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Autore: Nao Yoshikawa    26/09/2021    6 recensioni
ScarletStrange con accenni Starker ispirata al film di Makoto Shinkai "Your Name/Kimi no na wa"
Wanda Maximoff e Stephen Strange non si conoscono e vivono in due paesi diversi. Eppure alcune notti avviene uno strano cambio di corpi tra loro, in sogno, che li costringe a vivere la vita l'uno dell'altro.
Vivendo vicino una stazione ferroviaria, Wanda Maximoff era abituata ad essere svegliata dal rumore dei treni in arrivo o in partenza.
Ma quella mattina nessun rumore l’aveva svegliata, fatta eccezione per la sveglia sul cellulare.
Stephen Strange, abituato al silenzio perfetto di casa sua, si lasciò andare ad un gemito infastidito quando sentì distintamente un treno che fischiava. Non c’era stazioni ferroviarie vicino casa. E poi viveva al decimo piano, non avrebbe dovuto sentire niente a priori.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Pietro Maximoff/Quicksilver, Tony Stark/Iron Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2
 
New York
 
Ancora una volta Wanda era stata svegliata da una sveglia che non era la sua. Ancora una volta si era svegliata in una casa che non era la sua, in un corpo che non era il suo. Questa volta però era consapevole del fatto che non fosse tutto frutto della sua immaginazione: in sogno si scambiava con qualcuno, con quell’uomo che invece dall’altro lato dell’oceano viveva la sua vita.
Giusto, si trovava a New York. Wanda aveva sempre desiderato lasciare la Sokovia per trasferirsi a New York, dove tutto era più grande, più vivo, più tutto.
Per questo, dopo lo spavento iniziale si era lasciata trascinare alla frenesia. Non solo quella era la città dei suoi sogni, ma quella casa era magnifica, molto più luminosa e spaziosa del suo triste appartamento che condivideva con Pietro.
Si affacciò alla finestra. Niente treni, niente stazioni.
«È davvero fortunato questo Strange» sussurrò.
Poi si ricordò del messaggio che gli aveva lasciato nella speranza di ricevere una risposta e nella fretta di rientrare batté la testa. Con un lamento cercò il portafoglio e ritrovò il bigliettino. Sotto la sua domanda “Chi sei?”, c’era una risposta scritta da qualcun altro-
Io sono il dottor Stephen Strange. Com’è possibile che io sia te e tu sia me?
Oh, se solo avesse avuto una risposta decente. Ma perché si scambiavano? Perché proprio loro? Sembravano due persone totalmente diverse, eppure si ritrovavano l’uno nel corpo dell’altro.
Un rumore improvviso la fece sussultare. Andò ad aprire e si rese conto che si trattava di quel tipo. Com’è che si chiamava? Ah, sì. Tony qualcosa, doveva essere un amico di Stephen.
«Ciao, Stephen. Ma che ci fai ancora in questo stato? Lo sai che ore sono?» domandò Tony guardandosi l’orologio.
«Eh? Ah, sì. Vado… vado a vestirmi. Tu accomodati.»
Wanda era sempre molto controllata, ma in quella situazione si sentiva terribilmente goffa, non sapeva neanche dove mettere le mani.
Stava iniziando a ricordare. Giusto, Strange era un neurochirurgo. Ma lei no, lei odiava anche solo la vista del sangue.
«Ehi, Stephen, credo che Christine ti stia chiamando?»
«Chi?» domandò mentre cercava di vestirsi.
«Come sarebbe a dire chi?» Tony si tolse gli occhiali da sole. «Non dirmi che non sei di nuovo in te, altrimenti mi preoccuperò. La dottoressa Palmer, uscite insieme, ricordi?»
