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Autore: sl6991sl    20/10/2021    1 recensioni
[UshiHina]
Non è sempre facile venire a patti con se stessi, Hinata lo imparerà a proprie spese rischiando di perdere tutto.
Tratto dal testo:
"Quando abbiamo iniziato a frequentarci pensavo che non dovessimo per forza dare un nome a quello che stava accadendo, ero felice e tu anche e questo pensavo che potesse bastare.
Solo che poi i giorni sono diventate settimane e le settimane sono diventate mesi e più passava il tempo più prendevo consapevolezza di ciò che provavo e, fidati, mi andava bene: amarti non mi è mai apparso più semplice"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Wakatoshi Ushijima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Winter - Miyagi

«Guarda che se appendi un po' di vischio non succede nulla, oppure hai paura di finire a baciare qualcuno che non sia il tuo fidanzatino!?».

Hinata lancia un cuscino dritto in faccia a Natsu, la quale scoppia a ridere per la sua reazione esagerata.

«Mi sto pentendo di averti invitata ad unirti a noi, perché non vai a passare il Natale con i tuoi amici?» domanda Hinata infastidito e allo stesso tempo ringraziando il cielo che Ushijima non sia ancora rincasato.

«Perché mi vuoi troppo bene per sapermi al freddo e al gelo da qualche parte, di gran lunga meglio passare le feste invernali sotto il sole caldo di Rio!».

E sì, Hinata se ne sta decisamente pentendo.

Hinata osserva sua sorella provare uno di quei vestitini in velluto scuro che lasciano la schiena scoperta e, la parte di sé che vuole proteggerla da tutto e tutti essendo suo fratello maggiore, vorrebbe urlarle che così è troppo scoperta e non può uscire di casa; ma Natsu non è più una bambina, ha vent'anni ed è liberissima di passare la notte di Natale con il suo attuale ragazzo - nonché nipote di Oikawa, fatto molto ironico a suo dire.

«Sei sicuro di voler rimanere a casa con mamma e papà tutta la sera?» domanda la giovane sistemandosi i capelli, come se non fosse già perfetta così com'è.

«Sicurissimo.» risponde prontamente, volendo rassicurarla che va tutto bene.

Sono passati due mesi dal suo viaggio a New York, due mesi da quando ha visto per l'ultima volta Ushijima, poiché entrambi sono stati troppo impegnati con le rispettive squadre per avere un momento per incontrarsi a metà strada da qualche parte.

Hinata però non è triste, certo non è la persona più felice sul pianeta, ma è disposto a rispettare i suoi tempi e ad accontentarsi dello scambio di messaggi durante il loro tempo libero; certo, alle volte ha come la sensazione di disturbalo o di apparire insistente, ma poi si ripete che se così fosse Wakatoshi glielo farebbe presente.

«Pensavo che ti vedessi con il tuo fidanzatino.»

Hinata scoppia a ridere a quelle parole, facendo voltare verso di lui Natsu con un'espressione parecchio dubbiosa in volto.

«Non è il mio fidanzatino, non stiamo più insieme da parecchio.» spiega sempre con il sorriso sulle labbra e, ad uno sguardo esterno, sa di apparire come uno fuori di testa: chi sorriderebbe nell'annunciare di non avere più una relazione con l'amore della propria vita?

«Pensavo fosse solo una fase.» mormora dispiaciuta Natsu e Hinata alza le spalle.

«Ho combinato un bel casino ... ed ora mi prendo le mie responsabilità.» spiega mantenendo un tono leggero e tranquillo.

«Mi dispiace, fratellone.»

«Va tutto bene.»

«Tua sorella ha una parlantina molto simile alla tua, sai?».

Hinata osserva Ushijima per qualche secondo, cercando di capire se il suo sia un complimento o un'offesa, forse perché lui per primo trova fastidiosa Natsu; quindi, pensare di condividere quel tratto non lo rende affatto felice.

«Mi stai insultando?».

Wakatoshi ridacchia e lo stringe contro di sé, depositando un bacio sulla fronte nonostante le lievi proteste di Shoyo.

«Non è un insulto, io amo la tua parlantina infinita.»

«Continuo a credere che tu mi stia insultando.»

Però le sue labbra sanno di fragole e cioccolata e ad Hinata non importa molto continuare quell'inutile battibecco.

Hinata entra nella sua stanza tenendo fra le mani un bicchiere di latte caldo e un piattino con una fetta di torta e cioccolato e fragole - molto, molto ironico.

Si siede sul pavimento e poggia il tutto di fronte a lui sul basso tavolino, lo stesso su cui era solito fare i compiti una decina di anni prima; il cellulare è poggiato sulla superficie e gli segnala una serie di messaggi da leggere.

Li scorrere sovrappensiero, leggendo gli auguri sulle varie chat di gruppo e quelli da parte di Kageyama in chat privata, che gli rinnova l'invito di raggiungerlo in Italia per l'ultimo dell'anno. Risponde a tutti sbrigativamente e promette a Tobio di pensarci e di fargli sapere il prima possibile.

