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Autore: LazySoul    10/10/2021    1 recensioni
Hermione Granger, 45 anni, sposata con Ronald Weasley, è diventata, da poco più di un anno, Ministra della Magia e passa la maggior parte del suo tempo a lavoro.
Ginevra Weasley, 43 anni, è casalinga, nonché moglie dell'illustre Harry Potter, il Salvatore del Mondo Magico. Passa le sue giornate tra corse mattutine, visite a sua madre Molly e vino, litri e litri di vino.
Harry Potter e Ronald Weasley, 44 anni, hanno invitato le consorti a cena in un intimo ristorantino fuori Londra per annunciare loro una difficile verità.
Quale segreto avranno tenuto nascosto Harry e Ronald per vent'anni?
Hugo, diciotto anni, accetta l'invito della sorella, Rose, a passare due settimane a Granada. Con loro ci sono Lily, Albus e un paio di compagni di Hogwarts, tra cui Fred Weasley II e Scorpius Malfoy.
Quali avventure li attenderanno in Spagna?
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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18. Di quando Hermione firmò le carte del divorzio

 


Il sabato mattina trascorse in quello che ad Hermione parve un battito di ciglia; tra una veloce colazione con il direttore della Gazzetta del Profeta e un pranzo di beneficienza a casa di Anthony Goldstein, Hermione tornò nella sua stanza del Paiolo Magico nel primo pomeriggio, con un terribile mal di testa e gli occhi che le bruciavano per la stanchezza.

Era ormai da una settimana che soggiornava in quella stanza molto semplice e spartana; con giusto un letto in cui poter dormire, un comodino con una abat-jour, un armadio stretto e poco capiente, una piccola scrivania e una seggiola in legno tarlato. L’unico elemento decorativo della camera consisteva in un quadretto dalla cornice nera, che raffigurava un deserto campo di papaveri rossi dolcemente mossi dal vento.

Le prime volte Hermione si era spaventata nel notare quella macchia rossa con la coda dell’occhio, poi aveva imparato a non farci caso e ora trovava quasi rilassante il dondolio dei papaveri sul verde del prato.

Hermione sapeva che era arrivato il momento di trovarsi un vero e proprio appartamento — era da giorni che il pensiero la tormentava nei momenti meno probabili — ma l’idea di andare avanti, di gettarsi ciecamente nelle mani di un futuro che ancora non era riuscita a prevedere con chiarezza, la destabilizzava.

Eppure non poteva continuare a vivere in quel limbo che si era creata; dove era ancora una donna sposata senza esserlo per davvero, dove aveva un alloggio che non era veramente suo.

Perché continuava a crogiolarsi nell’incertezza e nell’insoddisfazione? Nostalgia? Paura del futuro?

Hermione si sfilò il mantello, lo appese all’appendiabiti accanto all’ingresso ed estrasse dalla borsa della spesa ai piedi del letto una bottiglia di vino bianco — acquistata due sere prima, quando aveva pensato di trascorrere la serata ad ubriacarsi, ma aveva finito coll’addormentarsi prima ancora di aver aperto la bottiglia.

Le bastò un semplice incantesimo per rimuovere il tappo in sughero, poi si sedette contro la testata in legno del letto e rimase immobile, con il collo della bottiglia stretto in una mano e l’espressione persa ad osservare il quadro di papaveri, accanto alla porta.

Prese un primo sorso con gesti incerti, saggiando quel vino tiepido con una smorfia di ribrezzo in viso, ma accogliendo il bruciore dell’alcol, che le si propagò fino allo stomaco, con gratitudine.

Non aveva mai amato molto bere alcolici, soprattutto se fuori dai pasti e ad orari improbabili della giornata, ma sentiva di aver bisogno di un po’ di coraggio liquido per fare quello che aveva deciso di fare quella mattina, appena aveva aperto gli occhi: ridare un senso alla propria vita, partendo magari dal firmare le carte del divorzio.

