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Autore: Atenah    19/10/2021    0 recensioni
[Seguito di "Sherlock, Lupin e io - Un'Ultima Missione]
L'era dei "Segugi di Briony Lodge" si era chiusa come il sipario dopo un meraviglioso spettacolo, di quelli che ti lasciano con un formicolio caldo e dolce nella pancia.
Avrei però dovuto sapere che ad uno spettacolo segue sempre un altro, il sipario si aprirà e chiuderà infinite volte, ed in realtà la calma assoluta non è mai stata adatta a me.
Avrei dovuto considerare l'inarrestabile circolo della storia. La mia era, anzi, la nostra era era alle porte: quella di Holmes, Lupin e io.
Genere: Avventura, Mistero, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Altri, Irene Adler, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Puro caso


 

Salimmo le scale avvolte da un silenzio che veniva solo segnato dal regolare ticchettio dei tacchi della nostra nuova conoscenza. 

Sentivo un formicolio farsi strada lungo la mia schiena per la prima volta dopo un bel po’ di tempo; era quella sensazione frizzante che avevo sempre avuto durante le mie avventure con Irene, Sherlock e Lupin. Non ero tesa, era più un particolare tipo di curiosità che questa giovane donna scatenava in me, come un indovinello da risolvere.

Giungemmo al secondo piano dove Ernie aveva fatto installare un numero quasi esagerato di lampadari e lampadine che riempivano la stanza di una luce improbabile e permettevano di osservare tutte le opere nel minimo dettaglio. 

Mentre Dora Plinout si avvicinava ai quadri camminando lentamente da uno all’altro, mi presi qualche istante per squadrarla meglio. Il vestito color rosa antico che indossava sarebbe stato di moda venti anni prima con quel colletto alto, il pizzo e talmente stretto in vita che mi dava l’impressione di soffocare solo guardandolo. Decisi che la nostra visitatrice sembrava una principessa uscita da una fiaba per bambini, o almeno, così come era piaciuto, da piccola, immaginare a me Biancaneve. 

Il ticchettio dei suoi tacchi era cessato davanti ad un quadretto ad acquerello rappresentante una bambina ad una finestra dal davanzale rigoglioso con fiori variopinti. Sapevo che Elise lo considerava come uno dei suoi “dipinti della noia”: opere a cui lavorava quando non aveva nient’altro da fare e senza alcuna ambizione, spesso delle semplici prove di nuove tecniche. 

A Dora invece parve piacere. “Questo è molto bello, complimenti! È così delicato e fine” disse e vidi Elise corrugare la fronte. “Davvero? È uno dei miei lavori che mi piace di meno. È troppo semplice” spiegò.

L’altra abbassò lo sguardo rossa in viso quasi come scusarsi. La mia amica mi lanciò uno sguardo a metà fra il confuso e l'inquisitore, c’era qualcosa di strano in tutta quella conversazione.

“Ognuno ha i propri gusti però, è questa la cosa bella dell’arte” mi affrettai comunque a dire per non apparire scortese. Dora si limitò ad annuire silenziosa senza incontrare il mio sguardo.

Elise fece qualche passo verso di lei. “Non è però questo il motivo per cui sei qui, o sbaglio? Di cosa hai bisogno veramente?” chiese senza far suonare la sua voce minacciosa in alcun modo.

Le guance e la punta del naso della giovane donna si fecero più rosse del suo rossetto. Le sue labbra si mossero impercettibilmente, come se stesse cercando le parole giuste.

“Ovviamente mi avete colto in flagrante, c’era da aspettarselo” sussurrò infine. Mi avvicinai anch’io, confusa. “Cosa intendi?” Dora si tormentava le mani ancora insicura se cedere alle nostre domande.

“Si tratta di una sciocchezza” si decise infine alzando lo sguardo. “Fin da quando ero piccola ho sempre amato i racconti di misteri ed in particolare quelli del Dottor Watson sull’imbattibile Sherlock Holmes. Andavo a prendere le traduzioni francesi in biblioteca e non appena sono diventata abbastanza brava con l’inglese mi sono buttata sugli originali” raccontò. 

“Sono appena arrivata a Londra ed ecco… ho visto un volantino che parlava del duo Adler & Holmes al Golden Corner a Bloomsbury e… insomma, non ho saputo resistere” ammise rossa in viso.

Mentre parlava un sorriso si era fatto strada sul mio viso e vidi che ad Elise era successa la stessa cosa. Mi immaginai nella situazione di Dora e scoprii con divertimento che avrei fatto la stessa cosa. Stavo quasi per mettermi a ridere, ma la giovane donna parlò di nuovo.

“È davvero così? Siete le discendenti o… parenti del grande Sherlock Holmes e dell’avventuriera Irene Adler? Parlate come loro!” chiese agitata.

Mi ricacciai la risata in gola, facendo però attenzione a non far mutare la mia espressione e lasciai che fosse Elise a parlare, non ero mai stata brava a mentire.

