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Autore: LadyMorgan    02/09/2009    3 recensioni
Per quale masochistica ragione sono ai Tre Manici Di Scopa in questo momento? O meglio ancora, che ci faccio a Hogsemade?
Non lo so neppure io.
Mi siedo più lontano possibile dal bancone e mi guardo intorno. In sedici anni non è cambiato assolutamente niente: stessa storia, stesso posto, stesso bar. C’è Rosmerta al bancone, come sempre, a servire gli avventori che oltre a bere le danno anche una sbirciatina… ora si fa chiamare “madama”. Ma a ricordare due paia d’occhi, una grigia e l’altra nocciola, che guardavano quella ragazza prosperosa, manca poco che non scoppi a ridere.
Madama?
Il tempo passa, certo, ma non così velocemente. [...]
È come venir travolti da una valanga. Sapevo che non sarei dovuto venire. Lo sapevo.
Lo sapevo!
Una voce maliziosa nella mia testa osa pure chiedere:
E allora perché l’hai fatto?
Guardo queste strade familiari e d’improvviso tutto si annulla per poi ricomparire, come un film, davanti ai miei occhi.
'Vedo quattro ragazzi camminare a braccetto in mezzo alla strada, spingendosi, ridendo e scherzando con l’aria felice di chi non ha nessuna preoccupazione.' [...]

Eccomi qua, come al solito intenta a postare quando il resto del mondo vorrebbe dormire.
A essere onesta era un po' che avevo in mente questa song-fic, ma l'unico momento in cui mi è venuto in mente di metterla giù è... adesso. Non sono neppure sicura di come sia venuta, a essere onesta.
È chiedere troppo qualche parere?
La canzone è Gli Anni di 883, che suggerisco a chiunque non abbia ancora avuto la fortuna di ascoltarla.
I soprannomi dei Malandrini sono messi nella versione inglese, forse perchè mi suona molto più... loro, e chi deve capire capisca. Comunque, per chi non li conosce o li confonde sempre, Moony è Lunastorta, Wormtail Codaliscia, Padfoot Felpato e Prongs Ramoso.
Genere: Malinconico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Remus Lupin, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli anni

Stessa storia, stesso posto, stesso bar

stessa gente che vien dentro consuma e poi va

non lo so che faccio qui

 

A volte la vita è strana.

Non c’è altra spiegazione.

Per quale masochistica ragione sono ai Tre Manici Di Scopa in questo momento? O meglio ancora, che ci faccio a Hogsemade?

Non lo so neppure io.

Mi siedo più lontano possibile dal bancone e mi guardo intorno. In sedici anni non è cambiato assolutamente niente: stessa storia, stesso posto, stesso bar. C’è Rosmerta al bancone, come sempre, a servire gli avventori che oltre a bere le danno anche una sbirciatina… ora si fa chiamare “madama”. Ma a ricordare due paia d’occhi, una grigia e l’altra nocciola, che guardavano quella ragazza prosperosa, manca poco che non scoppi a ridere. Madama?

Il tempo passa, certo, ma non così velocemente.

C’è persino la stessa, stravagante clientela di sempre. Lì un paio di goblin ingrugniti che si guardano truci attorno, lì una coppietta di ragazzi intenti a sbaciucchiarsi, un po’ più in là una vera folla attorno ad altri due che tengono banco.

Sorrido un po’. I gemelli Weasley mi ricordano incredibilmente altre due persone…

 

esco un po’

e vedo i fari delle auto che mi

guardano e sembrano chiedermi chi cerchiamo noi

 

Dopo un po’ esco. Tanto, a cosa serve stare in un posto che risveglia solo ricordi dolorosi?

Fa freddo, fuori. Non nevica ancora, ma sento il gelo penetrarmi nelle ossa. Sto vagando senza meta, come l’anima in pena che sono stato da dodici anni a questa parte.

«Pistaaaaaaa!!!»

Mi sposto appena in tempo per evitare un ragazzo in manico di scopa. Cosa diavolo sta facendo?

