Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: J Stark    06/10/2021    0 recensioni
Cosa succederebbe se inaspettatamente ti ritrovassi nel mondo dell'Attacco dei Giganti? Conoscendo la storia agiresti per cambiare gli eventi o lasceresti che facciano il loro corso? Assisteresti da spettatrice/spettatore alla morte dei tanti personaggi o cercheresti a tutti i costi di salvarli?
Ti invito a scoprirlo unendoti all'avventura di Carol, la protagonista di questa storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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“Il territorio del Wall Maria costituiva un terzo del territorio totale rimasto all’umanità. Cinque anni prima, dopo aver perso questo territorio, gli esseri umani chiusi dentro due sole cerchie di mura capirono una cosa.
Che non avevano più il diritto di vivere.

Questo perché gli uomini non potevano sconfiggere i giganti.
E fu così che la piccola lama celata dentro al cuore di un giovane uomo riuscì a trafiggere un gigante, facendo battere a terra la sua enorme testa.
Che effetto avrà avuto questo sui testimoni dell’evento?
Ci furono grida orgogliose.
Grida di grande speranza.
E altri urlarono pieni di rabbia.
Ma allora, una volta riconquistato il Wall Maria, queste persone che cosa proveranno?
Riusciranno ancora a credere nel fatto che l’umanità ha il diritto di vivere?
Arriverà mai qualcuno in grado di convincerli che l’umanità può decidere da sola del proprio destino, una volta riconquistato il Wall Maria?”
 



 
Il sole non era ancora sorto nel cielo e le ultime ombre della notte nascondevano l’avanzata del convoglio nel folto della foresta.
Carol si guardava attorno irrequieta, ponendosi in ascolto di ogni minimo rumore sospetto e stringendo saldamente le briglie di Stranger per darsi coraggio. Quando Levi il secondo giorno di addestramento l’aveva condotta nelle stalle per scegliere un cavallo, tra lei e quell’animale era scattata un’immediata chimica. Era un meraviglioso destriero dal manto bruno, mansueto nonostante la giovane età e l’ideale per lei che non era esperta di equitazione. Eppure, fin dalla prima cavalcata la ragazza aveva colto la furia e la grande tenacia che si celavano dietro quell’apparente docilità. Sentirlo al proprio fianco in quel frangente ed in perfetta sintonia con il proprio essere la tranquillizzava.

Era trascorsa circa mezz’ora da quando il contingente principale si era diviso dal gruppo capitanato da Levi, e da allora l’ansia non aveva fatto che crescerle in petto.

Aveva paura, per sé stessa, per Levi, per tutti loro.

Fin dall’inizio era sempre stata consapevole che la minima alterazione nella trama degli eventi potesse sconvolgere l’intera storia, lei in primis era una variabile importante ed inaspettata. Il suo arrivo sull’Isola di Paradis aveva già determinato cambiamenti che procedevano inarrestabili come i tasselli di un tortuoso domino. La sua decisione di condividere le informazioni con Erwin e gli altri ne aveva accelerato ulteriormente la corsa, senza contare ciò che era successo negli ultimi giorni.

Ora più che mai il futuro era un’incognita.

Poteva quasi percepirlo, quell’infido tarlo che non voleva saperne di abbandonare la sua testa, continuando ad instillarle il dubbio del fallimento.
Fallimento che, in quella circostanza, equivaleva ad una condanna a morte.
Non per lei forse, anche se non era sicura che l’appartenere ad un altro mondo l’avrebbe risparmiata da un eventuale decesso. Ma per tutti i soldati che camminavano al suo fianco, per quelli non ci sarebbe stato scampo.
Per sfuggire alla morsa delle proprie paure si aggrappò al bagliore emesso dalla lanterna che reggeva con la mano destra. La speciale gemma che vi era incastonata proiettava una discreta luce, agevolandole la marcia sul terreno accidentato. Un chiarore freddo, asettico, ben diverso dalla calda fiamma che aveva illuminato l’oscurità di quella notte trascorsa con il Capitano.
Per tutto il viaggio aveva cercato di ignorare lo sguardo di Hange puntato su di sé, come a volerle costantemente ricordare l’ordine che le aveva impartito nel suo laboratorio.
Non era sicura di come avrebbe agito se la spilla si fosse attivata durante la missione, sperava solo che ciò non accadesse, che quella decisione venisse rimandata ad un’altra circostanza.

