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Autore: My Pride    08/10/2021    0 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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In mother's eye Titolo: In mother's eye
Autore: My Pride
Fandom: Batman
Tipologia: One-shot [ 2355 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Lois Lane, 
Damian Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent
Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Fluff

Avvertimenti: What if?, Hurt/Comfort
Just stop for a minute and smile: 50. "Ehi, non mettermi fretta!"
TenderLovingCare: 64. Personaggio X viene visitato


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Lois aveva appena finito di correggere la bozza di un articolo quando sentì qualcuno vociferare che Bruce Wayne era appena entrato nell'edificio, accompagnato da uno dei figli più giovani.
    Non era raro che il proprietario del Daily Planet facesse qualche improvvisata, ma ciò provocava una forte competizione in tutti i giornalisti presenti, che cercavano sempre di accaparrarsi un'intervista esclusiva con l'ex scapolo d'oro di Gotham. Da quando aveva annunciato il suo matrimonio con Selina Kyle, chiunque nel raggio di miglia e miglia provava a strappargli qualche parola a riguardo, ma finora nessuno ci era mai riuscito. Nemmeno Clark o la stessa Lois, per quanto frequentassero alternativamente villa Wayne e l'appartamento di Metropolis almeno una volta al mese.
    Abbandonando momentaneamente il suo computer, Lois si alzò dalla sua postazione per poter provare a sua volta a sgraffignare un'intervista, ma ebbe giusto il tempo di vedere sparire Jimmy come un razzo - una foto di Bruce Wayne in compagnia del figlio era un'occasione troppo ghiotta per un fotografo come lui - in ascensore, rimanendo praticamente la sola in quel vasto ufficio, prima che una breve risata richiamasse la sua attenzione; nel voltarsi, vide Damian poggiato con la schiena contro il muro dell'ufficio di Perry, un sorrisetto sardonico dipinto in viso e le braccia, perfettamente fasciate dal suo completo Armani, incrociate al petto. Aveva i capelli ravvivati all'indietro, e i suoi occhi verdi luccicavano come non mai.
    «Lois! Sei splendida come sempre», la salutò con quel cipiglio che aveva preso da Bruce, e che riservava per lo più alle interazioni sociali a cui era costretto a sottoporsi. Però, e Lois lo sapeva, con lei non aveva bisogno di comportarsi in quel modo. Lo faceva solo perché lo divertiva farlo e godeva degli sguardi stralunati degli altri giornalisti.
    «Ciao anche a te, Damian. Non hai bisogno di adularmi come fa tuo padre, ti sei già preso mio figlio», prese in giro nel fargli un occhiolino mentre si avvicinava. «Come hai fatto a superare uno stuolo di giornalisti e fotografi?» domandò curiosa, vedendo le labbra sottili del giovane sollevarsi in un sorriso che le fece sollevare le mani in segno di resa. «Va bene, come non detto. Allora. Sei da queste parti solo per accompagnare tuo padre, o volevi fare felice tua suocera con un'intervista?»
    «Magari un'altra volta», parve promettere Damian, gettando un'occhiata alle sue spalle. «In realtà sono venuto a chiederti un favore, Lois».
    «Damian Wayne che chiede un favore? Voglio l'esclusiva», ridacchiò, ma nel vedere lo sguardo un po' assente del giovane e il modo in cui aveva cominciato a tormentarsi le mani - Damian... nervoso? Questa sì che era nuova -, capì che si trattava di una cosa seria e la sua espressione mutò con la stessa velocità con cui suo marito si infilava il costume. «Cosa c'è?»
    Damian si prese un momento, trovando piuttosto interessante fissare la fotocopiatrice prima di guardare nuovamente la donna. «Riguarda Jon», snocciolò, continuando immediatamente nel vedere Lois pronta a replicare con quel cipiglio di disapprovazione materna che ormai conosceva bene. «Ti freno subito, non abbiamo litigato o altro. È solo che... ha ancora qualche postumo dall'ultima battaglia», abbassò la voce, in modo che nessuno potesse sentirlo. Non che ce ne fosse bisogno, visto che c'erano solo loro due, ma era paranoico esattamente come suo padre. «I suoi poteri non sono ancora tornati, quindi ha la febbre e il braccio non guarisce in fretta come la sua fisionomia kryptoniana dovrebbe consentirgli».