Ha pure la ragazza? La mia vita è molto più semplice di così.
Con fare riluttante si avvicinò al telefono, rispondendo.
«Sì?» cercò di essere convincente.
«Stephen! Ma dove sei? Non sarai di nuovo in ritardo?»
«Ammmh. No, non sono in ritardo, sto arrivando. Sono con Tony» rispose in evidente difficoltà. Non era abituata ad avere a che fare con tutta quella gente.
«Va bene, allora. Mi raccomando, sbrigati.»
Lasciò cadere il telefono e si lasciò andare ad un gemito.
«Io non posso andare» si lamentò, dimenticandosi di non essere nel suo corpo.
«Non puoi… andare?» chiese Tony confuso.
«La vista del sangue mi terrorizza. Non posso andare, mi do malato.»
«Ma tu non puoi darti malato, sei tu il medico! No, davvero, inizio a pensare che tu soffra di un disturbo di personalità.»
«La verità non è molto lontana da quello che dici, in effetti» Wanda sospirò e per un attimo i suoi occhi si posarono sul sacchetto pieno di ciambelle che Tony aveva poggiato sul tavolo. «Posso?»
Tony era ancora più sorpreso. Allora era vero, Strange aveva perso la testa, infine era impazzito come dicevano tutti!
«Sì, certo.»
Wanda aveva bisogno di mangiare zuccheri al mattino e poi tendeva ad essere piuttosto golosa, anche se quello non era il suo corpo. Alla fine, fu costretta ad uscire davvero, ma per fortuna fu Tony a dargli un passaggio. Lei non aveva la patente, sebbene avesse provato a guidare a volte. E poi guidare a New York doveva essere diverso che guidare in Sokovia.
«Beh… grazie per il passaggio, Tony» sussurrò Wanda, aprendo lo sportello.
«Tu che mi ringrazi? Sai, forse non mi dispiace poi tanto questa tua versione un po’ fuori dagli schemi. E mi raccomando, non scappare di nuovo.»
Questo non avrebbe potuto prometterlo. Entrò in clinica, sentendo le gambe tremanti. Odiava quel genere di posti, odiava il pensiero del sangue e odiava le malattie. E Strange era un famoso neurochirurgo, che fortuna.
Indossò il camice e quando sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla sussultò.
«Stephen, sono io!»
Si voltò. Si trattava di una donna, immaginò fosse Christine.
«Ah. Christine. Scusa, oggi sono un po’ teso.»
«In realtà si vede. Abbiamo bisogno di te in sala operatoria subito.»
Ma che diamine.
«I-io prima devo andare al bagno.»
«Cosa? Stephen, è un’emergenza, non scherzare!»
Non sto scherzando, io voglio scappare.
Proprio un neurochirurgo doveva capitarmi.
Sospirò.
«Va… va bene, arrivo.»
E adesso che faccio? Io non sobo lui, non so cosa devo fare.
Mentre si disinfettava le mani e indossava i guanti, Wanda pensò ad un modo per pendere tempo. Forse avrebbe potuto fingere un malore, non aveva altra scelta. Entrò in sala operatoria, tesa. Da quello che aveva capito, Strange era molto sicuro di sé, anche un po’ arrogante, tutto il suo contrario: lei era insicura e l’arroganza era solo brava a fingerla. Tutti la guardarono e lei si avvicinò.
«Emh… S-salve…» sussurrò. I suoi colleghi si guardarono sorpresi e confusi.
«Dottor Strange?» chiamò la dottoressa Palmer, porgendogli uno… strano strumento.
Forte odore di disinfettante. Odio gli ospedali, odio l’idea del sangue.
Il suo cuore iniziò a battere forte e tutto divenne sfocato.
Forse alla fine non era stato necessario fingere di svenire.
 
