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Autore: sl6991sl    19/10/2021    1 recensioni
[UshiHina]
Non è sempre facile venire a patti con se stessi, Hinata lo imparerà a proprie spese rischiando di perdere tutto.
Tratto dal testo:
"Quando abbiamo iniziato a frequentarci pensavo che non dovessimo per forza dare un nome a quello che stava accadendo, ero felice e tu anche e questo pensavo che potesse bastare.
Solo che poi i giorni sono diventate settimane e le settimane sono diventate mesi e più passava il tempo più prendevo consapevolezza di ciò che provavo e, fidati, mi andava bene: amarti non mi è mai apparso più semplice"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Wakatoshi Ushijima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fall – New York

Central Park è un vero e proprio spettacolo con le chiome degli alberi dipinte dei colori autunnali. Tutto è così dannatamente arancione e lui sorride, incapace di nascondere l'emozione di fronte a quella vista.

Percorre la zona riservata alla passeggiata con le mani infilate nelle tasche del cappotto, una pesante sciarpa a motivo scozzese lo avvolge totalmente e lo ripara dall'aria fredda di fine ottobre.

Hinata ha sempre amato l'autunno, forse perché è quella stagione placida in cui tutto sembra rallentare e l'unica cosa che si desidera è stare a letto con una tazza di cioccolata calda e un buon film da guardare.

È assurdo paragonare quell'immagine a lui, sempre così pieno di energia e dinamico, ma con il tempo si iniziano ad apprezzare anche i momenti più tranquilli.

La decisione di tornare a New York per quei pochi, anzi pochissimi giorni di pausa è stata avventata, ma aveva bisogno di tornarci.

Da quando è tornato dall'Europa non ha fatto altro che pensare alle parole di Tobio, alla possibilità di deviare per la Polonia per qualche giorno e presentarsi alla porta di Ushijima per chiarire tutta quella faccenda, ma alla fine era tornato a Rio e aveva ripreso gli allenamenti. La paura lo aveva accompagnato per mesi interi, poi aveva fatto la sua scelta; ed ora eccolo a New York, a passeggiare per Central Park in attesa di una risposta alla sua placida e quanto mai assurda richiesta.

Shoyo è consapevole che ci sia la possibilità che lui non venga, che si rifiuti di stare dietro ai suoi capricci infantili, ma doveva pur tentare in un qualche modo.

 

«Sai, un po' mi dà fastidio.»

Hinata si volta verso il compagno con un'espressione perplessa in volto, si sente piuttosto stupido dato che non riesce a capire a cosa si stia riferendo Ushijima e non vorrebbe infastidirlo ulteriormente.

«Intendo che chiami Kageyama con il suo nome, mentre con me usi ancora Ushijima.»

Shoyo è sicuro di aver il volto completamente rosso ed è certo che il suo cuore batti talmente forte che chiunque possa riuscire a sentirlo anche a una decina di metri di distanza.

«Ecco ... Tobio lo conosco da tanto, è il mio migliore amico e tu ...».

«Io sono il tuo ragazzo, dovrebbe avere un certo peso anche questo, no?».

Hinata annuisce alle sue parole, impreparato da questa sua uscita così strana, così ... tipica di una coppia ai propri albori; eppure, lui e Ushijima si frequentano da più di un anno e certi imbarazzi e incertezze le hanno superate da un pezzo.

«D'accordo, vuoi che ti chiami per nome?» domanda insicuro Hinata, fissando un punto lontano da lui per evitare di incrociare il suo sguardo.

«Io ti chiamo Shoyo e mi farebbe piacere se anche tu mi chiamassi per nome.»

Hinata pensa che ormai anche l'inquilina all'ultimo piano si sia resa conto di quanto fracasso faccia il suo maledetto cuore e non capisce perché si sia ridotto in quelle condizioni per qualcosa di così ... semplice.

«Va bene.» sussurra, temporeggiando un po'. «Wakatoshi.»

Ed è strano come il suo nome scivoli sulla sua lingua, ma è altrettanto dolce il suono che fuoriesce dalla sua bocca. Hinata sbircia con la coda dell'occhio la reazione di Ushijima e rimane folgorato dall'espressione di pura felicità che non tenta di minimizzare in alcun modo.

«Se bastava così poco per renderti felice, lo avrei fatto tempo addietro: Wakatoshi.»

 

 

Hinata srotola la sciarpa dal suo collo e poi toglie i guanti, poggiandoli sul tavolino a cui è accomodato. La mascherina è un impiccio, ma si ostina a tenerla fino a dopo che avrà ordinato il suo tè caldo.