Lo sguardo le si posò subito sulla ventiquattrore, che si trovava sulla piccola scrivania che occupava un angolo della stanza, dove sapeva trovarsi il plico di fogli che Ronald le aveva fatto recapitare in ufficio giorni prima; fogli che non aveva ancora letto per intero e che temeva non sarebbe mai riuscita a firmare.

Chiuse per qualche istante gli occhi, poi prese un altro sorso di vino e premette la nuca contro la struttura scomoda della testiera, sentendo il legno scavarle contro la pelle delicata della nuca.

In un primo momento pensò a Draco Malfoy e alla cena della sera prima. Di tutto si sarebbe aspettata da quella cena, tranne scoprire così tanti retroscena della vita passata dell’ex Serpeverde o venire a sapere che sua figlia e il figlio di Malfoy erano da anni una coppia.

Hermione prese nuovamente un sorso di vino.

Aveva cose più importanti a cui pensare in quel momento, ma si ritrovò, suo malgrado, a ritornare con la mente alla sera prima e alla sensazione di pace e appartenenza che aveva provato in compagnia di Draco Malfoy.

C’era qualcosa tra di loro, a cui non era intenzionata a voltare le spalle tanto presto.

Attrazione? Curiosità? Desiderio?

Hermione non era sicura, ma pensare a Malfoy la faceva sorridere e tanto bastava in quel momento per convincerla che non avrebbe rinunciato a quella felicità tanto facilmente.

Quando riaprì gli occhi, lo sguardo le si posò nuovamente sulla sua ventiquattrore e il sorriso scomparve, sostituito da un’espressione indurita dall’apprensione e incertezza.

Non aveva tempo di pensare a Malfoy, non quando aveva altre mille incombenze ben più importanti di cui occuparsi, come firmare le carte del divorzio, per esempio.

Capire perché Rose le avesse tenuta nascosta la sua relazione con Scorpius Malfoy, per esempio.

Cercare di appianare o per lo meno di rendere civile il proprio rapporto con Ronald e Harry, i suoi due migliori amici che da poco aveva scoperto amarsi, per esempio.

Hermione prese un altro sorso di vino.

Per quanto soffrisse e fosse arrabbiata, per quanto desiderasse piangere e distruggere ogni cosa in quella stanza; Hermione provava anche una profonda tenerezza.

Ron e Harry si amavano e se il loro amore non avesse significato in automatico la fine del suo matrimonio e il crollo di ogni sua certezza, Hermione era certa che la sua prima reazione a quella notizia sarebbe stata gioia e forse anche un pizzico d’invidia.

Ron era sempre stato ossessionato da Harry in un modo che Hermione non aveva mai capito.

Anche ad Hogwarts il legame che aveva unito i suoi due migliori amici era sempre stato tanto forte da impedire a chiunque di abbatterlo.

Certo, c’erano stati momenti in cui Ron aveva voltato le spalle ad Harry, momenti in cui Hermione aveva temuto che il loro legame si sarebbe spezzato per sempre.

Ogni volta però, tutto finiva per trovare magicamente una soluzione e i suoi due migliori amici tornavano a coltivare con attenzione e dedizione il legame che li univa tanto strettamente.

Hermione avrebbe dovuto capire anni prima, che per quanto amasse Ronald e Ronald amasse lei, nel cuore del marito lei avrebbe sempre occupato il secondo posto.

Invece era stata ingenua, aveva pensato che la distanza sempre maggiore tra lei e Ron, durante gli anni di matrimonio, fosse un sintomo normale del tempo che passava.

Quale coppia sposata da vent’anni non aveva qualche problemino? Qualche momento di crisi o la necessità di prendere le distanze?

Quanto era stata ingenua!

Con un Accio appena sussurrato attirò a sé la ventiquattrore e ne estrasse con gesti nervosi i documenti del divorzio, una boccetta d’inchiostro e una piuma.

Era stata ingenua, era stata egoista, era stata sciocca.

