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Autore: LaserGar    18/10/2021    1 recensioni
Yunix Braviery ha 16 anni. Dopo aver perso la memoria in circostanze ignote, il ragazzo, completamente solo, si è ritrovato a vagare in un mondo dominato dai Quirk, alla ricerca di una sistemazione stabile. La sua unica certezza è di aver commesso un crimine terribile, perciò mantiene un profilo basso, cercando di non avere contatti con nessuno. Dopo due mesi di vagabondaggio giunge alla sua meta che spera ponga fine alla sua 'fuga' intercontinentale: lo stato/città indipendente di Temigor, nella punta meridionale dell'isola del Kyushu. La città in questione, chiamata Kotetsu dai Giapponesi, per l'acciaio speciale che vi si ricava all'interno, è una metropoli ricca di persone provenienti da ogni dove. L'HG è l'accademia per eroi della città, capace di rivaleggiare contro lo U.A, per il titolo di scuola migliore per eroi. Nel frattempo, un cimelio del passato rinvenuto nella giungla sudamericana rischia di far sprofondare nel caos non solo Temigor, ma tutta la società degli Heroes. Yunix non sa ancora cosa l'aspetta quando si ritroverà faccia a faccia con il suo futuro e ovviamente il suo passato.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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La città di ferro - Parte Quarta: Arkendel vs Ten Ken


Senza preavviso, il terreno si animò come una gigantesca onda. Ma non era il terreno in sé a muoversi. Era un blocco, un blocco di terra, grande quanto un barile.

Il proiettile emerse dal terreno proprio sotto i piedi di Ten Ken, che agitò zelantemente un braccio. Il blocco si divise in due, prima ancora che gli astanti si accorgessero dell’inizio dello scontro.

Ten Ken atterrò con un balzo qualche metro alle sue spalle, mentre terriccio smosso ricadeva inerme sulla terra battuta, che stranamente non aveva riportato alcun danno.

Arkendel sorrise all’avversario. «Sapevo che non sarebbe stato così facile. Però te ne aspettano molti altri.»

Ten Ken rise vivacemente. «Era quello che stavi facendo, poco fa? Li preparavi per lo scontro? Un tempo ti sarebbe bastato battere un piede sul terreno e avresti avuto le tue munizioni pronte. Se questo è il meglio che puoi fare ora... Temo di doverti dire che lo scontro è scritto fin dal principio.»

Arkendel socchiuse gli occhi. “Certo che è scritto, Ten Ken, ma non ti renderò la vita facile...”

«Quello che ha fatto...!» esclamò Yunix, protendendosi verso il perimetro dello scontro. «E’ l’alchimia di cui parlava prima, immagino...»

Shig aveva il cuore in gola, ma guardò impotente l’Hero prepararsi ad attaccare di nuovo. «Il Quirk di mio padre... È forte, molto forte, ma non dovrebbe abusarne. È un potere che richiede di concentrarsi su diversi elementi in un solo momento. Spero che sappia quello che sta facendo.»

Yunix guardò il padre di Shig. “Devo parlargli quando tutto questo sarà finito... Ho bisogno di risposte...”

L’uomo era pronto. Lo si vedeva dai muscoli tesi, dal portamento fiero, dall’espressione determinata. Ten Ken si lanciò in avanti, affamato di vittoria.

«Io ti rispetto, vecchio, ma non ci andrò piano per questo! Fatti sotto e mostrami la forza che non credi di avere!» Arkendel ruggì e unì le braccia, come in segno di preghiera.

Pro-Hero: Arkendel; Quirk: Earth Alchemy. Entrando in contatto con il terreno può spezzarlo e dividerlo in più punti anche diversi metri nel sottosuolo, creando zolle più piccole. Ai pezzi sufficientemente piccoli può applicare una forza di gravità particolare, che li dirige verso l’alto. Tali zolle possono passare attraverso la terra come se fosse acqua.

Un simbolo triangolare di colore verde, contornato da rune apparve sul terreno.

«Earth Alchemy, Camera 7, Runa Lucente!»