Perché per quanto volesse fare ritorno a casa, in cuor suo sapeva che la scelta non sarebbe stata priva di tentennamenti.

«Grazie di badare anche al mio cavallo»

La voce di Eren le giunse quasi lontana, ma bastò a fornirle una via di fuga dall’ovattato raccoglimento in cui i propri pensieri l’avevano confinata.

«Devi conservare le tue energie, ne avrai bisogno» gli rispose Mikasa con tono apprensivo.

«Eh già, è proprio vero»

«Lei ha ragione, devi riposarti Eren» parlò Connie, venendo prontamente ripreso da Jean per l’imprudenza con cui aveva pronunciato quel nome ad alta voce.

«Devi sempre pensare che il nemico sia nei dintorni» aggiunse circospetto quest’ultimo, prima di dare l’allarme per l’avvistamento di un gigante.

«Va tutto bene, dorme come un sasso, non sembra uno di quei nuovi esemplari capaci di muoversi la notte. Un grandissimo peccato, lasciamolo stare» li tranquillizzò Hange vagamente delusa per l’incontro mancato. Solo lei poteva essere rattristata da una simile circostanza.

«Non l’abbiamo notato finché non ci siamo trovati ad un passo da lui» puntualizzò il ragazzo titano.

«Sì, hai proprio ragione» gli rispose seria la Caposquadra «Per fortuna è come se il velo della notte ci stesse proteggendo. Dopotutto sappiamo che la luna riflette la luce solare, avevamo ipotizzato che nuovi esemplari usassero la luce lunare come fonte di energia. Abbiamo fatto bene ad aspettare la luna nuova, non possiamo sapere se un evento simile si ripeterà ancora. Forse anche quello era uno dei giganti del chiaro di luna…è possibile. Il mio desiderio più grande è catturarne uno!»

Sul volto di Hange si dipinse l’espressione trasognata tipica di quando si parlava di scoperte scientifiche e di titani.  
Carol sospirò, quella donna era impossibile, persino in un momento di tensione come quello riusciva a pensare ai suoi esperimenti.

«Come mai stai tremando? Sei spaventato?» chiese Armin rivolgendosi ad un visibilmente preoccupato Eren.

«EH?! Ma che cosa stai dicendo!» sbottò l’altro, chiaramente infastidito da quella domanda che tuttavia non conteneva in sé alcuna accusa, ma solo un’amorevole preoccupazione.

«È ovvio che mi stai mentendo, vedo le tue mani tremare»

«Tremano perché ho tanto freddo! Ho le mani congelate dal freddo, va bene?»

«Quindi è per quello… perché io ho iniziato a tremare prima e non riesco a smettere. Guarda» Armin mostrò all’amico la traballante mano che reggeva la lanterna.

«Eren, in vita tua hai mai avuto paura dei giganti?» continuò poi sommessamente «Tutti hanno paura dei giganti, è una cosa normale. La prima volta che ho dovuto fronteggiarne uno da solo non sono riuscito a muovere un dito…eppure, in quel momento sei arrivato tu a tirarmi fuori dalla sua bocca. Eren spiegami, come sei riuscito a fare una cosa simile?»

Ci fu un attimo di silenzio, poi il moro si espresse con ritrovata calma.

«Mi era tornata in mente quella volta in cui tu mi facesti vedere quel libro»

Un sorriso distese le labbra di Carol, già a conoscenza dell’evolversi di quel monologo.

«Prima di allora non avevo mai pensato a cosa ci fosse al di fuori delle mura. Passavo i giorni a guardare il cielo e le nuvole…ma poi ascoltai le tue parole e vidi i tuoi occhi brillare. Eri entusiasta di inseguire il tuo sogno ed io non avevo nulla. Fu la prima volta in cui capii che non ero libero, che ero chiuso in una piccola gabbia dentro a un mondo enorme. La mia libertà mi era stata portata via da quelle creature e quando capii tutto questo lo trovai inaccettabile. Non so neanche io il perché, ma quando penso alla nostra libertà, sento le mie forze moltiplicarsi. Ti devo ringraziare, adesso sto meglio» i due amici si sorrisero a vicenda, le loro mani ormai non tremavano più.

Anche la ragazza si sentì alleggerita, nonostante la consapevolezza delle azioni future di Eren gettasse su quelle parole un sinistro significato.

«Magari l’anno prossimo a quest’ora staremo già guardando il mare»

Ed era vero, pensò Carol osservando la speranza accendere quegli splendidi occhi smeraldo, resi ancora più brillanti dalla luce azzurrina della lanterna.

