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Autore: Nao Yoshikawa    17/10/2021    5 recensioni
ScarletStrange con accenni Starker ispirata al film di Makoto Shinkai "Your Name/Kimi no na wa"
Wanda Maximoff e Stephen Strange non si conoscono e vivono in due paesi diversi. Eppure alcune notti avviene uno strano cambio di corpi tra loro, in sogno, che li costringe a vivere la vita l'uno dell'altro.
Vivendo vicino una stazione ferroviaria, Wanda Maximoff era abituata ad essere svegliata dal rumore dei treni in arrivo o in partenza.
Ma quella mattina nessun rumore l’aveva svegliata, fatta eccezione per la sveglia sul cellulare.
Stephen Strange, abituato al silenzio perfetto di casa sua, si lasciò andare ad un gemito infastidito quando sentì distintamente un treno che fischiava. Non c’era stazioni ferroviarie vicino casa. E poi viveva al decimo piano, non avrebbe dovuto sentire niente a priori.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Pietro Maximoff/Quicksilver, Tony Stark/Iron Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Qual è il tuo nome?
Un filo invisibile
 
Peter entrò, raggiungendo uno degli uffici. La prima cosa che fece fu afferrare il microfono, sotto il braccio teneva un megafono preso dall’aula di storia del cinema.
«Sicuro che non avremo guai con la polizia?» domandò Tony.
«Probabilmente sì, ma oramai cosa importa?» Peter aveva abbandonato ogni paura. Si schiarì la voce e accese il microfono: doveva parlare forte e chiaro e assicurarsi di apparire credibile.
A tutti i cittadini, è necessaria un’evacuazione a causa di un incendio. Siete pregati di lasciare la città immediatamente. Ripeto, è necessaria un’evacuazione a casa di un incendio, lasciare la città immediatamente.
Wanda udì la voce di Peter da fuori e guardò Stephen.
«Pensi che la gente ci prenderà sul serio?»
«Possiamo sperarlo. Ma dove diamine è Pietro?»
 
Pietro non stava perdendo tempo. Lui lavorava come fattorino e una delle sue tappe era la stazione della polizia dove si trovava uno dei suoi amici più fidati: Clint Barton, il quale lo aveva preso in simpatia sin dall’inizio.
Quando Pietro arrivò per la consegna, però, trovò esattamente ciò che aveva creduto: un gran caos causato dall’annuncio di Peter che, a quanto sembrava, aveva iniziato a destare un po’ di confusione.
«Ciao, Clint» salutò.
«Ciao, Pietro. Scusa, non è il momento, adesso. Devo andare. Qualcuno sta dando falsi allarmi, e dire che la giornata non è ancora iniziata!» esclamò lui infilandosi la giacca.
Pietro non perse il controllo, semplicemente batté una mano sulla scrivania per attirare la sua attenzione.
«Barton, noi siamo amici, no? Questo vuol dire che mi prenderesti sempre sul serio?»
«Ma che domande sono così all’improvviso? Sì, credo di sì.»
«Molto bene, allora sappi che devi farmi un favore enorme. Non solo a me, ma a questa città» disse indicando tutto intorno a sé. «Tu sei a capo della polizia, questo vuol dire che hai il potere di far evacuare la zona.»
«Non è possibile» sospirò Clint. «Cos’è, uno scherzo di voi giovani studenti? Non è legale.»
«Ascoltami!» lo interruppe. «Tu mi conosci e sai che io non scherzo mai su certe cose. Non posso spiegarti tutto, ma sappi che se non facciamo qualcosa, ci saranno centinaia di morti, tra cui io e le persone che amo. Stiamo provando a salvarne il più possibile, ma non possiamo riuscirci da soli!»
«Ma io non capisco… Qual è il pericolo? C’è davvero un incendio?»
Pietro si fece vicino, prendendo a sussurrare.
«No, ma c’è davvero un pericolo. Per favore, lo so che sembra una follia, giuro che se scoprirai che non è come ti dico, potrai anche arrestarmi. Ma ti prego, non ignorare le mie parole.»
Pietro lo guardava dritto negli occhi, al punto che per Clint divenne impossibile pensare che stesse mentendo, nonostante l’assurdità della situazione.
E poiché quello era il suo lavoro, non poteva permettersi di avere delle incertezze.
«Accidenti a te, Pietro. Non so cosa voi abbiate in mente, ma giuro che non ci andrò leggero con voi, se scopro che si tratta di uno scherzo idiota!»
 
