cui le ragazze avrebbero sbavato, ma in quel periodo, dove Harry rischiava la morte un giorno sì e l’altro pure, il ragazzo non voleva negare nulla a se stesso, e se pensava che rivedere Snape in privata sede fosse la cosa giusta per lui allora ci avrebbe tentato. Inoltre lui era l’unico ad Hogwarts che avrebbe potuto parlargli dei suoi genitori.
Fu solo sul finire di aprile, però, che il Prescelto ebbe la forza di tirare fuori il Mantello di suo padre e scendere nei sotterranei dopo che fu scattato il coprifuoco. Sperava che Snape fosse sveglio, e ne ebbe conferma quando, dopo aver bussato alla porta del suo ufficio, l’uomo venne ad aprire con uno sguardo perplesso. -Chi è?- chiese ad alta voce non vedendo nessuno.
Harry si fermò un attimo ad osservarlo: indossava una camicia nera e i pantaloni che utilizzava anche a lezione, ma ciò che lo sorprese maggiormente furono i capelli, che erano tenuti raccolti da un elastico. Paralizzato dalle incertezze, non parlò né si tolse il Mantello, quindi Snape liquidò la faccenda come uno scherzo degli Slytherin e fece per richiudere la porta, senonché un piede si piazzò svelto davanti ad essa. Solo allora Harry lasciò cadere il Mantello. -Potter, a cosa devo la sua visita a quest’ora di sera? Il coprifuoco è scattato, ma non mi dovrei stupire: le regole sono state fatte per essere infrante da te- borbottò squadrandolo da testa a piedi. -Dieci punti da Gryffindor per essere fuori dal dormitorio-.
Harry si affrettò a parlare prima che l’uomo potesse togliere altri punti alla sua casa. -Ho bisogno di parlarle riguardo a… beh sì, quello che ho visto nel Pensatoio- osservò la reazione del professore, e quando lo vide indurire lo sguardo, pronto ad esplodere, continuò -Vorrei sapere alcune cose e scusarmi per ciò che le è stato fatto. Lei è l’unica persona che conosco oltre a Sirius che ha conosciuto i miei genitori da vicino, e io non so proprio nulla di loro. La prego-.
Quando aveva pensato a come convincere Snape a dargli udienza non aveva compreso le preghiere, ma in quel momento gli sembrò un’idea più che giusta abbassarsi a quel livello, perché vedeva l’umore nero di Snape e sentiva che se non l’avesse impietosito l’avrebbe sbattuto dalla Umbridge a calci nel sedere.
Osservò il professore sospirare e rilassare impercettibilmente le spalle prima di farsi da parte. -Entra prima di svegliare l’intero dormitorio-.
Harry entrò col cuore che batteva a mille. Nei suoi pensieri Snape lo cacciava senza nemmeno dargli il tempo di parlare e ora non sapeva come andare avanti nella conversazione senza essere preso a brutte parole. Non credeva più che fosse una buona idea presentarsi lì.
Ancora una volta Snape lo stupì, salvandolo dai dubbi: -Dimmi quello che vuoi sapere e poi vattene da qui, la mia pazienza ha un limite e tu l’hai già superato quando hai deciso di invadere la mia privacy-.
Harry sospirò e iniziò a torturarsi le mani, guardando ovunque tranne il professore che era andato a sedersi dietro la scrivania. -Mi dispiace per quello, ero curioso di capire perché mi odiasse tanto, lei è sempre così misterioso e… impenetrabile- borbottò prima di guardare Snape roteare gli occhi e tornare a fissarlo con sguardo truce.
-Non ti è mai venuto in mente che magari non tutti vogliano aprirsi con il grande Harry Potter?- sbottò il suo nome con un certo disgusto -E poi tu parli di odio, ma sai cosa significa odiare davvero qualcuno? Se lo sapessi, capiresti che io non ti odio-.
Harry lo fissò a lungo senza dire nulla, e solo dopo qualche secondo si rese conto che aveva la bocca aperta e gli occhi spalancati, come un pesce. Dire che fosse stupito era riduttivo, ma ancora non sapeva cosa lo avrebbe aspettato di lì a breve. -Lei… se non mi odia, allora perché mi tratta così?- osò domandare, pronto ad incassare insulti.
