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Autore: Mary P_Stark    25/09/2021    2 recensioni
Il piccolo paese di Nederland, Colorado, viene stravolto dalla notizia di un rapimento incomprensibile ed Emily Poitier, fotografa e scrittrice presso una piccola casa editrice della zona, è suo malgrado costretta a rivivere ciò che, vent'anni addietro, accadde a lei.
Sarà grazie all'aiuto dei suoi amici e di Anthony, sua vecchia fiamma, se riuscirà a non impazzire a causa dei ricordi, aiutando così a scoprire chi si cela dietro al rapimento e a recuperare, una volta per tutte, la serenità tanto cercata.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13.

 

 

 

 

Jordan Poitier bloccò la Mercedes W205 presa a noleggio a Denver dinanzi all’entrata dell’albergo di proprietà della famiglia Consworth, dove anni prima Emily aveva soggiornato per alcuni mesi.

Dopo aver spento il motore, prese un gran respiro e, con un ultimo sforzo, l’uomo si decise a scendere per poi poggiare i mocassini scamosciati sull’asfalto nuovo del parcheggio.

Sollevatosi con lentezza – il viaggio intrapreso in fretta e furia lo aveva sfiancato – si stiracchiò leggermente prima di sistemarsi la camicia in cotone egiziano e i jeans scuri che indossava.

Era insolito, per lui, indossare un look così casual, ma gli era sembrato assurdo presentarsi a Nederland con doppiopetto griffato Armani e scarpe firmate Prada ai piedi.

Inoltre, il tempo dei doppiopetto e delle cravatte di seta erano finiti, per lui.

Chiusa quindi la portiera dell’auto con una spinta leggera, afferrò il suo trolley sul sedile posteriore dopodiché, con calma, si avviò verso le porte a vetri dell’entrata dell’albergo.

Fu lì, oltre quei vetri trasparenti – su cui era stato serigrafato il nome della famiglia proprietaria e il logo dell’hotel – che Jordan vide la figura della figlia.

Apparentemente, lo stava attendendo assieme a Jamie, accanto al bancone dell’accettazione, in compagnia di un altro paio di giovani uomini che lui non conosceva.

Jordan fu tentato di restare in contemplazione della figlia ancora per qualche minuto, ma gli sembrò sciocco starsene lì impalato di fronte al primo gradino della veranda, al pari di una statua di sale. Avrebbe dato l’impressione di essere diventato, di colpo, uno spaventapasseri molto costoso.

Avviandosi perciò verso le porte, attese che la fotocellula lo vedesse e, quando i vetri infrangibili si furono ritirati, entrò con passo fintamente tranquillo quindi, con un sorriso teso, disse: “Buongiorno.”

“Papà” mormorò Jamie, dando poi di gomito alla sorella.

Emily sembrava essere raggelata, al fianco del fratello. Immobile e con lo sguardo fisso sul volto dell’uomo che, per tanti anni, era stato un’incognita vivente, per lei, sembrava indecisa sul da farsi e, soprattutto, su cosa dire.

Pur sapendo quanti anni fossero passati, dalla loro prima lite, trovò strano vederlo con i capelli ingrigiti, invece che con la sua consueta e folta chioma castana. Suo padre aveva sessantatre anni, perciò era normale che avesse i capelli di quel colore, eppure lei faticava a conciliare quell’uomo apparentemente normale con colui che l’aveva tanto delusa anni addietro.

E dire che lo aveva visto in condizioni ben peggiori, debilitato dall’infarto e smagrito in volto dalla malattia. Perché, quindi, ora era così sconvolta, di fronte al suo arrivo?

Forse, proprio per questo. Perché, per la prima volta, suo padre era lì. Nel suo territorio.

Aveva sconfinato nella sua confort zone, e questo la rendeva nervosa.

“Emily… ciao” disse infine Jordan, ritentando un approccio con la figlia.

Rabbrividendo leggermente, la giovane annullò frettolosamente la distanza che li divideva per un rapido abbraccio dopodiché, nello scostarsi, mormorò: “Ciao, papà.”

Non disse altro, ma a lui bastò. Rivolgendosi poi all’uomo piacente dietro il bancone, aggiunse: “Immagino di aver parlato con lei, poche ore fa. Sono Jordan Poitier, molto piacere.”

“Sì, signor Poitier, ero io. Sono il figlio del proprietario, Anthony Consworth” asserì il giovane, allungando una mano verso di lui. “Ho fatto preparare per lei la stanza con il salottino. Ho pensato che avesse bisogno di un posto dove lavorare, visto che…”

Interrompendolo con un sorriso, Jordan disse per contro: “Oh, beh… per visionare le carte di uno studio di avvocati mi sarebbe bastato un divanetto, ma grazie davvero.”

I due figli lo fissarono basiti, a quel punto, del tutto spiazzati da quelle parole impreviste e Jamie, strabuzzando gli occhi, esalò: “Studio… di avvocati? Cos’è successo, papà?”

“Semplice. Ho ritirato le mie quote dall’azienda di famiglia e ho venduto le azioni. Armand e il nonno mi stanno facendo diventare matto con gli incartamenti da firmare, visto che sono un socio fondatore, ma spero che finiscano alla svelta” si limitò a dire l’uomo, sorprendendoli ulteriormente.

