Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: Melanto    02/10/2021    8 recensioni
Oh, be', come si dice: all the good things come to an end. E anche la vita alla fine chiude baracca.
Ma, ehi, mica detto che tutto finisca davvero! Quindi, eccoci qui, a sbiriciare l'afterlife dei nostri beniamini: perché con tutte le volte che li abbiamo fatti fuori, sarebbe anche il caso di vedere come se la passano XDDD
Non aspettatevi niente di serio, non lo sarà. You can call it "BAKA" XD
Raccolta per il Writober. Non credo che riuscirò ad aggiornare ogni giorno, ma ci si prova.
Intanto prendiamola com'è e diamo un'occhiata...
...perché chi muore si rivede.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: quasi tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Captain Tsubasa... of the dead.

Storia scritta per il Writober di Fanwriter.it: prompt 2 // Chiudere

 

 

 

 

2. Prompt "Chiudere" || "Non mi chiudere!" || Yukari & Ryo

 

 

 

 

Il cigolio del legno, la lingua di luce che si smorzava poco alla volta, poco alla volta… fino a sparire e attorno solo il buio.

Poi il martellare di chiodi e neppure un cuscinetto di raso sotto la testa, un rivestimento morbido sotto le chiappe, no: duro e dritto dove spaccarsi la schiena. Il flash di sua madre con la ramazza tra le mani, china a passare lo straccio sul pavimento di quel maledetto cesso pubblico, incubo della sua giovinezza, passò e scomparve.

Fu l’ultimo abbaglio in cui rivide anche sé stesso e i pomeriggi sprecati a lavorare sodo per poi mollare tutto e correre dagli amici, sfidare Wakabayashi e quelli della Shutetsu a togliersi dai piedi – senza mezzo successo, ovviamente.

L’aria iniziò a mancare quando lo smartellare cessò, perché peggio del rumore che rimbombava nelle orecchie c’era il silenzio mortale che lo seguiva.

Come di tomba.

«Ehi! Ehi, fatemi uscire!» Ryo iniziò a scalciare, a battere le mani sul legno. «Eddai, ragazzi! Ma che scherzo idiota è questo?! Hanji! Solo tu puoi avere idee così imbecilli! Peggio delle mie! Taro!» piagnucolò d’un tratto. «Taro! Digli qualcosa! Aiutami!»

Ma nessuno venne, nessuno aprì il coperchio di quella che sembrava proprio una cassa da morto per dirgli: “Fregato!”.

«Eddai, lo so che faccio scherzi stupidi, okay? Prometto che non ne farò più! Lo giuro, ma aprite!»

E, di nuovo, nessuno venne, nessuno rispose.

Poi la cassa si mosse, il rumore di un rullo e Ryo si immobilizzò, concentrato sulla sensazione che tutto – la cassa con lui dentro – stesse scivolando su qualcosa di scorrevole e costante.

Poi il caldo improvviso, un chiarore che diveniva forte tra gli spiragli della cassa, il legno che si faceva incandescente, l’aria afosa e soffocante e il grido che gli esplose dritto nella gola…

        

«AAAAAH!»

«EEEEEH?!»

Ryo balzò a sedere con lo scatto di un grillo, tanto che Yukari ebbe un sobbalzo e sollevò le braccia.

«E che è sto casino? Ma ti pare il modo di urlare? Disturbi i vicini!»

«Oddio…» Ryo – la mano al petto, gli occhi spalancati e un leggero dondolio – aveva lo sguardo perso nel vuoto. «Oddio…» ripeté. «Oddio mio, che incubo. Che incubo, Yukari mia, tu non puoi immaginare. Un incubo terribile.»

Yukari inarcò un sopracciglio. «Incubi? E da quando fai incubi?»

«Come “da quando?”? Che domanda è?» L’altro scosse il capo e passò una mano sulla fronte che poi gli mostrò, tutto tremante. «Guarda! Sono tutto sudato!»

Yukari guardò il palmo privo di qualsiasi goccia di sudore e pensò che fosse finito in uno dei suoi soliti trip da “reminiscenza del passato” di cui Ryo sembrava soffrire. Una patologia piuttosto comune e che si manifestava in modi diversi: così le aveva detto il dott. Hirogi, qualche casetta più in là.

