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Autore: crazyfred    22/10/2021    9 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 13


Tutto sommato, il Natale di Maya era passato tranquillo. Il camino acceso nella grande sala di rappresentanza della casa di Ruggero, davanti al quale leggere un bel libro dopo il pranzo. Le sanguinose partite a carte a cui erano tutti costretti a sottoporsi, nonostante Matilde, sua madre, fosse una giocatrice quasi professionista. Assieme a Ruggero e ai suoi figli, ci avevano provato a proporre qualche nuova idea, ma dopo il tronchetto al cioccolato, un mazzo di carte francesi puntualmente veniva sbattuto sul tavolo con un piglio quasi assatanato e non si poteva dire di no.
Per le feste era tornato anche suo fratello Lorenzo da Londra, ma ad esclusione del paio di giorni comandati, era difficile trovare del tempo da trascorrere con lui, impegnato a fare rimpatriate ad ogni ora del giorno e della notte. Lavinia si incazzava, la madre lo giustificava - e quando mai - Maya accettava la situazione, dispiaciuta sì, ma anche rassegnata. Lei stessa infatti, non era disposta ad essere a disposizione dei suoi dal 24 dicembre al 6 gennaio. Sarebbe tornata a lavoro per un paio di giorni - 'tacci loro le riviste online non vanno in vacanza, e poi sarebbe andata in montagna, ospite di Olivia.
L'idea non la elettrizzava particolarmente, ma lo faceva per lei, perché era stata gentile ad invitarla nella casa dei suoi; "ti prometto che ce ne stiamo per conto nostro" le aveva detto, ma Maya sapeva bene che non era una promessa facile da mantenere. Olivia e suo padre erano consulenti finanziari per le migliori famiglie romane e, anche se non avevano niente da spartire con quella gente, non potevano fare a meno di frequentarli. E poi Cortina era un paesello troppo piccolo per riuscire ad evitare gli altri, soprattutto la notte di Capodanno, quando tutti hanno il tavolo prenotato in un rifugio per fare serata e poi scendere a valle sciando con le fiaccole. Per certe cose, lo sapeva bene, erano tremendamente abitudinari.
Erano le 10 ed Alex era in ritardo, ma Maya era tranquilla. Quando doveva affrontare delle presentazioni importanti si riservava sempre qualche ora per prepararsi in disparte, a casa sua, senza essere osservato. Mentre aspettava in ufficio il messaggio del custode del parcheggio, che l'avvisava dell'arrivo di Alex per metter su la moka, faceva mente locale delle cose da portare in montagna, segnando tutto sul tablet. Sarebbero andati su con il SUV di Max, problemi di spazio non ne avrebbero avuti. Aveva appena iniziato a scrivere crema solare che il telefono sulla scrivania squillò.
"Pronto? Ufficio di Alessandro Bonelli ... ohi Alex! Bloccato nel traffico?"
Tra il trasloco e la separazione, le cose tra Maya ed Alex erano tornate quasi a come erano prima che tutto il polverone del gala si alzasse. La quotidianità, come previsto, aveva avuto il sopravvento sugli ormoni impazziti in una serata diversa, tra l'atmosfera galante e l'alcool. In un certo senso non si tornava più indietro, ma entrambi si erano acclimatati a quella nuova situazione: erano meno che amici, ma sicuramente qualcosa di più che dipendente e superiore.
"Macché … è successo un casino … ho la bambina con la febbre alta e sono solo, non posso lasciarla"
"Che ... significa?!" domando, perplessa. In realtà sospettava che non la stesse chiamando dall'auto. Non c'era la solita Radio Roma Capitale in sottofondo e non c'era alcun rumore del traffico mattutino romano. Al contrario si sentivano delle voci, probabilmente sua moglie e i suoi figli.
"Dovresti farmi un favore" le disse, la voce alquanto avvilita "non te lo chiederei se non fosse importante."
