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Autore: Serpentina    27/09/2021    2 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Preparate i vostri abiti neri migliori, si parte!
Piccolo ripasso: Frida e William si autoinvitano alla commemorazione in onore di Aisling Carter per interrogare sua sorella Aurora e scovare il suo fantomatico amante, Alex. Riusciranno i nostri eroi nell’impresa? Per scoprirlo, non vi resta che leggere.
Colonna sonora consigliata: “Painkiller” dei Three Dyas Grace e “Like you” deiìgli Evanescence.
 
In memoriam

 
 
“Dei mali della vita ci si consola con la morte, e della morte con i mali della vita. Una sgradevole situazione.”
Arthur Schopenhauer
 
Alcune ore prima, in un appartamento nel centro di Londra
 Andrew Carter non era tipo da assumersi le proprie responsabilità; ogni fallimento, ogni imperfezione, ogni “anomalia” del suo essere, era colpa di qualcun altro. La sua patologica incapacità di allacciare rapporti di amicizia o amore duraturi non derivava dal suo essere superficiale, o dalla repressione del suo autentico orientamento sessuale; non scherziamo: era tutta colpa di suo padre, che lo aveva abbandonato per rifarsi una vita lontano dalla moglie mentalmente instabile, e delle sue sorelle, Aisling e Aurora, ree di avergli sottratto la quota di affetto ed attenzioni che, secondo lui, gli spettava di diritto. Non era a un passo dal farsi cacciare con disonore dall’università in quanto pessimo studente - in parte per svogliatezza, in parte perché affetto da un’insonnia cronica che preferiva esorcizzare con un’ossessiva dedizione ai piaceri della vita mondana, invece di rivolgersi ad un professionista qualificato per dargli l’aiuto necessario - assolutamente no; era colpa di “quella stronza egoista” di sua madre, che lo aveva traumatizzato a vita dapprima esasperando quel povero martire di suo padre fino a costringerlo alla fuga, infine suicidandosi in maniera cruenta.
Steso nel letto, dopo l’ennesima notte insonne, salutò il nuovo giorno dedicando un pensiero rancoroso alla sua defunta madre.
“Maledetta idiota! Non poteva infilare la testa nel forno o imbottirsi di pillole, come le persone normali? No. Troppo mainstream il gas e le pillole; molto meglio tagliarsi le vene nella vasca da bagno. Ma vaffanculo!”
L’altro occupante del letto sbadigliò e si stiracchiò, al che Andrew, ancora preda di una rabbia cieca, da sfogare sul primo malcapitato, fu tentato di sbatterlo fuori senza nemmeno dargli il tempo di rivestirsi. Come osava quello sconosciuto essere ancora lì? Aveva esaurito la sua utilità da un pezzo, sarebbe dovuto essere lontano, perso nelle tentacolari strade della capitale, non accanto a lui, a rinfacciargli con la sua sola presenza una realtà che non riusciva ad accettare.
Sebbene fosse ormai fuori dal raggio d’azione dei nonni e dalla loro rigida morale all’antica, infatti, Andrew faticava a venire a patti con l’attrazione che provava - anche - nei confronti di persone del suo stesso sesso. Alienò da se stesso ogni responsabilità per quel - piacevole, doveva ammetterlo - atto inconsulto: non aveva trascorso la notte con un ragazzo a caso rimorchiato in un anonimo bar perché attratto da lui; era, indirettamente, colpa di Aisling, il cui suicidio - omicidio, secondo la detective in erba Frida Weil - si era recentemente aggiunto alla già nutrita lista di traumi da annegare in distrazioni di ogni tipo.
–Buongiorno- disse il ragazzo, di cui Andrew non riusciva a ricordare il nome (non che gli importasse; semplicemente, voleva evitare figuracce).
Colto alla sprovvista, borbottò un sommesso –Buongiorno- e si coprì gli occhi col braccio, nella speranza che, quando li avrebbe riaperti, non avrebbe più trovato lo sconosciuto nella stanza.
L’altro, tuttavia, sembrava intenzionato a restare sotto le coperta e fare conversazione; ignaro, o forse incurante, dell’atteggiamento meno che socievole di Andrew, si lanciò in un monologo carico di imbarazzo.
–Sai, volevo, ecco… ringraziarti? Sì, ringraziarti. È stato bello. È la prima volta che… sì, insomma… la migliore finora. Non che abbia chissà quale esperienza, eh! Non vado mica in giro a scopare gente a caso!