Che cosa?!” gracchiò Jamie, mentre Emily si portava le mani sulla bocca per soffocare un singulto. “Ma che ti è venuto in mente?!”

Guardando Emily con aria piena di contrizione, disse con semplicità: “Ho fatto quello che avrei dovuto fare più di vent’anni fa. Prendere armi e bagagli e venire a salvarti.”

A quelle parole, Emily lasciò crollare le braccia lungo i fianchi, lo guardò con espressione addolorata e, dopo alcuni istanti di angoscioso silenzio, lo mandò al diavolo senza pensarci su troppo. Senza dire altro, quindi, si allontanò da tutti per fuggire fuori dall’albergo.

Jordan non si stupì affatto di quella reazione ma, ben deciso a non lasciare che le cose andassero come negli ultimi vent’anni, guardò un ancora scioccato Jamie e domandò: “Dove può essere andata?”

Quasi all’unisono, i tre giovani dissero: “Al molo.”

All’uomo sfuggì una risatina, di fronte  a una simile sicurezza e, nel lasciare il trolley al figlio, lo pregò di portarlo nella sua stanza e di ritirare per lui la chiave dopodiché, scusandosi coi presenti, uscì e si diresse verso il lago.

“Mi venisse un accidente …” gracchiò a quel punto Parker, ancora piuttosto confuso e frastornato da ciò che era appena successo.

Jamie si lasciò andare a un’imprecazione e, guardando Anthony, domandò ansioso: “Dici che è il caso che io li raggiunga?”

“Secondo me, Emy ti lancerebbe nel lago, se lo facessi” borbottò Anthony. “Credo che sia il caso di lasciarli in pace. Dopotutto, è un po’ che devono parlare, no?”

“Beh, a quanto pare mio padre è nella fase ‘mollo tutto e faccio cose che non ho mai fatto prima’. Chi l’avrebbe detto che si sarebbe lasciato alle spalle l’azienda di famiglia?” gracchiò Jamie, passandosi le mani tra i folti capelli, ormai ridotti a un covone di fieno.

“Non ne sapevi proprio niente?” domandò Parker, a sua volta piuttosto perplesso.

“Assolutamente no. E mamma non ci ha accennato nulla” sbuffò il giovane, afferrando il telefono per poi uscire dall’albergo a grandi passi.

A quel punto, Parker guardò Anthony e chiosò: “I Poitier amano le uscite a effetto, a quanto pare.”

Lui non poté che assentire. Di certo, di tutti i possibili scenari che si era prefigurato nella mente riguardo al suo primo incontro con il padre di Emily, questo li batteva tutti.

***

Come poteva pretendere che lei accettasse quella decisione come se nulla fosse mai accaduto? Come poteva anche solo pensare che quel gesto impulsivo potesse cancellare più di vent’anni di scuse stentate e inutili?!

Seduta sul molo da cui partivano le barche a remi per le gite sul lago, Emily era avvolta dal dolce silenzio di quei luoghi tranquilli e gradevoli e, da almeno venti minuti, nessuno aveva tentato di avvicinarla per chiederle come stesse.

L’ultimo che aveva tentato qualche approccio, un giornalista di Boulder piuttosto intraprendente, era stato scacciato dal vecchio Joe Blaire - l’addetto all’imbarcadero - che, con il suo solito tono di voce burbero, lo aveva rispedito al mittente. Più docile e  con voce calda e confortante, a lei aveva invece raccomandato di godersi il molo, senza preoccuparsi di nulla.

E così era stato. Fino a quel momento, comunque.

I passi leggeri che stava percependo con udito e tatto – attraverso le assi vibranti del molo che avvertiva sotto le dita – non dovevano essere di un giornalista, ma certamente neppure di Parker, Jamie o Anthony.

Tutti loro si sarebbero annunciati con un ‘ehi, Emy… come va?’, o qualcosa di simile. Quel passo diffidente, quel silenzio colpevole, potevano appartenere a una persona sola.

Perciò, senza neanche voltarsi, mormorò: “Non mordo, sai?”

“Meglio non correre rischi” chiosò il padre, raggiungendola e sedendosi al suo fianco, lasciando quindi pencolare le gambe nel vuoto al pari della figlia.

Lo sciabordio leggero dell’acqua accarezzava i piedi del molo in legno, creando un effetto vellutato tutt’attorno a loro e portando con sé il ricordo lontano del mare. L’aria frizzante dei duemila metri a cui si trovavano, però, poco aveva a che fare con le assolate spiagge di Los Angeles o Miami e Jordan, nel guardarsi intorno, mormorò: “E’ davvero un luogo bellissimo. Offre molta pace e tranquillità.”

“Hai sentito il dottore, prima di venire?” domandò burbera Emily, lanciandogli un’occhiata di straforo.

Lui sorrise appena, annuendo, ma disse: “Non era contentissimo, soprattutto perché sono venuto direttamente qui senza prima acclimatarmi a Denver, ma mi ha dato qualcosa da prendere per ogni eventualità.”