-Ti tratto così come, Potter? Come se tu fossi un enorme presuntuoso e uno studente nullafacente? Forse ti tratto così perché questo è quello che sei. Non so cosa ti abbiano detto, ma tu non sei molto diverso da tuo padre- Harry era pronto a controbattere, perché insultarli era una cosa, ma dire che fosse un bullo… -Il fatto che tu non appenda la gente per le mutande è l’unica cosa che ti contraddistingue da lui, e la mania di salvare il mondo-.
Harry si andò a sedere senza permesso davanti a lui, dall’altro lato della scrivania. -Io non ho nessuna mania, questa cosa dell’Eroe me l’avete appiccicata addosso voi dopo che io quindici anni fa sono sopravvissuto a Voldemort- sbottò ignorando il sussulto impercettibile di Snape a sentire quel nome. -Io nemmeno mi ricordo come ho fatto a sopravvivere, non mi ricordo nulla di quella sera. Solo un urlo agghiacciante e una luce verde, eppure da questo tutti quanti voi avete capito che ero destinato a salvare il mondo da un pazzo psicopatico con manie di grandezza!- non aveva progettato di arrabbiarsi, voleva parlare pacatamente con Snape, ma aveva sentito quelle parole, “salvare il mondo”, fin troppe volte e non ne poteva più. -Nessuno si chiede mai cosa vuole Harry Potter, siete sempre lì a dirmi quello che devo fare-. Nel discorso aveva abbandonato la sedia per prendere a camminare agitato nella stanza, gesticolando nervosamente.
Snape lo aveva ascoltato in silenzio, scocciato da quei capricci senza capo né coda. Sapeva che Potter avesse ragione, ma ciò non toglieva che ci fosse una missione da compiere e l’unico a poterlo fare fosse lui. -Hai finito?- ad un cenno positivo del ragazzi continuò, sempre fermo sulla sua sedia. -Cosa sei venuto a fare qui? Se hai bisogno di uno psicologo, io non sono la persona giusta. Prova con Dumbledore, sono sicuro che sarà più utile di me. Ciò che posso dirti è che per quanto tu voglia la tua libertà, qua siamo in guerra e tu sei in prima linea, che ti piaccia o no-.
Harry tornò ad afflosciarsi sulla sua sedia, tutta l’adrenalina del discorso di prima sparita. -Vorrei solo qualcuno che mi capisca. Nessuno mi parla mai dei miei genitori, io quasi non so che faccia abbiano mentre tutti voi li conoscete bene, ma nessuno si degna di parlarmene. Ho capito che lei non ha avuto un buon rapporto con mio padre, per questo non posso chiedere solo a Sirius, perché mi direbbe solo cose positive e so che non c’è solo quello- sospirò e si passò una mano nei capelli, scompigliandoli più di quanto non avesse già fatto il Mantello. -E sono sicuro che conoscesse bene mia madre. Perché le ha parlato in quel modo? Perché l’ha chiamata sanguemarcio?-
Snape rimase in silenzio a lungo, così tanto tempo che Harry iniziò a valutare l’idea di alzarsi e andarsene. Solo qualche minuto dopo ottenne la sua risposta, anche se non quella che si aspettava. -Torna domani con le tue domande. La storia è troppo lunga per essere raccontata stasera. Riprenderemo le lezioni di Occlumanzia, e se farai progressi ti spiegherò qualcosa di volta in volta. Chissà, magari questo sarà l’unico modo per insegnarti a chiudere la mente-.
Harry sorrise, contento di aver trovato uno spazio nella corazza di Snape e impaziente di arrivare alla sera successiva. Si alzò e, dopo averlo ringraziato, tornò nel suo dormitorio.