Zolle di terra apparvero tutto attorno all’Hero e Ten Ken si ritrovò costretto ad evitarle. Ma non tutti i massi avevano la stessa velocità. Dopo aver scansato i più rapidi, il Numero Uno si ritrovò ad affrontare giganteschi blocchi.

«Troppo debole! Ancora troppo debole!» La voce tonante dell’Eroe del Paradiso rombò come un tuono a ciel sereno.

Come poco prima, uno dopo l’altro, i proiettili vennero divisi a metà e sbriciolati con un semplice gesto. E la cosa più strana era che il livello in cui l’uomo combatteva si era alzato. Inizialmente, gli spettatori erano portati a credere che saltasse da una zolla all’altra, poi fu chiaro che Ten Ken non stava nemmeno sfiorando la terra. Veleggiava nell’aria agilmente, con l’eleganza di un guerriero. Le sue braccia si muovevano con tale velocità da rendere impossibile capire come le stesse adoperando.

Fatto sta, che di fronte a uno sbalordito Yunix, l’attacco apparentemente infallibile di Arkendel fu ridotto in polvere. Quest’ultimo sorrideva, sicuro di sé, ma il sudore colava già dalla sua fronte. Se Shig aveva detto il vero, il padre non avrebbe resistito a lungo.

Ten Ken si arrestò nell’aria, atterrando sul nulla come sempre. «Ti fermi già? Guarda che sono qui...» L’eroe vantava un portamento perfetto. Non aveva neppure il fiatone.

«Un pezzo di carta...» Yunix si accarezzò il mento, arricciando la bocca in un sorriso. Shig lo udì e lo guardò, stranita.

Un silenzio teso era calato sulla tenda. L’eroe a terra alzò un braccio, ma non sembrava sicuro di quello che stava facendo. Una ragazzina dai capelli sporchi al fianco di Yunix iniziò a saltellare sul posto. «Arkendel! Siamo qui per te!» Le parole, semplici, ma dette con passione, scossero il vecchio combattente. Altri abitanti si unirono al coro. «Il nostro Hero!» «Puoi farcela!» «Vogliamo la tua alchimia migliore!» Un boato si stava levando dalla folla.

Ten Ken si coprì il volto con una mano. «Che vergogna... Non c’è nessuno che vorrebbe tifare per me?»

Un uomo con il pizzetto si rivolse all’eroe, sospeso in aria. «E che gusto ci sarebbe!? Un eroe che si prende gioco dell’avversario come te... Perché non inizi a combattere sul serio? Non abbiamo bisogno della tua pietà...» L’Eroe del Paradiso si irrigidì.

«Come volete...» Alzò il braccio.

Shig urlò, poi una risata interruppe l’attacco dell’Hero. Era Arkendel.

«Sei sempre lo stesso, Number 1. Per cercare di andare verso l’alto, guardi verso il basso. Come ora... Ti senti superiore adesso? Te ne stai lì sospeso nell’aria, come fai sempre, come se non fossimo alla tua altezza, eppure hai sempre bisogno di scendere alla fine... Non avevi detto che ti sentivi integrato nella nostra società?» La domanda arrestò l’eroe nel mezzo della sua mossa.

«Come dici? Mi sentirei superiore? No... No, no, no. Io non oserei mai. Per me ogni avversario è tale e quale. Ogni persona è tale e quale... Ma per me e solo per me è così...» Ten Ken aprì il pungo della mano. Un paio di forbici scivolarono fuori dal palmo e caddero per terra con un rumore metallico.

Attorno ad Arkendel iniziarono a emergere zolle di ogni grandezza. Questi si pulì la bocca con un braccio. «Allora perché ci guardi dall’alto in basso, Number 1?»

Ten Ken guardò intensamente l’avversario, gli occhi rossastri che lampeggiavano di segreti, poi anche lui si mise a ridere. «Vuoi sapere il perché, mio caro amico? Sconfiggimi, allora... Sconfiggimi e ti dirò tutto! Dimostrami che hai la volontà per farlo!»