Sokovia
 
Di nuovo qui, alla fine. Di nuovo nel corpo di quella ragazza, di nuovo in quella strana cittadina così diversa dalla grande New York.
Io sono Wanda Maximoff e credo proprio che tu sia nel mio corpo. Hai idea del perché stia accadendo?
Oh, magari ne avesse avuto idea! Lui che aveva sempre una risposta a tutto, non riusciva a capire. E come se non bastasse, si ritrovava a vivere la vita di un’universitaria.
E doveva anche lavorare in biblioteca, per non parlare poi di quel Pietro, che gli stava sempre addosso.
E ora quale spiegazione logica vorresti dare a questo, eh Strange?
Forse doveva semplicemente trovare il modo di contattare quella ragazza. Aveva anche provato a cercarla sui social (per quanto lui odiasse i social), senza però trovarla.
E mentre cercava disperatamente una soluzione, doveva anche sopportare il ragazzino.
«Oooh, Wandaaa! Guarda in camera!»
Erano in biblioteca ed era quasi l’orario di chiusura, Peter ad un tratto aveva tirato fuori una videocamera.
«Si può sapere che stai facendo?»
«Come che sto facendo? Lo sai che devo girare un film, è per un progetto. Non avevi detto di voler farne parte?»
«Non ricordo una cosa del genere» Stephen coprì l’obiettivo con una mano. Odiava i ragazzini e soprattutto odiava i ragazzini così allegri e petulanti. «Non potresti fare altro? Tipo, non so, trovarti una ragazza?»
Peter arrossì.
«Woah, Wanda! Non è gentile da parte tua. E poi di che parli? Lo sai che sono gay.»
Ah.
Lei lo sapeva, io no di certo.
«Va bene. Allora trovati un ragazzo.»
Peter mise via la videocamera, divenendo ad un tratto timido e silenzioso.
«Non ho ancora trovato quello giusto. In questo direi che siamo uguali.»
Stephen arrossì. O per meglio dire, il viso di Wanda arrossì.
«Ragazzino insolente» farfugliò, facendolo ridere.
«Dai, sto scherzando. Comunque vedrai quando ci laureeremo e andremo a New York. Sai quanti ragazzi conosceremo?»
Quindi l’ambizione di Wanda era trasferirsi a New York. Stephen non capì perché, ma ad un tratto si sentì curioso.
«E… perché dovrei andarci?»
Peter sollevò le sopracciglia.
«Beh, dici sempre che questa città è troppo piccola per te. E che ha… brutti ricordi.»
Brutti ricordi.
Ragazza dal passato difficile. Perché era capitato proprio a lui?
«Oh, si è fatto tardi» disse Peter guardando l’orologio. «Vuoi che ti accompagni a casa?»
«No, credo che Pietro dovrebbe venirmi a prendere. Piuttosto tu stai attento, sei così. mingherlino.»
«Non so di che parli, io sono fortissimo» scherzò Peter.
Alla fine, quel ragazzino non era poi così male.
Finito il suo turno di lavoro, tornò a casa con Pietro, il quale continuava a stargli addosso e lo faceva nella maniera più fastidiosa: fissandolo e osservando ogni sua mossa.
Così Stephen si chiuse in camera sua (in quella di Wanda) e decise di scriverne quattro a colei che si trovava dentro il suo corpo. Certo, la colpa non era di nessuno dei due. Ma al diavolo, rivoleva la sua vita, non poteva andare avanti in quel modo.
Così prese il quaderno su cui aveva già scritto.
 
Immagino tu sappia già io chi sono. Non so perché ci sta accadendo questo, né perché, ma è una cosa che dobbiamo risolvere. Ma finché non troviamo un modo ecco alcune regole:
1 – Non rovinare la mia reputazione. Non posso perdere il lavoro e sono sicura che non sai niente di medicina. Quindi, dovrai – dovrò – prenderti un periodo di vacanza. Penso cosa accadrebbe se uccidessi qualcuno mentre sei me?
2 – Non mangiare troppo ed evita tutti quegli zuccheri. Forse una cosa del genere puoi farla nel tuo corpo giovane, non nel mio.
3 – Mantieni un certo contegno, Tony Stark mi prende già abbastanza in giro.
4 – Non rovinare tutto con Christine.
 
P.S Tuo fratello è inquietante e il tuo migliore amico è fastidioso.
 
Infine, lasciò cadere la penna.
Quindi era così? Lui e Wanda erano legati da quel filo, che lo volesse o meno?
 
New York
 
Stephen era tornato di nuovo in sé, ma prima di rendersene conto era caduto dal letto, con le coperte avvolte intorno alle gambe.
«Maledizione» sibilò, alzandosi. Era ancora presto, il sole doveva essere sorto da poco. Nella penombra vide qualcosa appeso vicino al calendario.
Sembrava un foglio, che Wanda gli avesse lasciato un messaggio?
Lo afferrò e si avvicinò alla finestra per leggere.
 
Io non ti conosco, Stephen Strange, ma la tua vita è difficile.
DIFFICILE.
Non so perché io sia te e tu sia me, ma nel caso in cui dovesse accadere ancora(e penso proprio che sarà così), queste sono le mie condizioni:
Regola n.1: NON trattare male Peter, lui è un ragazzo sensibile. E mio fratello mi conosce meglio di chiunque altro, quindi stai attento quello che dici.
 
«Me ne sono accorto.»
 
Regola n.2: Non puoi andare in giro conciato come un pazzo. Cioè, io non posso! E soprattutto… evita di guardare il mio corpo. È da maniaci.
 
«Che cosa? Ragazzina ingrata, come osa darmi del maniaco?»
 
Regola n.3: Ho una buona carriera universitaria, non rovinarla.
 
«Lei dice a me non di rovinarla? Lei mi sta rovinando la reputazione. Tutto questo sta iniziando a infastidirmi.»
 
P.S Comunque sono svenuta a lavoro. Io ODIO gli ospedali, e odio il SANGUE.
 