–Con me l’hai fatto- osservò Andrew, la cui soglia di tolleranza si stava pericolosamente abbassando.
–Hai ragione. Scusa.
–E di che? Non hai commesso un crimine!
La risposta a quell’asserzione lo lasciò di stucco.
–Dipende dai punti di vista. Per mia madre, quello che abbiamo fatto è passibile di pena di morte. A volte dice certe cose talmente… offensive… mi fa sentire sbagliato, mi fa vergognare di me stesso, perché non sono il figlio modello che crede, anzi, pretende io sia. Io provo a recitare al meglio la parte - sperando che fingere, alla fine, mi cambi davvero - ma so che non potrà durare per sempre; prima o poi lo scoprirà, e non vorrà più saperne di me!- curvò le labbra in un sorriso triste e aggiunse –Perdona lo sfogo. Mi rivesto e tolgo il disturbo. Qualcosa mi dice che non mi inviterai per colazione.
Andrew, che nel frattempo si era messo seduto, esalò –No, vabbè… fai con calma. Usa pure la doccia, se vuoi. Comunque ti capisco, sai? Anche i miei nonni sono così. Nel loro caso riesco - a fatica - a giustificarli perché sono vecchi; tua madre e quelli della sua generazione, invece, non hanno scusanti- poi, sentendosi in colpa, bofonchiò, lo sguardo fisso sul pavimento –Poco fa mi hai chiesto scusa senza motivo. Sono io a dovermi scusare: abbiamo passato la notte insieme e nemmeno ricordo come ti chiami.
L’altro ridacchiò –Perché non me lo hai chiesto, e io non te l’ho detto. Sembrava non interessarti.
–Mi interessa adesso.
L’insistente squillare del cellulare impedì all’altro di rivelargli il suo nome; avvicinò il telefono all’orecchio e ridacchiò –Parli del diavolo… Ti dispiace se rispondo, prima di andare?- Andrew scosse il capo, e per poco non ebbe un infarto nel sentire –Ehi, mami, come stai? Io e Kimmy siamo ancora ancora da Frida. Non te la passo perché le ragazze sono in bagno a farsi il restauro… ehm, volevo dire, a farsi belle. Faith ha insistito per offrirci la colazione - tranquilla, cucina Franz - e pensavo di passare a ritirare il violino, prima di tornare a casa. Un bacione, a dopo!- lo sconcerto di Andrew crebbe a dismisura nell’assistere ad una seconda scenetta, se possibile più surreale della precedente: lo sconosciuto, infatti, inviò un messaggio vocale –Ascolta e cancella, sorella: mamma sa che siamo da Frida, ci fermiamo a colazionare da lei, e io poi vado a ritirare il violino. Tu sei ancora con… com’è che si chiama il tuo nuovo scimmione? Lascia stare, non ci tengo a saperlo. Nate era molto meglio! Comunque: non tornare subito a casa, o mamma si insospettirà, e se dovesse chiamarti, rifilale la storiella che ti ho detto, ok? Baci baci!
–Wow! Sei stato… wow! Mai pensato di fare l’attore?
–Ordinaria amministrazione. Quando hai una madre rompicoglioni, o cresci da disadattato, oppure impari a farti furbo. Mi dispiace mentirle, ma è l’unico modo per avere una vita.
Sforzandosi di suonare naturale, Andrew gli rivolse un sorrisetto nervoso e chiese –Questa Frida che usi come alibi… per caso è Frida Weil?
–Sì! La conosci?
“Non ho parole! Il mondo è veramente così piccolo?”
–Fin troppo bene.
–Non mi sorprende: Frida conosce tutti, in questa città… tutti quelli che vale la pena conoscere, intendo.
–Quella conosce anche il diavolo, fidati! Senza offesa, ma come fai a sopportarla? Mette i brividi! Oggi pomeriggio devo incontrarla, e al solo pensiero mi assale un’ansia che…
–Attento, allora: Frida si nutre di paura; ne avverte l’odore, come un animale… e ti divora vivo- sibilò il ragazzo, mimando un morso alla fine della frase, salvo poi scoppiare a ridere di gusto della reazione di Andrew, che era sbiancato di botto, le pupille dilatate dal terrore. –Rilassati, sto scherzando! Se può consolarti, Frida a volte fa paura persino a me, che la conosco dalla culla. Sa essere intimidatoria, quando vuole, e ha una corazza quasi impenetrabile, ma ti assicuro che è estremamente leale e, anche se preferisce lasciar credere il contrario, ha buon cuore. Qualunque sia il motivo per cui ti serve il suo aiuto, sta’ certo che farà letteralmente di tutto per risolvere il problema.
