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Autore: Dorabella27    30/09/2021    10 recensioni
"Torniamo al passato, e sarà per tutti un progresso", disse qualcuno una volta. Archiviato il tono umbratile e malinconico della mia ultima ff, che, a dispetto del titolo, proiettava i personaggi di Madame Ikeda nel futuro, addirittura in età napoleonica, torniamo ora in pieno Ancien Régime. Nelle righe iniziali, il Generale comunica a Oscar e André che a palazzo Jarjayes arriverà un ospite molto, molto noto, e molto particolare. Dedicata a tutti gli amanti della musica - del XVIII secolo, e non solo -, e a tutti coloro che, qualche volta, hanno trovato un po' di ristoro e, perché no, di consolazione, nelle sette note.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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4 - Una cena e un mistero
 
La cena, servita, come era naturale, solo per gli adulti - i bambini, infatti, mangiavano a una tavola separata - , trascorse fra piacevoli conversari; Farinelli, ovviamente al centro dell'attenzione, raccontò molti aneddoti, sopratutto relativi ai suoi anni alla corte di Madrid. La più interessata era la giovane Sylvie de Jarjayes, che tempestava l'anziano cantante di domande; ma a un tratto il Generale, che sedeva a capotavola, prese la parola e chiese a Farinelli, accomodato alla sua destra: "Signor Farinelli, so che siete anche un virtuoso del violino. Vorreste domani ascoltare un saggio di mio figlio Oscar? Prende lezioni da tre anni, ormai, e i suoi insegnanti mi dicono sia molto dotato".
 
"Naturalmente, Signor Conte. Quindi vostro figlio Oscar suona anche il violino?"

"Perchè mai dite anche, Signor Farinelli? Il violino è il solo strumento su cui, al momento, Oscar si eserciti".
 
"Ma, veramente ... credevo di aver capito che studiasse anche canto".

"Cantare?! Che idea, signor Farinelli!", rise il generale. "Mio figlio Oscar potrebbe, è vero, diventare un virtuoso del violino, ma nella nostra famiglia l'erede del titolo nobiliare è, da sempre, sin dai tempi di Enrico IV, un militare, e Oscar non farà eccezione. Perché mai dovrebbe cantare? Oscar sarà un colonnello, o un generale" - e qui il padrone di casa rivolse un cenno d'intesa al generale Bouillet, che sedeva al capo opposto del lungo tavolo, "che si diletterà di musica nel tempo libero dalle cure militari. Tempo che, ahimé, lo so bene, è sempre così deprecabilmente ridotto".
        Farinelli, come sempre quando non comprendeva una situazione che si faceva spinosa, abbassò il capo in segno di assenso, accompagnando quel gesto col più garbato dei sorrisi, e tamponandosi delicatamente le labbra con il tovagliolo di fiandra bordata di pizzo. "Sicuramente, devo avere equivocato, signor Generale; vi chiedo di scusarmi".  Ma, nel frattempo, mentre seguiva le conversazioni che si rincorrevano ormai lungo il tavolo, e in cui le signore sembravano gareggiare, accalorandosi, per la palma di appassionata di teatro d'opera, Farinelli si domandava come mai, se il giovane contino, figlio del Generale non era stato avviato alla carriera di cantante lirico, perché sottoporlo a una operazione  che l'aveva privato della virilità, che.....? O forse, il contino Oscar era semplicemente femmineo e delicato per natura e costituzione. E allora .... povero lui, quando avesse sperimentato le durezze della scuola militare, fra compagni più grandi, più robusti, più rozzi di lui. Certo, il suo giovane amico André, per quanto ancora bambino, sembrava essergli completamente devoto .... ma non era frequente che un giovane attendente plebeo seguisse il suo padroncino alla scuola militare; e comunque, un simile genere di idillio non riscuoteva mai molta popolarità nei corridoi delle accademie e delle caserme ... e, in verità, non la riscuoteva in nessun luogo, pensò amaramente Farinelli, agitando con espressione malinconica il cucchiaino nella tazzina di madreperla zecchinata, e poi sorbendo il suo caffé, e meditando, insieme, sull'insensibilità umana e sui preconcetti che funestavano il mondo.
 
