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Autore: Ode To Joy    08/10/2021    3 recensioni
[Kageyama x Hinata]
[Iwaizumi x Oikawa]
[Atsumu x Hinata one-side]
Qualunque cosa accada, non smettere mai di guardare il cielo.
Dieci anni - o poco più - di Tobio e Shouyou raccontati in momenti.
[Spoiler!]
[Raccolta partecipante al Writober 2021 di Fanwriter.it]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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#7 Ephialtes

 

Con te con te

che mi aiuti ad accettare quel che volevo scordare


Videochiamata dal cellulare di Yamaguchi Tadashi:

 

Y.T. - Wow… Che brutta faccia.

 

H.S. - Dici? Che ore sono lì? Coff… Coff... Sto facendo un po’ di confusione col fuso orario negli ultimi giorni.


Y.T. - Hai l’espressione un po’ confusa, in effetti. Ma hai la febbre?”

 

H.S. -Coff… Coff…  Non ti preoccupare, è solo un raffreddore… Senti, ti richiamo più tardi: tra poco attacco il turno al lavoro.

 

Y.T - Vuoi girare in bicicletta tutta la notte con questa tosse?

 

H.S. - Te l’ho detto: è solo un raffreddore. Piuttosto, prima che chiuda, lui come sta?

 

Y.T. - Meglio di te in questo momento.

 

H.S. - Yamaguchi, ho poco tempo, per favore.

 

Y.T. - Shouyou, sul serio, hai una brutta cera. Prenditi una giornata di riposo.

 

H.S. - Non posso permettermelo.

 

Y.T. - Hai bisogno di soldi? Kageyama è ben pagato dagli sponsor, se-

 

H.S. - Non devi dirgli niente! 

 

Y.T. - …

 

H.S. - Scusa… Scusami. Per favore, non dirgli nulla. Tra poco inizieranno le Olimpiadi, non deve pensare ad altro.

 

Y.T. - Come vuoi. Ti prego, Hinata, prenditi cura di te.


E mi sai dimostrare ogni giorno che passa 

Che non c’è niente da temere

Ma così tanto da temere


-Tokyo, 2013-


Prima di migliorare, doveva peggiorare.

Non era la prima volta che Shouyou aveva la febbre, ma non ricordava di essere mai stato così male. Il bruciore era ustionante, gli partiva dal petto per arrivare alla gola. Ogni respiro era un dolore. Gli faceva male ogni muscolo, ma non nel modo soddisfacente di un dopo partita.

Nemmeno il sonno era di alcun conforto: era spezzato dagli attacchi di tosse, infestato da incubi di cui non riusciva a rammentare le immagini ma ne sentiva gli effetti sotto la pelle.

”Tutto quello che devi fare ora è guarire e recuperare le forze.”

Avevano perso.

”Non è colpa tua.”

Avevano perso.

”Andrà tutto bene.”

Avevano perso.

Alla fine di tutto, gli avevano dato una stanza isolata dai suoi compagni. Il coach gli aveva portato la cena e rivolto alcune parole di conforto che a Shouyou erano arrivate solo di sfuggita.

Avevano perso e non c’era nulla che potesse persuaderlo dal pensare che fosse colpa sua. L’ennesimo colpo di tosse lo strappò dal dormiveglia - perché di riaddormentarsi non c’era verso. 

Fuori era buio ma non sapeva che ore fossero: non aveva la forza di allungare la mano fuori dalle coperte e controllare il cellulare. 

Shouyou aveva la spiacevole sensazione di essere rimasto da solo al buio per troppo tempo. Se qualcuno era entrato a controllare come stava, non se ne era accorto. Si raggomitolò sotto le coperte e lasciò che le lacrime inumidissero la federa del cuscino, ma nulla poté contro il nodo che gli stringeva la gola.

Sapeva che il suo isolamento era necessario per preservare la salute dei suoi compagni, nulla più. Eppure, era come se quel semplice fatto sottolineasse la sua colpa.

Non voleva restare da solo.

Non voleva essere lasciato indietro.

Non si accorse della porta che si apriva, ma sobbalzò alla mano fredda che gli toccò la fronte. 

“Hinata.” Kageyama lo afferrò per la spalla e lo tirò a sedere con poca grazia. “Pulisciti il viso. Devi bere, avanti.” Gettò tra le mani del compagno malato il pacchetto di fazzoletti e cercò la bottiglia dell’acqua nella stanza buia. Per nulla presente a se stesso, Shouyou sollevò gli occhi assonnati sull’alzatore. 