“Mi spiace deluderti, ma si tratta di puro caso. Non ci saremmo potute permettere di far apparire i nostri cognomi su volantini se fossimo veramente imparentate con il signor Holmes e la signora Adler delle storie del dottor Watson” disse infatti la mia amica senza far trapelare il minimo di agitazione, era la spiegazione che davamo sempre del resto.

Il viso di Dora si riempì con qualcosa che riconobbi come stupore o incredulità. “Da-davvero?” balbettò: “È una coincidenza davvero straordinaria.”

Scrollai le spalle ed Elise emise un sospiro come se neanche lei non sapesse spiegarsi la cosa. “Che si puo dire? Il mondo è dominato da caso e caos, anche se gli uomini con la loro ragione si credono sempre signori di esso.”

“Capisco…” mormorò Dora che sembrava essersi persa d’animo. Così le poggiai una mano sulla spalla. “Puoi vederla così, se non avessi seguito la tua passione per il più grande detective di tutti i tempi ora non saresti qui e non ci avresti mai incontrato. Inoltre ti saresti persa i favolosi sandwich di Ernie che ti stiamo per offrire!” dissi per rallegrarla. “Forza, torniamo di sotto!”

Elise andò ad ordinare un grande piatto di sandwich da dividerci, quelli al salmone e cetriolo erano la specialità della casa,ed io presi una sedia libera per aggiungerla al nostro tavolo nell’angolo.

Dora si sedette composta, ma parve leggermente più rilassata. Addentò un sandwich con cautela; l’espressione sul suo viso passò dal perplesso, all’indeciso, al meravigliato. “Sono buoni!” fu il suo verdetto infine ed io risi. 

“C'è un bel salto dalla cucina francese a quella inglese” commentò Elise, anche lei con il sorriso sulle labbra. 

“È la prima volta che sei qui nel Regno Unito?” chiesi invece io, ancora incuriosita. Mi parve che la giovane donna avesse improvvisamente irrigidito il collo, ma fu solo un attimo. “Sì, è la prima volta. Forse continuerò i miei studi qua, Londra mi pare una bella citta.” 

“Lo è!” dissi convinta. “Cosa stai studiando?”

Lei si prese un momento per masticare e mandare giù un morso di sandwich prima di pulirsi aggraziatamente la bocca con il tovagliolo. “Ho studiato pedagogia all'università di Princeton nel New Jersey per un anno e mi piacerebbe continuare” raccontò poi.

Notai che lo sguardo di Elise si fece impercettibilmente più acuto. “Quindi sei appena arrivata dagli Stati Uniti?” chiese. Dora si limitò ad annuire con un “esatto.”

Chiacchierammo ancora un po’ finché la nostra nuova conoscenza non dichiarò che si sarebbe avviata verso il suo hotel e ci ringraziò calorosamente per la bella serata. Noi ovviamente ci offrimmo di accompagnarla, ma lei rifiutò con un sorriso gentile e sparì dal Golden Corner tanto improvvisamente come era arrivata, lasciandoci con un palmo di naso.

Quando poco dopo salutammo Ernie ed uscimmo dal locale stringendoci forte nei nostri cappotti ci scambiammo uno sguardo d’intesa. Dora Plinout era sicuramente una donna tanto piacevole quanto misteriosa ed eravamo sicure che non ci avesse raccontato tutta la verità.

Camminammo comunque per un po’ in silenzio, godendoci il vento freddo e crespo di buio e foglie secche e la sensazione di mistero che aleggiava nell’aria.

Percorremmo Southampton Row, da dove si poteva intravvedere l’edificio del British Museum, e dopo un po’ non ce la feci più a stare zitta. “Ho un certo amico che frequenta la Princeton University” dissi in tono appositamente casuale e poi, volgendo il mio sguardo ad Elise, mi dovetti mordere un labbro per non scoppiare a ridere.

Lei si girò con sguardo interrogativo e divertito verso di me. “La cosa è sicuramente molto utile per la nostra situazione, ma cosa c’è di tanto divertente?”

Decisi di tenerla sulle spine. “Oh, niente... niente!” esclamai quindi. “In ogni caso siamo d’accordo sul fatto che mademoiselle Dora Plinout ha un che di misterioso” cambiai tema.

Elise mi promise con un’occhiata che avrebbe prima o poi indagato oltre su questo mio certo amico, ma lascio cadere il tema per il momento.

“Appena tornata dagli Stati Uniti, paese delle avanguardie, ma si veste come una dama del XIX secolo” concordò.

“Già, una signorina per bene tutta fiocchi e scarpette con tacco appassionata di racconti di crimini e misteri?” le feci eco. “Sicuramente una combinazione bizzarra!”

Arrivammo alla stazione dei tube di Holborn fra ipotesi a deduzioni sugli avvenimenti della nostra serata. Lì Elise mi lasciò con la promessa di passare nei prossimi giorni a Briony Lodge con i nuovi spartiti. 

“Salutami Billy e gli altri!” mi disse prima di voltare l’angolo verso Greencoat Road.

 
 
   
 
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