"Se posso … dimmi tutto"
"La riunione di redazione devo farla da casa oggi. Ma ho lasciato il pc nell'ufficio"
"Ah ok … beh se mi dai la password posso mandarti tutto quello che ti serve … se hai un tablet o un fisso in casa" che domande Maya, pensò tra sé e sé, figurati se non ce l'ha "oppure posso venire a portarti il pc"
"Ecco, sì, forse se vieni qui è meglio, così mi aiuti pure …" indicò lui.
"Io non faccio da baby sitter però...né da infermiera"
"Non mi risulta che io te lo stia chiedendo…"
Maya si morse la lingua: lei voleva spezzare la tensione, lui era troppo agitato per cogliere la sua ironia e l'aveva presa malissimo. Fatemi partire per le Dolomiti ORA!
Avvertito il vicedirettore della situazione, Maya raccolse il pc di Alex e le sue cose e si avviò verso l'uscita.
"Dove vai?" le domandò Alice, alzando lo sguardo dal pc della reception.
"A casa di Alex"
"Cosa cosa?" la ragazza balzò letteralmente dal bancone, fiondandosi davanti alla porta d'ingresso prima che Maya potesse varcarla, per bloccarla.
"Levati Alice, non è il momento di scherzare."
"Lo sai che poi ti tocca raccontarmi tutto, vero?" la stuzzicò, irriverente.
"Sto andando a lavorare, smettila di schiumare come una fangirl dei One Direction … oltretutto ti ricordo che hai trent'anni"
"Stronzate!" rimbeccò la ragazza, con quella sua espressione da folletto impertinente "quando parte una ship, puoi avere pure sessant'anni … parte e non la fermi! Anzi … dovrò pensare ad un nome da darvi…"
Maya alzò gli occhi al cielo e, con un gesto svelto e brusco, la scansò per guadagnare l'uscita.
 
In cinque anni che lavorava per lui, era la prima volta che metteva piede in casa sua. C'era passata davanti diverse volte, quando in occasioni speciali usufruivano dell'autista e lo passavano a prendere. Oppure si era fermata nell'androne per portargli, fuori orario, dei documenti o i freebies che gli sponsor gli inviavano in redazione.
L'appartamento, però, era una no-go zone. Lui era tremendamente protettivo della sua privacy e lei non aveva alcun motivo per contravvenire a quel desiderio.
Mentre saliva in un elegante ascensore d'epoca, cercava di non pensare all'imbarazzo che avrebbe provato ad entrare in quell'appartamento, limitando - se possibile - le sue battutine e le sue solite figure di merda.
Il portoncino verde a due ante, che affacciava su un pianerottolo piccolo ma molto elegante e rifinito, era stato lasciato aperto, ma ad accoglierla non c'era nessuno.
"È permesso?!" domandò, intimorita, entrando lentamente.
Nel corridoio d'ingresso, lungo e leggermente buio, erano incassate due librerie: quella a sinistra, copriva l'intera parete, quella a destra solo metà, fin dove le scale che portavano al piano superiore lo consentivano. In fondo, una porta aperta a metà mostrava quello che con molta probabilità era lo studiolo di Alex.
"Buongiorno!" la salutò Alex, sbucando da un'apertura della parete sulla sinistra.
Maya era talmente concentrata a prendere le misure di quel luogo, che non si era accorta che si stava avvicinando e quasi si spaventò.
Non sapeva esattamente dire perché, ma il suo cervello si era convinto che lo avrebbe trovato in tuta. Invece, ovviamente, era in jeans e camicia bianca, pronto per andare in videoconferenza.
"Che c'è?" le domandò, vedendola stranita.
"Niente" rispose, con un sorrisetto nervoso, cercando di non arrossire per la vergogna "buongiorno a te!".
"Lì c'è il guardaroba. Poggia pure il cappotto lì" le disse, indicando una porticina sulla destra "stavo facendo il caffè, ne vuoi una tazza?"