Andrew rimase a bocca aperta: la sua opinione della Weil era completamente diversa (nonché molto meno lusinghiera). L’aveva forse mal giudicata?
–Bene, allora io… vado- si tastò il polso, e stavolta fu lui a impallidire. –Oh, no! Il bracciale dell’amicizia! Non posso averlo perso!
–Il cosa?
–È un braccialetto di cuoio, con un nodo gordiano dorato. Non me ne separo mai. Non posso averlo perso!
Andrew, che pian piano si era acclimatato alla presenza del ragazzo ancora senza nome in casa, pur non sapendo cosa accidenti fosse un nodo... goridano? Gardano? Acconsentì ad aiutarlo nella ricerca; sfortunatamente, senza risultato.
–Niente. L’ho perso- piagnucolò, gli occhi lucidi. –So che è stupido prendersela tanto per un oggetto, però…
–Ha un valore sentimentale. Lo capisco- mormorò Andrew, ripensando alla sciarpa, secondo lui pacchiana, regalatagli da Aisling, che aveva tirato fuori dall’armadio soltanto dopo la sua morte; nonostante i loro alti e bassi, era pur sempre sua sorella, e quella sciarpa lo aiutava a sentirla vicino. Gli dispiacque sinceramente per lui, perciò, emesso un sospiro di rassegnazione, aggiunse –Senti, uhm… non mi hai ancora detto il tuo nome.
–Kevin.
–Ascolta, Kevin: non disperare, continuerò a cercare questo bracciale; lasciami il tuo numero, così potrò chiamarti, in caso dovessi trovarlo.
Kevin, poco convinto, rispose –È il peggiore pretesto che qualcuno abbia mai usato per avere il mio numero- tuttavia, mosso dal briciolo di speranza che è sempre l’ultimo a morire, alla fine acconsentì alla richiesta. –Devo sperare di risentirti presto. Buona giornata!

 
***
 
–Liam? Liam? Insomma!
–Che c’è?
–C’è che non mi stai ascoltando! Si può sapere cosa la tua adorabile testolina bionda reputa più importante di concordare un piano d’azione?
“Concordare, come no! Tu non concordi, Weil; tu ordini. Sei una cazzo di dittatrice. Di’ piuttosto che ti dà fastidio non essere al centro della mia attenzione, per una volta!”, pensò William, senza tuttavia avere il coraggio di dare voce a quel pensiero e così rischiare una morte violenta per mano della sua socia. Si passò nervosamente le mani tra i capelli ed emise un sospiro; mai e poi mai, forse solo di fronte a morte certa, avrebbe confessato di aver irrimediabilmente perso la concentrazione proprio per colpa della ragazza: come poteva pensare che sganciare una notizia bomba del calibro di “avevi uno zio, ma è crepato male a diciott’anni” non avrebbe avuto conseguenze? Qualunque essere umano sarebbe stato divorato dai dubbi, nel migliore dei casi, o traumatizzato a vita, nel peggiore. “Ah, già, dimenticavo: lei non è umana!”
Per quieto vivere, decise di rispondere un atono –Niente.
Frida, però, non la bevve, e sbuffò –Liam, il “niente” pregno di significati impliciti che l’altro dovrebbe cogliere al volo, mentre invece brancola nel buio più totale, è appannaggio del sesso femminile. Zumindest für jetzt1, tu sei un maschio; perciò sputa il rospo, non ho tutto il giorno.
William fu seriamente tentato di mandarla al diavolo, persino di schiaffeggiarla fino a rendere quella pelle dal candore lunare rossa come un tramonto tropicale, ma desistette; in parte perché non voleva rischiare di rimanere appiedato (dei due, Frida era l’unica a saper guidare la macchina), in parte perché non voleva darle la soddisfazione di capire quanto profondamente riuscisse a scuoterlo, seppur in negativo. I suoi costanti sforzi per rendere la Weil una persona migliore stavano sortendo come unico risultato di rendere lui una persona peggiore.
“Bella merda!”, pensò, sbuffando una risata priva di allegria, dopodiché le rifilò una mezza bugia, alla quale però sapeva che lei avrebbe dato credito.