Divora il suo dolce con una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se tutta quelle serenità non fosse completa e lui sa che effettivamente è così, ma non può di certo costringere Ushijima a ... a qualsiasi cosa in realtà.

Sospira, si alza in piedi, percorre a larghe falcate la sua stanza, si butta sul letto e poi riprende a muoversi velocemente, mentre la sua mente è indecisa e gli suggerisce cose ... ma non è una buona idea! Se lo ripete in continuazione, però è Natale e lui si sente solo e vorrebbe solo sapere come sta.

Afferra il cellulare, fa partire la chiamata prima di pentirsene e mentre attende una risposta, si chiede che ore siano in Polonia in quel momento.

«Pronto?» la voce di Wakatoshi è pacata, non lascia traspirare alcuna emozione e Hinata sente tutta l'agitazione di quel momento pervaderlo, la gola gli si chiude e non riesce ad emettere una sola parola.

«Hinata, sei tu?» domanda ancora e Shoyo sente qualcosa dentro di sé incrinarsi: l'ha sempre chiamato Shoyo da quando ... beh da quel momento.

«Ehi, ciao! Scusami, non volevo disturbati, solo augurarti un buon Natale! Non so neanche se stavi dormendo o qualcosa del genere, mi dispiace.» borbotta velocemente, mangiandosi alcune parole e sa di star facendo una figura ridicola, ma ormai è tardi per chiudere la chiamata e far finta di niente.

«Non preoccuparti, non mi hai svegliato, in realtà sto festeggiando.» spiega con calma e nuovamente Shoyo sente una stilettata al cuore.

Sta festeggiando Natale insieme a qualcuno, ovvio.

«Oddio, scusami, mi dispiace tremendamente.»

Ed Hinata si dice che non deve sentirsi come si sta sentendo, che non ha alcun diritto di sentirsi tradito ... eppure è difficile, maledettamente difficile.

«Non c'è nulla per cui tu debba scusarti, comunque buon natale anche a te.» risponde dolcemente, o almeno è quello che Hinata pensa di percepire ... che vuole percepire.

«Grazie. Sei ancora in Polonia?» domanda cautamente, sperando di non venir zittito e la conversazione venga brutalmente interrotta.

«No, sono tornato in Giappone per le feste, sono a casa di Tendo con altri vecchi compagni di squadra della Shiratorizawa.» spiega tranquillamente e Hinata sente il cuore accelerare: Ushijima è lì, praticamente ad una manciata di chilometri da casa sua. «Tu? Sei a Rio?» gira nuovamente la domanda e Shoyo sospira.

«In realtà sono anch'io in Giappone, sono venuto per passare le feste con la mia famiglia.»

Sussegue un momento di silenzio che sembra etero ed Hinata pensa che sia il caso di salutarlo, dirgli che spera che passi un buon Natale e non farsi più sentire - almeno fino a quando non gli scriva Wakatoshi.

«Senti, Shoyo ... sei impegnato?».

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L'aria è terribilmente gelida quella sera e la neve scende indisturbata imbiancando l'intero paesaggio, Hinata è sicuro che domani le strade saranno impercorribili e lui si chiede come farà Natsu a tornare in tempo, prima che i suoi genitori si accorgano del suo mancato rientro.

Gli sembra di essere tornato a due mesi prima, quando attendeva Wakatoshi all'interno del piccolo caffè a New York, solo che ora sono a casa e lui è fermo in mezzo ad uno dei parchi a metà fra le loro due vecchie scuole liceali.

Non sa perché Ushijima gli abbia chiesto di incontrarsi, ma non è sicuro che sia per via di una loro possibile rappacificazione: è stato così freddo durante la chiamata e il fatto che ha deciso di rivolgersi a lui nuovamente con il proprio cognome ... non promette nulla di buono.

Lo raggiunge dopo qualche minuto, nascosto in un cappotto pesante, sciarpa e cappello per ripararsi dal freddo. Si studiano per un po' e Hinata non ha il coraggio di dire nulla, non questa volta.

A New York era acceso da una piccola fiammella di speranza e ora, per quanto lui stia provando in ogni modo a non farla spegnere, è consapevole che potrebbe accadere da un secondo all'altro.

«Ciao, scusami se ti ho fatto uscire con questo tempo.» mormora indicando con un cenno del capo al cielo, dove la neve continua la sua discesa.

«Non preoccuparti.» risponde a mezza voce e tra di loro scende nuovamente quel silenzio pesante e imbarazzante.

Non c'è mai stato qualcosa del genere fra di loro, durante gli anni del liceo era rivalità, poi una sottospecie di amicizia, poi è diventato un silenzio piacevole ... amorevole ... ed ora è questa cosa incomprensibile e spaventosa.

Hinata sa che è colpa sua, sa che avrebbe dovuto correre da lui molto prima e due anni sono pesanti da digerire, molto pesanti.

«Penso che sia ora di mettere in chiaro ogni cosa e preferivo farlo di persona.»