L’Eroe del Paradiso si preparò ad attaccare ancora una volta, ma ora non c’era indecisione nei suoi occhi.

«Lo ammazzerà...» lamentò Shig, le mani sulla bocca. Arkendel però anticipò la mossa.

«Earth Alchemy. Camera 4. Runa del Ritorno!» Le zolle saettarono in alto. Ten Ken sbuffò e si preparò ad evitare la nuova ondata. «Ti ho già detto che è inutile. Non basta. Non è sufficiente!» Schizzi neri si disegnarono sui massi che vennero fatti a pezzettini con pochi gesti della mano. «Non vedi che...»

Arkendel era immobile, la stessa espressione determinata sul volto. «Non era quello il mio attacco! Se avessi prestato attenzione alle mie parole, lo avresti capito. Non bisogna sempre guardare dall’alto in basso, ma anche dal basso verso l’alto.» Ten Ken sollevò gli occhi. Innumerevoli proiettili di terra erano in caduta sull’arena.

«Ma pensa te!» esclamò, ammirato saltando giù dalla sua posizione. «Me l’hai proprio fatta, Arkendel... Le tue zolle cadono sempre alla fine...» Con un ringhio, si girò verso il cielo, rendendo visibili le mani, prima coperte nel mantello. Stretta nel pungo destro c’era una matita.

Yunix schioccò le dita, studiando attentamente la scena. «Tutto torna... La matita, le forbici...» Il Number 1 Hero tracciò cerchi e linee nell’aria con più rapidità di uno scribacchino. Segni affilati di quella che non poteva essere altro che graffite spezzarono gli asteroidi di terra, ma questa volta il loro numero era davvero alto. Ten Ken, rivolse la matita verso terra e tracciò grossolanamente la sagoma di una spirale.

Come un gigantesco turbine, i segni colpirono il terreno e iniziarono a girare su sé stessi. Gli astanti sentirono lo spostamento d’aria, anche nelle zone più riparate. Arkendel inarcò i piedi nel terreno, tenendo a malapena la posizione. Come risucchiato verso l’alto, il paio di forbici tornò nella mano di Ten Ken, spinto dalle correnti d’aria.

«Non avrei mai pensato che le avrei usate di nuovo in questo scontro!» Urlò, mentre il vestito artistico sventolava a causa del turbine sotto di lui.

Tanto l’eroe, quanto i blocchi di terra, rimanevano sospesi nel vento, ma i contorni di graffite cominciavano a dissiparsi. Arkendel si stava proteggendo gli occhi con un braccio, ma non perse l’occasione di scagliare un masso contro Ten Ken. Il corpo solido fu smembrato dalla rotazione circolare delle folate.

«Tutta questa scena per due blocchi, Number 1? Non ero io quello che poteva arrivare molto più in là?» Le parole erano pronunciate con fermezza, ma l’ex Number 3 era stremato.

Shig stava dando segni di cedimento: Yunix la vide digrignare i denti, inferocita. Non poteva più sopportare di vedere il padre compiere quegli sforzi. Gli spettatori applaudivano attorno a loro, proteggendosi al contempo dalle ventate, che però diminuivano sempre più di intensità.

E nell’aria, come un angelo, c’era Ten Ken. Era difficile a dirsi, potendone vedere solo la schiena e non sentendo a causa del rumore ma sembrava che l’eroe stesse ridacchiando come un folle, il corpo sottoposto a convulsioni impercettibili. Poi, il vento si quietò.

L’Hero non perse tempo, mentre i blocchi e la sua persona cadevano. Aprì le braccia, la matita nella destra e le forbici nella sinistra.

«MY RED HEAVEN!»

Con uno sfuggente taglio di forbice, rivolto al cielo, creò un cartonato di giornali gigantesco rattoppato assieme. Con la matita disegnò quattro schizzi. Tre verso l’alto e uno verso il basso. I massi colpirono la sagoma di carta, che tuttavia riuscì a sostenerne il peso e anzi si avviluppò attorno ad essi, come una piovra. Tre squarci si disegnarono sulla materia raggruppata assieme, formando un fugace simbolo triangolare, per poi sminuzzarla in molteplici pezzi di carta e terra inoffensivi.