Di fronte a lui la sedia è vuota, ma è consapevole che presto non sarà più solo: qualche decina di minuti prima, lui gli ha mandato un messaggio coinciso, tipico del suo modo di fare, in cui lo avvertiva che l'aereo era atterrato con qualche ora di ritardo e lo avrebbe raggiunto al solito posto.

Hinata aveva faticato per non rievocare alla mente una serie di ricordi sdolcinati per cui quel piccolo caffè poco lontano da Central Park fosse diventato il loro solito posto; in ogni caso Shoyo attende l'arrivo di Ushijima sorseggiando piano la sua bevanda calda e osservando lo spettacolo di colori che può ammirare dalla vetrata del secondo piano di quel posto.

È talmente perso a contemplare quel panorama, che si accorge dell'arrivo di Wakatoshi solo quando quest'ultimo sposta la sedia di fronte a lui.

Hinata boccheggia per qualche secondo, osservando l'uomo che ama con lentezza per non perdersi un solo dettaglio: i capelli perfettamente ordinati, il cappotto scuro già slacciato e la sciarpa stretta in una mano, le sopracciglia leggermente aggrottate e gli occhi stanchi, cerchiati da leggere ombre che Hinata imputa al viaggio lungo – non potrebbe sopportare l'idea che possa essere colpa sua se Ushijima non riposa correttamente.

«Ciao.» sussurra quando riesce a trovare finalmente il coraggio per parlare e Wakatoshi si siede di fronte a lui, ordina un caffè lungo che Hinata è consapevole riempirà di zucchero, e gli riserva un sorriso piccolo e leggermente intimidito.

«Ciao.» risponde con voce leggera e pacata, quasi timoroso di spezzare qualcosa se solo osasse alzare il tono.

«Come stai?» domanda Shoyo, avido di sapere qualcosa in più dopo tutto quel tempo passati lontani.

«Potrei stare decisamente meglio, e tu?».

Shoyo sorride, piccolo e indifeso su quella sedia dopo più di un anno passato a costringersi a stargli alla larga: non si merita tutta quella gentilezza.

«Io sto bene, ora ... ma ti devo delle scuse.»

Wakatoshi annuisce, ma non lo interrompe, è curioso di sapere cos'altro voglia dirgli e solo dopo che avrà finito, allora si costringerà ad emettere una sentenza.

«Quando abbiamo iniziato a frequentarci pensavo che non dovessimo per forza dare un nome a quello che stava accadendo, ero felice e tu anche e questo pensavo che potesse bastare.

Solo che poi i giorni sono diventate settimane e le settimane sono diventate mesi e più passava il tempo più prendevo consapevolezza di ciò che provavo e, fidati, mi andava bene: amarti non mi è mai apparso più semplice e questo inizialmente non mi spaventava affatto. Ero felice, lo ero davvero.»

Hinata si interrompe, lasciando che il cameriere poggi la tazza di caffè di fronte a Ushijima e si congedi nuovamente.

«Pensavo che insieme avremmo potuto affrontare qualsiasi cosa e mai avrei potuto immaginare che l'ostacolo più grande potessi essere io stesso.

Mi dispiace per ciò che ho detto quel giorno e mi dispiace essere scomparso, lasciandoti in sospeso per più di un anno, ma ero spaventato da ciò che ero sicuro di aver compreso.»

«Ovvero?» chiede Wakatoshi, il tono calmo.

«Quando la pandemia ci ha costretti al coprifuoco e agli arresti domiciliali, io ho dovuto fare i conti con una parte di me che non pensavo nemmeno esistesse. Il pessimismo, il vedere il bicchiere mezzo vuoto ... erano cose così lontane dal mio modo di essere, eppure più i giorni passavano, più mi sentivo sopraffare da tutte quelle sensazioni negative.

Penso che se tu non fossi stato con me, avrei fatto una brutta fine: mi hai tenuto in piedi, mi hai dato speranza, ma qualcosa dentro di me si è inclinato irreparabilmente e anche quando le cose sono migliorate, non sono mai riuscito a venire a patti con quella parte di me.

Pian piano ha iniziato a impadronirsi dei miei pensieri ad ogni ora del giorno e vedevo come tu mettessi da parte tutto per prenderti cura di me, forse lo facevi inconsapevolmente o forse avevi già capito tutto.

Penso che la sconfitta ai giochi sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e in quel momento ho preso la decisione peggiore della mia vita.

Ti ho detto quelle cose per tagliarti fuori, per darti la possibilità di scappare, perché non vedevo più una possibilità di fronte a me ... desideravo metterti in salvo da ciò che avrei potuto dire o fare da quel momento in poi, volevo che tu ... potessi essere felice.

