Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: JSGilmore    29/09/2021    3 recensioni
Melinda e Daniel sono due fratelli, nati e cresciuti a Mason Street, una via degradata di Brixton. A causa del lavoro a tempo pieno dei genitori hanno dovuto guardarsi le spalle a vicenda da quando sono piccoli e hanno stretto, da subito, un legame molto profondo. Tutto è sempre filato a meraviglia, fino al quattordicesimo compleanno di Melinda, in cui la ragazza scopre di provare un attaccamento morboso per suo fratello maggiore. Un attaccamento che presto si trasformerà in una dolcissima ossessione. Lei non avrebbe dovuto innamorarsi di lui, e lui non avrebbe dovuto amarla a sua volta, ma nonostante i tentativi di allontanarsi alla fine non potranno fare a meno che cedere... E le conseguenze del loro amore non tarderanno ad arrivare....
La storia racconta della vita di due persone, dall'adolescenza fino all'età adulta e di come un amore proibito è in grado di segnare indelebilmente intere esistenze. La storia racconta di un incesto tra fratello e sorella, quindi se siete sensibili al tema vi sconsiglio caldamente la lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Chapter 2: Festa di Compleanno



Era da una settimana che mia madre insisteva per infliggermi quella festa di compleanno, nonostante le circostanze fossero avverse, a causa di due principali fattori.

Primo, sebbene fossi stata obbligata a invitare tutti i miei compagni di classe, non sarebbe venuto nessuno eccetto le due migliori amiche e mio fratello Daniel, che aveva promesso che avrebbe “badato a me” per l’unica e commiserante ragione che condividevamo lo stesso tetto.

Secondo, non ero brava a fare conversazione, soprattutto quando mi ritrovavo al centro dell’attenzione: la socialità mi rendeva nervosa.

Eppure, mia madre si intestardì, sostenendo che i miei quattordici anni fossero una tappa importante e soprattutto critica: forse è per questo che sarebbe rimasta a lavoro per tutto il pomeriggio.

Quella mattina mi aveva lasciato un biglietto di auguri appeso al frigo con un magnete a forma di fetta di torta e le candeline sul tavolo in salotto, insieme a fischietti con il ricciolo che si distende al soffio.

Ma, malgrado tutto, le mie aspettative si erano realizzate perché avevo ricevuto il regalo che desideravo. Il documentario musicale dei Keane.

L’euforia che avevo provato scartando il DVD era durata per tutta la mattina ma puntualmente sparì quando mi guardai allo specchio. Ero scheletrica; avevo messo il push up ma non era servito; se fossi uscita con quelle calze a rete mi avrebbero scambiata per una baby-squillo; il rossetto rosso straripava dai contorni delle labbra; i fianchi erano ossuti e ripugnanti.

Avevo quattordici anni da quella mattina ma ne dimostravo a stento dodici. Scaraventai la spazzola piena di capelli rossicci nella cesta dei panni sporchi e lanciai un grido feroce. Uno di quelli arrabbiati, dolorosi, stanchi e supplicanti.

Daniel fece capolino nella mia stanza. «Mel!», i suoi occhi verdi erano più cupi del solito e la sua barba incolta non era stata rasata da un po’ di giorni, «Che ti prende?»

«Mi vedi?», gli domandai con uno sconforto che non lasciava spazio alle interpretazioni, «Vedi come sono ridotta?»

Daniel rise divertito. «Mamma e papà sono rientrati?»

«No», replicai spazientita, «Vuoi che gli mando un messaggio per sapere a che ora rientrano così puoi scopare con la tua amichetta?»

Nella stanza di mio fratello c’era Madison, una tipa che frequentava da poco più di una settimana e che si era già portato in camera, proprio come aveva fatto con le precedenti. Insomma, il fatto che mio fratello se la spassasse con sconosciute per me non era una ventata di novità.

Madison, però, era biondissima e aveva quel guizzo sulle labbra turgide che focalizzava gli sguardi dei maschietti; per non parlare delle gambe toniche: la rotondità del suo polpaccio culminava in una caviglia sottile e aggraziata.

Mio fratello mi guardò con un’espressione colma di dissenso. «Attenta a come parli di Madison»

Madison e io avevamo consacrato l’antipatia reciproca al primo sguardo; lei mi aveva rivolto una misera occhiata di sufficienza quando mio fratello ci aveva presentate, come per dire: Guarda cosa tocca fare per rimorchiare un bel figo.