Ten Ken, nel frattempo, si era aggrappato al quarto schizzo, conficcato come un’asta sul terreno e lo aveva sfruttato per scendere a terra, senza subire alcun danno. Guardò fisso Arkendel, con un’espressione indecifrabile, mentre striscioline di carta e polvere si depositavano sul terreno, ormai ricoperto di detriti. I segni neri scomparvero nella luce pomeridiana e così fece anche la carta, come se non fosse mai esistita.

«Ma come ha fatto?!» Domandò Shig, appoggiata a un ceppo, irata e al contempo confusa. Yunix la guardò di sbieco, annoiato da quell’interruzione.

«Vuoi che te lo spieghi, o preferisci capirlo da sola?»

Se la ragazza prima era arrabbiata, ora lanciava lapilli da tutto il corpo. «Yunix Braviery... Mi hai forse preso per una scolaretta ignorante? Ti consiglio di rimangiarti subito quelle parole, prima che tu possa pentirtene...» La voce demoniaca mise in guardia il ragazzo, che capì di aver fatto un passo falso, senza nemmeno accorgersene. Nonostante avesse la vitalità di uno zombie, non voleva beccarsi un altro pungo.

«Carta...» disse sulla difensiva. Shig si interruppe. «Che stai biascicando?» Yunix si strofinò gli occhi. «Con le forbici squarcia l’aria e la trasforma in carta. Con la matita può disegnare elementi solidi, con diverse caratteristiche... E' così che riesce a correre nel cielo: crea piattaforme di carta, che scompaionono non appena i suoi piedi lasciano la superficie. Questo è quello che sono riuscito a capire, ma non so abbastanza per dirti tutto sul suo potere... Spero di essermi spiegato bene... Scusa se dico cose insensate. Sono sfinito.»

Shig si quietò vedendo Yunix tornare a guardare i due sfidanti. Gli apparve più fragile che mai.


“Questa sensazione... Sento in me qualcosa che mi dice che dovrei fare qualcosa per lui... È come mi ha detto prima? Com’è che era? Gli amici sono le persone che consideri importanti? Con cui ti puoi confidare? Ma se non fosse lo stesso per lui... E io... Lo ritengo importante davvero? Quali erano i tre punti dell’amicizia che ha detto...?” La ragazza cercò di ricordarsi, ma dovette rinunciare con un sospiro di resa. Non era capace di pensare così a fondo come Yunix.

Arkendel e Ten Ken si stavano fissando, ancora una volta. La differenza tra i due era netta. Il primo a malapena si reggeva in piedi. Il secondo, d’altra parte, sembrava solo leggermente affaticato, come se avesse compiuto una semplice corsetta mattutina e non quelle incredibili mosse acrobatiche, nel cielo.

«Puoi arrenderti, se vuoi...» disse mettendosi le mani in tasca. «Ma rinunceresti davvero alla mia nuova promessa?» Arkendel era così stanco, che non riusciva nemmeno a parlare.

Ten Ken lo guardò con sufficienza. «Certo che no. Non ti fermerai. Quando noi umani otteniamo una verità parziale, non facciamo che desiderarne ancora e ancora. Il puzzle della verità ha un numero illimitato di pezzi, Arkendel. Non smetteremo mai di collezionarli. Tutto quello che possiamo fare è unirne alcuni, chi in modo grossolano, chi provandoci sul serio, analizzando un pezzo dopo l’altro, per cercare la combinazione perfetta. Allora, voglio sentirlo dalle tue labbra... Vuoi combattere fino alla fine?!»

Shig aveva gli occhi sbarrati. Yunix era turbato. «Fino alla fine? Che significa?» La ragazza nascose il viso tra le mani.

«E’ la sua ultima chance. Mio padre ha il diritto di decidere che fare. Qualsiasi sarà la sua scelta, io l’accetterò. Per quanto non lo conosca come dovrei, credo nel suo giudizio...»

