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Autore: NyxTNeko    26/09/2021    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 121 - Promozione -

26 ottobre

"E così oggi il Direttorio verrà finalmente istituito" si disse Napoleone, nel mentre faceva spostare le valigie e la biblioteca portartile verso la nuova abitazione, a rue des Capucines che Barras gli aveva 'gentilmente' regalato, come premio per la sua impresa. "Questo ed altro per il salvatore della Rivoluzione!" gli aveva detto poi con aria sollevata e decisamente tranquilla, quando gli aveva chiesto il perché di un simile gesto. Sorrise divertito, Barras era seriamente convinto di non avere più nemici attorno a sé e che il suo potere fosse più che stabile. Anche se avrebbe dovuto condividere quello esecutivo con altri quattro direttori: i primi sarebbero stati Larevellière-Lépaux, Rewbell, Letourneur e Carnot. E le due assemblee, Consiglio degli Anziani e del Cinquecento che avrebbero avuto quello legislativo.

- Non dovremo più dormire in uno squallido albergo, d'ora in poi - esclamò Junot allegro come una Pasqua, accanto a lui, nella sua stanza di lavoro, che stava facendo sistemare a modo suo - E avere i giusti riconoscimenti, sicuramente Barras vi darà una promozione, comandante, altrimenti non vi avrebbe fatto traslocare allo stato maggiore del comando dell'armata dell'Interno

- In realtà l'ho già avuta, Junot, il giorno dopo aver sedato la rivolta - gli ricordò Napoleone guardandolo dritto negli occhi - Ma dev'essere formalizzata e sapete benissimo quanto sia lenta la burocrazia - le labbra si incurvarono, cariche di sarcasmo - Specialmente quando non riguardano gli interessi personali, i direttori devono pensare prima a loro stessi, no?

- Non posso darvi torto su questo - ammise l'aiutante che colse immediatamente il sentimento di biasimo che il comandante nutriva nei confronti di quei politicanti. Eppure non capiva il perché li stesse servendo, con ostentata fedeltà, pur non sopportandoli - Mi auguro solo che non si dimentichi ancora una volta di voi...

Napoleone fu quasi ridestato da quelle parole, come se si fosse sentito inaspettatamente scoperto da Junot. In effetti era sempre una paura che lo assillava, quella di essere messo da parte da chi aveva servito con diligenza e competenza. Probabilmente era la ferita infertagli dall'uomo che aveva creduto di amare e che aveva reso eroe ai propri occhi, ma che, infine, si era dimostrato un ingrato. Ed era successo anche dopo l'arresto di Robespierre, in quell'occasione era stato abbandonato da chi credeva suo alleato più fedele.

Quel moto di paura, tuttavia, durò un istante, troppo poco perché, uno come Junot, potesse coglierlo e riferì freddo - Non accadrà, vedrete, il Direttorio ha bisogno dell'esercito e di uomini a lui fedeli e ai suoi occhi, io lo sono, perciò non dobbiamo più temere di restare per strada a fare la fame - non riuscì a trattenere quell'enfasi che si stava impossessando del suo corpo - Nessuna delle persone a me care dovrà più vivere nella miseria - strinse i pugni. Non aveva dimenticato la sua famiglia, al contrario, era già pronto ad agevolare tutti i suoi componenti 'La famiglia non avrà più bisogno di niente' aveva scritto in quei giorni a Giuseppe, lo aveva promesso e l'avrebbe mantenuta, a qualsiasi costo.