"Sì, grazie"
Lo seguì verso la zona giorno. Era un open space immenso, che faceva impallidire quello della sua casetta di Testaccio, di cui lei andava così orgogliosa. Sicuramente opera di un designer di interni, il connubio tra antico e moderno era assolutamente perfetto e la differenza impercettibile. Tutti gli elementi originali, gli ornamenti a stucco dei soffitti, i vecchi infissi, il camino in marmo, i pavimenti in legno del salotto e le cementine della cucina erano stati conservati e riportati allo splendore originale. Qua e là un quadro di arte contemporanea e la cucina dal design industriale riportava il visitatore nel 21esimo secolo, dopo aver fatto un lungo viaggio tra il vintage ed il modernariato dei mobili della zona living.
"Ti piacciono i quadri?" le domandò, vedendola palesemente affascinata e ricordando la sua particolare forma di investimento.
"Non particolarmente" ammise "in realtà ero più colpita dal risultato d'insieme. È molto … molto più maschile di quanto mi aspettassi." "Veramente? Eppure è stata mia moglie a progettare tutto. Anche se forse la mia passione per il modernariato ha influito un po' …"
Maya dimenticava facilmente che Claudia era una designer. Da quello che sapeva era praticamente una moglie e una mamma a tempo pieno e il suo lavoro lo faceva più che altro per passare il tempo.
"Però nel complesso mi piace" si affrettò a recuperare lei. Non per sé stessa, forse, neanche per l'Alex che aveva conosciuto nelle ultime settimane, ma per Mr Bonelli, l'uomo d'affari impegnato in collaborazioni internazionali, era la casa perfetta: di rappresentanza, impersonale, che racconta di sé attraverso i successi invece che attraverso la propria vita privata.
Alex la invitò ad accomodarsi ad uno degli sgabelli dell'isola in cucina, mentre lui, di spalle, tirava fuori le tazzine da una delle ante grigie che sembravano essere di calcestruzzo.
"Solo?" domandò "… a parte tua figlia, intendo. Avrei giurato di aver sentito delle voci al telefono."
Si domandò se fosse il caso di domandare, vista la situazione in casa e la sua posizione, ma alla fine si convinse che la sua buona fede sarebbe stata recepita.
"Ah sì. C'erano Edoardo e Claudia, stavano partendo. Anche Giulia doveva andare con loro ma con la febbre non era proprio il caso."
"Come sta?"
Nel frattempo l'odore di caffè si spandeva nella cucina, insieme al tipico crepitio che sa tanto di oh finalmente. Alex lo lasciò quietarsi e poi lo girò, nella macchinetta. Mentre compiva questi gesti così semplici se ne stava in silenzio, come fosse un rituale.
"Dorme in cameretta" disse poi "credo che sia solo influenza, ma non era il caso di mandarla in montagna con la madre ed il fratello."
Le spiegò che non aveva potuto chiamare la loro collaboratrice domestica, tornata al paesello per il Natale, né sua madre, che aveva in casa altri tre influenzati e una baby sitter era fuori questione: non l'avrebbe mai lasciata con un'estranea.
"Non siete una famiglia … siete un lazzaretto!" Dio Maya! Cosa avevamo detto sulle battute cretine?!
Questa volta Alex però, sembrava aver apprezzato, perché annuì, divertito e sorridente.
"Puoi dirlo forte … per una volta che passo le feste con la mia famiglia, si ammalano tutti! Il tuo Natale invece?" chiese, garbato, porgendole la tazzina e la zuccheriera. Maya la declinò: il caffè, lei, lo beveva amaro.
"Regolare …"
"La casa? Come va?"
"Mi sto adattando, per ora non è male."