Si fa sempre più buio. Il buio arriva presto, di questi giorni. Fuori dalle case si accendono le lanterne.

Sembrano fissarmi come decine di occhi. Mi fissano, fissano il mio vagabondare e mi chiedono, inappellabili: Chi stai cercando per le nostre strade?

Poco più in là, il manifesto di un uomo, un mostro, un ricercato, mi guarda beffardo.

 

Gli anni d’oro del grande Real

gli anni di Happy Days e di Ralph Malph

gli anni delle immense compagnie

gli anni in motorino sempre in due

gli anni di che belli erano i film

gli anni dei Roy Rogers come jeans

gli anni di qualsiasi cosa fai

gli anni del tranquillo siam qui noi

siamo qui noi

 

È come venir travolti da una valanga. Sapevo che non sarei dovuto venire. Lo sapevo. Lo sapevo!

Una voce maliziosa nella mia testa osa pure chiedere: E allora perché l’hai fatto?

Guardo queste strade familiari e d’improvviso tutto si annulla per poi ricomparire, come un film, davanti ai miei occhi.

 

Vedo quattro ragazzi camminare a braccetto in mezzo alla strada, spingendosi, ridendo e scherzando con l’aria felice di chi non ha nessuna preoccupazione.

Uno sta urlando proprio in quel momento: «Padfoot, ho vinto, di nuovo! Te l’avevo detto che i Wigton Wanders avrebbero vinto! Vincono sempre, loro!»

«Secondo me hanno corrotto l’arbitro!»

«Non dire cretinate! È stata una partita fin troppo corretta, per i miei gusti!»

 

La scena cambia, ma non di molto.

 

È giorno, e quattro ragazzi un poco più grandi sono insieme ad altre decine, dirigendoli dall’alto, presi sulle spalle, acclamati, festeggiati come degli eroi.

Uno di loro, un ragazzo moro dal sorriso sbarazzino e gli occhiali, si gira verso quello biondo dietro: «Moony, che ti dicevo? Ne valeva la pena o no?»

«Prongs, lo sai che il nostro caro Prefetto non può apertamente approvare le nostre attività…» ribatté quello dai capelli neri sogghignando.

 

E poi di nuovo…

 

«No, no e no, James, non lo farò mai!»

«Oh, quanto sei noioso, Pete! Cosa vuoi che ti succeda?»

«Di tutto! Non ce la faccio, proprio non ce la faccio!»

«Ma vi volete dare una mossa voi due?»

Due ragazzi stanno arrivando su una moto volante, uno con il casco e quello alla guida con solo un paio di occhiali da motociclista ed i lunghi capelli scuri al vento.

«È Wormtail» si lamenta il ragazzo moro a cavalcioni di una scopa a rasoterra. «Non vuole saperne di salire!»

Il ragazzo paffuto vicino a lui s’imporpora. «James, non ci riesco pro…»

L’altro, senza nemmeno dargli retta, se lo carica sulla scopa e parte per il cielo insieme al secondo, sotto le urla ammirate e stupefatte di quanti erano rimasti a terra.

 

Si scompone, si ricompone…

 

«Io dico che era un’assoluta genialata!»

«Mai stato più d’accordo!»

«Dai, ragazzi, non esagerate…»

«Parla per te! Io trovo che sia un’invenzione assolutamente fantastica!»

«Credete sia stata una buona idea? Voglio dire, siamo volati fino alla città babbana più vicina solo per vedere un… come si chiama?… un…»

«Film, Wormtail, film!»

«Ecco. Grazie, Remus!»

Due oggetti volanti si stanno avvicinando al selciato di Hogsemade. Più si avvicinano, più si distinguono una moto e una scopa. Una volta toccata terra, scendono quattro ragazzi.

«Io credo che i Babbani dovrebbero ricevere una medaglia, per certe cose che riescono ad inventare!» esclama entusiasta il ragazzo moro.

«Sì! Oh, se penso alla faccia che avrebbe fatto mia madre a vedermi lì…» Il ragazzo dai capelli neri esplode in una lunga risata simile ad un latrato.

