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Autore: _ A r i a    04/10/2021    1 recensioni
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Enji aveva posato gli occhi cerulei in quelli grandi e dorati di Keigo. Come sempre erano luminosi, completamente votati a lui, e non vi era traccia di incertezza. Quando diceva di non sapere perché gli permettesse ancora di restare a corte, Enji mentiva in primo luogo a se stesso. Nessuno riusciva a infondergli sicurezza quanto Keigo, nessuno, a parte lui, sembrava capirlo veramente.
Il re si era lasciato sfuggire un sospiro stanco. «D’accordo», aveva concesso infine.
«Bene», aveva concordato Keigo. Poi, rassicurato, il suo sorriso era tornato a distendersi. «Anche perché dovrai anche organizzare un banchetto per festeggiare il mio ritorno…»
«Te lo puoi scordare», aveva negato seccamente Enji.
Keigo aveva riso sonoramente, grato di essere riuscito ad allentare la tensione.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Endeavor, Fuyumi Todoroki, Hawks, Rei Todoroki, Shouto Todoroki
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mattina seguente era stato risvegliato da un raggio di sole che gli aveva colpito in pieno il volto.
Keigo aveva bofonchiato rumorosamente, coprendosi il viso con un braccio e vagando con l’altro lungo il materasso, alla ricerca del lenzuolo, che aveva intenzione di tirarsi fin sopra il capo.
Quei pensieri che gli mangiucchiavano il cervello avevano finito per tenerlo sveglio quasi tutta la notte, togliendogli il riposo. E, dopo l’ultimo viaggio al nord, Keigo era piuttosto certo di averne disperatamente bisogno, di un po’ di riposo.
In tutta onestà, tornare a palazzo era la sua croce e delizia. Rivedere Enji gli riempiva sempre il cuore di gioia, tuttavia dovergli restare distante ogni volta, trattenersi quando avrebbe voluto solamente spingersi qualche centimetro più avanti e sfiorargli le labbra con le proprie, o pensare al corpo di Rei disteso accanto a quello dell’uomo, la notte, nel loro letto, lo logorava come un pugnale che si conficcava nella sua carne.
Il ragazzo si era tirato a sedere sul letto, indugiando ancora un poco prima di alzarsi. Pensava al sole, che faceva capolino tra le montagne distanti, e pensava al re, quel re che adorava così tanto ma che non avrebbe potuto mai avere, e che inconsapevole finiva perfino per togliergli il sonno la notte.
Come sei ridotto male, Keigo, si ritrovò a pensare tra sé, prendendosi la testa tra le mani.
A giudicare dalla posizione del sole, ancora basso nel cielo, doveva essere piuttosto presto. Se si sbrigava, sarebbe stato solo al tavolo della colazione e, considerando che non aveva voglia di incrociare alcun membro della famiglia Todoroki di prima mattina, doveva muoversi in fretta.
Balzò giù dal letto, attraversando la stanza fino a raggiungere un grande armadio, dove erano riposti dei vestiti che erano stati realizzati apposta per lui. Le rare occasioni in cui si lasciava prendere dalla malinconia e rimaneva a palazzo per più giorni, quella era la camera che solitamente occupava, affidatagli diversi anni prima. Di solito Keigo preferiva viaggiare lontano, tenere i propri pensieri occupati, perché la vicinanza a Enji lo rendeva… debole. Completamente suo succube, perso nel desiderio di averlo, sebbene la consapevolezza che ciò non sarebbe potuto mai avvenire.
In ogni caso, quando era a palazzo alloggiava lì. Recuperò alcuni indumenti puliti, dopodiché li poggiò sul letto e cominciò a spogliarsi. I suoi vestiti, dopo il lungo viaggio, non erano ridotti affatto bene: gli stivali erano impiastrati di fango – quando i ghiacci del nord si scioglievano, il terreno sottostante finiva per riempirsi di pozzanghere acquitrinose –, mentre sui vestiti che erano stati spazzati dal vento freddo era ancora impregnata della polvere rossastra. La camicia candida, in particolare, non sembrava essere messa affatto bene.
Keigo gettò tutto in un angolo della stanza, certo che i domestici del palazzo se ne sarebbero occupati. Poi, una volta rimasto nudo, si avvicinò al catino di zinco.