I due fratelli maggiori si tenevano costantemente in aggiornamento, entrambi preoccupati per la sorte dell'altro. Non appena la calma era tornata su Parigi, la notte tra il 13 e il 14 vendemmiaio, Napoleone si era prodigato nel rassicurare Giuseppe e di conseguenza la madre, 'Finalmente tutto è passato, il mio primo desiderio è di darti notizie…' aveva vergato rapidamente, con la sua calligrafia particolare 'Abbiamo disposto le nostre truppe, il nemico ci ha assaliti alle Tuileries… noi abbiamo abbattuto file intere' poi gonfiò le cifre delle vittime, come aveva cominciato a fare da qualche tempo 'Ci è costato la perdita di trenta morti e sessanta feriti. Abbiamo disarmato le centurie, tutto è tranquillo. Come sempre io sono illeso. Il generale di brigata Buonaparte' aggiunse infine 'PS La fortuna è con me, i miei omaggi a Désirée e a Julie'.

Infine aveva apposto la sua firma simile ad uno scarabocchio e l'aveva fatta spedire immediatamente. Ricordava che in quella notte tetra e fredda aveva ripreso a piovere e l'acqua aveva lavato il sangue lungo le strade, anche se era rimasto un po' sulle scale della Chiesa di Saint-Roche. Forse non si sarebbe tolto mai più.

Dopo essere rimasto praticamente immobile per qualche minuto, immerso nel flusso di pensieri e ricordi, il generale alzò la testa e scattò in avanti al pari di un fulmine, tuonando - Che cosa state facendo? Volete rompere la libreria per caso? È la cosa più preziosa che possiedo! - quelli si scusarono e la spostarono con delicatezza, intimoriti dal Generale Vendemmiaio, come ormai veniva chiamato Napoleone da quel giorno, seppur alle spalle. La fama di quel giovane ufficiale di origine corsa, dal cognome complicato ma oramai conosciutissimo, era ampiamente diffusa a Parigi e, come un'onda, si stava diffondendo rapidamente in tutta la Francia.

Nonostante fossero passati più di venti giorni dall'evento il suo nome continuava ad essere presente sui giornali, probabilmente perché la situazione politica non era affatto migliorata come il Direttorio pensava. Il generale aveva fatto presente degli assalti ai forni e del fatto che la plebe costituiva una minaccia se non accontentata nei diritti più basilari. Sperava solo di potersi mettere davvero all'opera il prima possibile, non si sarebbe di certo tirato indietro, non gli importava affatto dell'opinione altrui, di quella pubblica o di come sarebbe uscita la sua reputazione, era deciso ad andare avanti per la sua strada, con i suoi metodi poco convenzionali, se necessario.

- È permesso? - udì provenire alle sue spalle, il giovane si voltò e si trovò davanti Barras in persona, nei nuovi abiti da Direttore. Era già pronto a sfoggiare tutta la sua potenza e la sua accresciuta autorità - Oh scusate, ci sono ancora lavori in corso - lo vide avanzare verso di lui con fare trionfo, quasi come se tutto ciò che era avvenuto fosse esclusivamente per merito suo. In parte era così, Napoleone non poté non riconoscerlo, era stato lui a convocarlo e ad affidargli l'incarico, sarebbe stato da ingrati affermare il contrario, ma non sopportava quella sua tracotanza e supponenza - Credevo aveste già finito, cittadino generale, tolgo il disturbo...

- Non disturbate affatto cittadino direttore - gli rivolse un breve inchino, all'apparenza molto rispettoso. Provava un po' di vergogna per questo, non era mai stato quel tipo di persona che amava gironzolare attorno ai potenti, ma sapeva che Barras lo considerava un suo subordinato. Inoltre Napoleone sapeva di non potersi più permettere di andare contro il governo "Se voglio raggiungere il mio obiettivo, devo farlo" si incoraggiava, mostrando totale impassibilità. Si rimise ritto, guardandolo. Intanto Junot li osservava senza però parlare, non voleva intromettersi in quelle faccende. Si dedicò al lavoro di trasloco.