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        "Benissimo, signori", disse il Generale, con quella sua voce austera che faceva tremare chiunque a palazzo, "Credo che dopo questo piacevole caffé potremo ritirarci tutti nelle nostre stanze, con i migliori ringraziamenti al nostro ospite, che ci intratterrà ancora domani sera dopo cena”. E già il Generale si era alzato, seguito dagli altri, numerosi commensali, quando notò il viso costernato di Farinelli.
 
“Signor Farinelli, che è accaduto? Come mai questa espressione?”
 
“Generale Jarjayes, vi prego di non voler turbare l’armonia generale di questa bella cena...”. L’ospite era chiaramente imbarazzato, e si teneva la mano sul petto.
 
“Che cosa è accaduto? Parlate!”.

“Generale, vedete.... ecco.....io non credo che sia il caso..." L’ospite, imbarazzatissimo, non avrebbe voluto scendere nel dettaglio, ma il Generale insistette, e così un costernato Farinelli dovette rivelare all'ancor più costernato anfitrione il motivo della sua amara sorpresa: la spilla di smeraldi e rubini che re Luigi gli aveva personalmente appuntato sul petto alla fine della sua esibizione a corte era sparita.

"Si sarà aperto il fermaglio", ipotizzò, col suo tono cortese e pensieroso, la contessa Marguerite.
 
"No, io credo che sia stata rubata", affermò perentorio il Generale, indicando un arabesco damascato sulla marsina di Farinelli, in corrispondenza del cuore. "Vedete, Marguerite, mia cara consorte, qui ci sono dei fili di seta che sporgono sottilmente dalla trama dell'arabesco, segno che la spilla non si è delicatamente sfilata perché il fermaglio ha ceduto, ma che è stata strappata violentemente, in un momento di distrazione".
 
        Farinelli impallidì, pensando alla piccola folla che gli si era fatta intorno non appena aveva concluso l'ultimo bis nella sala della musica. Possibile che in quel momento, mentre riceveva complimenti e apprezzamenti, ed era distratto e tirato ora di qua ora di là, qualcuno, con mano veloce, avesse approfittato....? Certo, serviva un gran sangue freddo, ma non era impossibile, nella confusione generale, riuscire nel colpo.
 
        Sommessamente, riferì la sua ipotesi al Generale, la cui ira si fece esplosiva. "Dunque, c'è un ladro in casa mia?! Come ha osato?!!!". Il Generale battè il pugno sul tavolo, furioso, facendo sobbalzare le porcellane e i cristalli posate su di esso, e le signore ancora sedute, dalle figlie alle anziane parenti che già sonnecchiavano, in attesa di essere congedate dal padrone di casa. Il Generale era furioso: "Che nessuno lasci questa sala da pranzo! Che tutti svuotino le tasche! Come ha osato un vile ladro insinuarsi nella mia casa! Generale Bouillet, vi chiedo formalmente il vostro aiuto in questa indagine!".
 
        "Ma, Generale Jarjayes", cercò di abbozzare, in tono mite, Farinelli, che aveva in odio il conflitto e la polemica "non è poi così grave. In fondo è solo una spilla, ancorché preziosa..."
 
"Signor Farinelli! Era un dono del nostro Re! Un simile furto rappresenta un insulto alla Corona, e quindi alla nostra casata, che ne è sempre stata fedele servitrice, senza contare che è stato perpetrato in casa mia, sotto il mio tetto: quindi è un doppio insulto all'onore della famiglia Jarjayes!".
 
        I presenti, servitori e ospiti, erano allibiti, paralizzati dal timore, e anche la servitù non direttamente impegnata nel servizio di tavola, richiamata dalle grida che provenivano dalla sala da pranzo, era accalcata nel lungo anticamera; anche Oscar e André, ovviamente, si erano precipitati fuori dal salottino della camera di Oscar, dove stavano impratichendosi degli scacchi. Il Generale Bouillet, nel frattempo, aveva lasciato la sua sedia e si era avvicinato all'anfitrione.
 
