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Autore: Akainatsuki    21/10/2021    1 recensioni
Helene - Heliko - Arobase ha un piano geniale per raggranellare parecchi Eddie a Night City e smetterla con i vestiti di seconda mano. L'unico problema è quello che potrebbe perdere se le cose andassero molto male.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La sala da ballo era gremita, e la musica rimbombava a volumi di parecchie migliaia di decibel oltre qualsiasi regolamento fosse mai stato messo in atto a Night City su quisquilie quali il disturbo della quiete pubblica e simili amenità.

Seduta dritta sul suo divanetto di synthopelle scivolosa in un angolo piuttosto buio dell’enorme stanza, il bicchiere di qualcosa di decisamente troppo annacquato nonostante il sentore di alcol sintetico che emanava, qui Helene Arobase si stava annoiando a morte. 

Sollevò la pesante frangia che le cadeva sugli occhi con un sospiro, rigirando per l’ennesima volta la cannuccia mangiucchiata tra le dita mentre ragionava su un unico e singolo pensiero.

Dove cazzo era finito Ced.

Cedric Tombstone era il figlio del suo capo, quello che le pagava qualche centinaio di Eddie ogni fine del mese per farle aggiustare tutto quello che si rompeva e passava dalle loro mani. Che ci pensassero tutti gli altri a mettere sul mercato armi, sistemi di sicurezza e quant’altro: alla fine, tutto avrebbe avuto bisogno di una buona rimessa a nuovo e con buona probabilità - almeno in quella parte di Night City - sarebbe arrivata al suo tavolo di lavoro.

Forse un pochino si stava facendo sfruttare per non troppi Eddie che per una buona metà finivano nella colletta di famiglia. Suo padre aveva detto - espressamente - che finchè avesse vissuto sotto il suo stesso tetto avrebbe dovuto contribuire alle spese, all’affitto, al vitto e una lunga sequela di altre postille che non era rimasta ad ascoltare. O meglio, aveva protestato come il cinquanta per cento fosse esagerato, ma fu allora che sua sorella era intervenuta con il commento più ovvio.

Ricordati i vestiti. E l’Agent. E pure il Techtool. Chi te li ha dati?

Helene lasciò andare un nuovo sonoro sbuffo, mordendosi le labbra mentre dava un’occhiata veloce al completino di nylon in cui si era infilata, il meno peggio tra quelli che aveva avuto in gentile concessione da sua sorella, che lo aveva ricevuto da un’amica.

Terza mano, di almeno un paio di anni prima, fuori moda, fuori forma, fuori colore, fuori da ogni minimo dettame di stile che nemmeno le sue capacità di armeggiare con qualsiasi genere di cacciavite poteva rimediare. Nemmeno il suo Agent aveva trovato nei database a disposizione un’idea geniale per sistemare filo per filo quel reperto preistorico.

Mosse nervosa le dita dei piedi fasciati dalle scarpe recuperate da una staffetta di passamano solo qualche ora prima, quando quelle di sua sorella - comprate a un mercato dell’usato - si erano rivelate di parecchi numeri più grandi del suo.

Storse le labbra in una smorfia: da quando ne aveva memoria, non aveva mai avuto mai niente che non fosse già stato di qualcun’altro. Ci aveva provato a mettere da parte un gruzzoletto di Eddie, ma quel lavoro che aveva trovato grazie ai soliti amici degli amici di conoscenti non era abbastanza per stare al passo con le continue novità che i cartelloni pubblicitari riversavano sulla strada, sugli schermi, sulle retine ottiche di ultima generazione. Era sempre tutto troppo nuovo e costoso per qualche centinaio di chip con cui arrivare al mese successivo.

Pensò a come probabilmente era stata mollata da Ced su quel divanetto proprio per non farsi vedere in compagnia di una tizia vestita con qualcosa di talmente fuori tempo da imbarazzare un manichino dei quartieri a luci rosse. 

Si guardò attorno nell’oscurità della sala illuminata dai neon e dalle stroboscopiche, sfarfallando distrattamente sull’Agent che aveva sapientemente riassemblato più volte nel tentativo di farlo durare abbastanza da vedere l’alba e abbastanza da sembrare quei modelli falsamente vintage che erano tanto tornati di moda.

Proprio mentre stava considerando la possibilità di andarsene qualcuno entrò nel cono di luce dello schermo, facendola sobbalzare sulla synthopelle su cui si era appiccicata.

“Ced” lo salutò, spostando lo sguardo immediatamente alle sue spalle dove - ben due - Toy, o Dolls o Venus ridacchiavano alla luce dei laser. Non che sinceramente le importasse di quale scala dell’Heaven o di pessimo bordello di quarta categoria facessero parte, a Helene l’idea di sapere come qualcuno avesse trascorso parecchio tempo in loro compagnia faceva venire il voltastomaco.

Cedric si abbassò su di lei, coprendole la visuale, mentre la musica assordante le risparmiava qualsiasi commento diretto nella sua direzione. 

“Andiamo a un’altra festa” la strattonò per un braccio, facendole temere che il nylon si rompesse sotto la presa degli impianti rinforzati che aveva installato di recente. “Qui han finito tutta la roba buona e gli altri vogliono cambiare aria.”