In realtà andava alla grandissima, ma a Maya non piaceva dare soddisfazione alle persone. Adorava quell'atmosfera da paese nella città che si respirava a Testaccio, il mercato, la piazza dove sedersi e ascoltare quello che accade intorno. Era sempre Roma, ma de ppiù, più verace, più vivace, più colorata, più profumata, più saporita. Non era la Roma elegante a cui era abituata, ma era onesta e ci si trovava benissimo. Forse era ancora in una fase di luna di miele, in cui vedeva tutto con gli occhi dell'estranea, quasi da turista per cui tutto è molto pittoresco, ma avrebbe affrontato il problema della quotidianità poco alla volta, se si fosse presentato. Inutile fasciarsi la testa prima di averla rotta.
Si misero a lavoro. Era l'ultima settimana dell'ultimo mese dell'anno e per Alex significava lavorare il doppio di quanto facesse normalmente: bisognava validare ogni articolo per la settimana in corso, giorno per giorno, iniziare a lavorare sulla successiva, mettere in piedi il tradizionale editoriale di fine anno, una specie di commento a quanto successo durante l'anno e di autovalutazione alla rivista che Alex faceva pubblicare sul loro sito ogni 31 dicembre, e naturalmente programmare l'editorial board di Febbraio.
Mettere in piedi la bozza del palinsesto mensile era un'impresa titanica. Bisognava scegliere il mood della pubblicazione e selezionare i contenuti, accertandosi che tutto fosse coerente allo spirito della rivista ma mai monotono e ripetitivo. Si passavano ore a consultare gli archivi, perché guai a pubblicare due articoli anche vagamente simili. Anche la banalità era assolutamente bannata. Generalmente sarebbe un lavoro che un direttore mette in piedi insieme ai suoi più stretti collaboratori, ma che Alex, nella sua maniacale precisione, preferiva fare da solo. Le riunioni con Stefano, Lisa e il resto dei responsabili di settore erano un di più, e grazie alle sue capacità oratorie, riusciva persino a convincerli che le scelte erano state perfettamente democratiche.
Seduti al lungo tavolo in radica del soggiorno, l'uno di fronte all'altra, ciascuno con il proprio pc, non c'era alcuna differenza con l'essere in redazione. Alice continuava a passare a Maya le telefonate per Alex sul telefono aziendale e lei le declinava annotando ogni nome, come sempre in queste occasioni. Lui concentratissimo, non toglieva gli occhi dallo schermo e quasi non batteva ciglio. Ogni tanto lo vedeva alzarsi e salire su per le scale, a volte passando prima per la cucina per prendere un bicchiere d'acqua, e lo sentiva vagamente parlare con la sua bambina. In quei momenti era come se spegnesse un interruttore ed Alex riappariva magicamente. Ogni volta le veniva voglia di salire e curiosare, vedere se l'Alex più privato che lei aveva avuto modo di conoscere al di fuori dell'ufficio, aveva qualcosa in comune con quello che si stava prendendo cura della bambina che era al piano di sopra.
"Come va?" gli chiese, quando era ormai l'una ed era salito su a controllarla già una decina di volte.
"Così così. Le fa male la testa e ha ancora la febbre alta" le disse, guardando l'orologio "forse è il caso di farla mangiare un po', ma non ha fame"
Farsi vedere da Maya completamente incapace di gestire l'influenza di sua figlia, lo metteva a disagio. Chissà cosa avrebbe pensato di lui … in fondo aveva due figli, avrebbe dovuto affrontare la cosa ad occhi chiusi. Ed invece era come se Giulia, né Edoardo prima di lei, avessero mai avuto la febbre. Nada, nisba, blackout totale. Il problema era che aveva sempre lasciato fare a Claudia. Lei quella mattina gli aveva perfino salvato, a memoria, il numero del pediatra sulla rubrica del telefono. Bacetto prima di andare a lavoro la mattina e mano sulla fronte per vedere se era ancora calda la sera, quando tornava a casa: questo era, generalmente, il massimo del suo contributo.