Perché mio fratello era, sostanzialmente, un figo: aveva un fisico asciutto che curava regolarmente in palestra, aveva i capelli lisci castano chiaro con qualche riflesso tendente al biondo e le sopracciglia abbastanza folte da assicurargli l’aria del bel tenebroso. Persino le ombre scure che aveva sotto gli occhi, distintivo d’onore di tutte le serate passate a giocare a strip poker, bere e fumare sigarette nei pub con quell’idiota del suo amico Lennox, gli conferivano fascino. (Già, fascino: che parola antiquata).

Però io lo sapevo, che in realtà era tonto. Qualsiasi cosa avesse avuto da dire al riguardo Lennox, portarsi a letto tante ragazze non serve a nulla se poi non sai riconoscere in quale si cela la vipera.

«Comunque non mi importa niente di quello che fate», borbottai inalberando un’espressione di appassionato disgusto.

In realtà mentivo. Mi importava eccome: ero gelosa che mio fratello si fosse interessato a un’altra ragazza che non fossi io. Non che fosse la prima volta, ma con quella Madison sembrava che le cose fossero più serie: il modo in cui le parlava, con gli occhi fissi sulle sue labbra e sulle sue espressioni da mentecatta, facevano presagire una sorta di affiatamento che mi faceva venire la nausea.

Quello, poi, era il giorno del mio quattordicesimo compleanno e, anziché accentrare tutte le sue attenzioni su di me, aveva deciso di barricarsi in camera sua per trastullarsi con la gnocca compagna d’università.

Uno sfregio.

«Non fate casino tu e le altre» disse poi mio fratello con il solito tono minaccioso che quel giorno aveva deciso di usare contro di me, «io e Maddy dobbiamo studiare.»

Maddy.

Uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

Le ragazze che avevo invitato per festeggiare il mio compleanno, le mie migliori amiche, arrivarono con un’ora di ritardo; le patatine che avevo comprato le avevano quasi finite mio fratello e la sua smorfiosetta; avevo anche tirato fuori della pizza da scongelare di quelle già preparate nel caso ci fosse venuta fame ma sapevo che, tanto, Elizabeth e Giselle non mangiavano carboidrati dopo le cinque.

La sala era tutta per noi e collegai un lettore DVD e per mostrarlo alle mie amiche, inserii il documentario musicale. Indossammo quei ridicoli cappellini a cilindro che usano gli animatori alle tristi feste dei bambini e le mie amiche provarono i fischietti, con un po’ di disgusto.

Presi il telecomando e accesi al massimo volume, in modo che tutto il Regno Unito avesse potuto sentirci, avviai il documentario dei Keane e ci godemmo lo spettacolo per un’eternità di dieci minuti. Poi, furioso in volto come non lo avevo mai visto, mio fratello si scaraventò giù per le scale, attraversò imbestialito il salone e spense la televisione.

Lo guardai incredula e sbigottita. Anche lui mi guardava: un viscerale risentimento gli deturpava il volto.

«Che c’è?» lo incalzai dopo un po’.

«Cosa ti avevo detto sul rumore?», lo sguardo di Daniel dardeggiava rimproveri.

Incrociai le braccia e misi il broncio. Era il mio compleanno e Daniel se lo stava deliberatamente perdendo; avrei potuto mettermi a piangere per supplicarlo affinché lo festeggiasse insieme a me ma il mio orgoglio era oltremodo smisurato per permettermi di implorare qualcuno. Specialmente se questo qualcuno era mio fratello. Corsi verso la televisione e la riaccesi dal pulsante incorporato.

Daniel mi osservò allibito e puntò nuovamente il telecomando verso la tivù. L’aggeggio si spense immediatamente.

«Dico sul serio», fece Daniel senza abbassare il braccio, «o abbassi il volume di questa televisione del cazzo, oppure…»

«Oppure?» lo sollecitai con un sorrisetto trionfante: non aveva molto materiale per minacciarmi; al contrario suo, ero sempre stata una figlia modello.

Daniel era furioso. «Sei proprio una bisbetica del cavolo! Di là dobbiamo studiare, abbiamo un esame tra pochi giorni!»

«Un esame», ripetei con una vocina allusiva, «Sei proprio sicuro che avete un esame? Secondo me, invece, state solo scopando! Ma vuoi finirla, o no, di fare il maniaco con ogni ragazza che ti trovi?»