Ciò detto, si picchiettò il petto con una mano aperta, all’altezza del cuore, e sorrise. L’infarto che aveva avuto un paio di anni prima li aveva messi tutti in allarme ma, per fortuna, tutto si era risolto per il meglio. Le direttive di medico e moglie, però, si erano fatte più stringenti, per lui, e quel viaggio aveva messo a dura prova i nervi di entrambi i suoi aguzzini.

La giovane si limitò ad assentire e, poggiando i gomiti sulle cosce, mormorò: “La cosa della ditta… potevi anche non farla, sai? Non è un rapimento a scopo estorsivo, e io non c’entro nulla.”

“Non importa. Era giusto così” replicò lui, osservando il lago che, come uno specchio, rifrangeva le alte vette che circondavano l’abitato montano.

Non faceva specie che la figlia avesse scelto proprio quel luogo, per nascondersi e vivere serenamente. Ogni angolo di quel paradiso in terra era in grado di ritemprare spirito e corpo, cancellando con il semplice suono del vento le angustie della vita e il riverbero di fastidiosi ricordi.

“Giusto, cosa?” sbottò a quel punto Emy, volgendosi feroce verso il padre per poi aggredirlo verbalmente. “Pensi davvero che adesso, dopo questo tuo gesto generoso, io ti salti al collo urlando ‘oh, grazie, papino, ti voglio bene!’. Pensi davvero che finirà così?!”

Essendosi aspettato un suo scoppio d’ira, Jordan non vi fece caso e, nel tornare a osservare la distesa placida del lago, le alte vette imbiancate delle Montagne Rocciose e gli scuri boschi che circondavano la cittadina, asserì: “Ero stanco di mentire. Solo questo.”

Quella frase lasciò del tutto sconcertata Emily che, sbattendo le palpebre, mormorò: “In che senso, scusa?”

“Se sei disposta ad ascoltare la verità nuda e cruda, te la dirò.”

Rammentando il monito di Max di ascoltare senza pregiudizi, Emily borbottò un assenso e Jordan, sospirando nel prepararsi a quell’ennesima prova, disse: “Successe tutto quando giunse la prima richiesta di riscatto.”

Emily assentì cauta e l’uomo, passandosi una mano sul volto, tornò a quel giorno, a quel maledetto giorno di più di vent’anni prima.

***

Luglio 1993 – New York

 

Aprendo la busta con mani tremanti, Jordan lasciò ricadere il foglio scritto a macchina sulla scrivania, corredato da un ricciolo di biondi capelli e da una delle spille tanto amate da Emily. Quella di Barbie.

Scrutando quindi ombroso suo fratello Armand e la sua gemella Bérénice, gracchiò: “Chiedono cinquanta milioni. Entro due giorni.”

“Impossibile, e tu lo sai” scosse il capo Armand, accavallando le gambe e tamburellando le dita sui braccioli della poltrona su cui era assiso. “Dovremo trovare un altro modo per riportare a casa la piccolina.”

“Armand ha ragione. Cinquanta milioni di dollari prelevati dall’azienda ci farebbero andare sul lastrico” rincarò la dose Bérénice, passeggiando nervosamente dinanzi all’alta finestra che dava direttamente sulla Fifth Avenue.

L’afa di quei giorni era percepibile sulla pelle, pur se quegli uffici potevano contare su un impianto di condizionamento d’eccezione. Nessuno di loro, però, sembrava rendersi conto dell’umidore delle loro fronti, così come del morboso profumo di pachouli dello studio dove si trovavano.

Il nervosismo crescente tra di loro era l’unico profumo maleodorante e stantio che i tre fratelli erano in grado di percepire, un aroma marcescente nato dalla netta contrapposizione tra di loro, e per motivi assai divergenti quanto inconciliabili.

“Si sta parlando di mia figlia! MIA FIGLIA! Non di un affare tra aziende!” ringhiò per contro Jordan, sbattendo una mano sulla scrivania che aveva dinanzi a lui.

Lo studio, per quanto ampio, arredato con classe e illuminato da luci calde e piacevoli, gli parve una prigione, in quel momento. Una prigione in cui i fratelli e i genitori lo stavano rinchiudendo sempre più, giorno dopo giorno, in modo tale che non potesse più muovere un solo muscolo per accorrere in aiuto della figlia.

Era stato un trauma tornare dal vernissage e scoprire, nel cortile di casa, i corpi senza vita di Pollux e Castor. I due rottweiler che aveva acquistato sei anni addietro, ancora cuccioli, giacevano l’uno accanto all’altro, all’apparenza addormentati, le teste vicine e le lingue ciondoloni.

Non gli ci era voluto molto per capire che qualcosa non andava; i due cani erano soliti salutarlo sempre, al suo ritorno, ma quella sera non si erano mossi, all’arrivo dell’auto.

Tenendo lontana Margareth perché non affrontasse ciò che ormai riteneva inevitabile, si era avvicinato perciò ai due animali e, nel vedere la bava alle loro bocche, aveva presagito il peggio.

Senza perdere altro tempo, era accorso alla porta per scollegare l’allarme, solo per scoprire che era già stato disattivato.

