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Autore: Juliet8198    13/10/2021    0 recensioni
Seokjin era l'ombra di se stesso dall'incidente. Un anno di terapia. Un anno di depressione clinica. Un anno in cui la sua personalità brillante e perennemente concentrata sul lato positivo della vita si era spenta come una candela, lasciando dietro di sé solo un fantasma che i suoi amici non riuscivano a riconoscere. Dall'incidente, la solitudine a cui il destino lo aveva sottoposto pesava su di lui più di quanto avrebbe potuto prevedere.
Yona aveva imparato sin da piccola a non credere nei legami a lungo termine. Quale significato aveva trovare la propria anima gemella? I suoi genitori avevano divorziato pur essendo fatti l'uno per l'altra e lei aveva una vita perfettamente felice pur non potendo congiungersi con la sua metà. Aveva imparato che la solitudine a cui il destino l'aveva sottoposta dalla nascita non le avrebbe impedito di diventare una persona completa.
Una scatenata insegnante di inglese, inguaribile nerd e sfegatata amante di musical dai discutibili metodi didattici, riuscirà a scuotere una persona così persa nella propria solitudine e a salvarla da se stessa?
SOULMATE AU
Quarto libro del JU
Questa storia fa parte di un universo integrato. Non è però necessario aver letto
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dolore. 

 

Assoluto, accecante dolore. 

 

Jin non aveva mai provato nulla di simile. Nessun dolore era paragonabile a quello. Quel bruciore stordente, quegli spasmi che gli tiravano i muscoli fino a fargli pensare che si sarebbero strappati, quel cigolare delle ossa che parevano essere sul punto di sbriciolarsi.

 

La testa compressa in una morsa. Pronta a esplodere, come un palloncino pieno d'acqua. 

 

Il petto schiacciato, le costole richiuse sui suoi polmoni come artigli conficcati nella carne, avidi di perforare e far sanguinare. 

 

-Hyung!

 

-Che cosa succede? Qualcuno riesce a capire che diavolo gli sta succedendo? 

 

-Hyung, dove ti fa male? Hyung! 

 

Delle grida risuonavano nell'aria. Sembrava la voce di qualcuno a cui stessero strappando le interiora. Era acuta, rauca e rumorosa. Come in quei film horror che Jungkook lo costringeva a vedere.

 

Jin non si rese immediatamente conto di essere lui il padrone di quella voce.

 

-Oh mio Dio... oh mio Dio, sta vomitando sangue!

 

-Qualcuno faccia qualcosa! 

 

-Seokjin, guardami. Ho bisogno che mi dici dove hai male.

 

Jin non vedeva chi gli stesse parlando. Sentiva delle mani prendergli il viso, ma l'istinto lo portò a divincolarsi e sporgersi in avanti, oltre il bordo della superficie su cui era sdraiato, per rimettere quell'acido dal sapore ferroso che gli  stava corrodendo la gola. La puzza di vomito lo colpì immediatamente alle narici, forzandolo a soccombere a una nuova ondata di conati che non fecero altro se non alimentare ancora di più il dolore. 

 

Era tutto bianco. Tutto. Dov'erano i ragazzi? Sentiva le loro voci intorno a sé, ma non riusciva a capire chi diceva cosa né dove si trovassero. 

 

C'era qualcuno accanto a lui? 

 

-Non riusciamo a farlo rispondere. 

 

-È sotto shock. Preparate una flebo di calmanti. 

 

-Che cosa sta succedendo? Stava bene fino a cinque minuti fa! 

 

-Non aveva mostrato segni di malessere? 

 

-No! Stava benissimo! All'improvviso si è accasciato e ha iniziato a urlare! 

 

-Per caso il suo legame è l'empatia corporale?

 

Legame... anima gemella... le parole volarono vagamente nella mente di Jin, prima che una scarica di dolore lo portasse ad accartocciarsi su se stesso, le braccia avvolte attorno allo stomaco mentre tutto il suo corpo tremava violentemente. Sentiva i denti sbattere così forte da scuotergli il cranio e amplificare le scosse che già lo comprimevano. 

 

Dolore. 

 

Dolore ovunque. 

 

-Sì. Che cosa significa? È... è la sua... 

 

-È molto probabile. Il legame è completo?

 

-No, non l'ha mai incontrata. 