–So che è ridicolo - mia madre deve aver esercitato su di me un’influenza maggiore di quanto pensassi - ma, ecco… questo posto mi inquieta. Sul serio: emana vibrazioni negative.
Come previsto, Frida abboccò all’esca, e senza indagare oltre, lo liquidò con un secco –Non crederai sul serio a questa roba! Ah, già, dimenticavo: metà del tuo patrimonio genetico è “new age”, è già tanto se non giri con qualche strano amuleto al collo!
Dato che “la mamma è sempre la mamma”, sebbene fosse il primo a deriderne le credenze, l’australiano si sentì in dovere di ribattere –Per essere un genio sei veramente ottusa, lo sai? Solo perché non puoi percepire qualcosa con i cinque sensi, non vuol dire che non esista!
Frida, oltraggiata per essere stata definita ottusa, strinse i pugni e digrignò i denti, finché non ebbe sbollito sufficiente rabbia da ribattere in maniera non violenta. –“Solo perché non puoi percepire qualcosa con i cinque sensi, non vuol dire che non esista”? Detto da un ateo convinto, suona quasi grottesco! Jedoch2, anche volendo prendere per buone tutte le Quatsch3 su aura, vibrazioni di energia e simili - dopo un trauma cranico commotivo, natürlich - potrei al massimo credere che vengano emanate da esseri viventi. In altre parole: non è la casa a trasmetterti inquietudine, ma le persone che vi sono dentro. Oppure, se vogliamo analizzare la cosa con un minimo di raziocinio, deine sensible Seele4 si sente a disagio perché sa di trovarsi nel luogo dove una donna si è tolta la vita e sua figlia ha tentato di fare altrettanto.
L’altro non rispose, limitandosi a pensare, mentre si chinava ad accarezzare uno scodinzolante setter palesemente in cerca di coccole, che la faceva facile, lei, a sputare sentenze senza fermarsi un attimo ad empatizzare, e decise di vendicarsi affondando il proverbiale coltello nella piaga, alias una evidente falla nel piano.
–Lasciamo perdere. Comunque, ammesso che riusciamo a intrufolarci nella camera di Aurora, come farai a parlarle? La poveretta è paralizzata dalla testa ai piedi!- attese qualche secondo, beandosi del misto di furia e panico che riuscì a scorgere negli occhi di lei, prima di rigirare il succitato coltello con sadico piacere. –Non ci hai pensato, vero? Ahi, ahi, ahi! Sherlock Weil, una simile superficialità da te non me la sarei mai aspettata! La vedo dura, interrogare qualcuno totalmente incapace di comunicare!
–Cancella quel sorrisetto compiaciuto dalla faccia e smettila di pavoneggiarti! Essendo io una persona intelligente e, soprattutto, matura- a William sfuggì una risata sommessa, che camuffò da colpo di tosse. –Ammetto di aver trascurato questo Kleinigkeit.5; tuttavia, se Aisling Carter, il cui quoziente intellettivo era più vicino a quello di questo cane che al mio, ha superato l’apparentemente insormontabile barriera comunicativa con la sorella, non vedo perché non dovrei riuscirci.
–Modesta come sempre, Weil.
Frida sorrise, e ripeté uno dei mantra di suo padre Franz.
–La modestia è la virtù delle persone modeste, e io sono straordinaria. Oh, ecco Carter!
Salutò animatamente Andrew Carter, dall’aria fosca e tormentata - che su un ragazzo più fascinoso avrebbe creato un’aura di sensuale tenebrosità, su di lui risultava solo deprimente - il quale cingeva le spalle di una donna dall’aspetto formidabile, la cui età era tradita soltanto dall’argento della chioma, scolpita in un’acconciatura elegante, e dalle rughe d’espressione (Frida si chiese a chi avrebbe dovuto vendere l’anima per arrivare a quell’età nelle stesse, eccellenti condizioni). Non bisognava essere dei super detective per intuire che si trattava della nonna di Aisling, e l’uomo accanto a lei - che sembrava talmente sopraffatto dal dolore da dare l’impressione di essere fatto di cristallo - non poteva che essere suo marito.
A quella vista, William e Frida sibilarono, all’unisono –Lombrico patetico! A differenza della Weil, però, William se ne pentì subito: da quando era diventato il genere di persona che riversa cattiveria gratuita su qualcun altro, solo perché gli stava antipatico?