Mi sono serviti dieci mesi e molte lavate di capo per comprendere meglio ci che stava accadendo e, soprattutto, che non potevo risolvere le cose con te se prima non le risolvevo con me stesso.

Ne ho parlato al mio allenatore, che mi ha messo in contatto con uno specialista, sono stato in terapia ed ora sto meglio. Il percorso è ancora lungo, ma ti ho chiesto di raggiungermi qui perché ... beh perché ti amo e volevo metterti al corrente di tutto, spiegarti perché sono stato così stronzo.

Naturalmente la mia non è giustificazione e comprenderò se le cose fra noi finiranno qui, ma volevo che fosse tutto chiaro.

Non volevo che rimanesse qualcosa in sospeso fra noi.»

Ushijima rimane in silenzio e così anche Hinata, il primo cercando di metabolizzare il tutto, il secondo preparandosi alla sua reazione, qualsiasi essa fosse.

«Io vorrei dire tante cose, solo che non so in quale ordine e in che modo dirle.» sussurra a mezza voce e Hinata sospira.

«Non importa, puoi prenderti tutto il tempo che vuoi.»

 

«Sei sicuro di essere pronto a questo passo, Shoyo?».

Hinata osserva il cielo azzurro e splendente che si intravede dalla finestra e prende un profondo respiro, prima di riportare il suo sguardo in quello del suo analista.

«Penso che sia il momento giusto, non posso continuare a fingere che non sia successo e lui si merita una spiegazione.»

 

«Avevo intuito che ci fosse qualcosa che non andava e, stupidamente, ho pensato che la mia presenza bastasse a colmare il vuoto che cresceva dentro di te.

Ho sbagliato, avrei dovuto parlartene faccia a faccia e invece, egoisticamente, ho continuato a percorrere la mia strada ... ho la mia dose di colpe anch'io, ora me ne rendo conto.»

Hinata vorrebbe fermarlo, spiegargli che non è colpa sua, ma Ushijima gli fa segno di non interromperlo e lui acconsente, lasciandolo continuare.

«Mentirei se ti dicessi di non essere rimasto ferite dalle tue parole nello spogliatoio e, anche se non ho mai veramente creduto a ciò che mi hai detto, beh ha fatto male e alle volte il dolore era talmente forte che una parte di me, piccola e sicuramente stupida, pensava che tu avessi ragione: che la nostra fosse stata una farsa; ma poi ricordavo ciò che avevamo passato insieme e l'amore che provavo per te non è mai stato una bugia, così come il tuo per me.

Ho accettato in silenzio la tua decisione, quella di starmi lontano e forse il mio gesto è stato da persona codarda, perché avrei dovuto raggiungerti a Rio o dovunque tu fossi e dirti che avremmo potuto risolvere tutto insieme.

Ad ogni modo, posso dirti che sono sollevato di sapere che tu ora stia meglio e che in tutta questa faccenda abbiamo entrambi la nostra bella dose di colpe, non penso ci sia un carnefice o una vittima.»

 

«Natsu ormai ha capito tutto, quella ragazzina alle volte mi spaventa.»

Wakatoshi sorride alle sue parole e intreccia le loro dita, trasmettendogli calore e sicurezza.

«Andrà tutto bene, Shoyo.»

«Lo so.»

 

Central Park è un vero e proprio spettacolo con le chiome degli alberi dipinte dei colori autunnali. Tutto è così dannatamente arancione e lui sorride osservandosi intorno e percependo il calore del corpo di Wakatoshi al suo fianco.

Il sole sta iniziando a calare e l'aria si è fatta più gelida, ma Hinata non riesce ad esserne disturbato, non quando sente tutto quel calore provenire dall'interno.

Sono stati dentro quel locale per non so quante ore, parlando di troppe cose per tenerle a mente tutte, però alla fine hanno concordato sul fatto che commettere errori è umano e saperlo ammettere non sempre facile; quindi, possono provare ad aggiustare pian piano le cose.

Wakatoshi è stato totalmente sincero con lui: «L'amore che provo per te non è certamente scomparso, ma penso che sia impossibile per entrambi ricominciare come se avessimo semplicemente messo in pausa la nostra storia. Sono passati quasi due anni e credo sia giusto darci del tempo per capire; sempre se lo desideri anche tu.»

Ed Hinata ha annuito, concorde con lui.

Il loro futuro è incerto, ma in quel momento, a Central Park, con gli alberi tinti di arancione ... beh Hinata non vuole pensarci.

 

   
 
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