Era, come al solito, posato su uno sgabello di legno, davanti alla piccola scrivania che si trovava a ridosso della parete opposta a quella contro cui premeva appena la testiera del letto a baldacchino. Sopra allo scrittoio era appeso uno specchio, dalla forma ovale e circondato da una cornice dorata. In quel momento, sulla superficie si riflettevano i pesanti drappeggi azzurri del letto. Keigo mosse qualche passo in avanti, fino a che non vide la propria immagine nello specchio. Si ritrovò ad arricciare le labbra, in disappunto.
Aveva una pessima cera. Il volto era pallidissimo, e sotto agli occhi erano comparse occhiaie violacee, segno di quei giorni estenuanti di viaggio e dell’ultima notte trascorsa insonne. I capelli, poi, erano un completo disastro: il vento li aveva tormentati, fino a renderli ancor più intricati del solito, un vero e proprio ammasso dorato, senza capo né coda. Le ali, in compenso, sembravano essere piuttosto in forze, sebbene le piume fossero un poco arruffate.
Il ragazzo sospirò, con fare esausto, dopodiché affondò le mani nell’acqua del catino. Sgorgava gelida nelle cucine, direttamente dagli acquedotti del nord, e i catini venivano riempiti d’acqua fresca e pulita ogni sera al tramonto, così che tutti gli abitanti del castello potessero usufruirne a loro piacimento. Il tepore del palazzo la riscaldava, così al mattino aveva una temperatura decisamente più gradevole. Qualcuno, probabilmente uno dei domestici, aveva lasciato un panno che era rimasto lì a mollo per tutta la notte. Keigo lo recuperò, strizzandolo bene e poi cominciando a passarselo su tutto il corpo, pensando che quella potesse essere una buona idea.
Scivolò sulla sua pelle pallida, passando sul petto, le spalle, la schiena, tutti punti in cui aveva riportato delle cicatrici nel corso di lunghi anni di battaglie. Indugiò in particolare sui fianchi e sul collo. Teneva gli occhi chiusi, e si ritrovò a sospirare immaginando la presa forte delle dita del re sui primi o la scia umida che le sue labbra avrebbero lasciato sul secondo.
Si ritrovò ad alzare le palpebre di scatto. Non si sarebbe ammonito per quei pensieri, perché si conosceva, sapeva che era nella sua natura adagiarsi su di essi e non avrebbe mai smesso di farlo, tuttavia si sentì quasi in colpa, ricordandosi che no, nulla di ciò su cui gli piaceva fantasticare sarebbe mai avvenuto, doveva metterselo in testa una buona volta per tutte.
Eppure… non riusciva a darsi per vinto. C’era una parte di sé irrimediabilmente attratta dal re che non avrebbe mai smesso di adularlo, di cercare di conquistarlo almeno finché non fosse riuscito a portarlo nel proprio letto.
Se solo fosse stato possibile…
Sconsolato, Keigo lasciò cadere il panno umido nuovamente nell’acqua, per poi asciugarsi e rivestirsi in fretta.
Aveva quasi dimenticato che, quella mattina, la sua missione sarebbe stata quella di sedersi al tavolo della colazione prima dell’arrivo di un qualsiasi membro della famiglia Todoroki.

Prevedibilmente, la sua missione fallì miseramente.
Una volta arrivato alla sala da pranzo, la stessa della notte precedente, aveva trovato Enji già seduto a capotavola.
Keigo non ne fu troppo sorpreso. In anni di lavoro al suo fianco, aveva imparato che il re era una persona estremamente mattiniera.
Oltre all’uomo, comunque, non c’era traccia del resto della famiglia Todoroki. Per quanto Keigo si fosse perso nelle proprie fantasie, continuava a essere relativamente presto.
Per un momento, il ricordo della sensazione – seppur immaginata – delle dita dell’uomo che gli stringevano i fianchi costrinse Keigo ad abbassare lo sguardo.
La sala da pranzo era inondata dalla luce dorata del mattino. Keigo l’attraversò in silenzio, tenendo lo sguardo basso fisso sul pavimento, consapevole che, per quanto avesse cercato di darsi una ripulita, il suo aspetto continuasse a risultare terribile.