Persino il ragazzo biondo sorride. «Allora non vi è dispiaciuta questa soffiata…»

«No, affatto! Moony, puoi farla tanto lunga sul fatto che sei un Prefetto, ma nell’anima sei un malandrino come noi! Anzi, anche peggio, visto che riesci ad ingannare il resto del mondo…»

Il ragazzo paffuto scoppia in una risatina. Poi tornò serio. «Ma siete proprio sicuri che non passeremo guai…?»

«Oh, quanto sei noioso, Wormtail!»

 

I colori esplodono, si mescolano e tornano comprensibili.

 

Un ragazzo biondo sta rannicchiato in un vicoletto buio, senza osare muoversi né fare alcunché.

Due ragazzi, uno moro con gli occhiali e l’altro bruno ed alto, si avvicinano e si accucciano accanto a lui.

«Moony, che è successo?»

«Per averti sconvolto così tanto mi aspetto che tu abbia come minimo ucciso il Ministro della Magia…»

Il ragazzo biondo non dice niente ma affonda il viso nelle gambe.

«Moony? Insomma, Moony! Guarda che potremmo pensare molto peggio di quello che in realtà è successo…»

«Io mi sto già facendo l’immagine di te e una moretta tanto, tanto carina che ti faceva gli occhi dolci poco fa…»

«Sirius, lo sai che sei un cretino?» Il ragazzo biondo alza gli occhi solo per fulminare quello con gli occhi grigi.

«Quindi ci ho azzeccato?»

Il ragazzo biondo sospira pesantemente. «Ho fatto una… idiozia» confessa alla fine.

Gli altri due si scambiano un’occhiata e tornano a guardare il terzo. «Dì.»

«Ma è un’idiozia bella grossa.»

«Era pure ora!»

«Remus, lo sai, qualunque cosa tu faccia…»

«… ci siamo qui noi!»

 

Stessa storia, stesso posto, stesso bar

una coppia che conosco ci avrà la mia età

come va

salutano

così io

vedo le fedi alle dita di due

che, porco giuda, potrei essere io qualche anno fa

 

Torno ai Tre Manici Di Scopa. Là fuori ci sono davvero tanti, troppi, ricordi.

Ordino persino qualcosa, una Burrobirra, credo. Non ne sono sicuro, non c’ho prestato molta attenzione.

Poco dopo entrano altre due persone. Avranno più o meno la mia età, anche se a guardarli nessuno lo direbbe: io sembro molto, molto più vecchio. Probabilmente, dentro lo sono.

«Ehi, Lupin!» La signora mi ha appena visto. Mi conosce?

La guardo meglio. «Mary McDonald?»

Lei annuisce entusiasticamente, poi sorride maliziosa ed avvicina l’uomo che è insieme a lei. «Non esattamente» mi dice sorridendo. «Ora sono Mary Cheveley.»

Mi mostra la mano sinistra, al cui anulare splende una fede.

«Oh, congratulazioni!» dico un po’ impacciato.

Guardo suo marito: un uomo alto, bruno, dagli occhi scuri e un folto paio di baffi.

Mi incupisco appena. Se penso che potrei essere io…

 

Gli anni d’oro del grande Real

gli anni di Happy Days e di Ralph Malph

gli anni delle immense compagnie

gli anni in motorino sempre in due

gli anni di che belli erano i film

gli anni dei Roy Rogers come jeans

gli anni di qualsiasi cosa fai

gli anni del tranquillo siam qui noi

siamo qui noi

siamo qui noi

 

«Ah-ah, James! Non c’è storia, stavolta mi devi venti galeoni!»

«Venti?! Ti si è fuso il cervello, Padfoot? Erano al massimo dieci!»

«Venti! E non cavillare! Te l’avevo detto che i Tornados avrebbero vinto, prima o poi!»

Il ragazzo moro sbuffa. «Un semplice caso e un colpo di fortuna. La loro squadra fa pena!»

