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Autore: Eevaa    29/09/2021    5 recensioni
«E sai cosa? Non vedo l'ora di visitare Roma, Venezia e Firenze» trillò lei, con aria sognante.
«Non eri già stata a Roma con la tua famiglia, da piccola?»
«La Roma Babbana» specificò Hermione, con una certa ovvietà. «Non hai idea della Comunità Magica del Vaticano. Affascinante, dai tempi degli antichi romani fino al romanticismo. Ma prima vorrei fare un salto a Recanati a visitare la casa di Leopardi. Tu lo sapevi che era un Magonò? Harry!?»
Ma Harry non la stava più ascoltando dallo sproloquio sul Vaticano, troppo distratto da una figura conosciuta a pochi metri di distanza.

• Quando Harry aveva ricevuto l'invito ufficiale al banchetto di inaugurazione del nuovo impianto collaborativo tra il ministero italiano e quello britannico, non ne era rimasto affatto stupito. Non avrebbe potuto affatto immaginare che, proprio lì, avrebbe assistito all'apparizione di un fantasma di una persona praticamente morta dodici anni prima. •
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Vari personaggi | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Agrifoglio e Biancospino - La Serie'
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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.



- AGRIFOGLIO e BIANCOSPINO -


Capitolo 5
La falena


Corse per tutto il viale dei Fori Imperiali nel tentativo di rincorrere la falena. Non avrebbe potuto compiere incantesimi, non nel bel mezzo di una folla di turisti Babbani. Si limitò a correre, correre e correre fino a che non la vide sparire tra i rami alti di un pino marittimo.
Harry, con il fiatone, imprecò rivolto ai quattro fondatori e supplicò divinità Babbane a caso di farlo smettere di fumare, o presto non sarebbe riuscito più a inseguire nemmeno una tartaruga.
Fece una sorsata d'acqua da una fontana lì accanto e si sciacquò il volto, comunque guardingo. Qualcuno lo stava spiando. Aveva ragione di credere che qualcuno lo stesse anche seguendo e non avrebbe dovuto allontanarsi troppo da luoghi protetti quindi, veloce com'era arrivato, corse di nuovo lungo tutto il viale a ritroso per ritornare all'ingresso del Ministero.
Indeciso se fumarsi un'altra sigaretta o gettare il pacchetto nel cestino, si squadrò intorno e rizzò le orecchie a ogni battito d'ali di farfalla o moscerino. Quando si rese conto di essere diventato troppo paranoico si addentrò al Ministero e decise che per prima cosa avrebbe fatto quello che stava rimandando oramai da ore. Avrebbe pensato più tardi a tutto il resto.

Sudato e con il respiro affannoso corse fino al Dipartimento Auror, poi si addentrò nel cunicolo che conduceva alle celle.
«Malfoy».
Draco, sdraiato ancora sulla panca, non diede alcun cenno di vita.
«Malfoy, rispondi!» urlò.
«Levati dalle palle».
Se non altro non era morto.
«Malfoy... non sei stato tu. Non penso sia stato tu» soffiò, esasperato.
La carcassa di Draco si tolse il braccio dal volto e, molto lentamente, si alzò a sedere sulla panca.
I suoi occhi grigi erano contornati da occhiaie bluastre e, a gran sorpresa di Harry, finalmente i capelli erano spettinati.
«Buongiorno, Potter. Vuoi dirmi qualcosa che non so, adesso?» sibilò, cinico. Sembrava stanco oltre l'inverosimile, oltre che frustrato. Nonostante tutto la sua bellezza non era stata scalfita da tutta quella merda che gli stavano scaraventando addosso.
Harry si staccò dalle sbarre della cella e iniziò a spiare negli angoli, a percorrere il perimetro, il pavimento, a studiare le candele alle pareti, i muri in penombra.
«Sto tentando di scoprire qualcosa» disse quindi.
Draco si alzò dalla panchina e incrociò le braccia al petto. «Perché ti guardi intorno come un pazzo maniaco?»
«Vieni» sussurrò Harry, invitandolo ad avvicinarsi.
Draco mosse passi riluttanti fino a trovarsi proprio davanti a lui. Annusò l'aria e storse il naso. «E perché puzzi come un vecchio tabagista?»
«Shhht, avvicinati» lo ammonì Harry e, afferrandolo per il colletto della camicia, lo tirò fin contro le sbarre e ignorò le sue proteste. «Se vedi una falena... stai attento a ciò che dici» gli sussurrò all'orecchio. Quel bastardo profumava ancora, nonostante tutto.
Draco sembrò rabbrividire, poi storse il capo per fissarlo dritto negli occhi con espressione confusa. Aveva una macchia azzurra in uno dei due occhi grigi. E sul naso aveva cinque piccole lentiggini. Harry lo conosceva da così tanti anni e non se ne era mai accorto. Forse perché non l'aveva mai guardato da così tanto vicino, nonostante ci fossero sbarre arrugginite a separarli.

