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Autore: theastwind    28/09/2021    3 recensioni
E' una storia d'amore e d'avventura tra Nami e... il Rosso.
Ambientata nel lasso temporale collocato prima che la ciurma entri nel Grande Blu.
Genere: Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Shanks il rosso
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Lui, Ben e Lucky girarono a zonzo per la città cercando un buon artigiano, ma erano tutti occupati per via delle riparazioni delle numerose navi che avevano trovato rifugio nel porto. Di quel passo non avrebbero ripreso il mare nemmeno tra una settimana e loro dovevano salpare velocemente.
Camminavano in silenzio in quelle strade affollate e pensavano ognuno ai fatti propri.
Shanks, soprattutto, aveva un turbine di pensieri che si accavallavano nel cervello: aveva scommesso con quella mocciosa insolente e agguerrita femminista che sarebbe riuscito a trovare i soldi, ma non aveva proprio idea di come fare… Comunque non era preoccupato più di tanto: qualcosa si sarebbe inventato e avrebbe evitato di farsi pagare le riparazioni da lei…
“E’ assurdo…” – gli sfuggì ad alta voce.
“Cosa?” – Ben fumava, guardandosi attorno e Lucky ascoltava attento.
“Eh?”
“Hai detto: è assurdo!... Cos’è assurdo?”
“Pensa che Nami vuole pagare le riparazioni con i soldi del premio!” – e lo disse come se fosse un’eresia.
“Questa sì che è una notizia! – gioì il suo amico sotto lo sguardo sconcertato del capitano – Allora dobbiamo solo trovare un maestro d’ascia e magari riusciamo ad apportare qualche miglioria agli alberi di poppa che hanno quel lieve difetto di struttura…”
“Ma sei sicuro di fumarti il tabacco? – lo fulminò Shanks con lo sguardo. – Che cazzo dici? Sei fuori?”
“Perché? Che ho detto?”
Shanks fermò il suo passo in una viuzza meno frequentata e più silenziosa:
“E secondo te io permetto ad una mocciosa di diciotto anni di ripararmi il Vento dell’Est? No dico… e poi la faccia dove la metto? Quanti zeri devo togliere alla taglia che ho sulla testa? – e si sconvolse – Ma che hai nel cervello?”
“No… che hai tu nel cervello?! – si stupì Ben – Fammi capire: io non so ballare e quindi premi non ne vinco, ma sono un mastro vasaio con una tradizione di cinquecento anni… I Beckman producono ceramiche e terracotta da mezzo millennio…” – aggiunse con orgoglio.
“Beato te che hai un cognome!! Io non ho nemmeno quello…” – sbuffò Shanks un po’ triste.
“Stavo dicendo, prima che mi interrompessi, che so tutto sulle ceramiche e la terracotta… e quando siamo a corto di liquidi, come adesso, tu non mi impedisci di contribuire con la mia arte!”
“Ma non è la stessa cosa!”
“Perché no?”
E lui che non riusciva a capire:
“Quei soldi sono suoi... se li è guadagnati: non possiamo prenderli!”
“Anche io me li guadagno quando faccio vasi, anfore e ciotole…”
“Sì… ma tu… con lei è diverso!”
E Lucky, che fino a quel momento era stato zitto, intervenne con veemenza:
“E’ diverso solo perché è donna? O è diverso perché ne sei innamorato e non ammetti che possa provvedere per te? O perché è più piccola?”
Shanks vedeva lo sguardo diretto e convinto del suo amico e sentì le sue convinzioni in fatto di donne vacillare…
“…Per tutti questi motivi…”
“Me n’ero già accorto da un po’, ma non ti ho mai detto niente perché non me n’è mai fregato niente: ognuno vive come gli pare, però… tu non capisci un cazzo in fatto di donne!!” – campione di diplomazia, agitò il cosciotto in aria.
“Cosa?” - Shanks lo guardava come se fosse un alieno e Lucky riprese.
“Innanzitutto sta sulla nave, deve rispettare certe regole e fa parte dell’equipaggio quindi deve contribuire perché non solo è giusto per noi, ma anche per lei che deve sentirsi parte del gruppo, come hai detto tu quando è arrivata! Poi sicuramente si sente in dovere di contribuire perché questi danni li abbiamo sopportati per ritrovare Rufy e gli altri, ha tanti soldi, pensi a tutto tu e non deve mai spendere niente quindi ha provato a fare quello che ognuno di noi fa su questa nave da vent’anni: contribuire perché si sente del gruppo! Per noi è del gruppo dal momento che ce l’hai presentata, ma tu, che ti sei innamorato, non riesci ad inquadrarla nella ciurma: per te è una bambina che stai riportando a casa e la proteggi a 360 gradi…”
“Non dovrei?” – Shanks vacillava.
