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Autore: Camaleonte    14/10/2021    0 recensioni
"Si dice che la differenza tra un semplice turista ed un viaggiatore stia tutta nella volontà di comprendere. Nella voglia di informarsi, di apprendere, ampliare e accettare. Nel fantomatico mondo delle immagini riflesse nate dall’attività creatrice del poeta non si può essere meri turisti, non si può. O si è viaggiatori, o... si rimane chiusi nel proprio piccolo e squallido alloggio mentale."
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Un viaggio nel mondo dell'immaginazione, all'incontro di quattro creature fantastiche ognuna con il suo proprio unico problema.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arcibaldo Tuc

 

L’osteria della Luna Storta è particolarmente rinomata nel mondo della fantasia. Non tanto per il servizio un poco scadente, né per l’ambiente antico e passato, tanto meno per i piatti riscaldati al momento, ma più per la curiosa compagnia di cui si può fare conoscenza: tipi loschi negli angoli bui, ballerine scollacciate sotto i riflettori, i soliti saccenti ai tavoli centrali, attorniati dalla gentaglia rumorosa paonazza dal vino. È un posto particolare, che tutti prima o poi devono visitare, se vogliono vivere pienamente l’esperienza data dalla fantasia.

È da qualche tempo che al tavolo tondo vicino alla finestra un tipo ancor più curioso è seduto a sorseggiare acqua salata.

Appena entri nel locale schiudendo la pesante porta di legno vedi subito questa strampalata figura alzarsi dalla sedia come alla presenza di un potente sovrano. Ti rivolge un cortese cenno della testa, a cui tu rispondi un poco titubante per poi avviarti confuso al bancone per ordinare una bevanda fresca.

Ma l’ho già visto? Mi conosce?

Lui intanto si è di nuovo seduto, sistemandosi meglio la margherita che porta all’occhiello con due grosse pinne che ha al posto delle braccia. Dalla tua posizione ne approfitti per osservarlo furtivamente incuriosito dalla sua stravaganza.

È effettivamente un tipo molto particolare. Seduto in maniera impeccabile con le pinne appoggiate educatamente sul tavolo guarda di fronte a sé. Naso largo, occhi piccoli e distanti, bocca sottilissima e un paio di doppi menti. Due cespugliose sopracciglia e basette altrettanto rigogliose, una zazzera di capelli brizzolati tra i quali fa capolino un tenero e piccolo corno e infine due lunghissime orecchie appunta.

Aggrotti la fronte, non sapendo bene a quale razza classificarlo. Di certo non è un folletto, neppure un goblin, per quanto a volte capiti di vederne alcuni cornuti. Uno gnomo neppure, una fata maschio neanche, non è mica così brutto. Sembra che qualcuno abbia shakerato elementi di più creature insieme e ne sia uscito quell’essere lì.

Confuso ti rivolgi all’oste che scrolla semplicemente la testa, rispondendo: – Mezzosangue. –

Ritorni così ad osservare il distinto signore e solo in quel momento noti le lunghissime gambe sottili che terminano in due grossi zoccoli.

Nello stesso istante volta anche lui la testa verso di te e per un momento vi guardate dritto negli occhi. Lui ti sorride cortesemente, tu imbarazzato chini solamente ancora di più il capo colto nel fallo. Dopo pochi secondi di titubanza ti decidi però ad alzarti e a dirigerti verso il suo tavolo. Sarebbe maleducato non rivolgere un saluto, ti dici, e poi sotto sotto sei anche curioso. Chi potrà mai essere?

Vedendoti avvicinare lui si alza galantemente di nuovo in piedi e ti rendi conto di quanto effettivamente è alto: ha delle gambe veramente lunghissime e anche il collo; sembra impossibile che riesca a reggere quella testa piuttosto grande in confronto al resto del corpo.

Gli fai a quel punto anche tu un cenno del capo prima che entrambi prendiate posto uno di fronte all’altro.

Completamente a suo agio ti rivolge lui per primo la parola.