Aveva cercato di sopprimere ogni emozione e cos’aveva ottenuto? Pianti a dir poco imbarazzanti di fronte all’unica persona con cui si era confidata.

Hermione bevve un sorso di vino più lungo degli altri, e lasciò che la dolorosa stretta che sentiva in petto trovasse sfogo nelle lacrime che le rigavano il viso e nei singhiozzi che le sfuggivano dalle labbra.

Aveva cercato di sopprimere le proprie emozioni per troppo tempo, e per cosa? Per essere forte?

Ma era davvero sinonimo di forza reprimere il proprio dolore fino a stare tanto male da perdere la ragione?

Non ne era più tanto sicura.

Con gli occhi appannati dalle lacrime e la mente offuscata dall’alcol, le sembrò facile prendere in mano le carte del divorzio, intingere la punta della piuma nella boccetta d’inchiostro e iniziare ad apporre la propria firma accanto ad ogni X che trovava sulle carte del divorzio.

Non si fermò neanche a leggere per intero i documenti; tanti fogli sprecati, quando sarebbero bastate poche semplici parole: “Io, Ronald Bilius Weasley, dichiaro di fronte alla legge del Mondo Magico, che ci ha uniti in matrimonio vent’anni fa, di lasciare te, Hermione Jane Granger, e di spezzare in questo modo il vincolo matrimoniale che ci univa”.

Hermione non avrebbe saputo dire cosa provò una volta che finì di firmare i documenti.

Non era sollievo, non era felicità e non era tristezza, ma era uno strano miscuglio di tutti quei sentimenti.

Era come chiudere definitivamente un capitolo della propria vita e ritrovarsi di fronte all’ignoto, incerti e impauriti di fronte alle infinite possibilità.

Hermione riunì in una pila ordinata le carte del divorzio e, insieme alla piuma e alla boccetta d’inchiostro, le ripose nella ventiquattrore, per poi posare la bottiglia di vino bevuta per tre quarti sul comodino e acciambellarsi nel letto.

Non le ci volle molto per addormentarsi, cullata dai propri respiri spezzati dai singhiozzi e con la guancia premuta contro la fredda pelle della valigetta.

Quando si svegliò era ormai passata da un pezzo l’ora di cena, aveva un terribile mal di testa, molto probabilmente causato dal vino che aveva bevuto sconsideratamente e si sentiva gli occhi ancora gonfi per il pianto.

Fu in quello stato che chiamò Rose al cellulare.

In parte perché aveva bisogno di sentire la sua voce, in parte perché voleva accertarsi che la vacanza procedesse secondo i piani e che lei e Hugo stessero bene.

Rose rispose al terzo squillo ed Hermione si sentì istantaneamente più tranquilla nell’ascoltare i resoconti positivi della figlia riguardo all’Alhambra e il mercato dell’Alcaicería.

Poi, appena ci furono una manciata di secondi di silenzio, Hermione non riuscì a fermarsi e disse, con un tono di voce tranquillo e privo di qualsiasi tipo di accusa o rimprovero: «So di te e Scorpius, Rose».

Hermione aveva pensato inizialmente di aspettare che la figlia tornasse a Londra per parlarle faccia a faccia della questione, ma si era resa conto in quel momento, mentre sentiva il tono spensierato con cui la figlia le raccontava dei luoghi visitati e di quanto le stesse piacendo Granada, che appena si sarebbero riviste l’unico argomento di conversazione che avrebbero trattato sarebbe stato quello del divorzio e le sembrava ingiusto sovraccaricare la figlia di inutili preoccupazioni tutte in una volta.

Forse stava sbagliando, non sarebbe stata la prima volta e probabilmente nemmeno l’ultima, ma essere madre, aveva scoperto con gli anni, voleva dire a volte seguire il proprio istinto e basta.