Kageyama ricambiò l’occhiata con un’espressione disgustata. “Sei un disastro.” Prese un fazzoletto, e pulì il naso colante dell’altro con la poca gentilezza che lo caratterizzava.

Shouyou non aveva la forza di opporsi, si limitò a lamentarsi debolmente. Le lacrime scorrevano ancora sulle sue guance.

Se Kageyama le vedeva, non disse nulla a riguardo. 

“Non dovresti essere qui,” farfugliò Shouyou, cercando la mascherina chirurgica tra le lenzuola in disordine. “Ti ammalerai.”

“Shhh… Non ti agitare, idiota,” sibilò Kageyama. “Sveglierai il Coach e il Professore e ci metterai entrambi nei guai.”

Shouyou lo guardò storto, ma la sola fonte di luce nella stanza era quella del lampione fuori dalla finestra. “Sei tu che sei venuto da me.”

“Piangevi,” replicò Kageyama, secco. “Mi hai svegliato.”

Shouyou sgranò gli occhi. “Gli altri mi hanno sentito?”

“No, solo io.” Kageyama riuscì in qualche modo a passargli un bicchiere d’acqua.

Shouyou bevve e la gola gli fece male. “Grazie… Ma non devi rimanere qui o ti prenderai la febbre.”

“Non è più così importante.” Kageyama si sedette a gambe incrociate sul letto, rendendo chiaro che non aveva alcuna intenzione di andarsene. “Il torneo è finito.”

Shouyou tirò su col naso. “Sì,” mormorò. “È tutto finito.”

Kageyama lo guardò fisso. “È finito un torneo. Non è finito tutto.”

Shouyou lo guardò tristemente. “È finito il primo anno. Questo significa che è finita questa squadra, che cambierà di nuovo tutto e-“

“Il tempo non può fermarsi,” disse Kageyama. “Nulla è per sempre, nemmeno Karasuno. Per vincere bisogna andare avanti, anche se questo significa perdere tornei, compagni…”

Shouyou non era sicuro di chi fosse il ragazzo che aveva di fronte. “Chi sei tu?” Domandò. “Dov’è Kageyama?”

“Non essere stupido,” borbottò l’alzatore. “Anche io volevo giocare più a lungo con loro. Anche io volevo guidare questa squadra più lontano di così.”

Shouyou accennò un sorriso. “Guidare questa squadra più lontano…”

“Cosa?”

“Sei proprio un Re.”

“Se non fossi con un piede nella fossa, ti picchierei.”

“Non ho un piede nella fossa! Un paio di giorni e tornerò a dare il massimo!” Shouyou perse tutta l’allegria in un battito di ciglia. “Avrei dovuto farlo alla partita di ieri…”

La risposta di Kageyama non si fece attendere. “E lo hai fatto.”

“Mi hanno buttato fuori dal campo. Mi hanno lasciato indietro.” Shouyou guardò il compagno di squadra di traverso. “Anche tu mi hai detto: ho vinto anche questa volta.”

“E ti sei calmato.”

“Sei stato uno stronzo.”

“Uno stronzo avrebbe lasciato che il tuo incidente decidesse le sorti della partita. Io sono andato avanti. Tutti sono andati avanti, perché sapevano che se avessimo perso, quello che si sarebbe attribuito tutta la responsabilità saresti stato tu.”

Le labbra di Shouyou tremavano. Sapeva che era inutile trattenere le lacrime, Kageyama lo aveva visto in situazioni peggiori. 

“Ci sono sei giocatori in una squadra di pallavolo,” gli ricordò Kageyama. “Non avere mai la presunzione che la vittoria dipenda solo da te.”

Fece per alzarsi.

“Aspetta…” Shouyou gli afferrò la maglietta. “Aspetta un attimo, per favore.”

Kageyama non si mosse. Non fece domande.

Shouyou pianse liberamente e quando la testa prese a girargli troppo, si ritrovò con la tempia appoggiata al petto dell’altro.

Kageyama lo lasciò fare. 

“Ti batte il cuore fortissimo,” mormorò Shouyou, troppo stanco per valutare quanto imbarazzante fossero quelle parole o la posizione in cui si trovavano. “E sei caldo. Te l’avevo detto che sarebbe venuta la febbre anche a te.”

Kageyama borbottò qualcosa d’incomprensibile. Addosso a lui, Shouyou si sentì a casa e si addormentò.

 
 

E se non è con te.

E se non era un posto raggiungibile.

Allora io mi fermo

E smetto di cercare

Se non sei tu la casa, io non so più abitare
[Giordana Angi - "Casa"]

 
   
 
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