"Generale Jarjayes, vi consiglio anch’io, come prima tappa della vostra indagine, di far svuotare a tutti i presenti le tasche", disse in tono marziale.
 
"Ben detto, Generale Bouillet! E se la spilla non sarà ritrovata così, faremo perquisire i bagagli di tutti gli ospiti, e frugare le stanze della servitù sino all'ultimo cassetto!", gridò il Generale Jarjayes.
 
"Sarebbe del tutto inutile, padre", disse una voce sottile, accanto al  Generale. Oscar, senza che nessuno se ne fosse avveduto, era erntrata con passo sicuro nel salone, dopo che André avava cercato di trattenerla nell'anticamera prendendola per un braccio e dicendole: "Oscar, non è il caso ... resta qui".
 
"Lasciami! Se tu hai paura di mio padre, restaci tu qui!", aveva ribattuto, imperiosa, ed era entrata nella grande sala da pranzo, seguita da André, pur impietrito dalla paura.
 
"Oscar! Torna IMMEDIATAMENTE nella tua stanza e non ti immischiare in questioni da adulti!". Il Generale era chiaramente furibondo per quella infantile intromissione in una spiacevole questione da adulti.
 
"No, padre. Quello che avete ordinato di fare è perfettamente inutile". Il tono fermo e sicuro con cui erano state pronunciate queste due semplici parole aveva fatto scattare il braccio del Generale, ma Farinelli aveva, con mossa veloce, fermato la mano che stava per abbattersi sulla guancia di Oscar. Il Generale aveva una espressione fra il costernato e l’infuriato: nessuno mai, sotto il suo tetto, si era mai permesso tanto.

"Aspettate, Generale Jarjayes. Sentiamo che cosa ha da dire vostro figlio".
 
"E va bene. Parla, Oscar! Perché sarebbe inutile quel che voglio fare?".
 
"Perché, padre, se la spilla è stata rubata, come credete che sia accaduto, il ladro ha certo contato sul fatto che, nella confusione seguita alla fine della esibizione di Monsieur Farinelli, avrebbe potuto strappare il gioiello dalla sua marsina senza che nessuno badasse a lui. Ma sapeva anche che presto il legittimo proprietario della spilla si sarebbe reso conto di essere stato derubato, e allora le ricerche avrebbero coinvolto tutti gli spettatori, e anche i loro bagagli, come pure tutta la servitù e ogni persona presente a palazzo. Quindi, il ladro doveva nascondere la spilla in un luogo dove nessuno l'avrebbe mai cercata, prima di riprendersela, con tutta calma, quando le acque si fossero calmate. Venite con me". E Oscar, con passo sicuro, uscì dalla sala da pranzo, seguita dal padre, da André, e poi, in ordine, da Farinelli, dalla madre, dalle sorelle e da tutti gli altri invitati. Poi, entrata nella sala della musica, si fermò a due passi dal gran camino di marmo rosso di Verona, davanti al quale si era esibito Farinelli e dove ancora troneggiava l'arpa suonata dalla madre per accompagnare le sue arie. Poi, alzando un ditino per richiamare l'attenzione, continuò: "Immaginiamo ora di essere il ladro. Ora, Monsieur Farinelli sta ricevendo complimenti e congratulazioni; immaginate che io sia Monsieur Farinelli. André, vieni qui". André, perplesso, ma come sempre docile e ubbidiente, si avvicinò. "Ora, prova a strapparmi la spilla dalla giacca", gli disse Oscar, indicando la grande acquamarina che troneggiava ancora sulla sua bella marsina color fiordaliso. "Ma Oscar, si rovinerà la stoffa!", "Non importa, fallo!". André obbedì: il velluto di seta diede solo una lieve resistenza e in un attimo il fermaglio cedette. "Ti è servita molta forza, André?".
 
