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Autore: _ A r i a    01/10/2021    0 recensioni
{ Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it } { fantasy!au }
Enji aveva posato gli occhi cerulei in quelli grandi e dorati di Keigo. Come sempre erano luminosi, completamente votati a lui, e non vi era traccia di incertezza. Quando diceva di non sapere perché gli permettesse ancora di restare a corte, Enji mentiva in primo luogo a se stesso. Nessuno riusciva a infondergli sicurezza quanto Keigo, nessuno, a parte lui, sembrava capirlo veramente.
Il re si era lasciato sfuggire un sospiro stanco. «D’accordo», aveva concesso infine.
«Bene», aveva concordato Keigo. Poi, rassicurato, il suo sorriso era tornato a distendersi. «Anche perché dovrai anche organizzare un banchetto per festeggiare il mio ritorno…»
«Te lo puoi scordare», aveva negato seccamente Enji.
Keigo aveva riso sonoramente, grato di essere riuscito ad allentare la tensione.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Endeavor, Fuyumi Todoroki, Hawks, Rei Todoroki, Shouto Todoroki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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La sera portava in sé la quiete.
Il silenzio dell’autunno, rotto soltanto dal fruscio del vento e dal crepitio delle foglie cadute a terra, assieme allo scoppiettio della legna nel camino, era tutto ciò che riusciva a sentire in quel momento.
Era difficile che nell’enorme castello in pietra non ci fosse alcun rumore, nessun brusio di domestici né frastuoni provenienti dalle cucine, eppure quando era ormai notte e tutti gli abitanti si erano ritirati nelle loro stanze, quel silenzio era totale, riempiva chi restava sveglio fin nelle ossa.
E, a quell’ora, l’unico a non aver ancora preso sonno era il padrone della dimora.
A Enji Todoroki la notte non era mai piaciuta. Era popolata da fenomeni che non comprendeva, per questo preferiva il giorno, quando ogni cosa era avvolta dalla luce del sole, ed era chiara, palese. Forse era proprio ciò che non riusciva a spiegare che lo irritava maggiormente.
Però il silenzio gli era sempre piaciuto. Riusciva a trovarlo solo di notte, quando tutti intorno a lui riposavano, ed erano quelli i momenti in cui riusciva a ragionare con maggiore lucidità.
E, nell’ultimo periodo, aveva un disperato bisogno di riflettere. Non era facile essere il sovrano di un regno così vasto come il suo, ma si era impegnato da sempre per raggiungere il suo scopo, e se adesso era il più influente tra i governanti delle lande circostanti lo doveva probabilmente a tutti quegli anni di sacrifici. Il suo perenne cipiglio furioso non gli procurava grande popolarità o affetto da parte dei popoli, ma di quello non se ne era mai curato troppo.
Il suo problema, tuttavia, era che tutto il potere e l’influenza che aveva accumulato nel corso degli anni comportavano anche gravose responsabilità. Era onorato di farsene carico, ma più il tempo passava e più queste avevano cominciato lentamente a sottrargli ore di sonno.
Così, lentamente, le sue preoccupazioni avevano cominciato a mangiucchiargli il cervello, a togliergli sollievo e riposo, al punto che quelle questioni di cui si occupava di giorno finivano per riempirgli i pensieri anche la notte.
Si chiedeva quale fosse stata l’ultima volta in vita sua in cui si fosse sentito in pace. Con se stesso, con il regno, con il resto del mondo. Era sempre stato al centro di un’enorme battaglia, e ora all’orizzonte se ne profilava una ancora più grande.
A questo pensava, tenendo in una mano un calice di vino, mescendo lentamente quel liquido scuro come sangue, ruotando appena il polso e applicando lo stesso movimento al recipiente vitreo.
Da secoli, i territori del mondo erano divisi e affidati al controllo di eminenti governanti. Nel corso degli anni, alcuni di loro erano riusciti a conquistare e sottomettere altre regioni, annettendole a quelle che già possedevano. I suoi vessilli ricoprivano più della metà dei territori conosciuti, e questo gli aveva garantito il prestigio che aveva sempre ambito. Quando era il momento di prendere una decisione importante, il suo parere aveva notevole peso.
Adesso, però, si stava avvicinando qualcosa di troppo grande e fuori dalla portata di qualsiasi monarca.
Enji portò il calice alle labbra e bevve un sorso di vino. La bevanda aveva un sapore intenso, corposo, e l’aveva sentita scivolare giù per la gola.
Aveva bisogno di riflettere…
Peccato che, evidentemente, il destino non fosse della sua stessa idea.
Aveva sentito dei colpi picchiettare alla finestra, e si era ritrovato subito ad alzare nuovamente le palpebre, sottratto dalle sue riflessioni. Aveva ruotato il capo, lanciando uno sguardo alle proprie spalle, ritrovandosi a intravedere una figura che ben conosceva.