L’annuncio di Peter aveva messo in allarme molti degli abitanti. Alcuni erano già usciti in strada, molti altri erano ancora chiusi in casa, ma in allerta.
«Non so perché, ma inizio ad avere ansia»
«E ti sorprendi?» Stephen le poggiò una mano su una spalla. «Direi che è normale. Ma sapere vuol dire poter agire. Non ti succederà niente.»
 «Non è di questo che ho paura. Ma immagino che quanto la tua missione sarà finita, dovrai tornare nel tuo tempo, no?»
Era una cosa a cui Strange aveva evitato di pensare, troppo preso da altro. Ma dopotutto, era logico.
«Sì, ovviamente. Ma questo non cambia niente, vuol dire solo che ci ritroveremo più avanti.»
Wanda fece una smorfia, aggrappata a lui. Ma ancora una volta si interruppe. Iniziava ad esserci caos intorno a lei e in più adesso iniziava a sentire il rumore delle sirene.
 
«Beh, io il mio lavoro l’ho fatto» sospirò Peter, massaggiandosi la testa. «Io non riesco ancora a credere che sia vero. Sto salvando una città e parlo con un uomo venuto dal futuro!»
«Ehi, io mi chiamo Tony, ti ricordo» si lamentò Stark. «Devo dire che sei giovane, ma in gamba. E mi stai simpatico, non è scontato.»
Peter arrossì.
«Davvero? Ci sono tante persone che mi trovano irritante» sussurrò abbassando lo sguardo.
Forse si era scelto un momento pessimo considerando la situazione.
«Molta gente non capisce niente, credimi. Anche se abbiamo una notevole differenza di età, non mi dispiaci. E poi immagino che ci ritroveremo a passare molto tempo insieme, dato che è ovvio che quei due diventeranno una coppia.»
A Peter l’idea piacque molto. Se fosse sopravvissuto a quella situazione, sarebbe potuto sopravvivere a tutto. Ad un tratto anche la loro conversazione era stata interrotta dalle sirene.
«Aiuto, sono venuti ad arrestarci!» piagnucolò Peter nascondendosi dietro Tony.
«Ah, beh. Che vuoi che sia. Forza» sospirò, stranamente tranquillo.
 