L’atmosfera di quel giorno in riva al mare sarebbe però stata ben diversa da quella che i tre amici ora sognavano.

Dai lati del sentiero fecero la loro comparsa i dieci membri della terza truppa, quella che aveva avuto il compito di sorvegliare i movimenti di Pieck durante la traversata nella foresta.
La Caposquadra Marlene si accostò con discrezione ad Erwin che era in testa alla colonna, ma i due erano troppo lontani perché Carol potesse udirne i discorsi.

«Questo posto… mi è familiare» affermò improvvisamente Mikasa, mentre il resto del gruppo si fermò ad ascoltarla.

«Mi ricordo che sono… venuta qui a raccogliere legna»

«I piedi della montagna! Ci sono le tracce di una strada!» annunciò un soldato, a conferma delle parole della corvina.

«Allora… siamo quasi arrivati» Constatò Eren.

«Riesco a sentire il rumore del fiume» aggiunse Mikasa.

«Siamo arrivati, siamo tornati per davvero. Per la prima volta dal giorno della nostra fuga… siamo tornati nel nostro paese»

A Carol non sfuggì la trepidazione che colorò la voce di Armin.
Talmente presa dalle proprie angosce, non si era soffermata a riflettere su cosa significasse per quei tre ragazzini fare ritorno nella città dove erano cresciuti, e dove la loro infanzia era stata crudelmente spezzata.

Chissà quanto avevano agognato quel giorno, quella personale rivincita non solo sui giganti, ma sullo spietato destino che come la spada di Damocle si ostinava a gravare sulle loro teste.

Ed ora erano finalmente lì, al limitare del bosco dove le fronde degli alberi si aprivano, rendendo visibili ai loro occhi le prime rovine del distretto di Shiganshina.

«Montate a cavallo!» tuonò il Comandante Smith ed all'unisono i militari si issarono sui propri destrieri, spronandoli a tutta velocità verso la città fantasma.

La giovane ascoltava il cuore sbatterle contro le coste al ritmo serrato di quel galoppo, seguendo il battere degli zoccoli sulla vecchia strada lastricata.

«Fate attenzione ai giganti nascosti tra gli edifici! L’operazione comincia adesso, soldati passate al movimento tridimensionale!» ordinò Erwin in prossimità del cancello interno ed in un turbinio di gas il cielo si riempì di mantelli verdi, simili a tante foglie traportate dal vento.

Carol si coprì il capo con il cappuccio, abbandonandosi all’epicità di quel momento.
Fece fermare Stranger e mentre azionava il dispositivo di manovra, nella sua testa risuonò la colonna sonora che aveva scandito quella scena nell'anime. Il ricordo del solenne suono dei corni francesi le accese il sangue, accompagnandola nella risalita lungo le alte mura.
Una volta poggiati i piedi sulla solida pietra la bionda si accostò ad Erwin, osservando Hange e la sua squadra che partivano alla volta del cancello esterno.  Armin invece si arrestò sul posto, attirato dai segni del falò dei loro nemici Eldiani e fece segno a Smith di avvicinarsi.

"Ci siamo" disse tra sé la ragazza.

 Ora i giochi avevano inizio.

«Comandante, questi sono i segni di un fuoco, Berthold e Reiner devono essere vicini»

«Hai ragione, non possiamo ignorare questi resti. Vai in perlustrazione Armin e poi riferiscimi ciò che trovi»

Alle parole del Superiore il biondino si calò immediatamente dalle mura, sparendo alla loro vista.
Carol approvava la decisione di Erwin di mantenere invariata quella sequenza degli eventi, benché fosse già stato informato dell’ubicazione di Reiner. Egli aveva infatti compreso l'importanza di quell’opportunità per il ragazzino, che poteva in questo modo accrescere la fiducia nelle proprie capacità di leader e stratega.
Vedere il Comandante nutrire così tante speranze in Arlert lo nobilitò ancora di più agli occhi della giovane.