«Ti sei fumato anche il cervello?» domandò infine Malfoy.
«Sono serio. Stai attento alle falene».
Draco arricciò le labbra in un sorriso sprezzante. «Di falene ne vedo a bizzeffe da una settimana. Dev'esserci qualche crisalide di merda vicino al mio negozio».
Harry sussultò. Dannazione, allora era proprio vero che qualcuno lo stava spiando! E aveva anche spiato Malfoy per ottenere informazioni su di lui.
Ecco perché la bacchetta di Biancospino! Quel maledetto assassino aveva assistito alla loro conversazione al negozio, aveva utilizzato proprio quella bacchetta per far sì che Harry sospettasse di Draco.
Avrebbe dovuto avvisare tutti di quella storia delle falene, e al più presto. Prima tutti gli Auror italiani, poi Ron e Hermione.
Harry si soffermò ancora per qualche istante sul volto di Draco prima di realizzare che i suoi propositi andavano realizzati quanto prima. Subito. Senza alcun tempo da perdere a osservare graziose lentiggini.
«Se ci sono falene, non dire nulla su di me. Ok?» mormorò, a un palmo di distanza da lui. «Non sono mai stato qui».
Malfoy ghignò e arricciò il naso, divertito. «Hah... quello pazzo sei tu, e quello rinchiuso qua dentro sono io».
Harry ghignò di rimando e si allontanò a passi svelti. E dire che fino a una manciata di ore prima aveva fatto congetture sulla possibile follia, ossessione o addirittura disturbo bipolare di Malfoy.
Invece, con tutta probabilità, c'era qualcuno di molto pericoloso ancora a piede libero che stava cercando di fargli lo scalpo.

Ma, prima di lasciare le segrete, Harry si ricordò della conversazione con Narcissa.
«Ah... Malfoy» lo chiamò.
«Che altro c'è?»
Harry lo guardò e si fermò qualche secondo per trovare le parole giuste. Non ci sarebbero stati mezzi termini, né modo corretto per dirlo. Ma avrebbe dovuto farlo, perché forse era l'unico modo per alleviare le sue sofferenze.
«Non sei come tuo padre».
La bocca di Draco si aprì leggermente di stupore. Poi, impercettibile, si piegò in una curva di vera gratitudine. Sollievo.




Era passata un'altra notte, e di falene non ne aveva più viste. O meglio: di falene compromettenti. Harry ne aveva spiaccicate alcune contro il muro in preda a un attacco di paranoia, fino a quando si era reso conto che fossero niente più che povere farfalline senza intenti malefici.
Aveva allertato Verbena e gli altri Auror eppure, nonostante ciò, non si erano sentiti abbastanza sicuri di liberare Malfoy prima della somministrazione del Veritaserum. Oramai era indubbio: l'avrebbero lasciato andare in anticipo solo con prove schiaccianti a sfavore di qualcun altro.
E, dopo una nottata insonne, Harry ne era uscito con in mano solo un pugno di mosche. E un mucchietto di altri insetti sul pavimento della sua stanza nell'area universitaria dell'ospedale.
Aveva rifiutato categoricamente di alloggiare in albergo a cinque stelle presidiato dagli Auror, solo per stare più vicino a Ron e Hermione. E per non sentirsi troppo in colpa a dormire tra soffici cuscini pregiati mentre Malfoy se ne stava sdraiato su un pezzo di marmo in una cella pulciosa.
Da quando aveva avuto la quasi totale certezza che fosse innocente, la priorità di Harry era diventata tirarlo fuori di lì. Ancora prima di scoprire chi e perché avesse tentato di ucciderlo in un attentato.
Una vera fortuna - per la sua incolumità e il suo scarso istinto di sopravvivenza alla Grifondoro - che le ricerche coincidessero e avrebbero portato allo stesso risultato. Due piccioni con una fava.
Così, con la triste consapevolezza che in quei giorni ci sarebbe stato un genocidio di povere e innocenti falene, aveva spiegato a Ron e Hermione i suoi dubbi e perplessità. Sempre alla faccia del segreto professionale degli Auror.