Da chi, lui non ne aveva avuto alcuna idea, ma le ipotesi nel suo carnet lo avevano raggelato per alcuni istanti terribili.

Assieme alla moglie, sempre più scosso da dubbi e timori, era quindi corso in casa per scoprire cosa fosse successo.

La vista di Sandra, la bambinaia dei figli, stesa a terra in una pozza di sangue, aveva fatto temere il peggio a entrambi ma, quando Jordan l’aveva sfiorata per auscultarne il battito, aveva tirato un sospiro di sollievo nello scoprire che era ancora viva.

Ferita in modo grave – come avevano appurato in seguito – ma viva.

Le urla di Margareth, avviatasi verso la stanza di Emily mentre Jordan si occupava di Sandra, avevano però fatto sprofondare l’uomo nell’abisso nero della disperazione. Non era servito molto per capire che qualcosa di terribile era accaduto, e che tutti loro ne avrebbero sofferto le terribili conseguenze.

“Sia come sia, o attingi al tuo fondo personale, oppure scordati di avere quei soldi dall’azienda” sottolineò imperturbabile Armand, strappandolo ai suoi ricordi.

“Sai benissimo che non dispongo di quella cifra” precisò per contro Jordan, tornando al presente. “La maggior parte dei miei soldi li ho investiti qui!

“Allora, dovremo trovare un altro sistema” borbottò fiacco il fratello, levandosi in piedi per poi afferrarlo alle spalle e aggiungere: “Non credere che non tenga a Emily. Ma distruggere l’eredità di famiglia non ha senso.”

“E’ per questo che mamma e papà non hanno detto nulla?” ribatté Jordan, caustico. “Li hai convinti che il bene della ditta sia superiore alla salvezza di mia figlia? Sei stato tu, Armand, a convincerli?!”

“Pensi davvero che ti permetterebbero di affossare tutto? Neanche Emily lo vorrebbe” chiosò Bérénice, sfidandolo con lo sguardo.

“Emily ha solo otto anni! Cosa vuoi che le importi della ditta, o di cosa facciamo qua dentro?! Lei starà soltanto pensando che non è a casa, e che nessuno è là a salvarla!” esplose il fratello minore, fissandola pieno di livore.

“Allora, forse, avresti dovuto rendere più sicura la tua villa! Cosa c’entra la ditta, con le tue negligenze di padrone di casa?!” gli risputò addosso Bérénice, ormai livida in viso. “Avresti dovuto vagliare meglio le credenziali della ditta che ti montò i sensori di sorveglianza!”

“Parliamone anche con François. E’ giusto che ne sia al corrente anche lui. Poi lo diremo a mamma e papà, e solo allora decideremo sul da farsi” dichiarò rabbioso Jordan, ignorando volutamente l’umor nero della sorella.

Sembrava spiritata, e non aveva onestamente voglia di starla a sentire, o di tentare di calmarla. Aveva davvero altro per la testa.

“Lo dici soltanto perché sai che François darà ragione a te. Adora la piccola Emily, perciò sai già che farà di tutto per portarla a casa, ivi compreso mandare tutto all’aria” lo sbeffeggiò Bérénice, irriverente.

Fuori di sé dalla rabbia, Jordan non poté più trattenersi dal risponderle a tono e si rivoltò contro la sorella maggiore, ringhiandole contro: “Se a te non interessa nulla di mia figlia, non vuol dire che gli altri la pensino come te! Ma che diavolo hai, al posto del cuore?!”

“Una testa che pensa e che sa fare due più due, ecco cosa!” gli urlò contro lei, mentre Armand cercava di trattenere entrambi dal venire alle mani.

“Se avessero preso Philippe, parleresti ancora così?” le rinfacciò allora Jordan, allontanandosi dalla scrivania per poi avviarsi verso la porta, al fine di cercare il loro fratello minore, François.

Armand cercò invano di richiamarlo, ma fu Bérénice ad attirare l’attenzione di Jordan e a bloccarne l’uscita dallo studio.

“Non ti permetterò di rovinare tutto!” gli gridò contro la donna, facendo scattare il cane della sua piccola pistola Beretta Tomcat.

Dopo averla estratta dalla borsetta, approfittando della disattenzione dei due fratelli, Bérénice la puntò contro un incredulo Jordan, dopodiché sorrise minacciosa e lanciò un’occhiata gelida ad Armand perché non si muovesse.

“Che hai intenzione di fare, Berry?” mormorò ansioso quest’ultimo, fissando la gemella con somma preoccupazione.

“I soldi non usciranno da qui. Servono a me” sibilò a quel punto Bérénice, la mano tremante e la piccola pistola nichelata che dondolava pericolosamente tra le sue dita.

“Abbassa quell’arma, Berry… non ce n’è davvero bisogno” la incitò a sua volta Jordan, avanzando lentamente verso di lei, le mani levate come a voler chetare un animale in preda al panico.

“Resta fermo!” urlò ancora Bérénice, gli occhi ricolmi di lacrime e lo sguardo perso nel vuoto. “Tu pensi tanto alla tua Emy, ma non hai mai fatto una sola domanda su di me! Su tua sorella!”