- Mi fa piacere vedere che apprezzate i doni che vi sono stati gentilmente offerti, cittadino generale - allungò la mano sulla spalla del suo nuovo  pupillo e gli diede una pacca amichevole, alzò leggermente la testa, essendo poco più alto di lui e gli rivolse un largo sorriso che evidenziava le sue rughe. Aveva fatto la scelta giusta, un uomo intransigente e capace come Buonaparte era davvero ciò che faceva al caso suo; era convinto, inoltre, che accontentandolo, avrebbe saziato la sua ambizione e i suoi desideri. Solo così lo avrebbe tenuto in pugno.

- Sono solo l'inquilino di questa casa, non di certo il proprietario - emise modestamente il ragazzo ed era la verità - Anche se non mi dispiace affatto dover adempiere ai miei doveri in una dimora così comoda e lussuosa - il sorriso sincero gli illuminò il volto statuario - Il bello stimola il cervello e il lavoro

- Questo lo penso anch'io - annuiva contento Barras, stava raggiungendo il suo scopo di averlo come uomo d'armi, se non addirittura guardia del corpo - Ma non intendevo la casa, cittadino generale - gli diede una gomitata al petto piatto - Mi riferivo alla vostra uniforme nuova, vi dona molto, risalta il vostro fisico smilzo, oltre a conferirvi maggiore autorevolezza - in effetti era molto più decorata della precedente, aveva delle strisce dorate lungo i bordi della divisa e sul cappello.

- Ah vabbè il cambio dell'uniforme era quasi scontato, cittadino direttore, per questo mi sono soffermato di più sulla casa - rivelò il ragazzo che contava a grandi passi la stanza che sarebbe stata il suo nuovo studio, con le mani dietro la schiena - Ma se ci tenete così tanto, vi ringrazio anche per questo piccolo dono

- Non dovete ringraziare me, io ho solo fatto da tramite per voi - rispose Barras, tenendo le mani poggiate sulla spalliera morbida della sedia, contemplava la sciabola, il cappello e il giaccone appoggiati alla rinfusa sopra di essa - È stata Thérésa a volervi dare come regalo un'uniforme dalla stoffa di prima qualità, ci tiene a voi e lo sapete...

- Intendete Madame Tallien? - domandò inespressivo Napoleone, senza voltarsi, cercando di non fare trasparire il sentimento di rabbia che voleva emergere al solo pensiero di quella donna - La vostra amante preferita?

- Proprio lei, la vostra memoria prodigiosa è di grande aiuto anche per quanto riguarda questi dettagli poco importanti... - ridacchiò Barras, poi notò che non gli rispondeva, né gli dedicava attenzioni.

"Quella donna" pensò il generale, stringendo i pugni "Osa ancora prendersi gioco di me? Non gli è bastata quella volta, davanti a tutti?" Era quasi tentato di strapparsi di dosso quell'uniforme e ridurla a brandelli, ma non voleva rovinare una stoffa così pregiata e finimente lavorata. Aveva imparato dalla vita, a sue spese, che niente andava sprecato. Questo pensiero acquietò lievemente la sua ira, non riuscì, però, ad allontanare i ricordi di quando aveva incontrato per la prima volta la moglie di uno dei membri della Convenzione, Jean-Lambert Tallien, la discussa e nota Notre-Dame de Thermidor.

Thérésa Cabarrus, il suo nome da nubile, di origine spagnola, era una delle donne più desiderate dai deputati francesi, oltre che donna dal passato turbolento, quando si era unita a Tallien aveva da poco divorziato dal primo marito, un uomo che la tradiva continuamente e totalmente disinteressato, dal quale aveva avuto un figlio. E negli anni della Rivoluzione continuava ad essere una delle dame più chiacchierate di tutta Parigi, specie per il fatto che persino questo matrimonio, fondato sull'amore a differenza del precedente, sembrava naufragare.