Ma, come spesso era accaduto anche in passato, la conversazione con i suoi migliori amici si rivelò ben più proficua di un briefing con personale qualificato.
«Dice solo: nell'immediato dopoguerra sono stati molti i seguaci del Signore Oscuro a migrare in Italia, dove sapevano ci fosse una giurisdizione segreta riguardo alla magia. Alcuni sono stati catturati mentre altri, aiutati dalle associazioni mafiose Babbane, sono riusciti a nascondersi sulle isole o in paesini sperduti della penisola». Hermione lesse ad alta voce quel trafiletto preso da un libro risalente a una decina di anni prima, poi lo appoggiò alla pila degli altri tomi che aveva fatto recuperare a Ron e Harry nella biblioteca universitaria. Nemmeno nelle sue condizioni aveva rinunciato ad appropriarsi di cultura scritta. Anche perché, per fortuna, le condizioni del bambino continuavano a essere stabili e, se tutto fosse andato per il meglio, da lì a un paio di giorni l'avrebbero dimessa.
«Beh, mi sembra più che sufficiente per capire che questo posto pulluli di brutti ceffi. Non mi risulta difficile credere che qualcuno voglia farmi fuori» constatò Harry, calmo. Era una vita che qualcuno cercava di farlo fuori, non era una novità.
Ron si lasciò cadere sulla poltroncina di fianco al letto, affranto. «Il fatto è che se veramente i maghi oscuri si sono alleati con i mafiosi o i camorristi Babbani, allora siamo in difficoltà: non si tratterebbe di scovare un pazzo assassino, ma un'intera associazione composta da chissà quanta gente».
Harry corrucciò lo sguardo. In effetti quello sarebbe stato un grosso problema. Ma davvero, se l'obiettivo di qualche associazione magico-mafiosa era farlo fuori, avrebbero aspettato il quinto giorno di viaggio in Italia? Ma, soprattutto...
«Se così fosse non trovate un po' strano che abbiano puntato a pararsi le chiappe facendo sbattere in cella Malfoy?»
Ron lo guardò e, dopo qualche secondo di riflessione, fece spallucce. «Mh... effettivamente».
«Già, se si trattasse davvero di un associazione non si sarebbero fatti troppe remore. L'avrebbero fatto passare come un regolamento di conti, o addirittura avrebbero rivendicato l'attentato» disse Hermione.
«Vero. Quindi dobbiamo dedurre che si tratti solo di una persona o due» ponderò Ron. «O al massimo un piccolo gruppo».

Il macinare dei loro pensieri era scandito dai carrelli del pranzo trasportati dai Guaritori, nei corridoi.
«Hai avuto la sensazione che qualcuno ti seguisse, da quando siamo arrivati in Italia?» domandò Hermione, dopo un lungo momento di riflessione.
«Te l'ho detto: non ho avuto alcun sospetto fino all'attentato» ribadì Harry. «A parte che ho iniziato a vedere falene in posti strani».
Hermione si strinse nelle spalle, dal suo volto era chiaro che volesse dire qualcosa del quale avrebbe potuto pentirsene. E, infatti... «Tu sei assolutamente certo di tutta questa storia delle falene? Non è che... è una tua sensazione e basta?»
«Sì, come lo erano le voci che sentivo nei corridoi al secondo anno» sbottò Harry. Hermione e Ron arrossirono a mo' di scusa. Come dimenticare tutta la storia del Basilisco, per la quale era stato abbondantemente preso per pazzo. «E poi anche Malfoy dice di vederle da un bel po', queste falene» aggiunse infine, per non rigirare troppo il coltello su piaghe oramai rimarginate.
«Anche lui?!»
Harry annuì, svogliato. «Sì, da qualche giorno, mi pare abbia detto. Una settimana... aspetta un attimo...» si interruppe e corrugò le sopracciglia.
Draco aveva detto “forse c'è qualche crisalide di merda vicino al mio negozio”.
Dopo parecchi secondi di silenzio, Hermione lo richiamò. «Harry?»