“Sono una merda! ‘Sto poveraccio è ancora a lutto, e io cosa faccio? Lo insulto! Chi se ne frega se è un patetico lombrico? Anche i lombrichi hanno diritto di piangere la sorella morta! Non posso empatizzare fino in fondo perché sono figlio unico - e meno male, sennò col cazzo che mamma mi avrebbe permesso di trasferirmi agli antipodi da papà - ma immagino che se perdessi una sorella in circostanze poco chiare cadrei in una tale depressione da non riuscire neppure ad accennare un sorriso per mesi”.
Senza aspettare un segnale da Frida, si diresse verso di lui, seguito a ruota dalla ragazza, preoccupata che una sua mossa inconsulta potesse minare alla base un piano studiato nei minimi dettagli (o quasi).
–Siete amici di Aisling? Non ricordo di avervi mai visti qui.
I due si scambiarono un’occhiata tra l’allarmato e l’imbarazzato, ma, inaspettatamente, fu Andrew a trarli d’impaccio.
–Sono amici miei, nonna.
–E follower di Aisling- aggiunse William, esibendo un sorriso a trentadue denti degno della pubblicità di un dentifricio. Si rese conto di aver detto la cosa sbagliata, però, quando la Weil lo fulminò con un’occhiataccia e mimò il gesto di sgozzarlo.
La conferma di aver commesso un errore madornale giunse dall’anziana donna, la quale, occhieggiandolo con diffidenza, esclamò –Tutti e due?
“Cazzo, è vero: Aisling si occupava di moda e cosmesi! Roba virile, proprio! Merda, merda, merda! Ora che mi invento? Pensa, William, pensa. Come dice papà? Non c’è situazione troppo disperata da non riuscire ad uscirne usando il cervello… se si ha la fortuna di averne uno funzionante”.
Il suo cervello, fortunatamente, funzionava, e in pochi istanti l’australiano riuscì a riappropriarsi del sorriso smagliante e di sufficiente faccia tosta da replicare –Anche i ragazzi possono volere pelle liscia e ricci perfetti!
Inspiegabilmente, riuscì a strappare un sorriso a Mr. Conworthy, che esclamò –I tempi sono proprio cambiati! È inutile che ti sconvolgi, Isobel, alla nostra età non si può sperare di capire i giovani; sono un mondo a sé. Al massimo, possiamo provare con i bambini, con cui abbiamo di più in comune.
Altrettanto inspiegabile fu la reazione di Mrs. Conworthy: perse il poco colore che aveva sulle guance, scoccò al marito un’occhiata colma di un dolore talmente profondo da far accapponare la pelle a chiunque possedesse un minimo di sensibilità, e scoppiò in lacrime.
–Vi chiedo scusa per mia moglie. La morte di Aisling è stata una dura prova per lei. Sarà meglio che la porti di sopra a riposare.
Alla sua destra, William udì quella che, se ben ricordava, era un’imprecazione in tedesco. Si accigliò immediatamente: va bene che la presenza dei signori Conworthy al piano superiore costituiva un ostacolo non indifferente al suo piano di intrufolarsi in camera di Aurora per provare a cavare qualche informazione utile, ma possibile che, per raggiungere i propri scopi, la Weil non si fermasse nemmeno davanti al dolore di una povera donna? La prossima volta in cui sarebbero stati soli gliene avrebbe dette quattro, anzi, otto; un conto era avere una morale elastica, un altro nessuna morale.
–Vi accompagno- intervenne Andrew, bloccato però dal nonno, che lo esortò a rimanere con i suoi amici e fare le veci di padrone di casa.
–Tranquillo, la nonna è in buone mani.
Frida attese che fossero spariti su per le scale, prima di soffiare, come un gatto arrabbiato –Grazie del salvataggio di prima, Carter. Quanto ci vorrà, secondo te, per avere via libera? Dobbiamo andare da tua sorella.
–Cinque minuti, più o meno. I nonni sono abbastanza arzilli, ma non si muovono più con la stessa rapidità di quando erano giovani.
–Patirò ogni minuto come fossero cinque, sappilo- si lagnò Frida, storcendo il naso; poco dopo, notò qualcosa che la indusse ad un repentino cambio di programma. –Ripensandoci: sarebbe troppo sospetto se sparissimo entrambi dalla circolazione, Liam. Andrò io da Aurora. Tu, intanto, bracca Alex.