Jordan, a quel punto, guardò turbato Armand in cerca di spiegazioni, ma lui scosse il capo ugualmente confuso, non comprendendo a sua volta le parole della gemella.

“E’ più di un mese che continuate a scervellarvi su dove possa essere quella bambina, su che fine abbia fatto, ma nessuno si è domandato come mai io sia mancata così spesso dall’ufficio, in queste ultime settimane!” sbraitò la donna con tono invasato, agitando nervosamente la pistola. “A nessuno interessa saperlo!”

“Berry, se non ci dici nulla, come possiamo capire?” mormorò a quel punto Armand, levando a sua volta le mani, avanzando un paio di passi verso di lei.

“Dovevate capirlo! Tu, che sei il mio gemello, non ti sei accorto di nulla! NULLA!” gli sputò contro Bérénice, tergendosi nervosamente le lacrime prima di puntarsi sotto il mento la piccola pistola. “Beh, così non riuscirai a far uscire un solo dollaro dall’azienda. Poco ma sicuro.”

Ciò detto, chiuse gli occhi e, prima che Armand o Jordan potessero fermarla dai suoi intenti, Bérénice tirò il grilletto e sparò.

Il colpo le trapassò il cervello, uccidendola sul colpo e, mentre i due fratelli la raggiungevano sconvolti, il corpo inerme della donna crollò a terra, inzuppando il prezioso tappeto Aubusson del suo sangue scarlatto.

“Ma che diavolo…” ansimò sgomento Jordan, fissando senza capire ciò che rimaneva del volto della sorella e il sangue scarlatto che stava macchiando i fili perfetti e colorati del tappeto.

Gli occhi immoti di Berry fissavano vacui il soffitto, mentre la macchia di sangue andava allargandosi come un lago sversatosi da una diga non più pronta a contenerlo.

Terrorizzato, Armand si inginocchiò accanto alla gemella, sfiorò la sua gola nel vano tentativo di auscultarne il battito cardiaco e, atono, chiosò: “Beh, se volevi i soldi, lei ha scelto il modo più terribile per bloccarti. Prima che la polizia e il giudice ci ridiano la possibilità di muovere anche un solo dollaro, passeranno mesi.

Jordan si passò una mano sul viso, chiaramente sconvolto dall’atto insensato della sorella, così come dalle parole gelide e senza pietà del fratello. Chi in un modo, chi nell’altro, lo avevano definitivamente chiuso dentro a una prigione non dissimile da quella in cui, sicuramente, si trovava la figlia.

Ora, non avrebbe davvero più potuto raggiungerla.

Già sul punto di chiamare la polizia, Jordan si volse verso la porta quando udì bussare con violenza e Armand, risollevandosi stancamente, mormorò: “Tu chiama i poliziotti. Io sento chi è.”

Jordan assentì vacuo e, mentre Armand apriva la porta per avvisare la segretaria dell’avvenuta disgrazia e della necessità di non far passare nessuno, il fratello chiamò il nove-uno-uno per dichiarare il decesso di Bérénice.

***

Nederland – presente

 

“… alla fine, la polizia non poté che constatare l’evidenza dei fatti. Bérénice si era suicidata dinanzi a noi, senza alcun coinvolgimento da parte nostra. L’autopsia ci permise di scoprire il perché delle frasi deliranti di nostra sorella; un tumore al quarto stadio al pancreas. Berry non voleva che io prelevassi i soldi perché, da quel poco che scoprimmo in seguito, aveva già firmato degli assegni con cifre enormi per farsi operare in Brasile, scoprendo però troppo tardi che il suo tumore era inoperabile. I strozzini la stavano braccando, perciò era terrorizzata che, prima o poi, sarebbero arrivati a lei per riavere i soldi che spettavano loro.”

“Dio santo” gracchiò Emily, coprendosi la bocca per lo sgomento.

“Mantenemmo il tutto nel più stretto riserbo per non fomentare ulteriormente la stampa, che stava già tartassandoci con il tuo rapimento così, sul suicidio di tua zia si lesse ben poco, sui giornali, soltanto un trafiletto a fondo pagina e nient’altro” mormorò stanco Jordan, il viso reclinato verso il basso.

“Io credevo che… che zia Bérénice…”

“…si fosse tolta la vita perché soffriva di depressione? E’ quello che dicemmo alla stampa, per chiudere la cosa una volta per tutte. La polizia, dal canto suo, aveva interesse a mantenere la faccenda segreta per poter indagare sulle cliniche illegali che si occupavano di queste operazioni miracolose, perciò non fece che confermare la nostra versione. I soldi per il tuo riscatto, come ben sai, vennero chiesti in tre diverse occasioni, con cifre sempre maggiori. Quando ancora i fondi erano bloccati, tentai comunque di riunire il board per chiedere ai soci di votare in merito, così da essere già pronti una volta che ci avessero permesso di utilizzare il denaro della banca.”

“Così non avvenne, però” chiosò atona Emily.

Jordan scosse il capo, ammettendo: “Il board votò contro, con l’eccezione di me e François. Semplicemente, tu valevi meno della ditta.”