– Salve, sono Arcibaldo Tuc. –

Ti presenti anche tu un poco imbarazzato, poi lui instaura un discorso. E tu rimani completamente affascinato da quella voce pacata e dagli occhi morbidi e dolci del signor Tuc. E all’improvviso discorrere con lui non è mai stato tanto facile. Iniziate a chiacchierare del più e del meno e tu non fai altro che continuare ad apprezzare la sua galanteria e le sue buone maniere. Mai una parola fuori luogo, mai domande troppo inquisitorie. L’arte del parlare la sa maneggiare in maniera impeccabile, da vero gentiluomo.

– È straniero lei qui, non l’ho mai visto all’osteria della Luna Storta. – nota lui, che a quanto pare invece è un cliente fisso.

Gli vuoi offrire qualcosa da bere, ma lui gentilmente rifiuta, indicando il suo bicchiere ancora mezzo pieno. – Mi basta il mio bicchiere d’acqua salata, grazie. – Al tuo sguardo confuso lui fa un mezzo sorriso. – Sono un mezzosangue: figlio platonico di una sirena e di un unicorno. L’acqua salata serve per mantenere le mie pinne in funzione. – Spiega scrollando la pelle umida e appiccicosa che ha al posto delle braccia.

Allora capisci il motivo per cui, per quanto non particolarmente armonico, Arcibaldo Tuc abbia un che di affascinante, seducente… quasi accattivante, in completo contrasto invece con la sua purezza di modi ed espressioni. Le sue due nature per quanto sottilmente nascoste sono prepotenti e ben percepibili, ma non comprensibili o afferrabili. Da una parte il candore e l’ingenuità dell’essere più puro di tutto il regno, dall’altra la sensualità, il fascino e l’inspiegabile attrazione di una creatura del mare, pericolosa e tentatrice. È un individuo ambivalente, che ispira fiducia, ma che al tempo stesso sai di dover temere per via di quel luccichio negli occhi.

Ma non riesci ad aver paura, sai che non devi aver paura, non ne hai bisogno. Non ne sei neppure sconvolto, è come se in qualche modo te lo aspettasi. Gli sorridi e continui il discorso. Gli chiedi invece se lui frequenta spesso questo luogo.

Annuisce con grazia. – Sì, sono ogni giorno seduto qua. Posso vantarmi di essere un cliente abituale. –

Domandi se si incontra con qualcuno, se aspetta un amico.

– Può darsi. –

In che senso?

– Io sono sempre in attesa. –

In attesa?

– Certo. In attesa. Io ogni giorno vengo qui e aspetto. Aspetto di potermi ricongiungere con metà del mio corpo. –

Ti viene allora in mente che ormai di unicorni e sirene quasi non ne esistono più, anzi sono praticamente scomparsi, creature troppo antiche per sopravvivere al progresso del tempo. Un triste destino è stato loro affibbiato.

E ha mai incontrato una sua metà?

– Non ancora, ma non ho perso le speranze. Io lo so che un giorno da quella porta – indica la stessa porta da cui sei entrato tu – entrerà una mia metà. –

E lo dice con tale convinzione e sicurezza che ci credi pure tu. Non ne dubiti minimamente.

Finite entrambi la vostra bevanda continuando a parlare e a raccontarvi avventure. Poi tu ti alzi e prendi congedo. Arcibaldo Tuc ti accompagna fino alla porta, ti saluta, ti stringe la mano e fa un mezzo inchino. Aspetta che tu abbia girato l’angolo prima di riempirsi di nuovo il bicchiere e ritornare al suo posto. Si siede nuovamente e guarda di nuovo di fronte a sé, sistemandosi con le sue grandi pinne la margherita all’occhiello.

E tu anni ed anni dopo ti domanderai se egli avrà finalmente trovato la sua metà o ancora è seduto in attesa dentro all’osteria della Luna Storta, rinomata per la curiosa compagnia di cui si può fare conoscenza.

 

 

 

 

 

  
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