 

La sua anima gemella... 

 

La sua anima gemella stava male? Jin provò a sbattere le palpebre ma la lucidità gli sfuggiva dalle dita come granelli di sabbia. Continuava a vedere solo bianco e dolore. Voleva parlare, fare domande, chiamare i suoi amici, ma la sua bocca  era ancora maledettamente impastata di vomito e di grida. 

 

-Allora c'è la possibilità che possa salvarsi. 

 

-C'è la possibilità... aspetti, intende dire che la sua anima gemella- 

 

Il silenzio che seguì, fu riempito da una nuova ondata di conati che portarono Jin a piegarsi in avanti ma lo lasciarono a sputare il nulla. La testa rimbombava come una stanza dalla pessima acustica piena di persone che parlavano ad alta voce le une sulle altre.

 

Non capiva nulla. 

 

Cosa era successo alla sua anima gemella?

 

-Temo di sì. 

 

Il trambusto attorno a lui aumentò. Qualcuno lo stava sollevando, forse. La superficie sotto di sé era più morbida del divanetto di pelle appiccicaticcio della green room su cui ricordava di essersi seduto, ma odorava di quel sterilizzante fastidioso che usavano solo gli ospedali, cosa che lo portò a sentire nuovamente la nausea sulla punta della lingua. Riuscì a catturare un riflesso argentato nella sua visione appannata e confusa, un piccolo sprazzo nel bianco assoluto. La coperta termica che gli avevano posato addosso, però, non fece cessare i violenti brividi che ancora gli scuotevano il corpo. 

 

-Veloci con la flebo. Preparate anche una soluzione salina e dei soppressori di legame. 

 

-Perché ha bisogno di soppressori? 

 

-È l'unico modo per far cessare il dolore e impedirgli di seguire la sua anima gemella. Una sola persona nell'ambulanza, non di più. 

 

Namjoon dov'era? Era lui che faceva tutte quelle domande, con quella voce preoccupata? Dov'era il manager? E Jungkook? Jimin? 

 

Dov'erano tutti? 

 

-Vai tu, noi vi raggiungiamo in ospedale. 

 

Jin iniziò a sentire parte del dolore ritrarsi, lasciando che uno strascico di lucidità si facesse spazio nella sua mente. Il costante, assoluto bruciore non se ne andò e sentiva il suo corpo tremare ancora, ma fu almeno in grado di sbattere le palpebre e scacciare via la nebbia bianca che gli popolava la vista. Sopra di lui, il viso di Namjoon lo scrutava con le sopracciglia contorte e il mento sporto in avanti in quella smorfia che, Jin sapeva bene, indicava rabbia o un profondo turbamento. 

 

-Hyung, ci sei? Mi senti? 

 

Provò a staccare la lingua dal palato per rispondere un misero "Sì", ma non ci riusciva. L'unico suono che fu in grado di emettere fu un vago mugolio dalla gola. 

 

-Ok hyung, stiamo andando in ospedale. Ti hanno dato un calmante perciò dovresti stare meglio. Vedrai che starai meglio, ok?

 

Se fosse stato più lucido, si sarebbe stupito delle lacrime che avevano iniziato a solcare il viso del suo amico. L'aveva visto piangere in così poche occasioni e mai, mai nella sua vita lo aveva scoperto a singhiozzare come in quel momento. Si accorse della mano che stringeva la sua, si accorse del paramedico al suo fianco che manovrava dei fili, forse per cambiare il liquido della flebo, e si accorse del dondolio dell'abitacolo e della barella su cui era sdraiato. 

 

-Nam... a... mia... 

 

Le labbra di Seokjin tremavano ancora. Fermandosi, cercò di ricacciare indietro l'acido che tentava di risalire nella sua gola e con respiri lenti riuscì a dissipare i conati alla nascita. Socchiudendo gli occhi, si sforzò di deglutire il deserto che si ritrovava in bocca.

 

-La... ia... ani... anima gemel...

 

Cosa le stava succedendo? Stava male? Voleva chiedere a Namjoon di spiegargli la situazione, ma ne la sua mente ne la sua lingua sembrarono collaborare in quel momento. 

 

Nonostante ciò, sentì la mano che circondava la sua stringere. Debolmente, timidamente. 

 

Una stretta di pietà. 