"Dalle un po' di latte e miele …" gli consigliò Maya "mia mamma non era proprio un angelo del focolare, ma con me e i miei fratelli faceva sempre così quando avevamo la febbre e non volevamo mangiare. Anche perché il latte chiama i biscotti, garantito"
"Ma i biscotti a pranzo?"
"Ha la febbre! Almeno la consoli con quelli … noi piuttosto?"
"Noi cosa?"
"È l'una … non pensavo di dovermi portare il pranzo da casa"
"Oddio no! Assolutamente … carbonara o gricia?"
"Ci vai leggero dopo 3 giorni di pranzi e cene!"
"Mi dispiace, non ho molto in frigo. Come ti ho detto avevo ben altri programmi. Se vuoi ordiniamo una poké bowl in un locale qui vicino. Ma visto che siamo in casa pensavo …"
Alex si stava palesemente agitando. Non amava non avere la situazione sotto controllo ed era così che si sentiva ogni volta che Maya rosicchiava, suo malgrado, un pezzettino della sua vita privata per farsi spazio. La poverina non stava facendo assolutamente nulla eppure stava succedendo di nuovo, lo stava spiazzando. Gli scoppiò a ridere in faccia, quella risata contagiosa che gli faceva capire che non faceva sul serio e lo faceva persino sentire meno in colpa di esserci cascato.
"Guarda che scherzavo! Una gricia andrà benissimo."
Mentre Alex si dava da fare ai fornelli, Maya si offrì di apparecchiare, non senza prima aver lavato le mani. Dalla piccola toilette per gli ospiti, di fianco allo studiolo di Alex, sentì una vocina chiamare papà mentre si asciugava le mani. Era molto flebile e dubitava che Alex l'avesse sentita con la ventola della cucina accesa. Fece per chiamare Alex ma poi, istintivamente, cambi idea e si trovò a salire le scale. Questa cazzata ti costerà il posto, lo sai Maya? si disse, ma mise subito a tacere il grillo parlante nella sua testa. Se la bambina non stava bene, era meglio correre.
Al piano di sopra, sembrava di essere in un altro modo. Pur elegante, e ben studiata, davanti a lei si apriva finalmente una casa di famiglia e non un salotto figo per ricevere gli ospiti e fare bella figura. Si sentiva sfacciata a guardare dentro le stanze, ma tutte le porte erano aperte e sembravano quasi invitarla a farlo, a dare uno sguardo alla vita di Alessandro Bonelli quando usciva dall'ufficio. C'era stanza del figlio maggiore, sportiva e casinista come solo la stanza di un adolescente può essere, la camera matrimoniale, dove si riconosceva tutta la classe e l'eleganza di Claudia - e anche un po' del suo esibizionismo. Lì Alex, non ce lo vedeva affatto, rispetto al piano inferiore. Poi capì perché: di fronte, tra due bagni, c'era un'altra camera matrimoniale e Maya intravide degli abiti maschili appesi ad un servomuto: Alex stava dormendo lì.
"Papà!" la piccolina, dalla stanza in fondo a sinistra, continuava a chiamare la voce più forte.
Maya, distogliendo lo sguardo dalla stanza di Alex, la trovò in piedi, appoggiata allo stipite della porta della sua cameretta, nel suo pigiamino rosa e grigio.
"Ciao piccolina!"
"Chi sei?" domandò la bambina, stropicciandosi gli occhietti con le mani, infastidita dalla luce uscendo dalla sua cameretta buia.
"Sono Maya, lavoro con il tuo papà"
Maya l'aveva vista diverse volte, ma dubitava che la piccola potesse ricordarsi di lei.
"Che ci fai fuori dal letto? Hai la febbre, devi stare al caldo"
"Mi sono stufata" spiegò la bambina come meglio poteva "e mi fa male la testa"
Maya le sorrise dolcemente e, istintivamente, avvicinandosi, le toccò la fronte. Gli unici bambini piccoli con cui aveva avuto a che fare in vita sua erano i nipotini di Ruggero, che vedeva un paio di volte l'anno in villa durante le feste. Per loro era la zia simpatica e divertente e nessuno si aspettava da lei che se ne prendesse cura: per quello bastava ed avanzava Lavinia.