Ovviamente sarebbero stati comunque pronti ad agire: in assenza di Levi, che ormai doveva essere in posizione con la propria squadra nella foresta, il compito di attaccare Reiner era stato affidato a Grime. Si trattava di uno degli ultimi capisquadra rimasti, lo stesso a cui si attribuiva il merito di aver organizzato la grigliata della sera precedente, acquistando la carne dalla Compagnia Reeves.
Dato che nella storia originale nemmeno il Capitano era riuscito a decapitare il Guerriero, e vista la necessità di catturarlo vivo, si era deciso di non impedirne la trasformazione.
Due soldati scelti, arpionati alle mura in due punti vicini al nascondiglio di Reiner, avrebbero sorpreso quest’ultimo dai lati mirandone alla mandibola con le lance fulmine. Grime sarebbe quindi piombato su di lui dall’alto, infilandosi nella bocca aperta del Corazzato e facendone così saltare la nuca. Con il corpo di Reiner troppo impegnato nella rigenerazione per ritrasformarsi, sarebbe poi stato facile immobilizzarlo del tutto recidendone gli arti.

Carol sperava che, mettendo subito fuori gioco Reiner e Zeke, si potesse tentare di arrivare ad un qualche accordo con i Guerrieri di Marley, scongiurando così la disfatta di Shiganshina.

E con essa quella del mondo intero.

La sua ansia non sfuggì all'occhio esperto di Erwin, che le pose la mano sulla spalla in un incoraggiamento silenzioso.

«Marlene mi ha riferito che, come avevi previsto, il Gigante Carro ha seguito i nostri spostamenti durante l’intera marcia nel bosco. Quando poi eravamo ormai vicini alla città ha cambiato direzione, ricongiungendosi con i suoi compagni anch’essi nascosti al limitare della foresta»

«Quindi Levi e la sua squadra sono riusciti a passare inosservati» dedusse Carol tirando un sospiro di sollievo.

«Sì, abbiamo mantenuto l’attenzione dei nemici sulla schiera principale. Ora non ci resta che aspettare che facciano la loro mossa»

Entrambi tornarono a volgere l'attenzione verso la città, in attesa.

Due fumogeni verdi solcarono il cielo in lontananza, dando la notizia che la breccia esterna era stata sigillata con successo ed avvisando del ritorno di Eren e gli altri per richiudere quella interna.

«Abbiamo chiuso il cancello esterno» osservò il Caposquadra Klaus «Continuo a non approvare la scelta di perdere questo tempo prezioso, secondo me avremmo dovuto concentrarci subito su Braun, in fondo sappiamo già dove si trovi…»

«Agli altri soldati non sono state fornite le informazioni in nostro possesso, inoltre dobbiamo procede in questo modo per non insospettire i nemici. La sola conoscenza ci fornisce un vantaggio strategico non indifferente e dobbiamo sfruttarlo al meglio. Se attaccassimo subito il Corazzato non sappiamo come potrebbero reagire i suoi alleati. Stando al loro gioco invece possiamo anticiparne le mosse. Ponderare le azioni del nemico, studiare bene la situazione, fargli credere di averci in pugno e solo allora colpire» spiegò analiticamente Erwin.

«Non mi è mai piaciuto giocare al gatto e topo» sbuffò Klaus ancora perplesso sul da farsi.

«Forse, dopo tanti anni passati come topi è finalmente giunto il nostro momento di ribaltare i ruoli di questa caccia» ipotizzò Smith azzardando una smorfia beffarda, poi proprio in quel momento Armin risalì le mura.

«Ho ispezionato la zona e ci sono davvero le tracce di un accampamento. Per terra c’erano degli oggetti, ma il bollitore era già freddo. Hanno bevuto qualcosa di simile a un tè, ho trovato tre tazze con i resti di un liquido nero sul fondo… Quindi c’erano almeno tre persone sulle mura» riferì il giovane soldato, con il fiato ancora corto.

«Hai detto che il bollitore per terra era freddo» considerò il Comandante.

«Esatto»

«Questo è molto strano»

«Già»

«Ma… perché è strano?» si intromise stupito Klaus, non riuscendo a seguire il sottile ragionamento di quelle menti acute.

«Siamo arrivati a tutta velocità sui nostri cavalli e usando dispositivi di manovra. Supponendo che si siano accorti che noi eravamo diretti qui, avevano solo due minuti per reagire. Un bollitore non si raffredda completamente in così poco tempo, devono averci individuati almeno cinque minuti prima del nostro arrivo così hanno avuto tutto il tempo di cui avevano bisogno per prepararsi» spiegò Erwin allo sbigottito Caposquadra.

«Non capisco…ma come hanno fatto?»

«F-Forse c’erano altre sentinelle oltre alle tre persone qua sulle mura, quindi dobbiamo pensare che i nemici in agguato siano più numerosi, è così?» osservò Armin dando voce ai propri pensieri.