Un giovane dai capelli e gli occhi dorati lo guardava, dall’altro lato del vetro. Si teneva le braccia strette attorno al corpo, cercando di ripararsi dal gelo della notte, mentre sul suo volto campeggiava il solito sorriso fin troppo scaltro.
Probabilmente chiunque altro si sarebbe spaventato nel vederlo comparire a svariati metri d’altezza – la sala da pranzo in cui si trovava adesso era in uno dei piani superiori del castello –, nel cuore della notte e soprattutto fluttuante a mezz’aria, ma non Enji, che era ormai abituato a quasi tutte le sue stranezze.
Comprese le grosse ali vermiglie, dalle quali proveniva la piuma che, da qualche minuto a quella parte, aveva continuato a impattare contro la vetrata.
Enji era stato quasi tentato di lasciarlo lì. Alla fine, però, s’era alzato, andando ad aprire la finestra.
Se possibile, il ragazzo gli aveva rivolto un sorriso ancora più grande.
«Buonasera, mio re», si era introdotto, conciliante. «Posso entrare o il mio destino è quello di rimanere qui fuori a morire di freddo?»
Il solito fare melodrammatico, si era ritrovato a valutare tra sé il re.
«Entra», aveva concesso, quasi ringhiando, con un tono cupo.
Gli occhi del ragazzo erano stati attraversati da scintille impazienti e, l’istante successivo, le grosse ali s’erano mosse, spingendo in avanti il corpo esile. Non appena l’aveva visto entrare, pentendosi già di averglielo permesso, Enji s’era limitato a richiudere la finestra. Non l’avrebbe mai ammesso, ma effettivamente l’aria che entrava da fuori era gelida – l’inverno, in fin dei conti, era alle porte.
Nel mentre, il nuovo arrivato aveva attraversato la stanza saltellando, fino a raggiungere il camino. Una volta giunto lì davanti, restando in piedi, aveva allungato le braccia verso l’alto, stiracchiandole pigramente, facendo probabilmente qualcosa di simile anche con le ali, che si erano dispiegate alle sue spalle. Il calore delle fiamme sembrava avere un effetto benefico su tutto il suo corpo.
«Mh…» Il ragazzo aveva chiuso gli  occhi, come incantato. «Sono giorni che viaggio senza sosta, sono esausto. Sento tutto il corpo indolenzito, le braccia, le gambe, le ali…»
Enji era tornato a sedersi, recuperando dal tavolo il calice di vino. «A volte mi domando ancora perché continuo a farti lavorare per me», aveva commentato, con aria rassegnata.
Il ragazzo aveva spostato lo sguardo subito nella sua direzione, osservandolo con quegli occhi dorati e liquidi, sempre così pieni di ammirazione. Ammirazione di cui, per la maggior parte delle volte, Enji non sapeva neppure se sentirsene degno, seppure certamente lo lusingasse.
«Come perché?», aveva domandato, avvicinandosi al tavolo quasi trotterellando. «Nessuno sarebbe in grado di muoversi così rapidamente attraverso i tuoi territori.»
Era vero. Come sempre, del resto.
Keigo Takami, questo il nome di quel ragazzino impertinente, era entrato nella sua vita facendo un gran baccano, e vi faceva ormai parte da diversi anni. Lo aveva conosciuto in uno dei territori più a ovest del regno, e sebbene la sua popolazione fosse alquanto belligerante e non gli avesse mai giurato completamente fedeltà, quel ragazzino si era messo al suo servizio fin dal primo momento.
Non lo aveva mai deluso.
Keigo si era seduto sul tavolo, sottraendogli il calice di vino dalle mani con un gesto rapido.
«Posso?»
«No.»
«Ottimo.» Il ragazzo si era portato il calice alle labbra, prendendo un gran sorso e assaporandolo con gusto e lentezza. I suoi occhi dorati continuavano a fissare Enji con quell’espressione furba, che ogni volta finiva per farlo innervosire. «Come mai sveglio a quest’ora tarda della notte, mio re? I soliti pensieri che ti angustiano?»
Enji aveva sbuffato sonoramente, per poi poggiare il gomito sul bracciolo della sedia e adagiare una guancia sul palmo della mano aperta. Come ogni volta, era rimasto affascinato dalle ali del ragazzo. Non era una rarità che, nel loro mondo, vi fossero creature bizzarre, dalle più stravaganti peculiarità. Le ali di Keigo, però, avevano qualcosa di unico, ipnotico, ed Enji non era mai stato immune al loro fascino. Fin dal loro primo incontro non era riuscito a fare a meno di restare incantato da quelle ali dalle piume vermiglie, rosse come sangue, o come fiamme, e ogni volta perdeva il conto del tempo che passava a rintracciare tutte le sfumature che si rincorrevano al loro interno. Le loro capacità, poi, erano incredibili: poteva percorrere in volo in brevissimo tempo distanze che, per degli uomini a piedi, avrebbero richiesto forse mesi di marcia. Inoltre, le piume erano affilate e tutto sommato resistenti, il che le rendeva una buona arma sia in attacco che in difesa.