Stephen lasciò cadere il foglio, sospirando.
«Perché sta succedendo a me?»
 
 
Sokovia
 
Wanda si era alzata presto quella mattina, ma nonostante ciò aveva trovato Pietro a studiare in cucina. Sospirò nel vederlo chino sui libri. Era stanco, avrebbe dovuto dormire di più. Ma se gliel’avesse fatto notare, Pietro avrebbe detto che non c’era motivo di preoccuparsi.
Da quando i loro genitori erano morti in quell’incidente dìauto, la vita non era mai stata facile. Erano passati quasi otto anni e nessuno dei due poteva dire di vivere la vita che voleva. Dopo aver passato l’adolescenza in un istituto, appena compiuta la maggiore età si erano dati da fare per cercare di sopravvivere. All’inizio non era stato facile, avevano sofferto la fame e anche il freddo. Avevano compiuto anche qualche piccolo furto, di ciò non andavano fieri, ma la fame li aveva spinti a tanto. Poi le cose erano iniziate ad andare meglio e avevano trovato un piccolo appartamento. Avevano trovato un lavoro e poi si erano scritti all’università, un sogno che entrambi avevano e a cui non erano disposti a rinunciare, anche se ciò voleva dire fare dei sacrifici. Una volta laureati, con i soldi che stavano faticosamente mettendo da parte, se ne sarebbero andati. E tutto sarebbe andato meglio, anche se per il momento Wanda pensava a tutt’altro.
«Pietro? A che ora ti sei svegliato?»
«Eh? Oh, alle cinque e mezza» rispose senza alzare la testa dal libro. Studiava economia ed era anche piuttosto bravo in quel campo.
«Sul serio, non è salutare questo stile di vita» disse apprensiva, sedendosi di fronte a lui.
«A dire il vero, se qui c’è qualcuno che dovrebbe essere preoccupato, quello sono io. Ultimamente non sembri te stessa.»
Wanda abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto dirgli tutto, lei e Pietro non si nascondevano mai nulla, ma la sola idea risultava folle. Perché avrebbe dovuto crederle? Nemmeno lei riusciva a crederci del tutto.
«Sono solo un po’ distratta.»
Pietro la guardò, serio.
«Sei forse innamorata? Chi è lui? O lei? Insomma, è una persona che conosco?»
Wanda arrossì. Accidenti! Suo fratello era fuoristrada.
«Come se avessi tempo per queste cose.»
«Guarda che non ci sarebbe nulla di male a frequentare qualcuno. Abbiamo sofferto tanto, è vero. Questo però non vuol dire che non possiamo affezionarci a qualcuno.»
Era vero, Wanda difficilmente riusciva ad affezionarsi a qualcuno. Era terrorizzata all’idea di essere così vulnerabile ed esposta. La gente poteva ferirti, poteva scomparire da un momento all’altro. E dopo tutti quegli anni non aveva ancora superato certi timori.
«Tu e Peter vi preoccupate troppo. Quando incontrerò la persona giusta… saprò come comportarmi, almeno spero. Comunque ora vado a prepararmi.»
La casa in quel momento tremò. Succedeva spesso quando un treno passava molto velocemente.
«Parola mia, la mia prossima casa sarà su una montagna» sbuffò Pietro.
 
Wanda tornò in camera sua e, per distrarsi dalla conversazione avuto con suo fratello, decise di rispondere al messaggio di Stephen.
Era così arrogante che spesso non sapeva come rispondergli, ma lei non era di certo una che si lasciava sottomettere.
 
Tanto per cominciare, mio fratello non è inquietante e Peter non è fastidioso. Io non ho fatto commenti negativi sulla gente che ti sta attorno. Ad ogni modo, finché non troviamo una soluzione, penso che dovremmo fare un elenco di tutto ciò che possiamo e non possiamo fare quando siamo l’uno nel corpo dell’altro. Abbiamo due vite totalmente diverse. Inoltre, per quanto trovi affascinante questo nostro scambiarci messaggi su carta, preferisco avere il tuo numero. È più pratico e più sicuro.
Te lo scrivo sotto.
 