Non ci voleva la laurea in medicina di sua sorella, però, per capire che la piccola aveva la febbre altissima. Le guanciotte erano rossissime e la fronte le bolliva.
"Vieni con me" le prese la manina e la riportò in cameretta, aprendo velocemente la persiana per far entrare un po' di luce senza che la piccola potesse prendere freddo.
Si guardò intorno e trovò il termometro sul comò bianco di fianco al lettino in metallo smaltato bianco. La cameretta era classica e semplice, dai toni chiari, perfetta per quella che doveva essere proprio principessina di casa.
"Misuriamo la febbre, Giulia?"
"Come sai il mio nome?"
"Te l'ho detto, lavoro con il tuo papà. Parla tanto di te"
Non era vero, ma la piccola non si sarebbe mai lasciata avvicinare se non si fosse sentita al sicuro con lei. La piccola annuì, alzando il braccino per permettere a Maya di infilare il termometro sotto l'ascella. In pochi secondi, il termometro digitale suonò, dando il suo responso: 39.5°. Un bel febbrone di quelli avrebbero messo k.o. anche un gigante.
"Posso scendere a guardare i cartoni?"
"Ti fa male la testa e vuoi guardare la tv?"
La bimba scosse la testa "Non la tv, i DVD"
Solo per quella risposta ingegnosa, fosse stato per lei le avrebbe concesso anche di andare al cinema e mangiare popcorn. 5 anni, 1 metro circa di altezza, ed era più affine a lei di tante persone grandi e grosse che aveva conosciuto.
"E tu che ci fai qui?"
Un colpo in pieno petto avrebbe fatto meno male. Il cuore, semplicemente, non lo sentiva più. Ecco, lo sapevo. Inizia a scrivere il curriculum, Maya, stai per essere licenziata. Alex entrò nella stanza lentamente, la tazza con il latte in una mano, la biscottiera di latta nell'altra.
"L'ho sentita chiamare e ho pensato di venire a controllare …" si affrettò a scusarsi, la voce che le tremava.
Il volto di Alex, concentrato sulla bambina, era imperscrutabile.
"Maya ha detto che posso vedere i cartoni!" intervenne la bimba. Piccola peste bugiarda! Il problema era che non le avrebbe mai torto un capello; a Maya sembrava quasi di rivedersi in quella piccolina. Esattamente come lei, da buona beniamina di casa, riusciva a farla franca sempre addossando le colpe agli altri. Un sorriso e uno sguardo languido da quegli occhioni grandi e dolci e, Maya lo sapeva bene, non ci sarebbe stata bugia che non le sarebbe stata perdonata.
"Giulia!" la redarguì suo padre, non credendole minimamente.
"Oooccheeei!" Alex sorrise, sia alla bambina che a lei. Il cuore riprese a battere regolarmente.
"Hai fatto bene, non ti preoccupare" disse Alex a Maya, sinceramente grato di essere accorsa dalla bambina.
Vederla seduta sul letto, accanto alla bambina, avrebbe dovuto innervosirlo. In passato sarebbe stato così. Era così geloso dei suoi affetti che lasciare avvicinare chiunque non fosse un amico fidato o un parente, era un evento più unico che raro. Non solo ora non gli faceva né caldo e né freddo ma, paradossalmente, lo trovava perfettamente naturale. Ci sarebbe dovuta essere Claudia, ed invece c'era Maya. Ed andava benissimo così.
In quel momento della sua vita non c'era persona di cui si fidasse di più.
 
"Cosa significa che non parti più?"
"Non lo parli più l'italiano Olli? Non posso partire ho dei casini con il lavoro, siamo indietro e Alex non va in ferie quindi non me le posso prendere nemmeno io"
"Ma porca di quella pu-"
"Olli!!!"