Lei gli si rivolse con la solita accondiscendenza e affondò il viso nel proprio palmo. «E che avresti sognato?»

«Che mi cremavano vivo! Ti rendi conto?!» Ryo aveva occhi pallati come bottoni. «Chiuso nella cassa, chiodato dentro. E io che continuavo a gridare: “non mi chiudereeee!”» con tanto di eco drammatica nell’esibizione da Oscar e braccio teso.

«Uhm. Hai sognato che ti cremavano.»

«Sì!»

«E ti sei scordato che l’hanno già fatto sei anni fa?»

«Ma che cosa stai-» Ryo si bloccò senza ulteriori suggerimenti. Si guardò attorno e alzò il viso sulla loro haka, soffermandosi poi sulle incisioni frontali. «Ah.»

«Già.»

«Quindi, ho… ho già dato?»

«Sì.»

«Oh. Okay.» Ryo continuò a far vagare lo sguardo con dissimulata nonchalance. «Quei disgraziati dei nostri figli, immagino.»

«Perché “disgraziati” adesso?»

«Be’, mi hanno cremato!»

«E che dovevano fare? Tenersi la tua bara come tavolo del salotto? Ryo, i cadaveri sono come il pesce: dopo tre giorni puzzano.» Poi ammiccò. «Pure prima.»

«Sì, ma almeno chiedermelo…» insistette l’altro in un mugugno.

«Quale parte di “eri morto” non ti è chiara, esattamente?»

«Scommetto che è stata un’idea di Ryotaro!» Ryo prese ad agitare l’indice con una certa verve. «È sempre stato uno furbetto quello lì. E poi aveva un gusto troppo di merda per essere davvero mio figlio. Ricordi i suoi orribili nani di gesso piazzati in giardino?»

Yukari lo scrutò da sopra occhiali immaginari senza fare una piega. «Ti posso assicurare che è proprio figlio tuo: è il più cretino di tutti. Gli hai pure dato il tuo nome. Se non è marchio d’infamia quello.»

«Ecco, e va be’, come al solito è sempre colpa mia, vero? E io non mi ricordo che sono morto, e io ho voluto dare il mio nome al nostro figlio scemo. Sempre colpa del povero Ryo! Fino a prova contraria sono io quello che è stato chiuso in una cassa di legno e cremato.»

«Che poi è la fine che hanno fatto tutti i presenti in questo cimitero.»

«Sì, ma io non ero preparato!»

Questa volta, Yukari non si sprecò neppure a rispondere, lo guardò ancora da sopra al naso e prese l’ennesimo respiro profondo.

Ryo si alzò in piedi, diede una sgrullata ai vestiti – come potessero prendere polvere – e poi gonfiò il petto, pugni fermi nei fianchi. «E dopo aver sparato un mare di cazzate, vado a farmi un giro.»

Pur volendo, Yukari non riuscì a trattenere un sorriso. Poteva essere tonto, ma nonostante tutto c’era un motivo se l’aveva sposato, ci aveva fatto dei figli e aveva scelto di passarci l’eternità. Ed era il motivo più semplice di tutti.

«Ti amo, Yukari. Scusa.» Lo sentì borbottare mentre si allontanava per andare a cercare gli amici d’infanzia sepolti un po’ in tutto il cimitero.

«Ti amo anch’io, tontolone.»

 

 

 


 

 

Note Finali: Brutto avere la memoria che fa un po' cilecca, e soprattutto non deve essere tanto divertente dimenticarsi di essere già morti e magari ricordare - o immaginare come sarebbe potuto essere - il magico momento della cremazione.

Forse non il Carnevale di Rio che uno si aspetta XD

Ad ogni modo, anche questo prompt è andato.

Io non so mai come debbo ringraziarvi per il calore con cui accogliete ogni cretinata che pubblico se non dicendovi: GRAZIE! <3

Giuro che arrivo a rispondere a tutte le recensioni <3

 

Stay tuned for the next! <3

 

 

 

   
 
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