"No, Oscar, è bastato un attimo!".
 
"Ecco, ora immagina di trovarti in mano un oggetto prezioso, ma compromettente. Devi nasconderlo, prima che il proprietario si accorga della sua mancanza, ma sai che verresti perquisito, o che si frugherebbe nella tua stanza, e quindi non la puoi nascondere su di te o fra i tuoi vestiti. E nemmeno puoi nasconderlo nella stanza di un'altra, persona qui a Palazzo, perché sai che verrebbe cercato dovunque. Dove lo nasconderesti?".

"In un posto dove nessuno lo andrebbe mai a cercare".
 
"Certo. E dove? Ricordati che hai pochissimo tempo, perché la persona che hai derubato potrebbe essere molto distratta dalla ressa che ha attorno, e quindi potrebbe rendersi conto solo dopo ore del furto, oppure l'occhio potrebbe caderle subito sulla marsina, e se ne accorgerebbe dopo pochi istanti".
 
"Allora credo che troverei un luogo qui nel salone della musica per nasconderlo, il prima possibile".
 
"Benissimo. E dove?".
 
André spostò lo sguardo per la stanza, attorno alla figura esile ed elegante di Oscar, grondante sicurezza e padronanza di sé, e subito capì.
 
"Ma", obiettò, "è impossibile: è sotto gli occhi di tutti!".
 
"Bravo, André, hai capito subito! Certo, è questo che ha pensato il nostro ladro: aveva proprio qui, a due passi, un nascondiglio perfetto, proprio sotto gli occhi di tutti e dove, proprio perché sotto gli occhi di tutti, nessuno sarebbe mai venuto a cercare la spilla", e così dicendo indicò il grande vaso di rose bianche sulla mensola del camino.
"André, io non ci arrivo ancora: tu che sei più alto, potresti...?"
 
        Il Generale fece un cenno di assenso, e André, dopo aver rimesso nelle mani di Oscar la spilla con la grande acquamarina, mentre il padre gliela riappuntava sulla giacca, questa volta non più a destra, ma a sinistra, prese il vaso di porcellana cinese, tolse le rose, le poggiò sul ripiano, e rovesciò a terra il contenuto: insieme al lieve scroscio di acqua sul pavimento, si udì il tintinnio della spilla che cadeva sul marmo rosa di Candoglia intarsiato di botticino del salone.
 
        "Incredibile!", esclamarono all'unisono Bouillet e il Generale Jarjayes, mentre esclamazioni di stupore fra le più varie di levavano quanti avevano assistito alla risoluzione dell'enigma. André, da parte sua, si sentiva il cuore scoppiare nel petto per l'orgoglio: la sua Oscar, ancora una volta, aveva dimostrato quanto era eccezionale, riuscendo dove tutti gli altri brancolavano nel buio!
 
        Oscar si chinò e raccolse la spilla, porgendola, con un gesto pieno di grazia, all'ospite: "Monsieur Farinelli, non credo che riusciremo ad appurare l'identità del ladro, ma quel che conta è che abbiamo recuperato il dono del nostro Re che vi era stato sottratto. Permettetemi di rendervelo".
 
"Vi ringrazio infinitamente, signor Contino", disse Farinelli, cercando con lo sguardo l'approvazione del Generale Jarjayes. "E per ringraziarvi, e sdebitarmi, dato che mi è stato parlato del vostro talento musicale, certamente ereditato da vostra madre  (e qui la contessa Marguerite chinò il capo in un muto gesto di ringraziamento per quella lusinga), domani, oltre ad ascoltare il vostro saggio, vorrei anche impartirvi personalmente una lezione di violino".
 
"Grazie, Monsieur Farinelli. Ne sono molto onorato". E se Oscar aveva un sorriso che esprimeva tutta la sua tranquilla imperturbabilità, negli occhi del Generale splendeva la fiamma della soddisfazione e dell'orgoglio paterno.
 
 
 
   
 
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