«Non sono arrabbiata, Rosie, mi dispiace solo che tu non abbia voluto confidarti con me, ma forse me lo sono meritato… Il lavoro mi tiene parecchio impegnata e magari hai pensato che non avessi abbastanza tempo da dedicarti… Voglio che tu sappia che per quanto io possa essere impegnata al lavoro, avrò sempre tempo per te e per Hugo, ok? E che puoi parlarmi di qualsiasi cosa, ok?»

«Ok», disse semplicemente Rose, dall’altro capo del telefono e Hermione non poté fare a meno di chiedersi, ancora una volta, se avesse scelto il momento giusto per parlargliene.

«Lo sai che ti voglio bene, vero?», aggiunse la donna, asciugandosi con gesti nervosi le lacrime che erano tornate a rigarle il viso.

«Certo, mamma, anche io ti voglio bene», rispose Rose: «Mi dispiace non averti detto niente, stavo aspettando il momento giusto».

«Lo so, Rosie, ne riparleremo quando torni, nel frattempo fai attenzione e divertiti. Quando poi sarai pronta mi piacerebbe conoscere questo giovanotto, immagino che sia un ragazzo speciale per aver catturato l’attenzione di una ragazza intelligente come te».

Hermione non poteva vedere l’espressione di Rose in quel momento, ma era certa che la figlia stesse sorridendo, quando le rispose: «Sì, è molto speciale».

Gli occhi di Hermione si soffermarono per qualche secondo sul quadro coi papaveri e, colta da un’improvvisa ispirazione, salutò la figlia: «Ora devo andare tesoro, ci vediamo presto e salutami tanto Hugo!»

«Certo, mamma, ti voglio bene».

Hermione, terminata la conversazione, non perse tempo e, recuperata una pergamena, scrisse rapidamente una lettera da allegare ai documenti del divorzio, poi inserì tutto in una busta abbastanza grande e scese al piano di sotto, dove prese uno dei gufi a disposizione degli ospiti del Paiolo Magico, per spedire tutto quanto a Ronald.

Una volta tornata in camera sua, fece evanescere la bottiglia di vino che si trovava ancora sul suo comodino e pulì la macchia d’inchiostro sul copriletto, che doveva aver fatto la sera prima, mentre firmava le carte del divorzio, poi recuperò il mantello e uscì nuovamente al piano di sotto.

Salutò Tom con un gesto veloce della mano e, una volta fuori dal Paiolo Magico, si smaterializzò.

Comparve a un centinaio di metri dall’appartamento di Draco Malfoy e, solo in quel momento, si prese qualche secondo per respirare a fondo e pensare a ciò che stava facendo.

Non sapeva se il proprietario di Babbananze sarebbe stato in casa, non sapeva nemmeno se avrebbe gradito quella sua improvvisa visita, eppure sentiva che doveva parlargli a tutti i costi.

Percorse con passo sostenuto l’ultimo tratto di strada poi suonò il campanello e nell’arco di una manciata di secondi la porta d’ingresso del palazzo si aprì.

Hermione, che conosceva bene le usanze e le tecnologie babbane, prese l’ascensore per salire fino all’ultimo piano e rimase piacevolmente sorpresa nel trovare Draco Malfoy ad attenderla, di fronte alla porta socchiusa della sua casa.

«Ciao, ti disturbo?», chiese Hermione, mantenendo un paio di metri di distanza, mentre osservava il pigiama a righe bianche e rosse che indossava l’uomo, chiedendosi se non avrebbe dovuto avvisarlo, prima di piombargli in casa.

«No, sono soltanto sorpreso», disse Malfoy, spostandosi dall’ingresso per farla entrare: «Stai bene?»

Hermione attese qualche istante per riordinare le idee, poi fece un paio di passi avanti e si posizionò di fronte all’uomo, puntando i suoi occhi scuri in quelli chiari di lui: «Scusa se sono arrivata qua senza preavviso, mi rendo conto che sia stato un comportamento a dir poco infantile, ma avevo bisogno di parlare con te».