“No… perché sarà anche piccola e dolce, ma è una pirata, è una ladra, una vera professionista, ha fregato orde di pirati e babbei all’osteria, non è così ingenuotta e tu lo sai…”
“Che vuoi dire?” – Shanks era sull’incazzatura andante.
“Non mi fraintendere, testa di cazzo!! – Lucky si divertiva a trattarlo male da circa trent’anni – quella ha passato un sacco di guai, credo, per colpa dei pirati… ha viaggiato e vissuto molto per i suoi diciotto anni e sa benissimo quello che vuole: non è giusto che la proteggi così tanto anche perché non ne ha bisogno, non lo vuole… tu non sei suo padre! È grande e i fatti suoi se li sa vedere: così la soffochi e la rendi davvero una mocciosa!”
“C’è anche il fatto – intervenne Ben – che lei ti ama e vuole aiutarti a riparare la cosa a cui tieni di più: la nave. Il suo è un regalo e i regali delle donne, dovresti saperlo, non si rifiutano mai…”
“Ma il fatto che sia una donna per voi non conta niente?” – chiese lui che con tutti quei bei discorsi non aveva dimenticato il punto fondamentale: certe cose le fanno gli uomini e altre le donne!
“Che razza di discorsi fai!! - replicò Lucky – si vede che sei figlio unico e non hai avuto quattro sorelle come me… In casa io e mio padre non contavamo un cazzo! Come provavamo a dire una parola erano pugni sul muso!! I compiti non sono rigidi… Mia sorella Sarah lo diceva anche quando vi frequentavate: sei un maschilista e pure rigido!”
“Me l’ha detto anche Nami…” – li informò mogio.
“Se continui a trattarla da mocciosa, la limiti, la soffochi… lei è la tua ragazza non la tua navigatrice!!”
Shanks arrossì violentemente a quelle parole e i suoi due amici scoppiarono a ridere fragorosamente per quell’inatteso imbarazzo.
“SMETTETELA DI RIDERE!!” – urlò lui inviperito e ancora rosso in volto. Poi Lucky riprese:
“Ti piacerebbe che lei ti dicesse che cosa puoi fare e cosa no? Cosa dire e dove andare? Certo che no! E tu non puoi dirlo a lei… e concluse compiaciuto per la sua sapienza – Uomini e donne sono fondamentalmente uguali anche se funzionano in modo diverso…”
“Comincia a trattarla come una donna, Shanks! - fumò definitivamente Ben – anche perché lo è!”

“Credo che dovremo arrivare al villaggio di Zantec… è vicino e non ci mettiamo niente a raggiungerlo: qui gli artigiani sono tutti impegnati con le commesse della marina e degli armatori per tutte le navi danneggiate dall’uragano… avrebbero tempo per i pirati solo se minacciassimo di saccheggiare la città…” – li informò il capitano a pranzo nell’osteria del porto, di ritorno dalle strade di Caclas.
“Oggi pomeriggio andrò al villaggio e troverò qualcuno: voi finite di sgombrare tutti i detriti e preparate la nave per la riparazione…” – e tutti si allontanarono per il sonnellino del pomeriggio e poi riprendere il lavoro, lasciando l’osteria vuota e silenziosa.

Gli unici rumori che si sentivano erano il cucchiaio di Shanks che giocava con il piatto visto che non aveva granché fame, le cicale di un caldissimo pomeriggio estivo che davano concerti all’aperto e l’affaccendarsi della cameriera che la sera prima gli aveva messo le mani nei pantaloni.
“Ciao Rosso… posso sedermi?” – chiese, accennando al posto accanto a lui al tavolo dell’osteria: non l’avrebbe più lasciato solo con quella…
“Sì…” – rimase con il cucchiaio in mano a guardarla mentre si sedeva accanto a lui e ripensava a quelle parole che l’avevano avvertito di comportarsi bene altrimenti rischiava di non interessarla più:
“Che tipa… – pensava, guardandola – è dolcissima, ma… mi ha rimesso a posto con due parole…” – provava una profonda ammirazione per lei e un amore sconfinato.
“Non hai fame?” – gli chiese, accennando al piatto ancora pieno.
“Non molta… fa caldo.”