«Porca puttana!» sbottò, poi si alzò dalla sedia e iniziò a percorrere avanti e indietro una linea retta nella stanza. Gli ingranaggi della sua mente avevano ripreso a funzionare.
«Ehm, non sto capendo» disse Ron, confuso.
«Io vedo falene sospette da dopo l'attentato, lui da prima... secondo i miei calcoli, anche prima del nostro incontro al negozio! E se...» mormorò Harry. Ma certo! Era tutto così chiaro!
Tanto chiaro che Hermione sembrò capire il suo ragionamento. «Oh, Morgana...»
E tanto chiaro che Ron non lo capì affatto. «Non sto capendo, di nuovo».
«E se stessimo cercando la causa sbagliata? Stiamo indagando nel verso contrario!» spiegò Harry, tanto euforico per l'intuizione che, se si fosse trovato in qualche strano mondo di cartoni animati, gli si sarebbe accesa una lampadina sopra la testa.
«Santo Merlino! Forse non era Malfoy il capro espiatorio. Tu eri il capro espiatorio!» continuò Hermione, indicandolo.
«Continuo a non capire».
Harry si avvicinò a Ron a passi svelti, con occhi sgranati e la sensazione di essere fin troppo vicino alla risoluzione del caso. «Quell'attentato non era volto a uccidermi, ma era volto a incastrare Malfoy!» spiegò, gesticolando. «Ecco perché sembra tutto una messinscena: ero praticamente scoperto. Il tizio nelle catacombe avrebbe potuto uccidermi tranquillamente, ma mi ha mancato. Se avesse davvero voluto prendermi mi avrebbe centrato in pieno! Non sono io la vittima dell'attentato: è Malfoy!»
Ron alzò un sopracciglio, interdetto. «Ma allora perché non uccidere direttamente Malfoy?»
Già. Perché non uccidere Malfoy? Quella era una domanda alla quale non aveva ponderato ma, a pensarci bene, era stato Draco stesso a fornirgli una risposta già in anticipo.
«Perché... l'assassino non è un assassino vero. Probabilmente voleva solo che Malfoy finisse in cella, non che morisse. È da giorni che Draco me lo dice: ha lottato per anni per redimersi, per trovare un posto nella società. Probabilmente qualcuno pensa che il suo posto invece sia in prigione... come suo padre».

Era triste anche solo pensarlo. Draco non era come Lucius, erano tanti anni che Harry l'aveva capito. Lo aveva capito da quella notte sulla torre di Astronomia, la notte della morte di Silente. Lucius avrebbe ucciso Silente, Draco no. Non ce l'aveva fatta, non era un assassino. E infatti poi si era redento in tutti i modi a lui possibili.
Harry strinse i pugni. Era terribilmente ingiusto che il suo passato pesasse ancora così tanto.
«Miseriaccia, hanno trovato il pretesto perfetto per buttarlo in gattabuia: chi è che in Italia potrebbe volerti morto più di Malfoy, secondo la stampa!? Hanno utilizzato la vostra rivalità per sbatterlo dentro. Non avrei pensato di poterlo dire ma: poveraccio» esclamò Ron, e non aveva affatto torto.
La stampa italiana non ci aveva pensato due volte ad additarlo subito come colpevole, quella inglese altrettanto. Sembrava quasi che fosse stato un vero pretesto per rinchiuderlo.
Harry sussultò, ma Hermione fu più veloce.
«Un momento... non trovi parecchio strano che Verbena l'abbia portato in cella direttamente, senza fare domande?» domandò lei, e lo stomaco di Harry iniziò ad auto-fagocitarsi. «E lo stanno tenendo dentro con insistenza, senza che ci siano delle prove vere. So che in America una persona è colpevole fino a prova contraria, ma in Italia non è così, non nel mondo Babbano, almeno!»
«Oh... Merlino» soffiò Harry. In pochi secondi ripercorse gli avvenimenti dei giorni precedenti. L'arresto, il fermo... «La prima domanda che gli hanno fatto è stata sulla nostra rivalità» mormorò. Ripensò alla modalità dell'attentato, ai filmati delle telecamere con gli angoli ciechi, la burocrazia infinita per la richiesta di Veritaserum. E se non fosse stato tutto un caso?
E se Malfoy fosse considerato un personaggio scomodo, in Italia? L'opinione pubblica degli italiani come aveva preso il fatto che un ex Mangiamorte fosse a capo della più prestigiosa catena di bacchette d'Europa? E se il governo fosse stato il primo a volerlo in prigione, a causa del suo passato? Tanti se, tanti ma.