    «Non credo che tu debba preoccuparti, Damian». Lois provò a rassicurarlo con un sorriso, poggiandogli una mano su una spalla. «Clark è stato esposto molto spesso a qualunque tipo di kryptonite, in mancanza di una camera di contenimento a sole giallo devi solo dare il tempo a Jon di... ricaricarsi. Si è preso una bella scarica e i suoi poteri sono esplosi, ma questo non significa che non--»
    «Devo partire con mio padre per una settimana, e non voglio che Jon sia da solo», la interruppe.
    Lois sbatté le palpebre più e più volte, cercando di assimilare le parole che aveva appena sentito. Damian si sarebbe tagliato la lingua - e non solo metaforicamente, conoscendolo - piuttosto che chiedere un favore a qualcuno, ma la cosa riguardava Jon... quindi poteva capire la sua preoccupazione. In quel momento, Jon era praticamente alla stregua di un essere umano, aveva un braccio ingessato ed era ancora un po' scombussolato per la scarica elettrica alla kryptonite che si era beccato a causa di uno dei robot-droni di Luthor, e il fatto di dover stare lontano, senza poter agire immediatamente, sembrava mettere Damian in ansia. Non che la Justice League non avrebbe monitorato la situazione, ma era comprensibile il timore di lasciarlo solo in un momento in cui sarebbe stato praticamente vulnerabile a chiunque. Così, scuotendo dolcemente il capo, Lois lo guardò con un piccolo sorriso.
    «Andrò a trovarlo appena stacco dal lavoro», promise, e sul volto di Damian vide comparire un cipiglio rassicurato che gli vedeva raramente, un piccolo stiramento di labbra che significava che stava a sua volta sorridendo. Dopo tutti quegli anni, Lois aveva ormai imparato a conoscere quell'espressione.
    «Ti ringrazio», replicò Damian, e anche quella era una cosa piuttosto rara per uno come lui. Ma Lois lo apprezzò davvero, sapendo che non lo diceva tanto per dire. «Dovrei proprio andare, adesso», aggiunse riluttante. «Mio padre si starà già chiedendo che fine ho fatto».
    Lois gli sorrise e si sporse per dargli un bacio sulla fronte a mo’ di saluto. Damian era decisamente più basso di Jon, ma superava lei di qualche centimetro ed era quindi stata costretta a sollevarsi comunque un po’ sulle punte per poterlo fare. «Ci vediamo tra una settimana. E cerca di stare tranquillo», gli disse, dandogli un buffetti sulla spalla prima di spingerlo via lei stessa, rimediandoci qualche borbottio scherzoso da parte del giovane.
    Seguendolo con lo sguardo mentre le porte si chiudevano e Damian spariva in ascensore, Lois si batté una mano sulla fronte, imprecando. Si era fatta di nuovo sfuggire un’intervista con Bruce. Scosse la testa, facendo spallucce. Ci sarebbe stata una prossima volta. Dopotutto Damian le aveva chiesto un favore non da poco - almeno secondo gli standard del giovane Wayne -, quindi mise da parte la sua giornalista interiore assetata di notizie e tornò a riconcentrarsi sul lavoro, tirando fuori la mamma che era in lei quando, ore dopo, aveva lasciato il Planet e si era ritrovata a suonare al citofono dell’appartamento che suo figlio condivideva con Damian ormai da qualche anno.
    Erano rimasti un po’ tutti sorpresi che avessero deciso di vivere a Metropolis, meno di quanto non lo fossero stati quando quattro anni prima avevano detto loro che si stavano frequentando. Lois, da brava giornalista qual era, lo aveva già sospettato… ma a farle vincere quei 50$ che aveva scommesso col marito, il quale possedeva mille viste diverse tranne quella più ovvia, era stata la poca pazienza di Damian nel rotolarsi con Jon sul divano della fattoria Kent quando aveva passato l’estate con loro. Ah, il giovane amore.
    Il pensiero la fece sorridere divertita e fischiettò, aspettando pazientemente che suo figlio le aprisse per farla entrare. Dopo quasi cinque minuti, pensò di suonare di nuovo, ma finalmente sentì dei passi strascicati e una voce borbottare qualcosa, finché non ci furono dei movimenti dietro la porta prima che quest’ultima venisse aperta di slancio e gli occhi di Jon, resi acquosi dell’influenza, si soffermassero straniti sul volto di sua madre.