«Non importa, intanto hanno vinto e tu mi devi venti galeoni!»

«Sei un ladro! Già dieci sarebbe un furto! Vero Moony?»

«Mhm» commenta il ragazzo biondo leggendo il libro che si era portato dietro.

«Moony, come puoi leggere in questo momento? Sto per venir spennato da mio fratello!»

«È semplicissimo, Prongs, mi basta spostare gli occhi da sinistra a destra e assorbire il concetto logico di quello che dicono le parole.»

Il ragazzo paffuto scoppia in una risata incerta, e quello bruno in una ben più fragorosa che fa girare gran parte degli avventori.

«Zitto, traditore fedifrago! E tu, Rem, come puoi avere sempre la stessa faccia?»

«E sempre quella giusta, per di più…»

«Evito un inutile spreco di calorie nel chiedermi quale sia la migliore…»

 

Si scompone e riforma…

 

«James, io giuro che questa volta ti uccido!»

Due ragazzi sui sedici anni entrano accompagnati da una vera folla dietro di loro che assiste ridendo: quello moro sembra godersela, mentre quello biondo, di solito così calmo, è talmente infuriato che ha il viso rosso.

«Oh, andiamo, Rem! Era solo uno scherzetto innocente…»

«Ti sembra innocente prendermi al volo sulla tua scopa, razza di mentecatto?! Per di più a Hogsemade, dove non è permesso, e mentre stavo leggendo!»

«Tu leggi sempre, Moony, se dovessi farti qualcosa mentre non leggi saresti fuori…»

Mezzo locale scoppia a ridere mentre i due raggiungono il tavolino occupato dal ragazzo bruno e quello paffuto.

Quello bruno alza un boccale di Burrobirra in un ironico brindisi.

«Moony che perde il suo lucidissimo lume della ragione? Da appuntarsela sul diario… che gli hai fatto, Prongs?»

«Questo grandissimo, ignobile, codardo figlio di un troll mi ha fatto fare un volo di quasi venti metri! Non lo so, prima mi prende, poi mi porta in alto, poi mi lascia cadere, poi mi riacchiappa, poi mi riporta su e poi si lancia in picchiata! L’unica picchiata qui è la sua testa! E picchiata forte, pure!»

Nessuno sembra prestare attenzione alla sua tragedia: tutti gli studenti ridono e, dopo un po’, comincia a ridere anche il ragazzo biondo.

 

Cambia, ma resta sempre uguale.

 

Quattro ragazzi si appartano con aria cospiratrice in un angolo del pub. Sono giovani, avranno al massimo quattordici anni, eppure gli occhi gli brillano d’eccitazione.

«Ci stiamo riuscendo, Remus, dovremmo riuscirci presto!» esclama il ragazzo bruno chinandosi verso quello biondo.

«È vero, Rem, non pensavo l’avrei più detto ma ormai siamo vicini…»

«Voi siete vicini!» sussurra imbronciato il ragazzo paffuto. «Io non c’ho capito niente…»

«Non importa, Pete, per questo ci siamo qui noi. Capisci, Rem? Non dovrai più passare quelle orribili notti da solo!»

Il ragazzo biondo sembra titubante: si mordicchia l’interno delle guance, tiene gli occhi bassi e le sue mani tamburellano nervosamente il tavolo.

«Ragazzi, siete proprio sicuri di sapere cosa…»

«Oh, non ricominciare, Rem!»

«Siamo tuoi amici, pensavo l’avesti capito, ormai!»

«E gli amici si spalleggiano a vicenda!»

«G-giusto! Credi che vo-orremmo lasciarti solo in que-ei momenti?»

Il ragazzo biondo blocca la mano e alza la testa. «E se non funziona? E se vi ferisco? E se vi contagio?»

«E se il cielo diventa rosso e il naso ci si stacca? Andiamo, Rem, non possiamo lasciarti così!»

«Giusto! Prima regola per essere uno dei Malandrini, poter sempre contare l’uno sull’altro!»