 
Il giorno dopo arrivò, e anche quello dopo e quello dopo ancora. In un mese Harry aveva imparato non solo a chiudere la mente, ma anche molte cose sui suoi genitori. Snape era molto stringato nelle risposte alle sue domande, ma univa le parole ai ricordi nel Pensatoio, e più si una volta di erano immersi insieme nei fili argentei. Non tutte le sere succedeva, a volte capitava che Harry fosse troppo distratto da altro da riuscire a chiudere la mente, e allora Snape lo puniva non dicendogli niente dei suoi genitori, ma ad Harry andava bene così. Gli piacevano un po’ di più ora quelle lezioni, e riuscì a vedere del buono anche nel professore, che guadagnava fascino ora dopo ora.
Harry era spaventato da se stesso e da quello che provava in presenza dell’uomo. Nei mesi aveva iniziato a notare dei piccoli dettagli nel professore che prima non notava, come il modo in cui si spostava i capelli dagli occhi o come si muovessero i suoi occhi quando era nervoso per un ricordo particolarmente brutto, e ciò lo spingeva a volere sempre più tempo con Snape. Spesso sbagliava di proposito a chiudere la mente solo per poter prolungare le lezioni, e temeva che se Snape si fosse accorto che era perfettamente in grado di eseguire l’esercizio avrebbe interrotto i loro incontri.
Ma poi Sirius morì, e con lui anche tutte le cose belle che Harry aveva coltivato quell’anno. Divenne apatico, diede la colpa a se stesso per quel fallimento, perché si era concentrato più sul compiacere Snape che sulla reale utilità dell’Occlumanzia e non riusciva più a trovare pace.
Fu Snape a cercarlo, alla vigilia delle vacanze estive. Lo trovò nella torre di Astronomia a contemplare il cielo stellato senza i suoi preziosi amici. Si fermò accanto a lui in silenzio, poi a bassa voce sussurrò -Non è stata colpa tua- che fece scoppiare a piangere il ragazzo. Si stupì ma non più di tanto quando si ritrovò il suo corpo tremante addosso, ma la sorpresa fu maggiore quando si vide stringerlo a sé come farebbe un padre col figlio.
Lo tenne stretto a lungo, finché il ragazzo non smise di piangere ma non di tremare, e solo allora se lo staccò di dosso per guardarlo in faccia, tenendo le mani sulle sue spalle. -La vita va avanti Harry. So che ti manca, so che era la tua famiglia, ma se ti lasci abbattere dal primo fallimento perderemo la guerra, e i morti saranno molti di più-.
Harry notò come il professore avesse usato il suo nome anziché il cognome, e forse fu questo o forse la disperazione che sentiva dentro a spingerlo ad alzarsi sulle punte e premere le labbra su quelle di Snape.
Nessuno dei due si mosse, e qualche secondo dopo Harry si staccò. Snape vide il terrore negli occhi del ragazzo, lo sentì tremare maggiormente e lesse nel suo corpo l’incertezza. Lo trattenne quando il ragazzo provò a fare in passo indietro, poi borbottò un -Moccioso- prima di avventarsi sulle labbra screpolate del ragazzo, facendolo finire con la schiena contro la balaustra che li divideva da un salto nel vuoto.
 
Fu una storia breve, di un anno. Snape era convinto che sarebbe riuscito a troncarla quando avesse voluto, ma non ci provò mai.
Dopo il bacio non avevano più parlato, ognuno era tornato nelle proprie stanze, sconvolti dagli avvenimenti e dai sentimenti, e durante l’estate non si erano né sentiti né visti, ma il primo settembre arrivò abbastanza in fretta, portando passione e voglia di stare insieme. Non diedero un nome a quella cosa, e ad entrambi andava bene così. Ogni tanto si vedevano da qualche parte, stavano insieme a parlare, si baciavano e poi finivano catastroficamente a letto insieme nelle stanze del professore, o sul terreno della Foresta Proibita, o ancora sul pavimento freddo della Stanza delle Necessità, perché entrambi erano troppo presi l’uno dall’altro per materializzare un letto.
Harry probabilmente stava iniziando a covare qualcosa per il professore, ma non lo disse, mentre Snape era troppo Snape anche solo per pensarci. Ci furono però degli episodi che gli fecero capire che quella cosa non poteva andare avanti.