In quel momento si rese conto di come, oltre alle due che non avevano smesso di fissarla con quelle cyberottiche modificate al primo Mall di bassa lega, c’erano altre persone con loro: tutta gente che non si sarebbe limitata a commentare a bassa voce come sembrasse uscita dalla discarica di quartiere. 

Mentre si rizzava in piedi e controllava lo stato dei suoi vestiti, pensò a come avrebbe dovuto assolutamente aggiungere alla sua personalissima lista cyberware una suite audio con miglioramento sonoro. La maggior parte di quelli che incontrava adorava fare battutine coperti dal frastuono della strada o dei locali, e la cosa le dava sui nervi.

A volte, però, c’erano anche personaggi talmente pessimi da non pensare nemmeno come uno di quei commenti andassero fatti a bassa voce, magari approfittando del riff introduttivo del pezzo successivo.

Helene trotterellava accanto a Ced, salendo con tutta la scarsa velocità delle sue scarpette di fortuna le scale metalliche che portavano dalla strada a quel garage sotterraneo. Continuava a rimuginare sul suo essersi aggregata al gruppo verso l’ennesima festa assordante, quando all’uscita del locale quelle parole le arrivarono direttamente alle orecchie, costringendo tutti a fermarsi non appena l’ultima sillaba si spense nell’aria della notte soffocante.

Se Tombstone paga una input del genere per conciarsi così, stasera la vedo magra.

Era stata una delle due ragazze a fare quel commento, forse credendo che il trambusto dietro alla porta appena chiusasi alle loro spalle coprisse quell’uscita - o forse pensando che nessuno ci facesse troppo caso. In fondo, quella input l’avevano recuperata da un divanetto nascosto nel buio della sala e non c’era stato abbastanza tempo per approfondire alcuni piccoli retroscena, tra cui una regola fondamentale per uscire vivi da quelle serate a NC. O meglio, la regola per la quale era meglio non toccare un particolare argomento in presenza del rampollo della Paraline.

Mentre tutti i Poser, Booster o Corpo che fossero andavano a sciorinare al bancone del bar i crediti scialacquati nell’ultima avventura notturna, c’era qualcuno che ne era l’eccezione perchè - a detta sua - era da maiali pezzenti sprecare quei guadagni per comprarsi della carne da macello qualsiasi.

Cedric Tombstone non pagava nessuno, nè Toy, nè Doll, nè Venus. C’era sempre qualcuno che gli doveva un favore, un lavoro non riscosso o qualsiasi altra postilla per cui avrebbe ottenuto quello che voleva - per tutto il tempo che voleva - senza sborsare un Eddie. Cadeau, così li considerava, e niente era più bello di un regalo infiocchettato a fine giornata.

Ma soprattutto, Cedric Tombstone da qualche tempo era innamorato pazzo; quel livello di pazzia al limite della cyberpsicosi per cui non si sarebbe fatto troppi problemi a piazzare un dritto in faccia a qualunque essere più o meno di carne si fosse trovato davanti a corredo di qualche squallida battuta sull’oggetto delle sue attenzioni.

Fu proprio un gancio corazzato al titanio a sfondare il cranio della Toy che aveva appena chiuso bocca e rivolto un’occhiata un poco vergognosa al resto del gruppo. Lo schioccare delle ossa riempì l’aria attorno, mentre frantumi di innesti metallici e carne bollente esplodevano in un risucchio umido contro la porta d’ingresso del locale.

Il corpo cadde sul cemento con un tonfo sordo, accompagnato dagli strilli terrorizzati della sua compagna lercia di sangue e interiora sul completino cangiante all’ultima moda. Rimase per un lungo attimo a spostare lo sguardo ora sul cadavere a terra ora sull’energumeno che la fissava dietro al pugno gocciolante di rosso.

Helene la guardò scappare a gambe levate dall’altra parte della strada, singhiozzando e maledicendoli nelle lingue più disparate mentre si allontanava alla luce dei neon. Restò in quella posizione fino a quando non sentì il peso del braccio di Cedric posarsi sulle sue spalle, intento a toglierle qualcosa dalla guancia: storse il naso al sentore viscido, alzando il capo verso di lui.

“L’hai ammazzata” commentò piatta mentre la stringeva. 

Annuì sbuffando dalle narici dilatate, per poi fare un cenno agli altri che iniziarono a dileguarsi silenziosamente a loro volta nella notte, fino a lasciarli soli accanto al corpo ancora caldo. 

“Vieni da me? Così domattina non arriverai col tuo solito ritardo e il mio vecchio non avrà da ridire” propose Cedric dal nulla, mettendosi a camminare sul marciapiede vuoto, tenendola a sè. “Cercherò di non farti fare troppo tardi stasera - anche se avevo avuto un’ideuzza-”

Lo lasciò parlare, rivolgendo un’occhiata veloce al cadavere a terra senza riuscire a trattenere una smorfia: avrebbe voluto prendere quei vestiti all’ultimo grido e farci qualche aggiustatina, ma di sicuro non sarebbero resistiti sulla strada fino al mattino successivo. 

Che peccato. Sarebbero stati solo di seconda mano.
   
 
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