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Autore: Cladzky    30/09/2021    1 recensioni
Zuairo è un poema epico in ottave ancora incompiuto che tentai di scrivere ma mai finii. Ciononostante alcuni spezzoni sparsi sono venuti abbastanza bene che mi dispiaceva mai mostrali. Ecco dunque alcuni frammenti di questo viaggio dal Libano alla Grecia del guerriero Saraceno e altri personaggi, originali o letterari.
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Dal mai finito canto sesto. Zuairo, disperato, finito di raccontare ai pastori la sua miseria, giunge sul monte Qasioun, da cui vede tutta la rovina di Damasco, rasa al suolo dagli Abbassidi, che trasferiscono la capitale a Bagdad. Cala la notte e si addormenta piangendo, di fronte alla bocca della caverna sacra. Lo risveglia l’apparizione dello spettro di suo padre, morto combattendo a Damasco, che lo incita a non autocommiserarsi e tenere alta la testa, perché gli predice che un compito, il cielo, sta per assegnargli, a simbolo di tutto il popolo eletto. Come Enea, anche Zuairo prova a riabbracciare lo spirito.
 

1
Per tre e tre volte, quell'ombra istrana
Cercai d'abbracciare e tre volte mi sfuma.
L'adocchio e la vedo definita, soprana
Ma quando la tocco fra le dita ho la spuma.
Una quarta tento e strascico in piana
Che lo sbalzo su alcuno corpo si consuma,
E mi slancio solo, sbucciando insu le pietre,
Ma più mi dole il core, per l'intagibil tetre.
 
2
-Cruccio non porta virtute e canoscenza-
Rimbrottò severa l’ombra mia paterna,
Alzando li bracci di sol dura parvenza.
-Se qui sto io è per gloria ch’etterna
Dio donò in abnegazion d’indolenza
E vol chi miei passi ti sian da lanterna
In tempi sì bui e poscia lo tuo ardire
Esser per tutti un’imago a seguire.-
 
Apparizione del profeta Maometto, che gli illustra i suoi predecessori in una lunga parata, uscente dalla bocca della caverna.
 
6
-In testa alla fila avanza l'Adamo
Che gran cicatrice ei porta al costato,
In una man regge lo disgraziato ramo
E nell'altra Eva, che stuzzicò il palato
Ma se per lor erro, tutti a morte samo
E l'omo conobbe ogni bene e peccato
Non tener cruccio a loro o il serpente,
Ma chi, senziente, erra fra la gente.
 
7
Eccoti poi, un fiero invero onesto
Abel lo pastore, il primo che f’occiso
Per man del fratello, Caino, quel lesto
Che eterno, nel sangue, ha le genti diviso.
Il corpo lo trovi alla moschea del sol mesto
Ma l'alme sua sta con me in paradiso.
Mai più avverrà alcuna dipartita
Nella prima famiglia, di grazia rivestita.
 
8
Ecco vien’ora Set il canoscente,
Che è il terzo seme della prima unione,
Così detto perché è il geloso reggente
D'un libro antico e senza traduzione
I figli di Giuda lo studiano incontinente
Cabala è detta, questa gran tradizione
Novecento e dodici'anni fu la sua vetusta
E fu progenitore di ogni cosa giusta.
 
9
Ecco, t'appare Enoch l'astronòmo
Da cui la civitade ebbe a imparare
Si ebbe da lui il mattone e il primo tomo
E spiegò fenomeni di terra, cielo e mare.
Trecentossessantacinque anni fu un uomo
E sempre accanto Dio ebbe a camminare
Ma poi niun lo vide, perché ei se lo prese
Chi dice ch’è morto, Oppur ch’al cielo ascese.
 
10
Ecco ora quello, il canuto Matusa
Che molti e altr'anni ebbe lui a patire
L'umana gente, che di peccato era infusa
l'anno del diluvio fu pur del suo morire
E mai vide egli la bel fede diffusa
Almeno da vivo e sol ora può gioire,
Lo avo fu egli dell'arca l'architetto
E in cantiere servì finché aria ebbe n’petto
 
11
Ecco, dicevo, quello è l'architetto
Che tu vedi venire con pialla e martello
Lo primo naviglio del popol bendetto
Foggiò le sue mani e di Dio è il cervello
Lamech il padre e Noè lui è detto.
Quaranta notti il legno ebbe a ostello
E da lui discesero i Semiti, gli Europei,
Liberi, schiavi, Africani e Cananei.-
 
Seguono il comandante Giosuè, il forte Sansone e i re Saul, David e Salomone. Si arriva al fine della parata.
 
20
-Ecco qui viene quel  Nazareno
Che per li cristiani è uno e pur trio
A Betlemme ei nacque nel gelido fieno
D'una mangiatoia, l'infante e rio.
Presso gli sta l'alma sanza freno
Giovanni Battista, acefalo e pio,
Quel maldiceva, predicando al Giordano,
Salomè, Erode e l'imperator Romano.-
 
21
Quando la luna soggiunse in cielo
Dipanando le nuvole, il profeta mi disse,
-L’unica dama casta e sanza velo
Che mai vedrai, là fra stelle fisse,
Quel simbolo, lo stesso, che veglia ogni stelo
Di Mesopotamia e segno d'eclisse,
La crescente, ella, è l'Islam del presente
Piena al futuro e vota il precedente.-
 
22
Al ché, a luce nova, la schiera potei mirare
Assai più distinta e sbigottì di sconcerto,
Che quelli null'ombra avean da proiettare,
Su pelle, su vesti o la rena del deserto,
Che quasi parevano impressi su un altare
Di profondità e prospettiva, niuno era certo
E mi voltai al profeta, a dimandar ragione
Che avea lui un'ombra in giusta stazione.
 
23
-O gran profeta, pace e benedetto,
Che mai significa questo loro apparire?
Paiono carte e tu, om perfetto,
Uno fra tutti che un'ombra ha al seguire.-
E quello a me -Da Dio prediletto,
Di lor condizione non averti a stupire,
Ché niuno è invero in codesto loco
Ma sol l'alma nostra è qui e per poco.
 
24
Per quanto concerne lo spirto ai miei piedi
Ombra non è, bensì un maledetto
Che dio ha rinnegato e che è come tu vedi
Tanto corrotto ch'è privo d'intelletto.
Il nome non dico, anche se richiedi
Perché a dio spiacque che di tale reietto
Lo nome si sappia e lo si possa venerare
Com'anche il viso, le gesta e il predicare.
 
25
Questi è colui che con gran menzogna
Messaggero e profeta vol farsi nomato
Quando ancor vivevo, se tu puoi, sogna.
Paragonossi a me, quello sfrontato
Trucchi e magheggi fe alla bisogna
Per apparire come chi è d'eterno stato
Parte e uguale a dio ei si fece
E ora giace innocuo come pece.
 
26
Più non ti dico e or questo ignoto
Dallo spirto fiacco per l’eterno m’insegue
Come in vita uguale i miei passi e annoto
Imitò contraffatto, camaleonte stregue.
Io questo ti ho detto perché ti sia noto
Lo destino di chi i profeti non segue
Ma più non svaghiamo, la favella è lunga
Tutto finiamo pria che il sol ci punga.-
   
 
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