    «Babba? Che ci bai bui?»
    Lois trattenne una risata. In tutti quegli anni, era davvero la prima volta che sentiva Jon col raffreddore. «Una madre ha bisogno di un motivo per andare a trovare suo figlio?»
    Jon si soffiò forte il naso, spostandosi dalla soglia per far entrare la madre. «Ti conosco, mamma», replicò in tono più comprensibile, e Lois rise.
    «Bene, allora prenditela col tuo ragazzo se sono venuta a rimboccarti le coperte», prese bonariamente in giro nel mettere piede nell’appartamento, vedendo il figlio aggrottare la fronte per un momento; quando la consapevolezza si fece largo sul suo viso, la sua espressione divenne quasi comica mentre le dava spalle nel borbottare tra sé e sé, e Lois poté benissimo cogliere un «Kahkhyf» uscire dalle labbra del suo ammalato figliolo. «Jonathan Samuel Kent. Hai appena imprecato in kryptoniano davanti a tua madre?»
    Jon si fermò a metà strada dalla cucina, voltandosi un po’ verso di lei. «…no?» provò con tono incerto, e Lois scoppiò di nuovo a ridere.
    «Ti sto prendendo in giro, tesoro».
    Mugugnando qualche altra cosa e tirando su col naso, Jon si grattò il braccio ingessato e la invitò a seguirlo, stringendosi meglio nella felpa della MetU che indossava. «Ti preparo qualcosa».
    «Oh, no. Ci penso io. Tu sta' fermo sul divano».
    «Ma...»
    «Niente ma. Divano. Adesso», ordinò col suo solito tono che non ammetteva repliche e che riusciva a far capitolare anche il grande Superman; il figlio non fu da meno, tanto che, seppur brontolando, alla veneranda età di ventiquattro anni masticò un «Sì, mamma» con lo stesso tono che usava da bambino, ciondolando verso il divano.
    Lois lo vide accasciarsi contro un bracciolo prima che Alfred gli saltasse bellamente in grembo, cominciando ad impastare sul suo stomaco senza che Jon gli desse peso; si limitò a carezzargli il pelo sul dorso, abbassando le palpebre. Era strano vederlo in giro per l'appartamento da solo, avendo sempre avuto l'ombra di Tito a coprirgli letteralmente le spalle come una guardia del corpo. Da quando l'alano era venuto a mancare lo scorso anno a causa della vecchiaia, lasciando un piccolo vuoto nel cuore di tutti, persino il gatto sembrava un po' mesto. Non sapeva chi dei due ragazzi avesse pianto di più, quel giorno.
    Scosse la testa per scacciare quel triste pensiero, entrando semplicemente in cucina per poter preparare del the per sé e per il figlio. Non era la prima volta che andava nel loro appartamento, quindi sapeva già dove trovare ogni utensile, senza contare che Damian certe volte era un tale maniaco dell'ordine - tranne nella sua stanza alla villa, secondo i racconti di Alfred il maggiordomo - che raramente trovava qualcosa fuori posto. C'erano giusto un paio di tazze sull'isola - Lois ridacchiò nel vedere i loghi di Batman e Superman -, un barattolo parzialmente aperto con dei biscotti al cioccolato, un cesto con delle belle mele rosse e verdi e un contenitore di medicine con una nota, scritta nella grafia ordinata di Damian, la quale recitava: “Prendile. Ricorda che comando io” alla quale Jon aveva risposto “Nei tuoi sogni” con la sua scrittura a zampe di gallina.
    Lois sbuffò ilare mentre afferrava il bollitore dalla credenza per riempirlo d'acqua. Quei due erano peggio dei loro padri. Aspettando che l'acqua bollisse, diede un po' un'occhiata ai filtri a disposizione per scegliere per entrambi i frutti di bosco, tornando dal figlio cinque minuti dopo; aveva riempito la tazza di Superman e quella che Jon aveva comprato appositamente per lei quando andava a far loro visita - la scritta “World's Greatest Journalist” capeggiava su sfondo rosso acceso - e aveva preso anche qualche biscotto per accompagnare le medicine, ma non si meravigliò di vedere Jon col viso affondato in parte nel cuscino, gli occhi chiusi e la fronte aggrottata come se gli facesse male la testa.