Maya troncò la parolaccia dell'amica al telefono mentre tirava fuori i panni dalla valigia. Sì non poteva più partire, sì erano rimasti indietro con il lavoro, ma non era vero che Alex non le concedeva più le ferie: era stata lei ad offrirsi di restare.  La verità era che stava solo cercando, da giorni, la scusa perfetta per poterle dire che restava a casa. Non ci si vedeva a mettersi in ghingheri e andare ad un cenone elegante e poi a ballare. Magari, se la sorella non fosse stata di turno in ospedale, sarebbero uscite insieme per il centro, una bottiglia di spumante, due bicchieri compostabili per farla contenta e avrebbero brindato al nuovo anno. Chi l'avrebbe mai detto che si sarebbe ridotta così?!
Il tutto perché uno scriccioletto di 5 anni non aveva voluto prendere il latte in cameretta, era scesa a guardare i DVD in salotto e aveva sabotato l'intero pomeriggio, mostrandole quanto era bello starsene a casa con qualcuno a cui vuoi bene veramente. Alex, che la viziava, aveva persino mandato all'aria la riunione di redazione per dedicarsi alla bambina. E aveva rimandato a casa pure lei dopo pranzo, augurandole una buona settimana bianca.
Era stato allora che si era proposta. L'idea di tornare in quella casa, vedere Alex che scende le scale con in braccio Giulia avvolta nella sua copertina di Paperina, la bimba che canta le canzoncine Disney e recita le battute a memoria, valevano di più di una discesa con gli sci o una passeggiata tra le boutique del centro con gente che, appena se ne fosse andata, le avrebbe parlato alle spalle. Olivia doveva fare buon viso a cattivo gioco, ma lei non aveva più alcun interesse.
"Fattelo dire, il tuo capo è uno stronzo! Dirtelo così all'ultimo momento è una bastardata bella e buona!"
Olivia era nera. Ecco, solo per lei le dispiaceva, che si era fatta in quattro per invitarla, che si sentiva in colpa - senza motivo - per la storia del ponte dell'Immacolata e aveva voluto a tutti i costi darle un weekend sulla neve.
Ma non era quello che a Maya interessava. Era una vita che non postava più storie su Instagram, non sentiva più quell'affanno di mettersi in mostra. Voleva stare bene con sé stessa e con le persone a cui voleva bene, non importava dove.
"Non dire così. Poveretto non è colpa sua se la figlia sta male" si sentiva anche in colpa per aver messo in mezzo Alex che in tutta questa storia non c'entrava nulla, visto che aveva fatto tutto da sola. "Facciamo così" propose allora all'amica, risoluta "ora ti godi il capodanno con Max e il primo weekend utile ce ne andiamo nella Tuscia in qualche SPA a ricaricarci un po'. Solo io e te e ci aggiorniamo un po'. Che ne dici?"
"Sei sicura?"
"Ma certo … non sto morendo di fame, una Smart Box Addio Stress me la posso ancora permettere"
"Va bene, l'importante è che non passi il Capodanno da sola, altrimenti dì all'amico tuo che quel bel faccino glielo imbruttisco a suon di schiaffi sia chiaro!"
Maya sorrise, salutandola e chiudendo la chiamata. Erano anni che cercava un'amicizia così: l'aveva avuta sotto il naso tutto il tempo e non se n'era accorta. Chi l'avrebbe mai detto che bastava un briciolo di onestà ...
 
Prima di andare a casa di Alex, quella mattina Maya si fermò ad una boulangerie, una panetteria francese che aveva scoperto il giorno prima vicino alla fermata dell'autobus, poco lontano da casa di Alessandro. Sì, anche Maya Alberici, alla fine, dopo 30 anni vissuti a Roma, aveva provato finalmente l'ebbrezza dell'usare i mezzi pubblici. Quando Alex l'aveva chiamata, infatti, non aveva avuto altra scelta, ma aveva passato più tempo a trovare parcheggio che a spostarsi dall'ufficio all'Eur fino al quartiere Prati. Allora si era fatta coraggio e, armata di Amuchina e biglietto, in mezz'ora era arrivata a destinazione: se non altro aveva risparmiato benzina e parolacce ogni volta che una minicar come la sua le faceva credere di aver trovato parcheggio ma non era vero.