Napoleone conosceva la sua fama e la sua influenza, perciò, qualche mese prima, era corso da lei prima per ottenere un favore ed in seguito per ringraziarla, nel mentre faceva salotto assieme alle sue più care amiche e colleghe. La stanza era gremita di gente curiosa e pronta ad adularle. Lui si era subito sentito a disagio, avrebbe preferito parlare con lei in privato, faccia a faccia, non di certo in mezzo a tutti quei leccapiedi. Si era fatto coraggio ed era avanzato verso il divanetto, sul quale era accomodata, mostrando il suo bel corpo, evidenziato dalla trasparenza della tunica alla greca, dalle ghirlande tra i capelli e dai sandali.

La donna lo aveva riconosciuto  immediatamente, magrissimo, aveva i tratti del viso molto particolari, il volto pallido, i capelli in disordine, l'aspetto trasandato, dai modi bruschi, ma con l'uniforme, in particolare i calzoni, nuovi. Gli sorrise furbetta, avendo percepito il suo evidente problema - E allora, amico mio - aveva esordito a voce alta - Finalmente avete ottenuto le vostre culottes! - Tutti si erano voltati nella sua direzione ed erano scoppiati a ridere; Napoleone, invece, era arrossito imbarazzato, non riuscendo a spiccicare una singola parola o a riderci sopra.

Una volta ritornato padrone di sé, si era allontanato frettolosamente dal divanetto e da quelle risate che rieccheggiavano nelle orecchie, ridestando antiche umiliazioni che aveva sempre cercato di soffocare, allontanare e che erano tornate a fargli visita. Quella donna aveva rivelato delle confessioni private, intime, e questo per lui era più che mortificatante; la gratitudine nei suoi confronti lasciò il posto al risentimento, la battuta infelice aveva contribuito ad acuire enormemente il disprezzo che nutriva per le donne.

- Generale Buonaparte, mi state sentendo? - gli domandava Barras, avendolo visto teso, silenzioso e cupo.

- Sprecate fiato cittadino Barras - gli riferì Junot accanto a lui, vedendolo nervoso, capì che il direttore voleva essere al centro dell'attenzione - Quando il comandante si comporta così è perché qualcosa o qualcuno gli ha risvegliato dei ricordi e ne viene totalmente travolto, come un fiume in piena

- E c'è un modo per ridestarlo? - chiese. Barras, aggiustandosi la giacca, pensò a quanto fosse strano quel giovane ufficiale corso. Gli pareva un'anomalia, ogni giorno che passava conosceva un lato del suo carattere insolito. Era la prima volta che un individuo lo incuriosiva e al tempo stesso, lo stupiva, con sua grande sorpresa.

Junot non fece in tempo a rispondere che si accorse dello sguardo che il comandante gli aveva rivolto. Ingoiò la saliva rumorosamente - Avete visto cittadino Barras, alla fine si ha fatto tutto da solo...

- Perdonatemi cittadino direttore - gli fece Napoleone sorridendo affabile - Ma pensavo alla mia vita passata, mi pare già lontana da questa nuova che sembra prospettarsi - mentì con tono convincente. Non doveva assolutamente scoprire questa sua debolezza, questa sua difficoltà nell'accettare le critiche o le battute. Si accorse che la libreria era stata messa a posto - Bravo Junot, avete dato le giuste direttive, ora la libreria è collocata esattamente dove la volevo io... - raggiunse i suoi amati libri e li accarezzò velocemente - Quanto a voi Barras - si accomodò sulla sua sedia di scatto - Siete venuto qui per dirmi solo questo o c'è dell'altro?

Barras ridacchiò - Non vi si può proprio nascondere tutto eh? - si grattò la parrucca e fissò quegli occhi grigi che brillavano intensamente, poggiò le mani sulla scrivania e si sporse in avanti - Volevo dirvi che la vostra promozione a comandante dell'Armata dell'Interno è stata convalidata, per cui potete iniziare a dedicarvi, fin da subito, alla tutela della nostra Repubblica e dei suoi capi

- Sarà fatto cittadino Barras - gli riferì prontamente - E vi assicuro che non vi pentirete della vostra scelta - simulò un lieve inchino con il capo, i capelli lunghi sì spostarono avanti, coprendo le guance scavate.