Wanda era rimasta sorpresa di vedere Pietro scendere dalla volante di polizia.
«Ma dov’eri finito?!» domandò infatti, ancora aggrappata a Stephen.
«A risolvere la situazione. Avere un amico poliziotto può essere utile in questo caso» disse indicando Clint, il quale aveva fatto una smorfia.
«Se alla fine verrà fuori che tutto ciò è stato uno scherzo o chissà che altro, Pietro sarà arrestato. Eccome se lo sarà» Clint avvertì Wanda. «Ad ogni modo, il vostro complice ha portato un po’ avanti il lavoro.»
Dopodiché si rivolse agli abitanti, i quali a quel punto credettero davvero che si fosse scatenato un incendio lì vicino e che fosse necessario evacuare. Peter e Tony li raggiunsero poco dopo.
«Allora, non ci arrestano?» domandò il più giovane.
«No, Peter. Penso che adesso andrà tutto per il meglio» lo rassicurò Wanda, che però non riusciva a liberarsi da quella terribile sensazione di pesantezza al cuore.
Ci vollero alcune ore prima che la città si svuotasse per tutto. Gli abitanti Novi Grad furono costretti ad accamparsi nelle colline lì vicine, in attesa di un cambiamento, di qualsiasi cosa. Stephen osservava l’orologio al suo polso, contando i secondi che passavano.
Ancora un minuto,
Quaranta seconda, poi trenta.
Solo loro quattro potevano sapere ovviamente, al contrario della gente attorno a loro.
Poi, all’improvviso, scattò l’ora tanto temuta. Avvertirono il tremore sotto la terra, anche se ben più lieve di quella che stava invece devastando la città. Wanda si strinse a Stephen, affondando il viso sul suo petto.
Era strano, era un po’ come il tremore di un treno che passava. Peter chiuse gli occhi e come un bambino spaventato si era portato le mani davanti al viso, mentre Tony portava una mano sulla sua testa. Pietro invece era uno dei pochi a non avere reazione. Semplicemente guardava un punto indefinito, sapendo che oramai avrebbero perso la loro casa e la città in cui erano cresciuti. Ma andava bene così, dopotutto erano riusciti a salvarsi. Si levarono dei mormorii di stupore e paura, alcuni gridarono nel capire cosa stava effettivamente accadendo.
La scossa di terremoto non durò tanto, ma Wanda sapeva che non sarebbero più potuti tornare in quella città.
«Ma cosa… che è successo, un terremoto?» domandò Clint ad alta voce, cercando di sovrastare il vociare della gente attorno a lui. Subito il suo pensiero era andato a Pietro, che aveva tanto insistito per far evacuare la città. «Come facevi a sapere che sarebbe successo? È per questo che hai insistito tanto?»
Pietro si volse a guardarlo, ma senza rispondere. Non era necessario che sapesse, l’importante è che si fossero tutti messi in salvo.
«Farai meglio ad occuparti degli altri. La città è stata distrutta, siamo letteralmente degli sfollati» disse serio e tranquillo.
Come uno che si era già preparato al peggio, come d’altronde era.
«Va tutto bene, è finita adesso. È passato» sussurrò Tony a Peter, il quale aprì lentamente gli occhi.
Mise a fuoco il mondo intorno a sé e poi si lasciò andare alle lacrime, abbracciando Tony.
«Sono vivooo! Siamo vivi tutti, ha funzionato!»
Nel sentire la sua voce, Wanda si alzò e guardò Stephen negli occhi. Era viva, erano tutti vivi e il merito era solo suo.
«Tu… sei andato oltre il tempo per salvarmi» mormorò incredula.
Stephen le accarezzò i capelli.
«Evidentemente questo era il mio compito sin dall’inizio.»
Sentiva una sensazione di calore al petto. Doveva essere quello il tanto famigerato e ricercato amore.
Quello che spingeva le persone a fare cose folli, un po’ come il suo salvataggio.
Anche Wanda si rese conto che per lei non era impossibile legarsi a qualcuno, amarlo completamente.
E che si trovava lì era perché meritava una seconda possibilità.
Ti amo. Queste le parole in bilico tra le loro labbra, le parole che avrebbero voluto dirsi.
«Wanda, io…» Stephen era disposto a farlo, a esporsi completamente.
Ma non appena pronunciò il suo nome si sentì ad un tratto debole e indietreggiò.
«Stephen, cosa c’è?» chiese. In realtà sapevano benissimo entrambi cosa stava succedendo: loro non appartenevano a quella linea temporale, non avrebbero dovuto trovarsi lì in quel momento. Dovevano tornare indietro.
Tony si alzò, avvertendo la medesima sensazione, come se una forza invisibile lo stesse afferrando e trascinando via.
«Ehi, che succede?» chiese Peter.
Stephen si aggrappò a Wanda. Non aveva tempo, non avevano più tempo, nessuno dei due.
«Wanda, trovami, d’accordo? E io troverò te. Non dimenticarlo. Non dimenticare.»
La ragazza singhiozzò. Perché piangeva? Dopotutto non sarebbero stati separati per sempre.
«Stephen, non ti dimenticherò!»
Dopodiché lo strinse tra le braccia, posandogli un bacio sulle labbra. Ma poté godere del suo calore solo qualche istante, perché all’improvviso si era ritrovata a stringere l’aria.
«Ehi! Signor Stark, Tony!» piagnucolò. «Maledizione, non l’ho neanche salutato come si deve!»
Pietro si avvicinò alla sorella, la quale era caduta in ginocchio sull’erba. Le poggiò una mano su una spalla.
«Wanda, non ti disperare. Mi rivedrete.»
Lei annuì, asciugandosi una guancia umida.
«Sì che lo rivedrò… perché non gli ho ancora detto che ti amo, anche se lo sa già. Sì, io voglio…» lasciò la frase in sospeso. In quel momento qualcosa nella sua mente si era annebbiato. «Io… non ricordo più il suo nome.»
«Eh…? Cosa?» domandò Pietro confuso. Wanda ai aggrappò poi al suo braccio, disperata.
«Il suo nome, non ricordo più il suo nome. Peter, tu ricordi il suo nome?»
«Il nome di chi?» chiese il ragazzo attonito.
Si era chiesta a lungo cosa fosse successo quando si sarebbero separati. E tutto si sarebbe aspettata, ma non di dimenticare. Non era giusto, perché unirli se poi separarli in quel modo?
Cercò di scavare a fondo alla sua memoria divenuta così nebulosa, cercava di aggrapparsi a quei ricordi che stavano ingiustamente scomparendo.
E cercò il suo nome senza trovarlo, mentre le lacrime le bagnavano il viso.
Fino a quando non dimenticò il motivo per cui piangeva e si sorprese di trovare il viso bagnato di lacrime.
 