“Già… anch’io non ho mangiato niente… e poi – sbadigliò - ho tanto sonno! Stanotte non ho dormito…”
Era girata verso di lui e gli sfiorava la gamba del pantalone con il ginocchio, godendosi quel contatto sotto il tavolo che le metteva una piacevole tensione nel cuore: la sua gamba nuda avvertiva il calore del corpo di lui attraverso la rudezza del cotone del pantalone, indurito dalla salsedine e dal vento.
A lui, poi, il cucchiaio tremava in mano e cercava di non mostrare l’agitazione per quel contatto: non poteva sentirlo da sotto il pantalone, ma sapeva che le sue gambe erano lisce e calde e si stava sentendo male…
Lei, che non si accontentava più del ginocchio, chinò la testa in avanti e la posò sul braccio di lui, appoggiato sul tavolo: quello strano cuscino fatto di una manica di camicia arrotolata e un braccio muscoloso e caldo le risultò subito comodo per un grandioso pisolino.
Chiuse gli occhi persa in quel contatto e nell’odore del suo Rosso che la guardava incantato e spiazzato di fronte alla perfezione dei suoi lineamenti e della sistemazione che quei morbidissimi capelli avevano trovato sul volto della mocciosa più dolce del mondo…
Restarono in quella posizione a lungo, fino a quando lei prese sonno davvero, le scivolò la testa verso lo spigolo del tavolo e non se la spaccò giusto grazie ai riflessi del suo Rosso.
“Mi sono addormentata davvero?” – gli chiese, rialzando la testa con un occhio aperto e la voce impastata.
“Te l’ho detto che non devi fare le ore piccole, mocciosa! Alla tua età si deve dormire…” – disse sorridendo e le accarezzò la testa come ai bambini, mandandola in bestia.
“Non sono una mocciosa! Smettila di trattarmi da bambina… ho diciotto anni!” – e lo guardò eccitata: gli avrebbe fatto un servizietto da urlo sotto quella dannata camicia sempre aperta e lui la trattava da poppante! E le venivano i nervi nel ripensare a come lo aveva toccato quella scrofetta dietro il bancone che ora faceva finta di niente e che invece lei avrebbe volentieri ucciso!
Si alzò di scatto delusa e amareggiata e si allontanò verso l’uscita dell’osteria.
“Ma forse… - le venne da pensare mentre se ne andava – non devo arrabbiarmi… forse se comincio a fare finta che non mi interessa che mi chiami mocciosa, la smetterà…” – e tornò sui suoi passi, lentamente e molto silenziosamente.
Lui l’aveva vista andar via e non aveva tentato di fermarla: meno contatti avevano e meglio era…
“Forse dovrei smetterla per davvero di trattarla da bambina… ma se lo faccio, ci finisco a letto e non devo…” – ma il suo pensiero fu interrotto da due mani che si infilarono nella camicia e iniziarono a massaggiargli il collo e le spalle.
Aveva la pelle calda e lei seguiva con le dita le pieghe e le curve delle immense spalle di lui, godendosi anche quel punzecchiare della barba del suo collo e finendo per perdersi nei ciuffetti scarlatti sulla nuca:
“Oh… che velocità!! Ti è già passata! – ridacchiò e aggiunse - Cominciamo a prenderci delle libertà?” – era preoccupato perché lo mangiavano i brividi per quelle dita che lo studiavano e cercava di trattenere i sospiri di piacere.
“No… è solo che ci tengo alla salute del mio capitano e gli sto preparando i muscoli al duro lavoro della terra!” – ridacchiò vicino al suo orecchio, continuando a massaggiarlo e perdendo il viso in quei suoi capelli morbidi.
Lui rise per mascherare i gemiti che cominciavano a farsi strada per via di quelle carezze che si facevano sempre più intense e audaci:
“Me l’hai già trovato tu il lavoro? Anche se ho una mia esperienza in materia agricola e me la cavo discretamente, non ho alcuna intenzione di mettermi a zappare per vincere la scommessa!”
“E come farai?” – gli chiese quasi sulla guancia, tutta felice perché sentiva che il suo tocco gli piaceva; cominciava a sentire il sangue in ebollizione con la fortissima tentazione di strofinare le labbra sulla sua barba, ma cercava, comunque, di dominarsi per non farsi sfottere…
“Hai detto che non ti interessa come… - ridacchiò per farle tornare in mente il dubbio che se la facesse con altre donne a pagamento – ma stai tranquilla che troverò i soldi: le vie di Shanks sono infinite!” – e rise, gelando l’approccio di lei, triste e di nuovo in preda al dubbio.
“Dì un po’…. tu che farai oggi pomeriggio? Andrai per mutande?” – e le rise in faccia.