Emily annuì debolmente, mormorando sconvolta: “Quindi, zio Armand e i nonni…”

“Già. Ti sei mai chiesta perché, con quel ramo della famiglia, abbiamo sempre avuto ben pochi rapporti?” le domandò lui, ammiccando tristemente.

“E tu sei rimasto tutti questi anni per…” tentennò Emily, tornando finalmente a guardarlo in viso.

“… perché, visto che ti avevano barattato per mantenere in vita la ditta, tu e tuo fratello avreste dovuto goderne il più possibile. Ho cercato di portarla più in alto che ho potuto, così che poteste avere le spalle coperte contro qualsiasi evenienza e, ora che siete entrambi al sicuro da qualsiasi problema finanziario, me ne sono sganciato” le spiegò lui, facendo spallucce.

“Sei rimasto con persone che detestavi… per noi?” domandò ancora Emily, faticando a comprendere come il padre potesse esservi riuscito.

“Non c’ero quando avrei dovuto, e lo rimpiangerò finché avrò vita. Ho potuto fare solo questo, per te e Jamie.”

Emily rimase a lungo in silenzio, le gambe ciondoloni e le mani poggiate sulle ginocchia. Gli occhi puntati sull’acqua ammiravano distratti il riflesso del sole sulle onde leggere, mentre il sospiro del vento le accarezzava la nuca, come il tocco leggero di un amante.

Il caos del processo aveva fatto passare in secondo piano l’indagine per suicidio che aveva coinvolto la sua famiglia e lei, chiaramente provata, non vi aveva fatto caso più di quel tanto.

Aveva saputo da sua madre della morte della zia ma, non avendo mai avuto un rapporto molto profondo con lei, né con suo cugino Philippe, non ne aveva sofferto più di quel tanto. Si era spiaciuta per il cugino, ma la cosa era morta lì.

In quel periodo, i suoi sentimenti nei confronti del mondo non erano stati molto compassionevoli. Si era sentita poco amata da chi avrebbe dovuto proteggerla, perciò non si era sentita propensa a dispensare amore a propria volta.

“Perché lo fece, secondo te?” domandò alla fine Emily.

“Per il vecchio adagio, credo. Se non posso averlo io, non lo avrai neppure tu. Era disperata, e i creditori le stavano addosso per avere i soldi che aveva promesso e che non aveva saldato interamente” le spiegò Jordan. “Da quel che ci disse il medico legale, non sarebbe sopravvissuta più di qualche mese, e l’operazione per cui aveva speso così tanto, non sarebbe servita a salvarla.”

“Bianco e nero” mormorò Emily, sorridendo tristemente nello scuotere il capo.

“Come?” esalò sorpreso il padre.

“Max mi disse di parlare con te, di ascoltarti senza vedere per forza tutto bianco o nero. Che il mondo era fatto di mille sfumature e che io avrei dovuto vedere e accettare ogni tipo di colore e, solo alla fine, usarli per decidere se perdonarti o meno” gli spiegò lei, facendo spallucce.

“Devo molto a quell’uomo. Più di quanto possa dire a parole” sorrise appena Jordan e, per la prima volta da oltre vent’anni, Emily rispose al suo sorriso.

“Per un po’, ho desiderato che lui fosse mio padre” ammise senza remore Emily, ben decisa a essere onesta con il padre. Non voleva essere da meno.

“L’ho immaginato, e la cosa mi ha fatto stare male. Ma preferivo che tu avessi almeno una figura maschile di riferimento, piuttosto che nessuna. Se non potevo essere io, Max sarebbe stato perfetto. Lo stimo molto” asserì lui, arrischiandosi a darle una pacca sulla mano.

Lei la accettò, e domandò: “Vi siete tenuti in contatto? In questi anni, intendo.”

“Certo. Fu lui a cercarmi, più che altro per rassicurarmi sul fatto che tu stessi bene” ammise l’uomo. “Sono andato anche un paio di volte al ranch di sua figlia, giusto per vedere come se la passasse.”

Emily rise sommessamente, celiando: “Tipico! Max non si smentisce mai.”

“Mamma non era d’accordo sul fatto che io continuassi a lavorare in ditta, ci tengo a sottolinearlo. Voleva che me ne andassi subito, ma io preferii proseguire e darvi ciò che serviva per vivere al meglio delle vostre possibilità.”

“Mamma pensava che avresti sofferto” ipotizzò Emily, vedendolo annuire. “Forse, l’infarto ti è venuto per questo.”

“E’ possibile. Ma ho cercato di sopportare tutto, per voi. Semplicemente, adesso mi troverò un hobby e farò il pensionato” chiosò lui, scrollando le spalle.

Emily, però, rise di quell’ipotesi e asserì: “Non potresti fare il pensionato neppure volendo. Non sei capace di rimanere fermo.”

“Chi ha detto che sarò un pensionato statico?” replicò lui prima di sorriderle e domandare: “Posso abbracciarti?”

Emily annuì e l’uomo, con delicatezza, strinse le sue braccia attorno alla figlia, mormorando contro i suoi capelli: “Mi sei mancata così tanto!”