 
***
 
Non aveva mai preso in considerazione la carriera militare, sia perché pacifista convinto, sia perché intrinsecamente incapace di obbedire ciecamente agli ordini. Difatti, non appena Frida si era allontanata in compagnia del lombrico alla moda, invece di mettersi alla ricerca di Alex, aveva cercato su internet prove a conferma dell’esistenza di suo zio; per quanto avesse imparato a fidarsi della Weil, che non gli aveva mai mentito, parte di lui si rifiutava di credere a quanto gli aveva raccontato, probabilmente perché crederle avrebbe significato perdere irrimediabilmente la fiducia in suo padre.
Inserì nome e cognome nel motore di ricerca, incrociò le dita e chiuse gli occhi; quando li riaprì, vide che internet aveva restituito una serie di articoli e immagini.
La verità lo colpì con la forza di un treno in corsa, lasciandolo frastornato, triste e arrabbiato. Triste perché non avrebbe mai conosciuto lo zio Vyvyan (“Zio. Che assurdità! Nelle foto sembra mio fratello!”); arrabbiato con la vita, che gli aveva negato quella possibilità, e con suo padre, così stronzo da tenerglielo nascosto.
“Questa non te la perdono, papà! Se me ne avessi parlato, lo zio sarebbe diventato parte di me, avrebbe continuato a vivere anche nei miei ricordi. Invece no! Ho dovuto scoprirlo dalla Weil. Dalla Weil, cazzo! Capisco il dolore che devi aver provato, che provi tuttora, ma… non è giusto. Sono tuo figlio, avevo il diritto di sapere.”
Devastato nello spirito, mentre racimolava informazioni sul defunto fratello di suo padre, non si accorse di essere in rotta di collisione con un ragazzo, anch’egli assorto nella contemplazione dello schermo del cellulare. Lo scontro fu inevitabile, e i telefoni di entrambi finirono a terra.
–Guarda dove vai!- ringhiò quello.
–Io? Tu, piuttosto!- ringhiò William di rimando, salvo poi tornare in sé e chiedergli scusa per la sua disattenzione.
L’altro, però, non sembrava incline ad una soluzione pacifica. Dopo alcuni, futili tentativi di reinserire la scocca posteriore del cellulare, infatti, disse –Puoi ripetere?
–O-Ok. Scusa. Mi dispiace. Non volevo.
Il ragazzo provò nuovamente a richiudere la scocca a protezione della batteria, fallendo miseramente, sputò –Come vedi, le tue scuse non sono servite a rimediare al guaio che hai combinato. Perciò sai dove puoi ficcarle?
–Kenny!- lo rimproverò il ragazzino sui tredici anni che lo accompagnava, riuscendo a far emettere all’altro uno sbuffo esasperato, prima di girare sui tacchi e andarsene. –Stai bene?- domandò poi a William. –Ti chiedo scusa per mio fratello, di solito non è così- ridusse il volume della voce ad un sussurro –Stronzo. La morte di Aisling lo ha sconvolto. Ha sconvolto chiunque la conoscesse.
In altre circostanze, William si sarebbe limitato ad accettare le scuse e chiudere la faccenda, ma la recente scoperta gli aveva lasciato l’amaro in bocca, per cui replicò, senza curarsi di apparire sgarbato –Siete gemelli geneticamente identici? Cloni creati in laboratorio? No? Allora non posso accettare che tu risponda per lui. È stato lui a urtarmi e sbraitare, dev’essere lui a scusarsi; e gli conviene farlo quanto prima, perché a chi non ha le palle di chiedere scusa, cadono. Dillo al grand’uomo.
Caso volle si imbattesse di nuovo in loro nell’armeria, dov’era capitato mentre girovagava in cerca di Alex (dopo una ramanzina da parte della propria coscienza aveva riacquistato la giusta concentrazione), e fu un colpo di genio decidere di fermarsi ad origliare fingendosi interessato alla collezione di pistole, fucili e corni da caccia.
–Potresti sforzarti di mostrarti un minimo dispiaciuto, Kenny: nel caso non l’avessi notato, siamo a un funerale- lo rimproverò il minore.
–E’ una commemorazione, Noah. Il funerale c’è già stato. Quando hanno seppellito Aisling sotto terra in una bara, ricordi?- rispose l’altro, palesando con l’espressione e il tono di voce la propria insofferenza.