- Ne sono più che convinto ormai, cittadino generale - replicò compiaciuto, intuì che in quelle parole ci fosse riconoscenza per non dire mera adulazione, ma non colse il significato più profondo, ben celato, che solo i più attenti avrebbero saputo cogliere. Buonaparte era abile nel saper celare i suoi sentimenti, specialmente con gentaglia del calibro di Barras - Vi auguro una buona giornata 

Il taciturno ed introverso corso ricambiò e, non appena il direttore se ne era andato, si mise all'opera, era giunto il momento di riportare l'ordine ed accertarsi di alcuni problemi che sembravano incombere. Diede una breve controllata alle carte, le lesse con rapidità e concentrazione - Junot, chiamate Muiron, dopodiché fate preparare i cavalli, andremo in perlustrazione, devo verificare alcune cose - ordinò rapidamente. Aprì il cassetto, prese la pistola, i guanti nuovi e li indossò, era contento di poter proteggere le sue mani delicate. Infine allacciò la sciabola attorno alla vita stretta ed uscì, scortato dai suoi assistenti.

Poco dopo arrivarono al cuore della capitale, si stava svolgendo il mercato giornaliero e udirono un leggero brusìo che proveniva da ogni angolo della città e si faceva sempre più forte - Guardate, quello è il generale Vendemmiaio! - gridò uno di loro molto adirato, probabilmente aveva perso un suo amico o parente il 5 ottobre - È per colpa sua se abbiamo la fame e la carestia!

- È vero non può sottrarci il pane! - affiancò un'altra voce. Li raggiunsero minacciosi, facendo un gran fracasso, li circondarono in modo che non potessero sottrarsi a loro. Il boato aumentava al pari della confusione, le urla e le lamentele si sovrapponevano, agitavano bastoni e forconi, decisi a far valere le proprie ragioni con la forza - Dateci il pane! Abbiamo fame!

Una giovane stava persino allungando le mani sulle briglie dei cavalli. Napoleone mostrava un autocontrollo invidiabile e invitava quella gente a riferire i loro problemi e tentare di risolverli - Se parlate tutti insieme non si capisce ciò che volete dal Governo

- Uno alla volta per favore - diceva anche Muiron - State spaventando i cavalli - guardò di sfuggita il suo comandante e non comprendeva come facesse a restare così calmo in una simile situazione. Avrebbero potuto aggredirli, saltare addosso, farli disarcionare in un attimo, eppure non sembravano minimamente intaccare l'impassibilità del generale.

Improvvisamente una donna incredibilmente grassa lo investì con più furore degli altri, per poco il cavallo non si imbizzarrì. Scuoteva i pugni e gridò - Tutta questa geldria dalle spalline d'oro se ne ride di noi; pensano a mangiare e ad ingrassare e che il popolo muoia di fame non gliene importa!

Napoleone rimase in silenzio ad ascoltarla, una volta che quella finì, rispose in modo cordiale - Eh, buona donna, guardami bene - gli mostrò il fisico minuto - chi è più grosso tra noi due? - quella domanda suscitò l'ilarità di tutti quanti. Le urla mutarono in risate e il furore si spense. Non si aspettarono tanta simpatia e spirito da parte di quello stesso uomo che aveva imbrattato di sangue le strade di Parigi. Alla fine la folla si allontanò, avendo capito che qualcuno aveva prestato loro attenzione.

Tale comportamento conciliante e rilassato fece cominciare a far sorgere, anche ai suoi uomini più fedeli e che credevano di conoscerlo, dei dubbi su di lui. Chi era davvero questo Buonaparte? Qual era il suo vero volto e le sue reali intenzioni? Perché in questa situazione aveva scelto la strada del dialogo anziché i cannoni?

 

   
 
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