Enji era seduto nella stessa posizione in cui Keigo l’aveva lasciato la sera precedente, la guancia poggiata al palmo della mano, il gomito puntellato sul bracciolo della sedia. Perfino la seduta era la stessa della sera precedente, tanto che Keigo si ritrovò a domandarsi se non fosse rimasto lì per tutta la notte, a riflettere, senza essersi accorto della venuta dell’alba.
L’unico mutamento che il ragazzo era riuscito a riscontrare era che, adesso, l’uomo osservava il paesaggio fuori dalla finestra. Lo sguardo pareva perso nel vuoto, e a Keigo sembrò di intravedere in quelle iridi cerulee da cui era irrimediabilmente attratto un velo di tristezza.
Keigo avrebbe voluto strapparla via dai suoi occhi, se solo avesse potuto. Aveva l’impressione che, come la sera precedente, fosse ancora preoccupato per quella gente al nord che minacciava di attaccarli.
Doveva trovare una soluzione. Non sopportava di vedere quello sguardo così spento.
«Buongiorno», si decise finalmente a salutarlo, col solito tono allegro, andando ad accomodarsi a una delle sedie alla sua sinistra.
Enji sembrò essersi accorto della sua presenza solo in quel momento.
«Buongiorno», ricambiò, austero, voltandosi a osservarlo.
Keigo si ritrovò a sorridere. Quando erano da soli sentiva di poter essere veramente se stesso. Non che per tutto il resto del tempo si sforzasse di fingere di essere un’altra persona, solo che, tra loro, certe formalità non c’erano mai state sul serio, e Keigo era ormai certo del fatto che non fossero mai piaciute a nessuno dei due. Si era sempre sentito grato, ad esempio, del fatto di essere uno dei pochi che potesse dare del tu al re senza rischiare di venire incenerito.
Il ragazzo cominciò a servirsi. Il tavolo era già stato riccamente imbandito, poteva scegliere tra i più vari alimenti e bevande. C’era frutta fresca a volontà, pane caldo e fragrante appena sfornato, latte bianco che era stato probabilmente munto poco prima – non distanti dal castello, infatti, c’erano anche le stalle dei mugnai che rifornivano la famiglia reale ogni mattina. Keigo si versò il latte in una tazza, mentre recuperò da un vassoio una fetta di una torta nella quale non aveva la minima idea di cosa ci fosse. La morse per assaggiarla: aveva un sapore fresco, di pere, e forse anche di un qualche formaggio, ma non riuscì a riconoscere quale fosse. Sembrò accorgersi solo in quel momento di quanto avesse fame.
Nel frattempo, lanciò un’occhiata in direzione del re. Enji era tornato a osservare il panorama fuori dalla finestra, con lo stesso sguardo immalinconito di poco prima. Sembrava che l’arrivo di Keigo non fosse riuscito minimamente a risollevarlo, e la cosa gettò il ragazzo in una sorta di sconforto. Di solito riusciva sempre ad alleggerire i suoi pensieri, ce l’aveva fatta anche la sera precedente. Allora perché quella mattina non succedeva lo stesso?
Keigo tornò a pensare al giorno in cui l’aveva conosciuto per la prima volta. Aveva capito da subito come ci fosse un filo a collegarli. Aveva cercato di intercettare per tutto il tempo gli occhi azzurri del re tra la folla, e aveva atteso a lungo che tutti avessero smesso di ronzargli attorno per avvicinarsi a lui.
Quando finalmente si era ritrovato al suo cospetto, Keigo si era profuso in un ampio inchino.
«Maestà», s’era introdotto. «Permettetemi di offrirvi i miei servigi.»
Il re e la regina erano stati fatti accomodare su due troni, sopra una pedana di legno nella piazza principale. Enji si era portato una mano al mento, riflettendo attentamente.
«Il tuo popolo non sembra avere alcuna intenzione di servirmi», aveva commentato. «In cosa saresti diverso tu?»
Sul volto di Keigo, ancora rivolto a terra, era comparso un sorriso. Per la verità si poteva dire che non avesse atteso altro che una domanda del genere.
«Beh, ecco… oserei dire che sono diverso in tutto», aveva risposto. Keigo aveva dispiegato le grandi ali cremisi alle proprie spalle, strappando alla corte del re dei mormorii ammirati. Enji, al contrario, non sembrava essere particolarmente sorpreso. Teneva le braccia conserte, osservando il ragazzo con un’espressione critica.