Stephen batté il braccio da qualche parte. Gli ci era voluto qualche istante per capire di essere tornato indietro. O avanti. Nel suo tempo in ogni caso.
«Strange!» esclamò Tony accendendo la luce. «Stai bene?»
L’altro si rialzò da terra, confuso.
«Credo di sì. Siamo tornati indietro… cioè nel futuro» sussurrò. «Ce l’abbiamo fatta.»
«Non ci avrei scommesso, ma è così. Allora dovrebbe essere tutto a posto, puoi provare a chiamarla, a metterti in contatto con lei» suggerì.
Ancora stordito, Stephen prese il telefono, avvertendo poco dopo una fastidiosa fitta alla testa.
«Ahi… diamine…»
Wanda, Wanda. È il suo nome, Wanda, Wanda.
Non sparire. Non sparire.
Non…
Tony chiuse gli occhi e poi li riaprì, sentendo improvvisamente la testa pesante.
«Strange…?»
Stephen sentì gli occhi bruciare. Che strano, pensò, improvvisamente si sentiva triste, così tanto che le lacrime gli rigavano il viso. Non ricordava più il nome di quella ragazza e man mano che i minuti passavano, anche il suo viso gli appariva sempre più sfocato.
L’avrebbe dimenticata del tutto, ma non avrebbe dimenticato il senso di profondo vuoto che avrebbe scandito i suoi giorni per il tempo avvenire.
 
 
Tre anni dopo…
 
Da circa tre anni non mi sento più me stesso. Mi sveglio la mattina, svolgo il mio lavoro, sono sempre popolare e stimato, eppure c’è qualcosa che mi manca. Il fatto è che non ricordo cosa, ma so che è importante. E quindi ogni giorno cerco di ricambiare, anche se in parte sono solo rassegnato.
Come ogni mercoledì mattina, Stephen e Tony si videro prima di andare a lavoro. Né lui né Tony ricordavano quasi nulla del loro viaggio nell’Est Europa, come se fosse avvenuto molti anni prima. Ma da allora nessuno dei due era mai stato lo stesso.
«Sai Stephen, sono piuttosto depresso» ammise Tony fissando la tazza di caffè oramai vuoto. «Oramai sono perfettamente a posto nella vita, nel lavoro… e mi piacerebbe molto trovare qualcuno. Ma immagino che queste cose non si cerchino. No?»
«Ti sei risposto da solo» disse Stephen, distratto. Tony sapeva bene che anche lui provava lo stesso, avrebbe voluto trovare quel qualcuno.
Quel qualcuno che forse aveva già trovato, senza poterlo ricordare.
«Ehi, ma oggi non sono passati tre anni dal nostro viaggio?» chiese Tony. Glielo ricordava tutte le volte, ma non c’era molto da dire.
«Sì. È un peccato il fatto che non ricordiamo niente. Ed è anche strano. Eravamo andate lì per incontrare chi…?»
Tony però non gli rispose. Si alzò di scatto, afferrando la giacca.
«Cavolo, sono in ritardo. Ti chiamo dopo» disse frettolosamente. Stephen sospirò, annoiato.
Qual è la cosa che ho dimenticato?
 
Dopo tanti sacrifici, finalmente io, Peter e Pietro siamo qui. Abbiamo sognato New York per tanto tempo. Mi sembra incredibile che a breve inizierò a fare l’insegnante. Eppure sento che non posso essere del tutto felice, che c’è qualcosa che manca nella mia vita. Ho questa sensazione dal giorno in cui siamo sfuggiti al terremoto. Sento che c’era una persona importante con me, con cui ho condiviso qualcosa di importante. Questa sensazione di incompletezza non mi piace.
Wanda sentì Peter trascinare la bicicletta verso la porta.
«Io vado! Oggi mi aspetta una lunga giornata di lavoro!»
«Sai tu dormi e mangi davvero poco, non è salutare» disse Pietro mentre si alzava e si sistemava la cravatta.
«Ma io ho un film a cui lavorare. Vedrai quando diventerò un famoso regista.»
«Non farti investire!» esclamò Wanda. Peter stava iniziando a lavorare al suo primo film, anche se in forma ancor amatoriale. Diceva di voler realizzare una pellicola sul viaggio nel tempo e che l’idea gli era venuto proprio il giorno del terremoto. Che cosa strana.
«Beh, sarà il caso che vada anche io» sussurrò Wanda. «Penso che andrò in biblioteca.»
«Sicura che non vuoi un passaggio?»
«Mh, no» disse sorridendo. «Oggi sono proprio in vena di andare a piedi.»
 