La giovane si limitò a rimanere poggiata contro il suo torace, riappropriandosi dei profumi, del calore, della sensazione di avere suo padre vicino.

Era difficile accettare che un membro della sua famiglia avesse privilegiato il proprio tornaconto personale a discapito della sua vita, ma ora vedeva anche i grigi, oltre al bianco e al nero.

Non sapeva se si sarebbe comportata come la zia, di fronte a una simile Spada di Damocle, o se avrebbe dimostrato maggiore discernimento. Quel che importava, al momento, era sapere che suo padre aveva tentato l’impossibile, per riaverla indietro, e che il suo amore era sempre stato genuino, non frutto della contrizione.

“Papà…” mormorò alla fine Emily, stringendo a sua volta le braccia attorno all’uomo.

“Dimmi, cara.”

“Vorrei presentarti il mio ragazzo, e un mio amico. Posso?”

Jordan rise, assentì e le domandò: “Chi dei due era l’uno e l’altro, all’albergo?”

Emily rise a sua volta, e gli chiese: “Perché sei sicuro che fossero proprio loro?”

“Erano entrambi protettivi. Mi ha fatto piacere vedere quanto sembrassi al sicuro, in loro compagnia” le spiegò lui, scostandosi per carezzarle il viso.

Lei gli sorrise appena, e disse. “Mi fanno stare bene, sì.”

“Allora, conoscerò volentieri entrambi” la rassicurò lui, alzandosi dal molo grazie all’aiuto di Emily. “Dio! Qui l’aria è davvero rarefatta! Si fatica a fare tutto!”

Emily assentì con un risolino e, indicando la tasca dei pantaloni dove il padre teneva le pillole, disse perentoria: “Prendi qualcosa, prima di farti venire un altro infarto. Se ti succedesse qualcosa adesso, sarebbe davvero una presa in giro.”

“Oh, credimi. Non ti libererai di me così facilmente” la rassicurò lui.

Emy allora lo prese sottobraccio e, convinta, disse: “Lo spero proprio. Anche se adesso ho capito cosa è successo, ci sono un sacco di cose di cui dobbiamo parlare io e te, e non voglio che mi freghi proprio ora. Naturalmente, chiederò anche allo zio François, giusto come controprova, ma sono propensa a crederti già così.”

“Non dubitavo che lo avresti chiamato” le sorrise lui, annuendo con vigore. “Sai dov’è, ora?”

“In Nepal, se non erro, e ho un paio di numeri con cui tentare un approccio” gli sorrise lei, allontanandosi lentamente dal molo al fianco di suo padre.

Jordan non poté che sorridere, di fronte alla sua espressione interrogativa e felice al tempo stesso. Avrebbe fatto anche un patto con il Diavolo, se fosse stato necessario, ma sarebbe rimasto al suo fianco.

Sapeva bene che non tutto era superato, che la fiducia sarebbe tornata col tempo e che avrebbe dovuto lavorare molto, su questo. Ma Emy l’aveva ascoltato, aveva accettato le sue parole ed era pronta a riprendere da dove si erano separati.

Era un buon punto da cui recuperare.

***

Accoccolata sul letto a gambe conserte, un cuscino su cui poggiare i gomiti e il telefono nella mano destra, Emily sorrise quando udì il suono dolce e profondo della voce di zio François.

Era riuscita a trovarlo solo al quarto tentativo quando, un suo collaboratore zelante, aveva risposto per lui al cellulare ed era corso in giro per Namche Bazar per cercarlo.

Cinquantottenne impegnato da almeno vent’anni nel volontariato – e ora Emily ne comprendeva meglio i motivi – François si era trasferito in India pochi anni dopo il suo ritorno e, da quel momento, si era occupato di progetti filantropici legati all’UNHCR prima e, in seguito, a Emergency e Medici senza Frontiere.

Ben di rado su suolo americano, François era però riuscito a tenersi sempre in contatto con gli amati nipoti e, anche per questo, Emily aveva finito con lo sviluppare un rapporto molto profondo con il solitario zio.

Quando, perciò, udì la sua voce, ne fu felice e, subito, gli chiese: “Ehi, ciao! Come procede, lì, zio Fran?”

“Tesoro mio, ciao! Qui va tutto benissimo e, se il tempo rimarrà stabile, contiamo di terminare la scuola distrutta dal terremoto di aprile entro i tempi prestabiliti” le spiegò lui, ragguagliandola sulla situazione del Paese, flagellato da uno dei più catastrofici terremoti degli ultimi decenni.

Emily lo ascoltò assorta, rilassandosi progressivamente e lasciandosi andare lungo un fianco, distesa sul suo enorme letto mentre Cleopatra la osservava pacifica dalla sua cuccia-cuscino.

A racconto ultimato, François mormorò: “Ora mi vuoi dire come mai mi hai cercato adesso, visto che ci siamo sentiti solo due giorni fa?”

“Non posso farlo solo per il piacere di ascoltarti?” ironizzò lei, pur sapendo quanto fosse percettivo lo zio. Era difficile fargliela sotto il naso.

“Problemi con papà?”