Wanda smise un attimo di scrivere e alzò lo sguardo. Doveva ammettere che era un po’ curiosa di conoscere di persona l’uomo con cui aveva stabilito un legame così strano. Ma dubitava sarebbe mai successo. Anche se in realtà Stephen viveva a New York, che era la sua meta dei sogni.
«Ehi, eh» si diede un colpetto in testa. «Non devo nemmeno pensarci. Niente sentimentalismi, questa storia è già abbastanza strana. E poi lui è impegnato, e anche se è molto affascinante è troppo vecchio per me. Non l’ho neanche mai incontrato.»
Però ho vissuto la sua vita.
Wanda sospirò, ascoltando il silenzio. Chissà se sarebbe mai riuscita ad aprire il suo cuore a qualcuno. E ad amare, amare così tanto da non avere più paura.
«Ma non adesso» si disse.
 
Le cose continuarono ad andare così. L’uno viveva nel corpo dell’altro, viveva la vita dell’altro e intanto gli stessi Stephen e Wanda imparavano a conoscersi. E avevano entrambi capito molto presto di non avere niente in comune. Anzi, erano diametralmente opposti, anche se forse c’era qualcosa del loro carattere che li rendeva incredibilmente simili.
 
Ascolta, dottore, tu non puoi trattare male i clienti. E non puoi trattare male le persone in generale, loro pensano che sia io!
 
Quante storia. Per colpa tua ho dovuto momentaneamente rinunciare al mio lavoro. Perché, OPS, loro credono che sia io. E io non sono un medico da quattro soldi, sono il migliore.
 
Senti, signor il migliore, la tua ragazza vuole vedermi ogni giorno. E fa domande. Io non so che cosa dire, e soprattutto non gradisco questo contatto fisico. Mi doveva capitare anche il tizio impegnato…
 
Non vedo perché essere così acidi. Prendi esempio, piuttosto. Dovresti avere un ragazzo anche tu.
 
IO non ho bisogno di nessuno e non fare cose strane o ti mando a monte tutto.
 
Temo che per questo sia troppo tardi.
 
  •  
 
Sokovia
 
Per Stephen quella era un’ingiustizia. Non solo perché si stava ritrovando a vivere un a vita che poco aveva a che fare con la sua, ma anche perché doveva ritrovarsi a fare cose che non avrebbe mai fatto. Tipo studiare roba assurda a cui non era interessato. Lui era un uomo di scienza, Wanda amava la letteratura e la filosofia. Ma almeno alla fine non si era rivelato così difficile avere a che fare con Pietro e soprattutto con Peter. Anzi, probabilmente era meglio di Tony per certi aspetti.
Probabilmente quei due farebbero subito amicizia, nonostante la differenza di età.
Adesso l’ennesima seccatura, cercare la sua copia – quella di Wanda – sulla Divina Commedia.
Doveva ammettere però che approfondire e studiare quelle letture non era poi così male.
«È anche disordinata» sussurrò mentre era piegato sotto il letto. «Anche in questo siamo totalmente diversi. Se riesco ad uscire questa situazione, dovrò andarmene in analisi!»
Allungò il braccio sotto il letto un po’ impolverato e tossì. Invece del libro si ritrovò in mano quello che sembrava un diario.
È proprio una ragazzina, pensò. Ma al contempo fu spinto da una grande curiosità. Di Wanda conosceva tutto, tranne ciò che pensava. Esitò un po’, poiché dopotutto non erano fatti suoi e perché a lui non sarebbe piaciuto se qualcuno avesse violato la sua privacy.
Invece sono affari miei, visto che sono nel suo corpo.
Quindi lo aprì. C’erano pagine e pagine scritte, alcune in modo più ordinato, altro in maniera frettolosa, quasi furiosa.
Abbassò lo sguardo.
 
15 aprile
Non ce la faccio più. Anche se fingo che vada tutto bene, non va bene per niente! Sono molto felice del percorso che ho intrapreso e di avere un lavoro, ma mi chiedo quando potrò smettere di sopravvivere per vivere davvero.
Vivo sempre nella paura ed è una che odio, una cosa che non posso controllare. Le uniche persone che ho sono Pietro e Peter e io ringrazio di averli nella mia vita, ma vorrei anche allargare i miei orizzonti. Ma la verità è che da quando mamma e papà sono morti, io non sono stata più la stessa. È come se mi fossi inaridita, sento sempre di dovermi proteggere da qualcosa o qualcuno.
 
18 aprile
 
Seguendo il consiglio di Peter, sono uscita con un ragazzo, si tratta di un mio compagno di corso carino e intelligente, ma… non è andata benissimo. Penso addirittura che fosse terrorizzato da me, e non posso biasimarlo, perché ho un carattere difficile, ma non amo essere temuta, anche se così potrebbe sembrare.
Non riuscire a legarmi a nessuno è difficile. Le ragazze della mia età si innamorano, vivono storie d’amore degne di film… io non riesco neanche a parlare con qualcuno.
Magari non esiste la persona adatta a me.
 