Peter si era ambientato subito in una città come New York, che tanto aveva nutrito la sua ispirazione. Si sentiva molto soddisfatto, adesso gli sarebbe bastato solo innamorarsi.
Pensava a questo e nonostante non fosse mai una buona idea avere la testa fra le nuvole mentre si andava in bici, quella volta per Peter sarebbe cruciale. Arrivato all’incrocio, venendo da una strada in discesa, non fece in tempo a frenare a ci mancò poco che un’auto non lo investisse in pieno. Ma per lo spavento e un movimento brusco aveva finito con il cadere dalla bici.
Tony Stark uscì dall’auto. Dannazione, proprio a lui doveva capitare di investire dei ragazzini?
«Dannazione! Ragazzo, stai bene? Dimmi che sei vivo.»
Peter si alzò con un lamento. Non aveva battuto la testa, forse si era tagliato le ginocchia.
«Io sto bene, non si preoccupi.»
«Fermo, rimani lì!» ordinò Tony. «Devo chiamare un’ambulanza.»
«No! La prego, nessuna ambulanza. Sto bene, vede?» Peter piagnucolò e allargò le braccia. Sono in quell’attimo Tony lo guardò per davvero. Quel ragazzo gli era familiare in modo spaventoso e ciò che gli faceva provare era sollievo, una felicità mista a malinconia. Lo stesso era per Peter, che per anni aveva vissuto con quel vuoto dentro.
«Sei… proprio sicuro?»
Peter annuì, lentamente.
«Ma non è che ci siamo già incontrati, noi?»
Tony lo aiutò a sollevare la bici. Sì, insieme avevano salvato una città, si erano trovati per uno strano caso. O forse no.
«Io… credo di sì» sussurrò. «Sei di qui?»
«No, io sono… ho vissuto gli ultimi anni a Novi Grad, prima di arrivare qui.»
Quel nome risvegliò in lui qualcosa e nel momento in cui la sua mano sfiorò quella di Peter, entrambi si sentirono accaldati e riempiti di una sensazione dolce e malinconica.
Peter iniziò a piangere senza che potesse fermarlo.
«Tu sei…?»
«E tu sei… Peter?»
Quest’ultimo annuì, lasciò cadere di nuovo la bici e lo abbracciò. Tony ricambiò subito la stretta e finalmente fu tutto chiaro. Due persone che credevano di non conoscersi, ma che in realtà avevano solo dimenticato. L’uomo gli accarezzò i capelli, capendo il perché non aveva ancora “trovato” la persona giusta. Perché era già successo. E alzando lo sguardo, pensò a Stephen e al fatto che anche lui, da qualche parte, doveva aver ritrovato il pezzo mancante della sua anima.
 
Stephen aveva deciso di proseguire a piedi. La città a quell’ora del mattino non gli dispiaceva affatto. E poi passeggiare gli dava occasione di pensare, anche se di ciò ad un certo punto ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Nello stesso momento, proveniente dalla direzione opposta, si affrettava ad andare in biblioteca. Per arrivarci doveva scendere lungo una scalinata, mentre invece Stephen doveva salirci. Entrambi la percorsero, fino a quando non si ritrovarono a passarsi l’uno accanto all’altro. Poi si fermarono, Stephen per primo. Aveva la sensazione di conoscere il rosso di quei capelli e quel profumo, come se fossero stati sui, un tempo. Anche Wanda si rese conto di conoscere quella figura slanciata e malinconica, quello sguardo duro ma che in realtà nascondeva ben altro. Lentamente si voltarono a guardarsi. Arrossirono entrambi e furono colti da una sensazione strana. L’avrebbero paragonata al cielo che si schiariva dopo una tempesta. Come le loro menti, i loro ricordi, dopo tre anni di vuoto.
Improvvisamente era sparito il resto del mondo.
«Ehi!» esclamò Stephen. Wanda si voltò a guardarlo. Avevano entrambi da fare la stessa domanda.
«Qual è il tuo nome?» domandarono nello stesso momento. Poi sorrisero, forse per l’imbarazzo.
Wanda divenne serie all’improvviso.
«Stephen?!»
Gli ci volle qualche istante per capire che quello ovviamente non era il nome della ragazza. Stava chiamando il suo.
«Wanda?» sussurrò.
Si vennero incontro su quegli scalini e poi si sfiorarono le mani. Si erano venuti in contro nel tempo, trovando il loro momento.
Come se un filo rosso e invisibile li avesse tenuti uniti, da tutta la vita.

Nota dell'autrice
Come avevo scritto precedentemente, la storia ad un certo punto si differenza da Your Name, anche se il finale è praticamente uguale (più o meno in realtà).  È stata una storia molto particolare da scrivere, in alcuni punti anche complicata. Sicuramente tornerò a scrivere di questa coppia, perché mi piace molto. Spero abbiate apprezzato questa storia!

Nao
   
 
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