«La priorità adesso è individuare la posizione del nemico. Senti Arlert, la tua mente ci ha salvato più e più volte da questo tipo di situazioni. È il momento in cui ne abbiamo maggior bisogno. Puoi prendere tutti gli uomini che ti servono, scopri se il nemico si nasconde vicino al cancello interno» dispose Smith richiamando alcuni dei soldati.

«Da questo momento risponderete agli ordini di Armin Arlert, le ricerche cominciano ora!»

Carol assistette alla scena in silenzio, lo sguardo fisso sul ragazzino che in quel momento sembrava non credere alle proprie orecchie.

«AGLI ORDINI!» risposero all’unisono i militari dopo un breve attimo di esitazione, prima di accerchiare un ancora più scombussolato Armin chiedendogli istruzioni.

«Abbiamo ispezionato ogni angolo delle mura!»

«Dicci cosa dobbiamo fare e lo faremo!»

«Dividetevi in due gruppi e ispezionate tutti gli edifici che si trovano vicino al cancello. Se c’è qualcosa usate un segnalatore acustico. Pe-per favore» impartì titubante il biondino e subito la squadra si lanciò in perlustrazione sulla città, seguita poi da lui stesso.

«Un’altra scommessa azzardata» Fu lo scettico commento di Klaus una volta rimasti soli sulle mura.

«No, so cosa è in grado di fare. Lui è una delle armi migliori a nostra disposizione» ribatté lapidario il Comandante e Carol fu grata che Armin potesse contare sulla piena fiducia di quel leggendario militare.

«Eren sta tornando per il secondo cancello, che cosa facciamo? Sospendiamo l’operazione finché non troviamo il nemico?»

«No procediamo. Abbiamo poche possibilità di vittoria in uno scontro prolungato. La nostra unica speranza in territorio nemico è uno scontro breve. E se questo fa parte del piano dei nemici allora staremo al loro gioco, non ci rimane altra scelta»

Erwin spostò poi lo sguardo su Carol

«In ogni caso, loro non sono gli unici ad avere dei segreti»

La ragazza avvertì dei brividi simili ad una scarica elettrica percorrerle la spina dorsale, sentendosi improvvisamente nuda ed indifesa di fronte a quegli occhi celesti che la squadravano temibili quanto quelli di un rapace.

Un segnale acustico precedette il ritorno di Arlert ed i soldati si radunarono nuovamente sulle mura chiedendo spiegazioni.

«Dove sono i nemici?»

«Li hai trovati?»

«Non ancora, ma perlustrate tutti le mura!»

I militari non sembravano d’accordo con quell’ordine, facendo notare di aver già controllato ogni angolo possibile.

«Sono dentro le mura!» li zittì il ragazzino «Sono sicuro che c’è uno spazio in cui le persone possono trascorrere del tempo»

«E chi ti ha detto che sono lì dentro?» gli domandò perplesso un veterano.

Armin abbassò lo sguardo, esitante.

«Il mio istinto»

A quelle parole l’uomo reagì malamente afferrandolo per il colletto.

 «Ti rendi conto che la situazione in cui ci troviamo è molto grave? Non abbiamo tempo per le tue sciocchezze!»

Carol non poté biasimarlo, dopotutto stavano chiedendo a quei soldati una grande prova di fiducia.

Ma il giovane non si scompose.

«No devi ascoltarmi! I nemici sono sempre riusciti a metterci alle strette con l’enigmatico potere dei giganti, non possiamo permettere che il nostro buon senso ci blocchi o non riusciremo mai a batterli! Avete capito?»

In quel momento un fumogeno rosso, il segnale di sospensione dell’operazione, venne sparato.

Tutti si voltarono sbalorditi verso Erwin, il quale si espresse con un’autorevolezza che non ammetteva repliche.

«C’è un tempo per la rigidità e uno per la flessibilità, fate tutto seguendo i principi e le regole del buon soldato. La gerarchia di comando va rispettata, noi siamo venuti qui per vincere una battaglia»

Come incoraggiato dalla stima che il Superiore mostrava nei sui confronti, Armin diede nuovamente ai soldati l’ordine di ispezionare attentamente la parete delle mura.
Carol notò con piacere che nella sua voce non c’era traccia dell’esitazione di poco prima, davanti a sé riusciva davvero a scorgere il quindicesimo Comandante del Corpo di Ricerca e non poteva esserne più orgogliosa.