Shoyo annuisce e si permette di incrociare il suo sguardo che, non capisce come, gli appare indecifrabile. Si prepara al peggio, stringendo a pugno le mani nascoste nelle tasche del giubbino e cerca di non entrare in iperventilazione, perché sarebbe imbarazzante avere un attacco di panico davanti ai suoi occhi quando lo sta per mollare.

«Hai ragione, meglio farlo di persona.» si ritrova a sussurrare e non sa nemmeno con che coraggio lo stia dicendo.

«È innegabile ripetere quanto mi manchi e quanto mi senta responsabile di ciò che è successo, so che dirai che non è colpa mia, ma sono dell'idea che avrei potuto fare molto di più.

Questi ultimi due mesi sono stati parecchio strani, da una parte continuavo a interrogarmi su cosa fosse meglio fare ... per te e per me ... e dall'altra avevo la possibilità di scriverti, di parlarti e ogni tu messaggio aveva il potere di ferirmi e al tempo stesso di farmi sentire meglio.

Ad oggi non ho ancora capito quale delle due sensazioni prevalga. Vorrei che tu capissi che ho paura Shoyo, paura che una cosa del genere si ripeti e che io mi ritrovi nuovamente in un altro continente, per una serie di anni ad aspettare un tuo segno ... ed io non credo di poterlo sopportare di nuovo.

Una parte di me sa che sarebbe decisamente meglio se la chiudessimo qui, qualunque cosa sia rimasta in sospeso fra noi, perché farebbe troppo male ricascarci.»

Hinata osserva l'uomo che ama pronunciare quelle parole tanto vere quanto affilate e può distinguere perfettamente la punta della lama che incide sulla sua pelle, lasciando tagli precisi e profondi che si colorano subito di vermiglio.

È la fine e non ha nessuna buona ragione per fermarlo, perché Wakatoshi ha ragione e lui non si merita il suo amore. Lo ha ferito irreparabilmente ed Hinata se ne rende conto in quel momento, sotto un sottile strato di neve candida. Ha tirato troppo la corda ed essa si è spezzata, come giusto che fosse.

Davvero sperava che Ushijima lo avesse aspettato per ben due anni?

«Ma non posso, perché ti amo.» sussurra a conclusione del suo discorso e Shoyo boccheggia, incredulo di averlo davvero sentito pronunciare quelle parole e teme di averle immaginate ... perché è impossibile che Ushijima lo ami, non dopo tutto quello che ha fatto.

«Io ti amo, Shoyo e l'ho capito quattro anni fa, quando sei entrato nella palestra insieme a Iwaizumi e hanno annunciato la tua entrata in squadra; eri così solare e felice e sempre pronto a metterti in gioco, così uguale, ma allo stesso tempo così diverso dal ragazzino che eri al liceo. Ed io sono uno stupido, perché ci sono cascato subito con tutte le scarpe, perché è impossibile non lasciarsi coinvolgere da te.

Mi sono innamorato di te e ora devi prenderti le tue responsabilità per questo, perché nonostante tu mi abbia fatto passare i due anni peggiori della mia vita, il pensiero di continuare a viverla senza di te ... beh quello sì che mi spaventa.»

Hinata è sicuro di non averlo mai sentito pronunciare così tante parole e, per una volta, è lui quello a non sapere cosa dire. Vorrebbe urlargli che vale lo stesso per lui, che lo ama da sempre, forse sin dal liceo, ma che era troppo orgoglioso per ammetterlo. Vuole dirgli che non lo lascerà più, che senza di lui non può nemmeno immaginare di andare avanti, ma Shoyo non dice nulla, rimane nel suo silenzio a contemplare l'uomo magnifico che ha di fronte a sé.

Non riesce a credere di avere un'altra possibilità e, questa volta lo giura sulla pallavolo, non manderà tutto al diavolo.

Si avvicina a Ushijima lentamente, mentre le lacrime gli offuscano la vista e quando è finalmente a pochi centimetri da lui, si alza sulle punte dei piedi appoggiandosi al suo cappotto, stringendo la stoffa pesante fra le dita congelate e incitando l'amante a protrarsi verso di lui.

Quando le loro labbra entrano in contatto, Shoyo è certo di essere finalmente tornato a respirare e poco importa che ha iniziato a nevicare più forte o che Wakatoshi lo sta avvolgendo fra le sue braccia talmente forte che teme gli possa inclinare qualche costola.

Shoyo è felice e in quel bacio fatto di sospiri, lacrime e amore si sente finalmente a casa.

Ha impiegato del tempo per capire dove realmente appartenesse, ma ora che l'ha compreso, non lascerà che la paura e l'insicurezza distruggano nuovamente tutto.

«Un giorno, quando tutto questo schifo sarà finito, voglio comprare una casa qui vicino e voglio che dia su Central Park. Non sarà il nostro amato Giappone, ma sono sicuro che sarà perfetto.»

«Non m'importa del Giappone o di Central Park, l'importante è che ci sia tu.»

 

   
 
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