“Idiota…” – lo pizzicò sulle spalle e sui trapezi, piano per non fargli male davvero mentre lui rideva innamorato e felice.
Lei rimase un po’ in silenzio ad osservare i lineamenti di lui, la sua guancia barbuta, il naso e il modo in cui gli ricadevano i capelli: con il cuore bloccato dall’amore pensava di non aver mai visto niente di così bello.
“Shanks… - cedette alla tentazione e scivolò con le braccia verso il basso, avvinghiandolo al collo da dietro e schiacciando la guancia contro quella di lui – mangia qualcosa… Non credi di essere troppo magro?”
Emozionatissimo, ricambiò quella stretta, tenendola per le braccia che gli passavano sotto il mento.
“Dici? – si stupì – ma non ho molta fame, ultimamente… – pensava troppo a lei – e poi faccio i miei buoni settantacinque chili… – e rise – come te!”
E lei gli stritolò il collo:
“Che deficiente! Io non faccio settantacinque chili!! – gli urlò nell’orecchio, assordandolo. – E comunque tu ne fai di meno di settanta…” – aggiunse a titolo informativo.
“Ma se mi sono pesato… – e ricordò che l’ultima volta era stata tre mesi prima quando Lucas pesò lui e gli altri per la visita annuale a cui li costringeva per tenerli in buona salute – sono passati tre mesi… - ammise.
“Non devi essere scheletrico… Sennò la spada pesa più di te… sei meno forte… - lo strinse di più – e corri più rischi…”
“Il fatto è che – iniziò lui serio – sul Vento dell’Est si soffre di più la fame rispetto agli altri galeoni.”
“Perché?” – lei, terrorizzata, pensava a qualche malattia o qualche problema della nave.
“Perché ci siete tu e Lucky… Noi altri si deve fare la dieta sennò come si fa?”
“Ma come devo fare con te? – gli chiese quasi rassegnata mentre lui rideva come un matto. – Perché sei così idiota? Ti diverte così tanto prendermi in giro?”
“Non puoi neanche immaginarlo…” – le confessò innamoratissimo.
“Vabbè…” – sospirò, stringendolo appassionatamente.
“Ah… finalmente ti sei rassegnata!”
“Che devo fare? Tanto non la smetterai mai!” – e premette il viso contro il suo collo e la sua guancia.
“Oh! Brava!” – era soddisfatto ed emozionato.
Per tutta risposta lei gli baciò la guancia.
Lui, tutto contento, cercò di conservare ancora un po’ di dignità…
“Mi devi spiegare come mai hai ceduto così subito… non è da te!”
“Perché sei grande… - e gli prese la guancia tra le labbra – sei riuscito ad imboccare il porto con un uragano violentissimo senza riportare grossi danni…” – e strofinava il viso contro il suo in preda alla passione che cresceva inesorabile.
Poi, all’improvviso, rise tra i suoi capelli, ubriaca di lui:
“Non deve essere facile comandare una nave così grande… - gli disse con la bocca e con le mani che non smettevano di toccarlo – chissà quante schifezze hai visto in questi vent’anni, quanti idioti hai incontrato… - e lui si sentiva liquefare le ossa da quelle parole che gli accarezzavano il cuore - per Rufy sei un mito… – tremavano tutt’e due. - Riesci ad essere te stesso in ogni situazione, ridi e scherzi sempre, non ti arrabbi mai e non perdi la pazienza, sei un pirata fuori dal comune… - erano emozionatissimi e lei gli parlava sulla guancia, facendogli sentire anche i denti – e sei forte: i tuoi uomini vivono per te, contano su di te e tu ci sei sempre, sai sempre cosa dire, che fare… Sei l’anima del Vento dell’Est… Tu sei il Vento dell’Est.”
E concluse tremando e cercando di dominarsi.
“…Io ti… – e creò parecchia suspense nel cuore di lui che sentì tremare le ossa – io ti ammiro tantissimo – mentre lui ricominciava a respirare – ti ammiro anche se sei idiota, mi sfotti e mi tratti da mocciosa… capisco che con qualcuno te la devi pure prendere… ti devi sfogare… - lo baciò a lungo sulla guancia – sono contenta… - gli disse tremando – di essere la tua valvola di sfogo…” – e strofinava la bocca sulla sua pelle, stringendolo fortissimo con le mani infilate sotto la sua camicia.
Rimasero un bel po’ in silenzio stretti stretti.
“Dì la verità piccola… Hai voglia di coccole oggi?” – sorrise, strofinando la guancia contro la sua con un grosso nodo in gola per la forte emozione.