Keigo non ci aveva dato troppo peso. Si era librato in aria, fluttuando sopra alla folla.
«Le mie ali mi rendono incredibilmente veloce. Posso percorrere la stessa distanza che un uomo compie a cavallo per giorni in meno della metà del tempo», aveva spiegato. «In più, posso controllare le mie piume. Posso far si che si distacchino dalle mie ali, ed essendo robuste e resistenti posso usarle come armi. Sono ottime sia in attacco che in difesa.»
Ciò detto, il ragazzo s’era esibito in una dimostrazione pratica. Aveva chiuso gli occhi, ordinando mentalmente a una delle sue piume più lunghe di staccarsi dalle ali. Queste gli aveva subito obbedito, e Keigo ne aveva approfittato per afferrarla al volo. L’istante successivo aveva preso a vorticare rapidamente in circolo sopra alla piazza, mostrando anche alla gente con cui aveva sempre vissuto quanto fosse migliorato, in quei mesi in cui s’era allenato da solo. All’improvviso s’era lanciato in picchiata in un punto della piazza, dove si trovava un banchetto su cui era esposta della frutta. Il ragazzo aveva recuperato una mela, per poi lanciarla in alto, mentre volava di nuovo davanti al re.
Prima che la mela potesse atterrare al suolo, Keigo l’aveva tagliata in due metà precise, senza nemmeno guardarla. Aveva allungato una delle due metà al re, guardandolo dritto negli occhi cerulei con i propri dorati, colmi di sfrontatezza, mentre si era portato l’altra alle labbra, mordendola con gusto.
Quella era solo un giochetto di prestigio, lo sapeva bene. Poteva fare molto di più per impressionare il suo re, ed era pronto a dargliene prova, se solo gli avesse permesso di seguirlo.
Ancora adesso, Keigo non sapeva se Enji avesse lasciato che li seguisse al sud perché sinceramente colpito dalle sue abilità o per quei suoi modi che, a uno sconosciuto, potevano apparire presuntuosi.
Ma non gli importava. Era felice che, per tutti quegli anni, Enji gli avesse permesso di rimanere al suo fianco per servirlo.
Keigo si era portato la tazza di latte alle labbra, bevendolo avidamente, assetato.
Aveva seguito quel filo che li univa, percorrendo la distanza che li separava, e non aveva alcuna intenzione di allontanarsi da lui.





notes
io non ho capito esattamente per quale motivo ieri non sono riuscita a mettere il link del terzo capitolo nel commento su fb, spero che fanwriter.it abbia pietà di me. giuro che oggi m'impegno di più!
comunque! oggi sto un po' meglio d'umore rispetto a ieri. l'unica cosa che mi turba è che non sono particolarmente soddisfatta dei capitoli che ho scritto, ma ehi, verranno pubblicati verso la fine del mese, quindi mi giocherò allegramente la carta della stanchezza.
per il resto, due cose belle: è molto probabile che domani finirò effettivamente di scrivere questa long (ancora non ci credo help), mentre tra due giorni potrò pubblicare... un capitolo molto bello. eheh, non vi spoilero niente, per ora.
parlando di questo, di capitolo, abbiamo approfondito il primo incontro tra questi due. ora che ci penso, c'è qualche elemento in comune con il loro primo incontro canonico, e urlo, perché la cosa non era assolutamente intenzionale.
quello che più mi premeva, in realtà, era sottolineare appunto quanto Keigo si senta debole per Enji, perché sì dai, penso sia palese che sia così. ammetto che la parte del catino è stata molto divertente da scrivere, ahah.
quanto al prompt di oggi, invece, la parola era filo. allora, da quando questi due sono entrati a far parte della mia vita dico sempre che hanno riscritto il mio concetto di anime gemelle, e come dice taylor swift one single thread of gold tied me to you. per me questi due sono sempre stati legati da un filo ed erano destinati a incontrarsi, se siete in pari col manga forse sarete d'accordo con me. quindi sì, l'interpretazione del prompt è stata quella metaforica del filo del destino. dico sempre che Keigo è sottone, ma la verità è che forse io lo sono più di lui
– solo che per entrambi, lol.
per oggi è tutto. grazie a chiunque stia seguendo la storia ♥
a domani, e non vi
nascondo di essere super elettrizzata!
aria 
   
 
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