Draco approfittò dell’istante di silenzio per indicarle con il capo il salotto alle sue spalle: «Entra».

Hermione scosse il capo: «Non voglio importi la mia presenza per più tempo di quanto sia strettamente necessario, quindi se non ti dispiace, preferirei parlarti qua, sul pianerottolo».

Draco scrollò le spalle e un sorriso divertito gli apparve sulle labbra sottili: «Come preferisci».

Hermione annuì, prese un profondo respiro e lasciò che le parole le sgorgassero dalla bocca, senza soppesarle troppo: «Ho firmato le carte del divorzio e le ho spedite a Ronald, gli ho anche chiesto di vederci uno di questi giorni, prima che i ragazzi tornino da Granada. Ho quest’assurdo presentimento che potremmo far funzionare questa situazione, che magari non è troppo tardi per tornare ad essere amici e volerci bene… Penso che sia la soluzione migliore non solo per me, ma anche per i ragazzi e per Ronald».

Draco Malfoy non disse niente; si limitò ad annuire, mentre osservava Hermione con occhi attenti.

«Probabilmente non t’importa nulla del mio piccolo dramma familiare e mi sto soltanto rendendo ridicola, ma vorrei ringraziarti per ieri sera, per essere stato molto dolce e comprensivo; anche se avresti potuto benissimo rimandarmi a casa appena ho iniziato a piangere come una fontana. Invece hai deciso di prendere la strada meno facile e di provare a starmi vicino, quindi grazie», Hermione alzò una mano, così da zittire le parole che Draco stava per dire: «Aspetta, non ho finito. Vorrei soltanto dire ancora una cosa: ieri sera mi hai anche aiutato a capire che nascondere e soffocare le mie emozioni non serve a niente. Per anni ho cercato di essere quella forte, quella che non piange e non mostra alcuna debolezza, convinta di doverlo fare per me stessa e per gli altri. Ora che so che non è così, mi sembra di essermi liberata di un enorme peso che mi opprimeva lo stomaco».

«Non devi ringraziarmi, non…»

Hermione cancellò lo spazio tra di loro e appoggiò il palmo della propria mano contro la bocca dell’uomo, cogliendolo alla sprovvista.

«Aspetta, devo dire ancora una cosa», disse Hermione con un filo di voce, sostenendo lo sguardo sorpreso dell’uomo: «È un periodo molto confuso della mia vita e non penso di avere molto tempo da poter dedicare a me stessa, ma voglio che tu sappia che mi piaci e che mi piacerebbe conoscerti meglio e che non siamo obbligati a diventare niente che non vogliamo. Mi basterebbe esserti amica, perché sento di aver bisogno di te nella mia vita per sentirmi un po’ meno sola».

Hermione spostò la propria mano dal volto dell’uomo e sorrise timidamente: «Ok, ora ho finito».

Per qualche secondo Draco non disse niente, rimase semplicemente lì, sulla soglia di casa propria, con un’espressione colma di stupore e la bocca socchiusa, poi si riscosse e sorrise, ed Hermione percepì chiaramente le sue guance farsi incandescenti.

«Anche a me piacerebbe conoscerti meglio, Hermione, senza fretta, senza impegni, solo due persone sole che si tengono compagnia per non sentirsi così tanto sole. E se col tempo dovesse nascere qualcosa di più profondo di una semplice amicizia, ne parleremo quando sarà il momento e decideremo insieme come comportarci».

Hermione si asciugò con un gesto veloce le lacrime che avevano iniziato ad appannarle la vista e annuì: «Sono d’accordo, dove devo firmare?»

Draco scoppiò a ridere e si sporse per inglobare il corpo della donna in un abbraccio lungo e caldo.

«Nessuna firma, Hermione, mi basta la tua parola: ci stai?»

«Ci sto, Draco», sussurrò con voce sicura la donna contro la spalla dell’uomo: «E tu? Ci stai?»

«Sì, ci sto».

 

  
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