 

Quando guardò gli occhi del suo amico, infatti, trovò ancora più lacrime a bagnargli le ciglia. 

 

-Hyung... mi dispiace. 

 

 

 

La prima volta che Yona fece una di "quelle" visite mediche aveva dieci anni.  

 

Aveva iniziato a odiarle. Era una routine che si ripeteva ogni volta. E ogni volta finiva alla stessa maniera. 

 

-Dev'esserci un errore! 

 

Sua madre che inveiva contro il medico di turno era parte della routine. Fastidiose punture per prelevarle il sangue, kilometri di strada per raggiungere una nuova clinica, un dottore dall'espressione gentile ma dispiaciuta e sua madre che urlava.

 

Non cambiava mai. 

 

-Signora, è la quarta volta che rifacciamo le analisi alla bambina. Purtroppo, non è un errore.

 

A quel punto, gli occhi di sua madre si assottigliavano in linee scure e rabbiose. Si alzava dalla sedia, puntava il dito contro il povero dottore e iniziava a ringhiare bassamente. 

 

-Non è possibile che di miliardi di persone proprio mia figlia sia- 

 

-Signora, per favore, si calmi. 

 

Il medico alzava le mani in segno di resa, mostrava un'espressione calma e accondiscendente e piegava il capo con un sospiro. 

 

-Purtroppo sua figlia rientra in quella parte di popolazione che è affetta da questo problema. Ma questo non vuol dire che non potrà mai-

 

-Molto bene. Se non ci vuole aiutare, arrivederci! 

 

Sua madre faceva strisciare rumorosamente la sedia sul pavimento, prendeva la mano di Yona portandola ad alzarsi e si precipitava fuori dallo studio medico. La bambina da piccola immaginava che in quei momenti la donna si trasformasse in un drago dalle cui narici uscivano nuvole di fumo, da quanto era tangibile la sua rabbia. 

 

Lei continuava a marciare furiosamente fino alla macchina, cercava le chiavi perdute nei meandri della sua borsa prima di ritrovarle finalmente con il supporto di una parolaccia, infilzarle nella fessura metallica e strappare la maniglia della cigolante Suzuki Vitara per fiondarsi sul sedile. Yona, in silenzio, si sedeva accanto a lei, osservando di traverso la figura che si accartocciava in avanti e abbracciava il volante appoggiandovi la fronte. E scoppiava a piangere. 

 

-Ma'? 

 

La bambina si guardò le unghie, strappando nervosamente le pellicine mentre sentiva la donna mugugnare al suo fianco. 

 

-Possiamo smettere di andare dal dottore?

 

Yona, tirando la bocca tremante in un broncio, vide la madre cessare di singhiozzare e sollevare gli occhi intrisi di lacrime su di lei. 

 

-Ma tesoro... no, no tesoro, questi dottori non sanno quello che dicono, vedrai che- 

 

-Ma'.

 

Yona guardò la donna arricciando le labbra e deglutendo. 

 

-A me non importa. Mi sta bene anche se sono così. 

 

La bambina aspettò. Era la prima volta che vedeva sua madre senza parole. Sembrava rimasta pietrificata, la bocca dischiusa sulla frase inconclusa e gli occhi spalancati dallo shock. 

 

La donna, allora, si fiondò su di lei. La strinse tra le braccia e prese a singhiozzare nei suoi capelli. 

 

-No tesoro non voglio che rimani sola... non rimarrai sola tesoro, vedrai che la mamma risolverà questa cosa, vedrai- 

 

-Ma', davvero. Va bene così. 

 

La donna prese a singhiozzare ancora più forte e Yona poté sentire le lacrime salire anche sui suoi, di occhi. Appoggiando le mani sulla schiena di lei, immerse il mento nella sua spalla. 

 

-Ma'...- iniziò, la voce flebile e tremolante. 

 

-... mi vuoi bene lo stesso anche se sono così?-

 

Le braccia attorno al suo piccolo busto si fecero ancora più strette. 

 

-Oh mio Dio, sì tesoro! Ma certo che ti voglio bene, ti vorrò sempre bene, sempre! Tesoro io... 

 

La donna si interruppe. I singhiozzi, per un momento, cessarono e lei sollevò la testa per guardare la figlia negli occhi. Poi, appoggiò una mano sulla sua guancia. 

 

-Yona... mi dispiace.

   
 
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