Mentre osservava i militari esaminare la facciata di pietra, la ragazza contava i secondi che li separavano dall’inizio della battaglia.

«Qui! Qui dietro c’è qualcosa!» gridò un commilitone sparando il segnale acustico.

Erwin lanciò un'occhiata a Grime che, già allerta, si mise in posizione di attacco.

Carol trattenne il respiro.

In un attimo Reiner uscì dal nascondiglio, colpendo il veterano che aveva fatto la segnalazione.

Quando avevano pianificato la strategia, la giovane aveva espresso la volontà di risparmiare quella vita innocente.
Ma Erwin era stato chiaro: se non volevano destare sospetti e rendere credibile la messa in scena, quello era un sacrificio che non poteva essere evitato. Era stata però disposta la presenza di un membro della squadra medica, così da poter attendere nell’immediato alle ferite del soldato, che infatti venne prontamente recuperato prima di impattare al suolo.

Ed in quella frazione di secondo, mentre tutti erano in attesa della prossima mossa del Guerriero egli, contrariamente a quanto Carol si sarebbe aspettata, invece di trasformarsi si scagliò su Armin.

«NO!» urlò lei terrorizzata, la voce strozzata dal panico.

Braun immobilizzò il gracile amico con facilità, puntandogli una lama alla gola.

«Se provate anche solo a mettervi in mezzo, lo uccido» minacciò rivolto al resto della truppa.

Carol non sapeva cosa fare, le gambe le tremavano di fronte alla concreta possibilità di aver fallito ed aver messo ancora più in pericolo quegli uomini.

«Davvero vuoi uccidere uno dei tuoi preziosi compagni, Reiner?» urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, attirando su di sé l’attenzione dell’interessato.

Lui alzò la testa nella sua direzione, assottigliando lo sguardo per mettere a fuoco quell’esile figura che lo stava apertamente sfidando.

Anche gli altri soldati, Erwin compreso, la guardavano in attesa.

«Per tre lunghi anni Armin e gli altri sono stati la tua famiglia, ti hanno guardato le spalle in battaglia e lo stesso hai fatto tu con loro. Avete condiviso i vostri sogni, le vostre paure, siete cresciuti insieme. Non deve finire così Reiner, lo so che tu non vuoi questo» proseguì la giovane facendo appello a tutta la calma che possedeva. 

Ma la volontà del Guerriero sembrava non volersi piegare all’affetto che provava per i vecchi amici, e per tutta risposta premette ancora di più l’acciaio contro il sottile collo di Armin.

Quando un rivolo di sangue corse lungo quella pelle candida, Carol capì di doversi spingere oltre.

«Se lo uccidi, noi non ti lasceremo farla franca. Morirai qui Reiner, e non potrai fare ritorno alla tua terra. Non è forse questo il tuo più grande desiderio? Non vuoi rivedere tua madre Karina e tua cugina Gabi?»

Attorno a lei calò il silenzio, solo il vento osava fischiare sulle alte mura, incurante di quella tensione che si poteva tagliare con un coltello.

«C-Cosa hai detto?» balbettò attonito il suo interlocutore, fissandola impietrito ad occhi spalancati.

Approfittando di quell’attimo di esitazione in cui Reiner aveva allentato la presa, Armin premette entrambi i grilletti sganciando così i rampini dalla pietra, e spingendo via il braccio del ragazzo si lasciò cadere verso il basso.

Grime a quel punto agì d’istinto e scaraventandosi sul Guerriero lo infilzò al collo, con la medesima tecnica adottata da Levi nell’anime.

Carol sapeva già che sarebbe stato inutile, data l’abilità del titano di trasferire la propria coscienza lungo il midollo spinale.

Osservò Reiner contorcersi al suolo come un insetto in agonia, in preda agli spasmi della trasformazione.

Preceduto da un bagliore accecante davanti ai loro occhi si stagliò il Corazzato, pronto a combattere ed ancora più determinato a sterminare tutti loro dopo le parole pronunciate da Carol.

«Ispezionate i dintorni, individuate il resto dei nemici!» urlò Erwin sguainando la spada.

In quell’istante una serie di potenti lampi simili ad esplosioni illuminarono l’orizzonte alle spalle del Comandante.

E laggiù, in mezzo alla fila ordinata di giganti che si era appena delineata, fece la sua comparsa Zeke Yeager.
   
 
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