Non era combattere però ciò che spingeva principalmente Enji ad avvalersi dei servigi di Keigo. Come aveva detto anche il ragazzo, nessuno riusciva a muoversi tanto rapidamente quanto lui e, se si trattava di viaggiare attraverso territori vasti come quelli in possesso di Enji, allora Keigo era la persona che faceva al caso suo. Poteva portare in quei luoghi messaggi in tempi straordinariamente brevi o, come in questo caso, recapitarli al suo re.
«Non ti offro vitto e alloggio per divagare», aveva tagliato corto. «Dimmi quello che hai scoperto.»
«Dritto al punto come al solito, eh?», aveva commentato il ragazzo. Aveva posato il calice – sul quale si era premurato di poggiare le labbra nello stesso punto di quelle del suo re – sul tavolo, dopodiché era sceso e aveva mosso alcuni passi attraverso la stanza. «D’accordo. Purtroppo non porto buone notizie. Come sospettavamo, le voci che parlano di nemici in avvicinamento al confine nord del regno sono vere. Dapprima si sarebbe trattato di pochi elementi di scarsa rilevanza, ma col passare del tempo si sta tramutando in un gruppo più organizzato, al momento impegnato a stringere alcune alleanze.»
Le preoccupazioni erano subito tornate ad affacciarsi nella mente di Enji. Aveva sentito parlare di persone dalla forza straordinaria ordire una ribellione nei suoi confronti, e temeva che, seppure fosse riuscito a radunare un numero di uomini superiori a quello dei nemici, le loro forze non sarebbero bastate a sopraffarli.
«Non è tutto», aveva ripreso Keigo, con un tono grave così insolito per lui. «Alcune delle persone con cui ho parlato mi hanno detto di aver sentito che la loro intenzione è quella di attaccare prima che l’ultima neve si sciolga.»
Il volto di Enji s’era incupito maggiormente. La primavera sembrava così lontana, ora che il lungo inverno era alle porte ma il mite autunno non gli aveva ancora lasciato del tutto il posto, eppure, se pensava a tutto quello che c’era da preparare per scampare a un assedio, a una battaglia, a qualsiasi scenario avesse in serbo per loro il destino, il tempo che rimaneva a loro disposizione gli sembrava così poco…
Keigo si era voltato, turbato dal silenzio del re. Si era aspettato, conoscendolo, che gli avrebbe subito impartito degli ordini, delle disposizioni su come muoversi, magari gli avrebbe chiesto di viaggiare fino a qualche regno vicino per convocare degli alleati, oppure di organizzare le difese del palazzo. Invece, cercandolo con lo sguardo, lo aveva trovato ancora immobile sulla sedia, pensieroso, l’espressione corrucciata.
Keigo aveva riflettuto, ritrovandosi a constatare che non l’aveva mai visto così preoccupato.
Il ragazzo, che, mentre camminava, era tornato a fermarsi davanti al grande camino che la stanza ospitava, era tornato indietro sui propri passi.
«Mio re», l’aveva richiamato gentilmente, inginocchiandosi dinanzi a lui, quando si era ritrovato nuovamente al suo cospetto. «Non tormentarti con questi pensieri, non stanotte. Domattina avremo modo di riflettere su quale sia la strategia migliore da attuare. Adesso però devi rilassarti, altrimenti non sarai abbastanza lucido per approntare un buon piano.»
Enji aveva posato gli occhi cerulei in quelli grandi e dorati di Keigo. Come sempre erano luminosi, completamente votati a lui, e non vi era traccia di incertezza. Quando diceva di non sapere perché gli permettesse ancora di restare a corte, Enji mentiva in primo luogo a se stesso. Nessuno riusciva a infondergli sicurezza quanto Keigo, nessuno, a parte lui, sembrava capirlo veramente.
Il re si era lasciato sfuggire un sospiro stanco. «D’accordo», aveva concesso infine.
«Bene», aveva concordato Keigo. Poi, rassicurato, il suo sorriso era tornato a distendersi. «Anche perché dovrai anche organizzare un banchetto per festeggiare il mio ritorno…»
«Te lo puoi scordare», aveva negato seccamente Enji.
Keigo aveva riso sonoramente, grato di essere riuscito ad allentare la tensione.