«Accidenti» susurrò Stephen.
Si sentiva strano. In qualche modo era come se la capisse. Lui che capiva lei e le sue paturnie da ragazzina.
Così era questo il dolore che si portava dentro? Non l’avrebbe mai detto, ma dopotutto non l’aveva conosciuta bene fino a quel momento. Richiuse il diario e lo mise al suo posto.
Dopotutto non è poi così irritante e insulsa.
 
New York
 
Wanda stava facendo del suo meglio per vivere una vita che non le apparteneva. La gioia di trovarsi a New York era ben presto stata sostituita dall’angoscia: Strange frequentava troppa gente, era troppo popolare. Lei era abituata ad essere circondata da pochissime persone, solo due a dire il vero.
Tony Stark tuttavia le stava simpatico, sebbene fosse molto diverso da Peter. E poi c’era la dottoressa Palmer, nonché fidanzata di Strange.
Quella situazione rendeva tutto più difficile. Doveva fingere di essere chi non era e doveva anche di approcciarsi a qualcosa che per lei era totalmente nuovo. Strange le aveva detto di non mandare tutto a monte, ma avrebbe potuto essere un po’ più specifico.
«Mi ha sorpreso molto che tu abbia preso un congedo da lavoro, così all’improvviso. Stai forse male e cerchi di nasconderlo?»
Le coppie si frequentavano e passavano molto tempo insieme. Christine era a casa sua quella sera e le sedeva accanto con un bicchiere di vino in mano. Wanda sperava tanto che la situazione non diventasse strana, perché non poteva spingersi a tanto.
«Sì, beh… sto lavorando. Ad un progetto. È segreto» cercò di essere convincente, ma Christine non parve badarci. Anzi, a giudicare dal suo sguardo, stava pensando a tutt’altro.
«D’accordo, indagherò in seguito. Un lato positivo però c’è. Abbiamo più tempo per noi.»
Si avvicinò, suadente. Wanda si irrigidì, stava odiando maledettamente quella situazione. Christine si avvicinò e poggiò le labbra sulle sue. Nel sentire quel contatto Wanda si scostò all’improvviso, facendola cadere in avanti.
«Stephen!»
«Mi dispiace! Io… non posso. Non posso fare questo, ti prego. Non fare domande!» esclamò, agitata. Forse Christine avrebbe voluto una spiegazione più approfondita e infatti la donna la guardava adesso a braccia conserte.
«Stephen, tu sei molto strano ultimamente. Lasci il lavoro, ti comporti da pazzo, sembri un ragazzino. E adesso questo? Se c’è qualcosa che non va, vorrei saperlo.»
Wanda si voltò, non aveva il coraggio di guardarla negli occhi.
«Non posso dirti cosa c’è che non va, non capiresti. Sappi però che non mi sento me stesso, men che meno quando sono insieme a te» Wanda si rese conto troppo tardi di aver usato le parole sbagliate. Non che fosse sorpresa, sapeva di essere un disastro nelle relazioni.
Christine sospirò, con le lacrime agli occhi.
«Oh. Immagino che sarà sempre così, vero? Un continuo tira e molla che alla fine non va da nessuna parte»
Wanda si voltò a guardarla. Quindi la loro relazione non era perfetta come aveva pensato.
«Lui si è… cioè… io mi sono comportato male nei tuoi confronti?»
«Non sapresti rispondere da solo? Comunque, penso che la questione sia… che sei troppo instabile. Adesso più che mai.»
Maledetto bastardo, fai a me tante storie e poi guarda. La tua via non è perfetta, fai solo finta che sia così.
Wanda non disse nulla. Non poteva dire nulla perché non sapeva come comportarsi. Ma a che razza di persona la sua vita era legata a doppio filo?
Qualche minuto dopo Christine se ne andò e lei rimase ad annegare i suoi pensieri nel viso.
«Mi ucciderò quando saprà cosa ho combinato» sussurrò.
E no. Sarò io ad uccidere lui se mi nasconde aspetti così importanti della sua vita.

Nota dell'autrice
Spero che questo capitolo vi piaccia, a me piace molto scrivere le interazioni tra Wanda e Strange... non è facile vivere la vita l'uno dell'altro, ma probabilmente adesso troveranno un punto d'incontro. 
Alla prossima settimana :)
   
 
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