Daniel mi fissava con gli occhi ridotti a una fessura: non lo avevo mai visto in difficoltà come in quel momento. Le sue labbra furono attraversate da un fremito. Stava per dire qualcosa, ma ci ripensò. In un impeto di gloriosa rabbia si accucciò verso il mobiletto che sorreggeva la tele, staccò il lettore, si rialzò, lo abbracciò per qualche secondo, il tempo di caricare le gambe, e poi lo scaraventò a terra.

Rimasi a fissare l’aggeggio che giaceva rotto sul tappeto, cercando di trattenere le lacrime. Non potevo credere che avesse fatto una cosa del genere.

Ma non finì lì. Daniel estrasse il dischetto dei Keane e ruppe anche quello, con la sola forza bruta delle dita. Mi sentii morire. Il mio DVD, il primo grande desiderio che si era avverato proprio quella mattina… Non capivo la ragione di tutta quella meschinità nei miei confronti. Un’affermazione più volgare del solito non bastava a giustificare tutto quell’astio.

Erano settimane che Daniel faceva lo strano con me. Come se l’inizio della scuola non fosse stata una punizione sufficiente. Mi evitava, si chiudeva in camera, non mi faceva più il gioco del solletico. Da quando aveva conosciuto Maddy era diventato un’altra persona e questo, ai miei occhi, lo rendeva un ragazzo disgustosamente manipolabile e debole.

«Aspetta che stasera lo racconto a mamma e papà!», gridai in lacrime. Se lo avessero saputo, si sarebbero di sicuro adirati per il comportamento di Daniel.

«Sei proprio sicura di volergli raccontare del motivo per cui l’ho fatto?», disse aggrottando la fronte; il motivo per cui l’aveva fatto stava scendendo le scale come se avesse una scopa nel didietro. I pantaloni a vita bassa facevano intravedere un lucente piercing sull’ombelico che non riuscivo a smettere di fissare. Ai ragazzi come mio fratello bastava fargli dondolare davanti agli occhi qualcosa che brilla per fargli perdere la bussola, e dentro di me pensai che lei fosse proprio quello: qualcosa che brilla.

«Forse è meglio che io vada», sussurrò Madison sfiorando il golfino di mio fratello con le sue manine fatate.

Il mostriciattolo della gelosia urlò nella mia pancia. «Sì, è decisamente meglio se porti il tuo sedere fuori da casa mia!» urlai con un’acidità che catalizzò gli occhi di tutti presenti su di me.

Madison mi guardava imperterrita senza muovere le palpebre e sembrava più un cerbiatto curioso che una vipera senza scrupoli. Si stava di sicuro chiedendo se fossi pazza. Gli occhi di Daniel si svuotarono e, sconsolato, posò la sua grande mano sulla schiena di Madison, mormorandole: «Ti riaccompagno io a casa, non voglio che prendi i mezzi a quest’ora». Poi si rivolse a me, con una rabbia incontenibile. «Sei da trattamento psichiatrico obbligatorio, Melinda!»

«E tu sei un depravato erotomane!»

Erotomane: colui fissato esclusivamente con l’aspetto erotico dell’amore. Chissà come mi era venuta.

«Dai, non preoccuparti, è tutto a posto» sussurrò Madison per rabbonirlo, poi mi lanciò un’occhiata inespressiva. «Mel, buon compleanno comunque.»

«E tu che vuoi, civetta ficcanaso!?» gridai, con la gola secca e un sapore amaro in bocca, come se mi avessero spruzzato dello spray sulla lingua.

Daniel era scioccato, aveva scritto in fronte: Melinda è pazza, e prese Madison per mano. Rimasi a fissarli uscire dalla porta e avvertivo la compassione delle mie amiche mentre intingevo i rimasugli di patatine nella salsa barbecue.

Ero tentata di correre dietro a mio fratello per trascinarlo sul divano a forza ed obbligarlo a rimanere a casa, sennonché: 1) non avevo la forza sufficiente per trascinarlo di peso, 2) anche se l’avessi avuta non sarebbe servito a niente perché 3) era furioso con me, cosa che 4) mi faceva rimanere impalata come uno spaventapasseri al centro del salone. Quanto lo detestavo, mio fratello. E quanto ero gelosa di lui.

Note

Carissimi Lettori, se il capitolo vi è piaciuto vi invito a lasciare una recensione, ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite/seguite. Vi adoro!
Con tantissimo affetto,
JSGilmore.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: JSGilmore