E lei, stringendosi di più:
“Un po’… - era emozionatissima: forse quell’idiota faceva il serio una volta tanto… – non vuoi?” – pregava e scongiurava che rispondesse di sì.
“Solo… – deglutì, cercando di dominare l’affanno – che è strano che le cerchi da un pirata…”
“No… non è strano… – e ricominciò a baciarlo pianissimo e ripetutamente sulla guancia e sul collo, tornando a godersi quella sua meravigliosa barba e la sua pelle calda e profumata… – tu sei un pirata speciale…”
Lui stava collassando… la stanchezza per l’uragano, la tensione, l’eccitazione e la sua coscienza che gli vietava di prendersi le sue carezze e i suoi baci lo distruggevano e il cuore gli faceva male nel sentirla attaccata a se.
“Non devo lasciarmi andare…” – ma era più là che qua sentendola tremare e rabbrividire contro di lui. Avrebbe voluto reagire, ma non sapeva proprio che fare: la sua volontà era completamente annientata dai baci caldi e asciutti di quella ragazza, dai suoi fremiti, dalle sue dolcissime carezze, dalle sue mani che lo studiavano:
“Però sei orgoglioso, maschilista e sempre idiota…”
“Non è vero…” – aveva il cuore in subbuglio nel sentire le vibrazioni di lei.
“Sì che è vero… – e riprese, ridendo felicissima perché lui si lasciava toccare e baciare - ma sei anche altruista e… – doveva dirglielo… doveva dirglielo che era una miscela esplosiva e le faceva scoppiare il cuore solo con lo sguardo, che l’aveva fatta innamorare come una pazza e che non l’avrebbe lasciato mai più… – e sei tanto dolce e sensibile…”
Temeva di lasciarsi andare di più perché l’avrebbe sfottuta per un anno intero, ma aveva letteralmente perso la testa e ora, abbracciata a lui, non riusciva più a controllare i suoi pensieri e le palpitazioni del suo cuore innamorato – è bello stare con te… sei caldo… …e i tuoi capelli sono così morbidi… profumano…” – oramai non ragionava più, vittima della passione.
Lui non avrebbe potuto essere più felice di così: rischiava il collasso per quella meravigliosa ragazza origine e causa di tutti i suoi dolori e dei suoi piaceri, dolcissima e bellissima che gli si strofinava contro e lo stringeva forte…
“Il mondo è ai miei piedi…” – pensava con un sorriso larghissimo mentre si prendeva i baci, le carezze e i brandelli di dichiarazione d’amore della sua mocciosa.
Ma doveva reagire, assolutamente:
“Hai ragione… mocciosa… - le accarezzava la guancia libera – sono d’accordo con te quasi al cento per cento… – e rideva per scaricare l’emozione – tranne che per idiota, orgoglioso e maschilista, mi sento di sottoscrivere pienamente tutto quello che hai detto…”
Ma lei non parlava più, teneva il viso e la bocca schiacciati contro la sua guancia e lo stringeva forte: non riusciva a vedere niente oltre lui, non voleva niente altro e l’abbracciava da soffocarlo per paura di perderlo.
Non si era mai sentita così: si era sempre bastata da sola, aveva viaggiato e derubato, rischiato e riso, pianto e amato.
Ma niente… niente era paragonabile a Shanks e a tutto quello che le suscitava: era lui il vero uragano, una meravigliosa forza della natura, l’uomo della sua vita…
E non se ne sarebbe mai allontanata. Mai.

Era un po’ preoccupato: lei non reagiva e respirava a malapena.
E le chiese per riprendere un minimo di dialogo:
“Senti… Davvero ti dà fastidio se ti chiamo mocciosa?”
“Certe volte… Quando capisco che non stai scherzando e lo pensi davvero…”
“Ehi… - e girò la bocca sulla sua guancia, facendole scoppiare il cuore – io non lo penso davvero… mai! – le sorrise e, non riuscendo a resistere, le mordicchiò quella guancia morbida e fresca – Lo so benissimo che non sei una mocciosa…” – e smorzò la voce inondandola di baci.
Presero fuoco all’istante.
“Shanks…”
Lei si sentì morire di desiderio e tremò talmente forte da far tremare anche lui che, con uno sforzo sovrumano, si distaccò lentamente dal suo viso e la guardò fisso; lei teneva lo sguardo basso per non mostrargli l’anima:
“Ti va un gelato?” – ci voleva qualcosa di veramente fresco…
“Sì…” – mormorò, accennando con la testa.
“Allora andiamo… - si alzò – ho visto una bellissima gelateria stamattina…” – e si avviarono mano nella mano.
   
 
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