La prima volta fu alla terza lezione di Occlumanzia del sesto anno. Harry aveva insistito tanto per riprenderle perché era terrorizzato che potesse succedere la stessa cosa dell’anno precedente e perché così almeno aveva una scusa da propinare ai suoi amici quando non teneva loro compagnia la sera. Quella sera Potter era particolarmente distratto e Snape era riuscito a penetrare nei suoi ricordi molteplici volte, e nell’ultima delle quali aveva rivisto la scena del ragazzo che baciava Cho Chang. Era uscito subito dalla sua mente con una stretta allo stomaco e aveva cacciato Potter con testuali parole: -Non sei abbastanza concentrato e mi stai facendo perdere tempo, sparisci e ci vediamo settimana prossima-. La settimana prossima era in realtà il giorno successivo dove si era ritrovato a dare una punizione a Potter per il ritardo a lezione.
Il secondo campanello di allarme fu quando una notte Potter, nudo nel suo letto e con la testa sul petto di uno Snape altrettanto nudo, dopo aver appena consumato il secondo rapporto della serata, gli aveva comunicato che si era fidanzato ufficialmente con la più piccola dei fratelli Weasley. Snape era rimasto in silenzio, ma aveva smesso di disegnare cerchi astratti sulla schiena de Prescelto. Giustificò quel senso di gelosia con la confusione, perché a lui era chiaro che Harry provasse qualcosa nei suoi confronti quindi non capiva come potesse stare con un’altra persona. Sì, era solo preoccupato per la rossa, dato che Harry la stava chiaramente usando, e lui non aveva tempo per le lacrime di una ragazzina col cuore spezzato durante le sue lezioni.
Il terzo dubbio gli sorse quando non riuscì a stare seduto in Sala Grande dopo aver visto Potter baciare proprio la rossa al tavolo Gryffindor. Non volle soffermarsi a pensare al perché si fosse alzato di colpo, la fame svanita e un forte senso di nausea imminente, e si fosse diretto a grandi passi lungo la navata, passando accanto ad un non tanto preoccupato Potter che passava delicatamente le dita tra i capelli della Weasley. Non ci avrebbe pensato, assolutamente no. Harry si fece perdonare poche ore dopo senza nemmeno saperlo, e Snape dimenticò tutto, ma quella sera non lo baciò.
Ma poi venne la fine dell’anno e con lei anche la morte di Dumbledore per mano del professore, e tutti quei problemi adolescenziali passarono in secondo piano quando si vide inseguito da un Harry spaventosamente arrabbiato e deluso e ferito. Cercò di ucciderlo con un suo stesso incantesimo e questo fece perdere il senno a Severus, che cercò di distruggerlo definitivamente rivelandogli la sua identità di Principe Mezzosangue. Lo vide traballare sulle sue gambe e sentì quasi i pezzi del suo cuore frantumarsi a quelle parole.
Aveva ancora una volta distrutto una persona che amava senza nemmeno alzare la bacchetta, e si odiava per quello, ma ancora una volta era necessario. Si chiese quando avrebbe smesso di farsi terra bruciata attorno. Sapeva di meritarsi tutto l’odio che ora il ragazzo gli stava riversando addosso con parole crude e veritiere, ma non poteva spiegargli la situazione. Doveva solo incassare e resistere alla tentazione di andare da lui per stringerlo come aveva fatto dopo la morte di Sirius.
Durante il loro primo incontro gli aveva chiesto se avesse mai odiato qualcuno, e se ai tempi non aveva risposto, se gliela avesse posta adesso sapeva che la risposta sarebbe stata positiva, perché quello che aveva negli occhi non era solo delusione e dolore, ma anche un odio accecante. E se lo meritava tutto, anche se prima di uccidere il Preside aveva passato mesi a sperare che Harry capisse da solo, che incastrasse tutti i tasselli e arrivasse da solo alla conclusione che lui era uno dei buoni, che era costretto, come lui, a fare cose che non voleva fare.
Un po’ si sentiva tradito anche lui.
   
 
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