Sembrava quasi una congettura ai danni di Malfoy. Non era la prima volta, nel Mondo Magico, che il governo volesse personaggi scomodi fuori dai giochi.
«Harry, devi tirarlo fuori prima che lo portino nella prigione di Matera. Un luogo orribile, secondo solo ad Azkaban!» sbottò Hermione, preoccupata.
Harry si alzò violentemente dalla sedia, facendola cadere all'indietro. «Lo farò» disse solo, poi si mise a correre.
Lo avrebbe portato via di lì, a costo di dover far crollare il prezioso castello di carte dei nuovi Accordi Internazionali.




C'era fermento quel mattino al Ministero italiano, ma Harry non ebbe alcuna voglia né intenzione di capire quale fosse il problema. Non prima di aver tirato fuori le belle chiappe di Draco Malfoy da quel cesso di posto. E di aver riflettuto sul perché diavolo in una situazione tanto catartica stesse continuando a pensare quel culo aristocratico.
Corse guardingo verso le segrete, di nuovo, fino ad arrivare a schiantarsi contro la cella con violenza.
Malfoy, rannicchiato contro al muro, alzò la testa. Anche quella notte non doveva aver dormito, a giudicare dalle occhiaie.
«Ancora qui a girovagare senza meta, Potter?» disse flebilmente.
«A breve ti tiro fuori di qui... ok?» promise Harry, con le mani aggrappate saldamente alle sbarre. Se avesse potuto farlo senza rischiare di diventare un ricercato internazionale, lo avrebbe fatto evadere in quello stesso momento.
Draco si alzò lentamente, barcollando. Sulla panchina c'era il vassoio del suo misero pranzo. Un sandwich al salame, una pera e un bicchiere d'acqua, tutto ancora intonso.
«Hah... sto iniziando a perdere le speranze che tu riesca a farlo» soffiò, arrendevole.
Harry lo guardò avvicinarsi con lentezza, quasi stesse per cadere. Aveva le labbra secche, era disidratato. Avrebbe potuto resistere altri giorni con lo sciopero della fame, ma senza bere...
«Fidati di me» disse, secco. Non avrebbe permesso che rimanesse lì dentro un giorno di più.
Draco arricciò il volto. «Come cazzo posso fidarmi di te?»
Harry lo prese per la camicia e lo trascinò più vicino.
«Una volta ti sei fidato di me. Quando mi hai lanciato la tua bacchetta ti sei fidato di me» gli disse, fermo. Aveva bisogno che gli credesse.

Malfoy arrossì al ricordo di una vita precedente, la fine di una Guerra. Si morse il labbro, lo guardò negli occhi e nel grigio Harry scorse tante domande.
Si perse qualche istante sulle lentiggini come se fossero costellazioni in cielo e, fino a quando Draco non parlò, sembrava che ci fosse stato un incantesimo.
«Potter...»
Harry mollò la stretta sulla camicia, ruppe la maledizione e si allontanò di qualche passo, con l'unico pensiero martellante in testa che l'affinità tra la bacchetta di agrifoglio e quella di biancospino, dopotutto, avesse un certo senso. Ci avrebbe pensato più tardi.
«La prossima volta che ci vedremo, non ci saranno sbarre. Promesso» concluse e, velocemente, si allontanò dalla cella.




Quando giunse a passi feroci al Dipartimento Auror, trovò tutti piuttosto indaffarati a maneggiare un vecchio computer Babbano.
«Auror Verbena» tuonò Harry, attirando l'attenzione di tutti su di sé. Beh, se non altro in quei dieci anni di professione aveva imparato a fare le entrate a effetto meglio di Shacklebolt.
Ambrosia rizzò le spalle e incrociò le braccia al petto, seria come di consueto.
«Potter. Deduco che lei abbia trovato indizi fondamentali, visto che ha deciso di scardinarmi la porta dell'ufficio» disse, senza nascondere un velo di irritazione.
Harry la raggiunse al centro della stanza con ampie falcate.
«Eccome» sibilò, fronteggiandola. Prima avrebbe provato con le buone. «Pretendo che venga disposta la conclusione del fermo di Draco Malfoy. Verrà portato in Inghilterra per essere giudicato».
Gli altri Auror, attorno a loro, si guardarono con espressioni interrogative. Ambrosia Verbena rimase invece impassibile, fredda come da personaggio.
«Temo di non poterlo fare» annunciò poi, atona.
Esattamente come Harry aveva previsto.
«E perché?» domandò lui, a braccia conserte.
Verbena lo squadrò con una punta di giudizio negli occhi poi, come se stesse cercando di spiegare le tabelline a un bambino di cinque anni, parlò.