«Vogliamo che tu ti renda conto che qualunque cosa ti possa capitare noi saremo sempre lì per aiutarti. Sempre, capito?»

 

Stessa storia, stesso posto, stesso bar

stan quasi chiudendo

poi me ne andrò a casa mia

solo lei

davanti a me

cosa vuoi?

il tempo passa per tutti lo sai

nessuno indietro lo riporterà neppure noi

 

Quando ritorno al presente mi accorgo che il locale è quasi vuoto.

Che ore sono?

Saranno in chiusura, ormai…

Mi alzo faticosamente dalla mia sedia e mi avvio verso la porta dopo aver pagato. Sarà ora di tornare a casa, un’altra volta. Chi lo sa il perché di questa sortita…

Davanti alla porta, mi blocco.

C’è una ragazza di circa vent’anni dai vivaci capelli color ciclamino che mi fissa con curiosità dall’altra parte.

Non credo di conoscerla, anche se ha qualcosa di familiare. La osservo attentamente. Sì, curioso. I suoi occhi sono color tempesta, della precisa sfumatura che assumevano quelli di… qualcuno che credevo di conoscere… quando si arrabbiava.

Chi è mai?

«Buonasera, professore!»

Sussulto appena. Come sa chi sono?

«La conosco?»

Arriccia capricciosamente il naso. «Non lo so, non ne sono sicura.»

La risposta mi lascia ancora più perplesso. «Scusi se glielo chiedo, ma cosa vuole?»

Lei mi sorride più apertamente. «Nulla di particolare» mi risponde schiettamente. «Però l’ho vista laggiù, tutto solo e con aria cupa, e mi ha fatto un po’ impressione. Ricordi tristi in arrivo?»

Sono sorpreso che se ne sia accorta. Di solito la gente non bada molto a me, il mio aspetto malandato basta a tenerle a distanza. Lei, d’altro canto, sembra solamente amichevole. Annuisco appena.

Lei fa altrettanto con una buffissima espressione seria. «Non lo faccia» mi dice a sorpresa. «Crogiolarsi nei ricordi non fa bene a nessuno. Il tempo passa e non torna indietro per nessuno, neppure per noi.»

Poi mi saluta con un occhiolino e si Smaterializza, lasciandomi lì in mezzo completamente basito.

 

Gli anni d’oro del grande Real

gli anni di Happy Days e di Ralph Malph

gli anni delle immense compagnie

gli anni in motorino sempre in due

gli anni di che belli erano i film

gli anni dei Roy Rogers come jeans

gli anni di qualsiasi cosa fai

gli anni del tranquillo siam qui noi

siamo qui noi

siamo qui noi

 

E di nuovo fuori.

Davanti a me, ora, tre uomini.

Uno bruno, dagli scintillanti occhi tempesta e l’espressione perennemente ironica, l’altro moro, i capelli disordinati come sempre, il sorriso da eterno ragazzo e l’espressione ammiccante, l’ultimo più piccolo e tozzo degli altri due, con un sorriso indeciso e l’aria di ritenersi fuori luogo in una compagnia di eletti.

Sorrido tristemente mentre la realtà ritorna a farsi presente.

James è morto, e non tornerà più. Così Peter, distrutto in un milione di pezzi. Entrambi traditi da Sirius. Sirius. Ancora adesso faccio fatica ad accettarlo.

Come può quel ragazzo ironico, gentile, un po’ esibizionista aver distrutto tutto il mio mondo?

Tutto il nostro mondo?

Tutto il mondo dei Malandrini…

Una sua foto mi urla contro da uno dei tanti, tantissimi manifesti appesi per tutte le strade.

I tre fantasmi spariscono mentre la realtà torna un’ultima volta.

Il tempo dei sogni, la nostra età d’oro, è finita. Sei l’ultimo dei Malandrini, Remus.

Non c’è più nessuno che possa condividere questi ricordi, che possa ridere con te, scherzare con te… assicurarti che per te ci sarebbe stato sempre.

Torno verso Hogwarts.

Dovrò cominciare a prepararmi la lezione per domani.

  
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