Sconcertato da cotanto cinismo (“Questo fa concorrenza alla Weil!”), William non poté non concordare con Noah quando questi replicò –E’ comunque una commemorazione funebre. Dobbiamo essere tristi, o quantomeno apparire tali. Ricorda cosa ha detto papà: non possiamo permetterci di metterlo in imbarazzo, questo sarà un anno importante per lui. Comunque, credevo che Aisling fosse tua amica. Non dovresti essere triste per la sua morte?
L’antipatia nei confronti di colui che aveva ribattezzato “Faccia da cavallo” crebbe nel sentirlo rispondere, sempre in tono monocorde –Proprio perché ero suo amico, e la conoscevo bene, mi è impossibile rattristarmi a dovere: Aisling non avrebbe voluto tutto questo. Sono sicuro che, ovunque sia, ci sta guardando delusa del fatto che sprechiamo tempo a piangerla, invece di onorare davvero la sua memoria godendoci la vita e facendo festa fino a star male. Dico bene, Alex?
Una figura allampanata in completo nero dal taglio maschile si voltò, e per poco William non si lasciò sfuggire un’imprecazione.
“Sono un idiota! Un coglione spaiato! Un perfetto esempio di come la ristrettezza mentale ancora infetti la società! Perché non mi ha sfiorato nemmeno per sbaglio l’idea che Alex potesse essere una ragazza?”
Alex, esibendo un’espressione annoiata da rivaleggiare con quella di Kenny, scostò una ciocca castana e ribelle dagli occhi, e rispose –Non saprei. Non la conoscevo così bene.
William trattenne a stento una risata di scherno: a giudicare da quanto gli aveva riferito Frida, e dal poco che era riuscito a leggere in macchina, le due si conoscevano non bene, benissimo! Anche se, ad essere onesti, da quei messaggi trasparivano sentimenti parecchio più profondi da parte di Alex; in parole povere: poesie di Prevert da una parte, frasette mielose da Baci perugina dall'altra.
Pure Kenny, per ragioni completamente diverse, dovette avere dei dubbi sulla veridicità di quell’affermazione, perché sbuffò –Sei la sorella della sua migliore amica, come puoi dire che non la conoscevi?
La rivelazione sconvolse William, finché la voce della razionalità (che, guarda caso, era la voce di Frida) non gli impose di osservarla meglio alla luce della nuova informazione in suo possesso.
Fu costretto ad ammettere che la Weil, ancora una volta, aveva ragione (“E quando mai!”): si era lasciato traviare dal look androgino di Alex, scotomizzando i numerosi, evidenti punti di somiglianza tra lei e Nita; scrutandola con più attenzione, riuscì a notare svariati punti di somiglianza tra le due.
Un lampo di rabbia trapassò gli occhioni scuri di Alex, che apparivano ancora più grandi, incastonati nello smunto viso a cuore. Era chiaro che desiderava porre fine prima possibile a quella conversazione.
–Ho detto che non la conoscevo bene, non che non la conoscevo affatto- emise un sospiro mesto e aggiunse –In fondo, sono solo la sorellina di Nita. Nessuno di importante.
Fece per allontanarsi, ma Kenny, gli occhi nocciola scintillanti di malizia, la stuzzicò colpendo sapientemente un nervo scoperto.
–Peccato. E io che speravo fossi importante abbastanza da costituire una fonte di pettegolezzi succosi sul suo suicidio! Ammesso che di suicidio si tratti.
–È morta, che differenza fa il come?
–Una differenza enorme- latrò lui. –Non sopporto venga ricordata come un’anima miseranda, disperata la punto da togliersi la vita. Lo sai tu, lo so io, lo sa chiunque conoscesse Aisling - la vera Aisling, non la versione patinata e perfettina da migliaia di follower - che non aveva un motivo al mondo per ammazzarsi. L’unica altra spiegazione plausibile è che fosse strafatta e sia caduta per errore mentre apriva la finestra; il che sarebbe desolante: crepare per errore è da idioti!
Alex piegò di lato la testa, in maniera del tutto simile a un pappagallo, ed esalò –Io so di non sapere, Kenny. Anzi, no, una cosa la so: mi sono rotta di sentirti blaterare. Cia’!
Piccato, Kenny ribatté con tutta la perfidia di cui disponeva –Che ti è successo, Alex? Un tempo eri divertente! … Ed eri chiaramente una ragazza- prima di rivolgersi a William. –E tu, Riccioli d’oro, non sai che è maleducazione origliare?