«Perché semplicemente lo Statuto della Magia Italiana, dopo le copiose catture dei Mangiamorte del decennio scorso, ha subito una modifica importante per il quale chiunque possieda il Marchio Nero sul braccio è costretto a subire un trattamento differente in caso di sospetto crimine: è obbligatorio disporre il fermo immediato, e l'imputato rimane colpevole fino a prova contraria. E, ahimè, il signor Malfoy ha un Marchio Nero sul braccio».
Harry spalancò la bocca, allibito. Non che quella pratica non avesse avuto senso in passato, ma a dodici anni dalla Guerra era chiaro che Malfoy non fosse più sul banco degli imputati.
«Lui non è più un Mangiamorte! Nemmeno lo è mai stato veramente!» ringhiò Harry, paonazzo.
Verbena sospirò. «È una faccenda puramente burocratica, attuata secondo il decreto Cristalli n.4 comma 7 del 28 ottobre 1998 e-»
«FANCULO AL DECRETO CRISTALLI! MALFOY NON HA COMMESSO ALCUN REATO!» urlò Harry, sbattendo la mano contro una scrivania. Tutti sussultarono al rumore, tranne Verbena.
Lei rimase calma, impassibile, quasi come se la cosa non la tangesse minimamente.
«... condivido la sua opinione nei riguardi del caso Malfoy, Potter» disse infine. Harry alzò un sopracciglio. «Ed è per questo che, come le ho già spiegato, ci serve il modo di dichiararlo innocente quanto prima. E l'unico modo per farlo è catturare il vero colpevole, perché le scorte di Veritaserum sembrano inaccessibili e vorremmo davvero evitare che un innocente venga rinchiuso a Matera per un malinteso».

Harry non riusciva a capire. Era certo che gli Auror avessero fatto il doppio gioco, che fosse tutta una messinscena dell'apparato governativo, ma le parole di Verbena suggerivano il contrario. Ma se davvero lo volevano tirare fuori da lì, perché non stavano facendo niente perché accadesse?
«È davvero un malinteso?» domandò, confuso.
Verbena lanciò un'occhiata sfuggevole a uno dei cadetti ed egli, velocemente, ruotò il monitor del computer Babbano in direzione di Harry.
«A giudicare da questo video... sì» disse Ambrosia.
Harry si avvicinò di più al computer per visionare il filmato. Lo guardò tutto senza fiatare, ma un piccolo dettaglio catturò la sua attenzione. Sobbalzò.
Ne era certo: nel video c'era la falena.



Continua...

Riferimenti:
-Tutta la questione della legislatura Magica italiana sulle persone con il Marchio è un'invenzione. Non ci sono fonti a sufficienza per comprendere cosa sia successo nel resto d'Europa dopo la fine della Guerra, quindi mi sono sbizzarrita.
-Non esiste alcuna prigione di Matera nella saga. Tutto nella mia testa, perché mi sembrava improbabile che per tutti i delitti magici si venga mandati ad Azkaban.

ANGOLO AUTRICE:
Ehehe... insomma, non si capisce proprio niente.
Qualcuno di voi aveva già ipotizzato che il destinatario dell'attentato fosse in realtà Draco Malfoy (super bravonissimi!)... ma nessuno aveva sospettato del governo, né degli Auror stessi.
Ambrosia Verbena starà dicendo la verità? O è semplicemente sta trovando il modo per sfangarsi di dosso la responsabilità di una congettura ai danni dell'ex Mangiamorte? Tutto ci fa ipotizzare ciò ma... c'è un video. Cosa diavolo c'è nel video? Che razza di video è? E perché c'è ancora questa falena di merda, in giro?
C'è una sola cosa certa, qui: Malfoy è fottutamente innocente, povera stella. Harry, trova il colpevole (o i colpevoli) e tiralo fuori da lì! Penserai a guardargli le chiappe o le lentiggini più tardi, e che cazzo!
Che dire, gente... sapete che il prossimo sarà l'epilogo, vero? Ma sapete che ho in programma uno spin off, vero? XD
I dettagli tutti alla fine del prossimo capitolo, perché se parlo rischio di spoilerare cose.
Grazie di cuore a chi mi ha seguito fino a qui <3 continuate a formulare ipotesi e teorie, vi prego, mi diverte davvero tanto! Un abbraccio,
Eevaa



  
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