    «Jon», lo richiamò piano, e lui rispose con un brontolio prima di agitare la mano ingessata verso la poltrona; Lois arcuò un sopracciglio e si avvicinò per posare tutto sul tavolino davanti al divano, chinandosi all'altezza del figlio prima di sfiorargli la fronte con le labbra. «Scotti», lo accusò con quel cipiglio di materno biasimo, ordinandogli di mettersi a sedere.
    «Gh... non mettermi fretta», si lamentò Jon, ma Lois, senza voler sentire repliche, gli intimò ancora una volta di raddrizzare la schiena, vedendolo ubbidire nonostante i borbottii che si lasciò sfuggire; andò a recuperare il termometro dall'armadietto dei medicinali per poter visitare lei stessa quel suo sconsiderato figlio, il quale aggrottò maggiormente la fronte alla sola vista mentre si strofinava il naso in un fazzoletto. «Che ci vuoi fare con quello?» domandò, e Lois lo fulminò con lo sguardo.
    «...non farti rispondere in modi in cui una madre non dovrebbe rispondere al proprio figlio, Jon».
    Jon aprì la bocca per replicare, ma un vago rossore si impossessò delle sue guance prima che, distogliendo lo sguardo, lasciasse che sua madre si occupasse di lui. In realtà era piuttosto strano, a ben pensarci, dato che da bambino non si era mai ammalato a causa della sua natura in parte kryptoniana; sentire quindi sua madre toccargli la fronte, controllare che non scottasse troppo e ordinargli di aprire la bocca e sollevare la lingua per sorreggere il termometro, gli fece provare una bizzarra sensazione all'altezza dello stomaco, ma non fu del tutto spiacevole. L'unico inconveniente? La testa aveva cominciato a martellargli come non aveva mai fatto prima di allora, e persino il braccio gli formicolava come se tanti insettini si fossero insinuati nel gesso. Era così che si sentiva Damian quando stava male o si feriva? Non lo invidiava proprio.
    Fu anche costretto a prendere le medicine ma, pur storcendo un po' il naso, non si lamentò più di tanto, buttandole giù con un sorso di the e un biscotto mentre sua madre recuperava un plaid abbandonato sulla poltrona, sistemandoglielo sulle spalle; ringraziò a mezza bocca, trattenendo un colpo di tosse prima di poggiarsi contro la spalla di sua madre non appena quest'ultima si accomodò al suo fianco.
    «Non volevo farti preoccupare», sussurrò, ma Lois gli carezzò delicatamente i capelli con una mano prima di posare un lieve bacio su quelle ciocche disordinate, almeno per quanto la posizione in cui si trovavano glielo consentisse.
    «Shh, non dire sciocchezze e riposa. Guarirai in un batter d'occhio», rassicurò, stringendolo nel sentirlo accasciarsi meglio contro di lei.
    Presto avrebbe recuperato i suoi poteri e sarebbe stato bene, così avrebbe smesso di preoccuparsi di far preoccupare gli altri. Fino ad allora... avrebbe avuto al suo fianco sua madre.






_Note inconcludenti dell'autrice
Rullo di tamburi! Nuova challenge del weekend indetta da
l gruppo facebook Hurt/comfort Italia, e stavolta l'iniziativa è soprattutto incentratta sul fluff. Non a caso si chiama #TenderLovingCare
L'unica nota triste di questa storia è la morte di Tito, che purtroppo viene a mancare a causa della vecchiaia. Damian ha quasi ventisette anni, ormai, quindi il suo amato alano ha vissuto più di quanto ci si aspetterebbe da una razza come la sua (ricordiamo che Damian aveva intorno ai dieci anni quando Bruce glielo ha regalato), anche se scriverlo mi ha fatto male all'anima
Per concludere, piccola curiosità. La parola kryptoniana usata da Jonno, ovvero «Kahkhyf», in kryptoniano significa «Cazzo» quindi, sì, Jonno ha tranquillamente imprecato perché il suo amorevole ragazzone ha detto a sua madre di andare a controllarlo. Ah, i giovani amori 
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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