Il ragazzo dai capelli grigi soppesò quelle parole. «Hai cambiato atteggiamento...»

Shig lasciò che le braccia ricadessero inerti sul corpo affusolato. «L’ho detto prima... Noi Andawa ci facciamo guidare dal cuore. Se lui pensa che sia giusto andare avanti, non lo fermerò...»

Arkendel respirava sempre più regolarmente.

«La tua risposta?» Chiese Ten Ken, con aria disillusa.

L’Eroe Runico Chiaro si sollevò sulle gambe, con fierezza.

«Ti ringrazio per avermi fatto questa domanda... E per quanto voglia sapere la verità, più di ogni altra cosa, io non posso continuare... Ignorare la mia età e i problemi che mi causa questo Quirk è semplicemente scorretto, verso coloro che mi amano...» Arkendel si strappò il coltellaccio dal fianco.

«Io mi...»

Un urlo mise in guardia l’Hero, che sentì un forte spostamento d’aria, a pochi centimetri dalla sua testa.

Le persone trattennero il respiro. Arkendel guardò gli astanti. Shig e Yunix erano increduli. Si voltò e vide impresso sulla tenda squarciata alle sue spalle il segno ancora vivido della matita di Ten Ken.

L’Hero Number 1 stava tremando. Con il braccio sinistro stringeva il destro. I suoi occhi erano pieni di terrore e rabbia al contempo. Erano gli occhi di un assassino.

L’uomo batteva i denti, come se stesse lottando contro sé stesso. Si lasciò andare all’indietro e fece diversi passi incerti, non mollando la presa ferrea. «No... No... Non erano questi i patti...» Sembrava fuori di sé.

Arkendel ansimava. La morte l’aveva appena sfiorato. Come una furia, mosse gli occhi dagli abitanti confusi a Ten Ken, come per accertarsi che stesse vedendo bene quello che aveva davanti. Poi, non resse più. Un astio sconosciuto si impossessò di lui.

Come una bestia messa all’angolo, unì disperatamente le mani.

«Earth Alchemy. Camera 10. Hagalaz, Runa della Distruzione!»

Lunghe fessure si disegnarono sul terreno attorno a lui e attorno allo stesso Ten Ken, che caracollava senza una direzione precisa, i capelli simili a tentacoli insanguinati.

Proiettili interrati emersero con una rapidità incredibile. L’Eroe del Paradiso si riebbe all’ultimo e la forbice saettò rapida, formando un ripiano di carta sotto i suoi piedi, che sembrò fermare per qualche istante l’ondata.

Ma Arkendel non era intenzionato ad arrendersi. Sputando sangue, scagliò il coltello verso Ten Ken, che dovette gettarsi di lato dove un masso di terra, apparentemente a distanza di sicurezza, si frammentò come una granata, scagliando schegge a destra e a manca.

In qualche modo, forse in virtù di semplice fortuna, Ten Ken riuscì ad evitate tutti i colpi, se non per qualche squarcio del vestito.

«No... Non è così che doveva andare... Arkendel! Sei disposto a mettere a rischio il tuo villaggio?! Tu non sei un Villain!»

Yunix stava proteggendo Shig, che tuttavia lo scostò bruscamente. I frammenti di terra erano arrivati anche da loro, per fortuna in misura molto ridotta. Gli abitanti si erano gettati a terra. L’ubriacone aveva abbandonato il microfono e stava cercando una via di fuga.

“Ma che succede? È stato tutto così rapido... Non riesco a capire.”

«Yunix...»

Shig lo guardò, sorprendentemente tranquilla. «Non ti devi preoccupare... Quello è mio padre... Non ci metterebbe mai in pericolo di vita. Lui ha solo deciso... di andare avanti... di combattere fino alla fine.»

Le sue parole non avevano alcun senso. Quello scontro era diventato qualcosa di ben diverso. Yunix fece per correre in aiuto degli uomini vicini a loro, ma Shig lo trattenne ancora.