Pervaso una seconda volta da una rabbia che non sapeva di poter provare, l’australiano ruggì –Oh, chiudi quella fogna, Faccia da cavallo!- e corse via, tirandosi dietro una perplessa Alex, prima che Kenny potesse registrare le sue parole.
***
 
–Puoi mollare la presa, adesso. Dico davvero: mi fai male.
William, caduto in una sorta di trance indotta dalla rabbia, a quelle parole si riprese all’istante, e si accorse di stare ancora stringendo il polso di Alex, la quale, tuttavia, non pareva tanto turbata, quanto infastidita dalla presa troppo salda.
–Scusa!- disse, poi, dopo averci riflettuto, aggiunse –Che stupido, non mi sono presentato! Piacere, William. Condoglianze per la tua perdita.
–Alexis, ma tutti mi chiamano Alex- rispose lei, squadrandolo da capo a piedi. Una volta stabilito che il biondino non costituiva una minaccia, aggiunse –Grazie. Sei il primo a farmele. Gli altri si sono precipitati a offrire conforto e osservare voyeuristicamente il dolore di mia sorella.
–Lei e Aisling erano amiche d’infanzia, è normale.
–Sì, beh, ci sono anch’io!- ululò Alex, serrando i pugni. –Anch’io ho perso… qualcuno.
–Lo so, e mi dispiace- chiocciò William in tono paterno. –Dev’essere tremendo perdere la persona amata e dover tenere tutto dentro. Perché tu amavi Aisling, non è così?
La postura della ragazza si fece più rilassata, lo sguardo meno accigliato. Intuì di aver fatto centro. Dal modo in cui aveva risposto a tono a Faccia da cavallo, aveva dedotto che Alex era sicura di sé, schietta, senza peli sulla lingua; l’opposto di Nita, insicura e nevrotica. Con lei le tattiche manipolatorie tanto care a Frida sarebbero state controproducenti, molto meglio giocare a carte scoperte.
–Chi sei tu? E non rifilarmi la balla dell’amico di Andrew: Andrew non ha amici, li ha fatti scappare col suo brutto carattere. Mi domando cosa ci trovi in lui Nita.
“A Nita piace Andrew! Avevo visto giusto! Beccati questa, Weil! Tu sarai Sherlock, ma sono io il detective Stranamore!”
–Sono uno che, per quanto mi costi ammetterlo, concorda con Facc… Kenny. Ehm… facciamo due passi?
–Per parlare lontano da orecchie indiscrete? In questa casa persino i muri hanno le orecchie; possiamo benissimo restare qui. Metterò il naso fuori solo e soltanto se hai da fumare.
William non perse tempo; estrasse dalla tasca un pacchetto di sigarette e un accendino, e li porse ad Alex, che annuì in segno di approvazione e disse –Fai strada.
 
Nota dell’autrice
Note dell’autrice Con imperdonabile ritardo, rieccomi! Spero che il capitolo sia valso l’attesa. * occhioni cucciolosi *
Riecco anche Kevin! Era da un po’ che scalpitava per tornare alla ribalta. Vi era mancato?
E che mi dite di William: poverino, non ha un momento di pace; prima la scoperta di avere (avuto) uno zio, poi l’incontro-scontro con Kenny… qualche volontaria che vuole dargli un po’ di conforto?
Frida invece era insopportabile, vero? Bene, è così che deve apparire!
Piccolo “spoiler” (se così si può chiamare): ho letteralmente sognato la trama del sequel di Locked-in, e deciso di introdurre un personaggio chiave del seguito proprio in questo capitolo. 😉
PS: credo che i nomignoli che si sono dati, in italiano non rendano; voglio dire, Horseface e Goldielocks suonano molto più fighi di Riccioli d’oro e Faccia da cavallo, ma pazienza, non si può avere tutto dalla vita!
PPS: non dimenticate che la storia è ambientata nel futuro, quindi è credibile che persino i più anziani conoscano e/o usino i social (magari non quelli di ultima generazione), ergo non stupitevi del fatto che la nonna di Aisling abbia compreso il significato di follower (e non abbia pensato che William fosse una specie di stalker).
A presto (spero)!
1Almeno per il momento
2Comunque
3Stupidaggini
4Il tuo animo sensibile
5Dettaglio
 
 
 
   
 
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