Non che fosse una novità. Il novanta percento delle volte che la sentiva in periodi non consoni, lui sapeva che era successo qualcosa tra lei e Jordan.

Sospirando, quindi, Emy disse: “Papà mi ha raccontato di zia Berry. Di cosa è successo davvero. Per questo te ne andasti?”

Il silenzio con cui le rispose fu emblematico. Un cartellone stradale non avrebbe potuto essere più chiaro.

“Quindi, il fattaccio è saltato finalmente fuori” sospirò l’uomo, con tono sollevato pur se stanco.

“Mi ha detto che la zia lo fece per bloccare i soldi della ditta. Non potendo usarli per se stessa, non voleva che papà li usasse per me” aggiunse Emily.

“Fu per questo, sì. Ma, in ogni caso, né lei né Jo avrebbero potuto usare quei soldi, visto che mio padre li aveva già vincolati a loro insaputa” sospirò François, sorprendendola ulteriormente. “Tuo padre non lo sa, ma io lo scoprii perché ascoltai una discussione tra Armand e tuo nonno. Armand tentò di far svincolare il cinquanta percento della somma richiesta, così da far vedere la nostra buona volontà e attirare in trappola i rapitori, ma il nonno gli replicò che, anche volendo, non si sarebbe potuto fare perché, d’imperio, aveva firmato un documento che blindava i fondi societari per cinque anni.”

“E… e poteva farlo?” esalò Emily, sgomenta.

“Una vecchia postilla nell’Atto Statutario prevedeva che il Presidente potesse vincolare un certo quantitativo di somme a protezione del capitale, e senza passare dal Consiglio d’Amministrazione. Il giorno seguente la scoperta del tuo rapimento, vincolò quei soldi.”

Emily non seppe che dire e, nello stringersi al petto il cuscino, pensò a suo padre. Era quasi certa che lui non ne fosse al corrente, altrimenti non avrebbe mai potuto lavorare ancora a fianco dei genitori per tutto quel tempo.

“Perché non glielo dicesti mai?”

“Mi disse della sua intenzione di spremere l’azienda come un limone, al solo fine di darvi un futuro il più prospero e sicuro possibile, così rinunciai. Se glielo avessi detto, avrebbe preso la mia stessa decisione di andarsene, e sarebbe stato più difficile, per lui, darvi il futuro prospero che sognava per voi” ammise François. “Io ero solo, all’epoca, e non mi importava di spostarmi da un posto all’altro del mondo, ma lui…”

“Ripartire da zero, e con nemici come i Poitier a metterti i bastoni tra le ruote, sarebbe stato impossibile” ammise Emily, ora ben conscia di come funzionassero certe cose.

“Esatto” assentì François, torvo. “Sopportò la loro freddezza per voi, ripagandovi un po’ alla volta quello che, a suo tempo, non era riuscito a darvi a causa dei suoi famigliari.”

“Perché parli al plurale? Jamie non fu rapito” sottolineò Emily.

“Jamie soffrì moltissimo, a causa della tua sparizione e, pur se cercò di mascherare il suo dolore una volta che tu tornasti, noi sapevamo. Pur se aveva solo sei anni, ci impose di non dirti mai fino a che punto fosse crollato, fino a che punto si fosse disperato per te, e noi accettammo di mantenere il segreto per lui.”

La dolcezza e lo strazio nella sua voce fecero incrinare quella di Emy, quando mormorò: “Quello sciocco! Avrebbe potuto parlarmene!”

“Penso che il solo fatto che tu ci sia, gli basti. Non oso immaginare cosa avrebbe potuto succedere, se tu non fossi tornata” sospirò François, tremando al solo pensiero.

Neppure lei preferì soffermarsi su simili pensieri e, nel rialzarsi a sedere sul letto, disse: “Grazie per avermi detto tutto, zio. Era importante, per me.”

“Se me lo hai chiesto, è perché finalmente ti sentivi pronta ad ascoltare. Dirtelo prima, forse, non sarebbe servito a nulla, perché la tua condizione d’animo non sarebbe stata quella giusta” ipotizzò suo zio.

“Forse… ma ora ho bisogno di essere solida e forte, perché c’è bisogno che io lo sia” asserì lei, raccontandogli quindi ciò che era avvenuto.

Lo zio ascoltò attento il racconto della nipote, si dichiarò disponibile a tornare per starle accanto ma, quando Emy gli disse di suo padre, François si rasserenò immediatamente.

Fu con le sue raccomandazioni a tenerlo informato, che infine lo salutò, dopodiché Emily uscì dalla propria stanza e, raggiunto che ebbe Jamie nella sua, si gettò sul letto per abbracciarlo in silenzio e, stretti l’uno all’altra, si addormentarono.

Come i due bambini di un tempo, prima del rapimento, avvolti l’uno nelle braccia dell’altra, al sicuro, senza un solo pensiero a turbarli.

Puri.


 

 

 





N.d.A.: finalmente scopriamo le ragioni per cui Jordan non riuscì a pagare il riscatto della figlia, e veniamo altresì a sapere fin dove, la famiglia Poitier, si spinse per proteggere i propri interessi a discapito della vita di Emily.

  
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