«Ci sta proteggendo. Mio padre ci sta proteggendo. Non ha perso la testa, devi credermi...» Yunix scuoteva la testa, ritmicamente, incapace di reagire, poi notò che erano stranamente in ombra. Guardò attorno a sé e aprì la bocca, meravigliato.

Barriere di terra si erano innalzate attorno agli spettatori, nascondendo alla vista l’arena. Li stava davvero proteggendo. Cosa voleva ottenere? «Shig, tuo padre vuole confrontarsi con Ten Ken da solo?»

All’interno del perimetro, Arkendel guardava con fredda determinazione il Number 1 Hero, che lottava con fatica contro i detriti che continuavano a levarsi contro di lui. «Devi deciderti, Ten Ken. Sei un Hero o sei un villain?»

Quest’ultimo tagliò in due un masso. «Io non...!»

Arkendel teneva le mani unite, senza perdersi d’animo. «Non conosco tutti i tuoi segreti, è vero... Ma con quell’attacco mi hai dimostrato che non sei affatto cambiato da quel giorno. Tu non stai crescendo Ten Ken... Stai rasentando il fondo del barile.»

L’Eroe del Paradiso accelerò nei movimenti, lanciando un grido di battaglia.

«Se quello che dici è vero, mi basta un salto, un semplice salto, per migliorare, anche se soltanto per un secondo.» Gli schizzi di graffite crescevano in frequenza e grandezza, non lasciando scampo alla scarica di terra.

«Almeno ti rendi conto di quello che hai fatto? Deviando quel colpo, hai rischiato di mettere in mezzo degli innocenti. Il Ten Ken che conosco avrebbe lasciato che fossi io a morire.» L’eroe numero 1 si slanciò verso il basso, cercando di avvicinarsi ad Arkendel.

«Forse è vero... Il Ten Ken che conosci ti avrebbe lasciato morire, ma in fondo non sono più lo stesso dell’ultima volta... Non lo sono mai.»

L’uomo a terra non accennava a desistere. Rivoli di sangue colavano lungo le sue braccia e dal respiro sembrava che i suoi polmoni si fossero frantumati. Eppure, le sue mani rimanevano unite. Ten Ken se ne accorse.

«Tu sei un pazzo, vecchio! Cosa speri di ottenere, così?»

Arkendel fece una smorfia. «Ma non è quello che volevi? Che superassi i miei limiti...»

Gli occhi rossi lampeggiarono.

«Moriresti qui?»

L’avversario non mosse un muscolo. «Ormai non mi manca molto in ogni caso.»

Ten Ken si bloccò. «Cosa!?» Un proiettile gli colpì il braccio. Riuscì a malapena a trattenere un grido, mentre l’arto si incrinava. Arkendel fece un passo avanti.

«Non mi hai permesso la resa, perciò non vedo perché dovrei fermarmi ora. Vincerò questo scontro, anche se dovesse costarmi la vita.» Ten Ken atterrò bruscamente su un giornale, appena generato dalle forbici. Con la mano sinistra si tastò le tempie, incerto.

«Ark...»

La voce dell’Hero si spense. L’uomo spostò il palmo della mano sugli occhi e si rimise eretto con semplicità, come se non sentisse più il dolore al braccio.

«Arkendel? Arkendel?» Chiamò con voce quasi giocosa. «Come puoi anche solo pensare di riuscire a battermi? Io sono l’eroe numero 1. Questa tua tracotanza mi sorprende. Ho sempre guardato con ammirazione al tuo senso critico.»

Arkendel fece un passo indietro, sorpreso. Anche il tono della voce era diverso. “Ha cambiato di nuovo atteggiamento. Non va bene...” Guardò in alto. I proiettili stavano finalmente tornando a terra. “No... Posso ancora farcela. La fortuna sembra essere dalla mia parte.” L’uomo si fece forza, nonostante le energie lo avessero completamente abbandonato.

«Credi nel destino, Number 1?»