notes
allora. io non so bene da dove partire.
sono... quattro anni dall'ultima volta in cui ho pubblicato qualcosa su questo fandom? da efp invece manco da quasi un anno. oddio, ma me lo ricordo ancora come si usa l'editor? spero sia una di quelle cose che non dimentichi una volta imparate, tipo andare in bicicletta--
comunque hello, io sono aria, nice to meet ya! se mi conoscete già, io vi chiedo perdono per essere di nuovo qui a infestarvi con il mio disagio.
prima di tutto ci tengo a precisare che sono la persona meno costante del mondo, ed è un dramma, soprattutto quando si decide di partecipare al writober. una storia al giorno per tutto il mese, la sfida è cominciare il primo di ottobre e arrivare fino in fondo, al trentuno. in teoria è fattibile, se uno pensa "dai, mi scrivo trentuno drabble, al massimo delle flash, e il gioco è fatto", ma no, signori, a noi qui piace complicarci la vita, per cui via di long strutturata, con capitoli tutti collegati tra loro e di minimo mille più o meno parole ciascuno. sì, mi voglio molto bene, debbo dire.
tra l'altro probabilmente sto azzardando ancora di più perché avrei potuto scrivere su altri fandom su cui ho lavorato di recente, ma no, my hero academia, per di più con due personaggi su cui difficilmente qualche anno fa avrei potuto immaginare di fissarmi.
perché? oh, non chiedetemelo, non l'ho ancora capito con esattezza neanch'io. la mia vita stava procedendo tutto sommato tranquilla 
– nah, in realtà quel periodo era un gran bel casino – quando all'improvviso, sei mesi fa, boom, congiunzione astrale favorevole e io sono finita perdutamente innamorata di loro. cioè, principalmente di hawks, calpestami signore mio-- aehm.
fatto sta che me
li ritrovavo – no, forse è più corretto dire me lo ritrovavo, tanto il colpevole dell'efferato misfatto è principalmente il polletto (cit) alato dovunque. su twitter, nella vita reale... quindi boh. in sostanza ho ripreso a leggere il manga e adesso mi sono fissata ancora di più. voi non lo sapete, ma mentre sto scrivendo queste note mi è venuta una risata nervosa. è da una vita di tempo che vorrei parlare di loro sul mio account twitter, perché veramente, pensarci è l'unica cosa che mi rende felice ormai. mi hanno tirata fuori da un periodo orrendo, ma mi mordo costantemente la lingua e mi dico "no, dai, lascia stare, non scatenare flame assurdi a caso". e quindi niente, tutto imbottigliato dentro fino ad ora. assurdo, eh? però sono felice di essere "uscita allo scoperto" col writober. sì, buttarmi per la prima volta a scrivere su di loro una storia tutto sommato lunga okay, non è del tutto vero, ho già scritto altro, solo che non l'avevo pubblicato è una follia, ma in un certo senso sento che a loro lo devo.
tornando a noi, forse quello di oggi è uno dei prompt che ho centrato di più partiamo benissimo. ne approfitto anche per dire che, al momento in cui sto scrivendo queste note, la storia non è ancora finita. nella giornata in cui questo prologo sarà online conto di aver raggiunto i venti prompt stilati (foreshadowing?), per cui poi dovrò proseguire scrivendo/editando/pubblicando contemporaneamente. ho l'ansia e il terrore di non riuscire a concludere niente, però la trama c'è, la voglia d'impegnarmi nel progetto pure, quindi boh, speriamo bene. also sì, parlando della trama tornare con un'au non era esattamente quello che avevo in mente, ma okay, magari più avanti ci sarà modo di rifarsi.
questa sarà la storia più lunga che io abbia mai pubblicato, ora che ci penso. e mi dispiace un sacco (sì out of the blue) di aver sostituito endeavor-san e number one con mio re, ma temo fosse più azzeccato al contesto.
vbb, per adesso mi fermo qui per non straparlare. vi avviso che in questi angoletti potrebbero esserci spoiler sulla trama del manga, visto che sto seguendo le uscite e magari il giovedì qualche sclero a caso mi parte. con la storia invece andate tranquilli, ho adattato all'universo alternativo alcune cose canoniche ma si tratta di roba che comunque si sapeva già da tempo, per cui non ci dovrebbero essere problemi. in ogni caso, per gli spoiler qua sotto metterò accurati disclaimer, tranquilli.
grazie a tutti quelli che decideranno di seguirmi in questa follia, e grazie soprattutto a fanwriter.it che come al solito indice iniziative spaziali (era dalla writing week che non partecipavo, mi siete mancati, dannati). ci vediamo domani sera
– ah, sì, uso la lista in cui si pubblica di notte. l'ho già detto che mi piace complicarmi la vita, sì?
see ya
aria 
   
 
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