Ten Ken teneva gli occhi coperti, sorridendo, come se stessero giocando a nascondino. «Ovvio che sì. Non è divertente pensare che tutta la nostra vita sia una commedia? O forse una tragedia? O magari uno spettacolo di burattini? Chi lo sa? Ma tu stai solo prendendo tempo, no?»

Arkendel sorrise, suo malgrado. «Forse è così, o forse la commedia sta per finire per te, oggi. Perché io vincerò proprio ora...» Si protese verso il basso spezzando i legami in anticipo.

«Nel nome di Salt Village, che mi ha donato una vita nuova, e per te, Ten Ken, che l’hai resa possibile... Earth Alchemy! Camera 24, Dagaz. Runa del futuro!»

Blocchi di ogni tipo sorsero dalla terra, ma anche il terriccio che si era depositato precedentemente si sollevò. E lo stessero fecero le barriere ai lati dell’arena. Al contempo, le zolle di terra che l’Hero aveva scagliato prima stavano tornando al mittente dal cielo.

«E non è tutto, con questo non avrai alcuna speranza. RAGNAROK!»

I blocchi di terra esplosero a mezzaria, come granate a frammentazione. Nel giro di un secondo, erano stati scagliati proiettili da ogni direzione, dritti verso Ten Ken. Quest’ultimo era ancora immobile, gli occhi celati, ma con un gesto impercettibile aveva sfilato qualcosa da una tasca.

«Hai combattuto bene...» Ten Ken disegnò un cerchio attorno a sé con il pungo chiuso.

«Paradise Lost!»

Un senso di vuoto si impossessò di tutti gli astanti. A Yunix sembrò di sentire gli organi interni tirati verso l’alto, come da una calamita, ma la sensazione fu tanto repentina ad arrivare, quanto a svanire. Era come se per un attimo il mondo fosse stato proiettato verso l’alto. I primi a riprendersi e a guardare l’area di combattimento si misero le mani sulla bocca, per la scena che avevano di fronte.

L’ondata di frammenti, diretta verso Ten Ken, era completamente scomparsa. L’uomo era atterrato di fronte ad Arkendel, indenne. Aveva un’espressione seria, quasi frustrata, non più irriverente.

Sollevò la matita, pronto a un eventuale attacco, ma l’avversario era immobile. I capelli variopinti dell’Eroe del Paradiso non sembravano più vividi e allegri, ma freddi, avvizziti. Il suo costume era squarciato in più punti. Era impossibile capire cosa stesse pensando.

Ora più che mai, Yunix ebbe paura di quell’uomo. Era quello il simbolo della pace di Temigor? Gli occhi rossi di lui erano fissi su Arkendel.

Il gigantesco guerriero era ancora in piedi, ma non dava segni di vita. Bisbigli iniziarono a diffondersi nella tenda, seguiti da timidi singhiozzi. Il cielo si era annuvolato negli ultimi minuti e il caldo pomeridiano sembrava ormai solo un lontano ricordo. Shig tremava accanto a Yunix, in uno stato a dir poco catatonico.

Poi, quasi lentamente, l’uomo cadde in avanti e collassò sul terreno. Non aveva subito neanche un attacco, ma era lui a essere a terra. Solo allora Shig si mosse.

«Padre!» Urlò, terrificata, correndo da lui. «Ti prego, dimmi che stai bene...» Calde lacrime caddero sul vestito di pellicce. Lo scosse più volte, cercando di percepire un segno di vita, ma un’atmosfera di morte si respirava nell’aria. Nessuno sapeva come reagire.

«Per favore... Non abbiamo nemmeno avuto il tempo di salutarci...»

Yunix aveva occhi di ghiaccio. Percepì un senso di vuoto, non dissimile da quello che aveva provato poco prima. Un passo dopo l’altro si avvicinò a Ten Ken, ancora in piedi, senza nemmeno sapere cosa avrebbe fatto. Per un attimo, gli sembrò che gli occhi dell’Hero tremolassero di blu, poi il rosso sangue tornò a lampeggiare attorno alla pupilla.

Come poteva un Hero compiere un atto simile? Come poteva pensare di rimanere in silenzio, dopo tutto quello che era successo?

Poi accadde qualcosa che colse il ragazzo alla sprovvista. Una mano... Una mano lo tratteneva per una caviglia.

«Yunix... Non ricordi quello che ti ho detto?» Il ragazzo guardò Shig. La ragazza aveva il volto rigato di lacrime, ma Yunix riconobbe la determinazione del padre nei suoi occhi.

«Lasciami andare!» La voce del ragazzo tremò, insicura. «Lo ha ucciso, Shig... Lo ha ucciso a sangue freddo!»

La ragazza scosse la testa, soffocando con difficoltà i singhiozzi. «Mio padre... Mio padre ha combattuto fino alla fine. Sapeva che sarebbe finita così... È per questo che non volevo che combattesse... Usare il suo Quirk lo corrode dall’interno. Ecco perché ha scelto di venire qui al villaggio: in modo che non venisse coinvolto negli scontri.» Yunix la guardò, cercando di sfuggire alla morsa.

«Ma questo non cambia nulla. Ten Ken... Lui lo ha costretto a combattere.»

Una voce roca e risoluta lo sorprese.

«Io non ho costretto nessuno, ragazzino...»

Ten Ken era arrivato alle sue spalle. Yunix si girò, con furia omicida verso l’uomo. Voleva colpirlo, ma non ci riusciva. Se non poteva ferirlo fisicamente, lo avrebbe fatto con le parole.

«Perché non mostri un po’ di umanità, Ten Ken?»

L’Hero fece una smorfia.

«Umanità? Che parola frivola... Se tutto si potesse ridurre a una sola parola, allora non avremmo bisogno di fare tanta fatica per ottenere quello che desideriamo. Io e Arkendel abbiamo giocato al gioco della verità e lui ha perso... Perché non riuscite ad accettarlo? È stata una scelta sua!»

Yunix allontanò il Number 1 Hero. «Lo hai attaccato, mentre si stava arrendendo. Non sei meglio di un villain!»

Il vociare era cresciuto di intensità attorno a loro, ma per Yunix c’erano solo Ten Ken, Shig e il corpo di Arkendel. Doveva proteggerlo, in qualche modo.

L’eroe numero 1 sembrava combattuto. «Non tutto è andato secondo i piani, te lo concedo...» Gli occhi rossi dell’uomo sembravano cavità sanguinolente da così vicino, ma accese di passione. «Ma io non avrei mai, mai, mai, fatto del male di proposito a lui.»

La decisione nella voce fece solo infuriare di più Yunix. Gli ingranaggi nei suoi occhi brillavano intensamente.

«Non cercare scuse!»

Si strinse la testa fra le mani. Il mal di testa stava tornando. “Ma anche io... Ho commesso qualcosa di simile, non è vero? Tutte le volte la stessa immagine mi torna alla mente. Due luci nella notte e un lago di sangue...” I contorni di Ten Ken iniziavano a sbiadire. “Se solo... Riuscissi a fare chiarezza nella mia testa...” «Fammi passare, ragazza!» sentì dire, mentre i suoi occhi si chiudevano e lui cadeva a terra.

Come in cerca di un appiglio, posò la mano su quella di Shig, ancora stretta attorno alla sua caviglia, poi sprofondò in un mondo in cui non c’era più nulla che potesse tormentarlo.



Note d'autore
Ce l'ho fatta. Questo ha richiesto del tempo, ma è stato soddisfacente portarlo a termine. Con il prossimo, spero di concludere "La città di ferro" con la sua ultima parte, per passare poi al "Capitolo" 2, che dovrebbe essere sensibilmente più corto (mai dire mai). Spero che la lettura vi sia piaciuta. Il destino dei protagonisti è ora incerto... Cosa farà Ten Ken? Cosa accadrà agli Andawa? E il capo-villaggio? Alla prossima. Se volete darmi consigli, le recensioni, anche se critiche sono apprezzatissime. 
   
 
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