"Pain au chocolat e chausson aux pommes appena sfornati!" esclamò ad Alex che al citofono domandava chi fosse.
"Ma cosa hai portato?" le domandò l'uomo, che l'aspettava alla porta.
"Una sciocchezza" minimizzò lei "sono due giorni che cucini per me, non mi andava di presentarmi a mani vuote"
Con la piccola ancora malata, Alex aveva insistito per continuare a lavorare da casa e naturalmente tutto andava a rilento, con la piccola Giulia che li interrompeva per ogni minima cosa. Era la piccola di casa e, con quel caratterino, sapeva come attirare su di sé tutte le attenzioni.
"Mayaaaa!"
Giulia si precipitò giù per le scale urlando il nome della sua nuova amica con tutto il fiato che aveva in gola, scivolando quasi sul parquet del corridoio con le sue pantofoline di peluche. La ragazza diceva di non sapere nulla di bambini e non si era mai considerata particolarmente materna, ma era stato piuttosto il suo essere un party animal ad averla messa in connessione con la bambina, che la vedeva come un'animatrice della ludoteca dove lei e i suoi compagnucci dell'asilo festeggiavano i loro compleanni.
"Buongiorno signorina Bonelli!" la salutò Maya, prendendola in braccio "stiamo bene questa mattina"
"Macché! La febbre è sempre a 38° ... ieri sera è passato il pediatra a visitarla e ha detto che ha la bronchite"
"Il dottore ha detto che ho il catarrino" spiegò lei.
"Sì ma ieri tutta questa energia non ce l'aveva" ribattè Maya "io lo chiamo un netto miglioramento, vero puffetta?"
La bimba annuì vistosamente, mentre si lasciava andare a qualche colpo di tosse grassa. L'aveva rinominata puffetta per quelle uniche due ciocche biondissime che le contornavano il viso, oltre che per la dolcezza. Suo padre, completamente innamorato, amava vederla così di buon umore anche in un momento un po' così. Tentava di rifuggire il pensiero, ma era inevitabile: vedeva interagire Maya e Giulia e si domandava cosa era mancato alla sua famiglia per essere così, quando esattamente lui e Claudia avevano smesso di essere due giovani spensierati ed erano diventati due snob con la puzza sotto il naso, persino in famiglia, perché con un'estranea riusciva ad essere così aperto e spontaneo e con sua moglie, la donna con cui avrebbe dovuto avere tutta la confidenza e la naturalezza del mondo, era ormai così lontano e freddo.
"Puffetta lo vuoi un saccottino al cioccolato?" le domandò Maya, mostrandole la bustina di carta della panetteria
"Ammazza!" esclamò la piccola, scendendo a terra e correndo verso la cucina.
"Devo assolutamente tenerla lontana dalla tv e dal fratello" dichiarò l'uomo "o quanto prima me la ritrovo a gridare sticazzi e me cojoni davanti alle suore all'asilo"
Maya si lasciò andare ad una risata delle sue, di quelle che, spalancando il suo sorriso, sarebbero state capaci di illuminare una stanza buia. Le era mancata e solo in quel momento se ne rendeva conto. Ad eccezione dei weekend, l'aveva vista praticamente ogni singolo giorno, ma dopo che l'aveva accompagnata a visitare casa sua, presa dal trasloco, non l'aveva sentita più così vicina come nei giorni della festa a Villa Miani. Ora quella connessione si era ripristinata di nuovo, l'assistente aveva di nuovo ceduto il passo a Maya, la pariolina - che non abitava più ai Parioli - senza peli sulla lingua. Eppure c'era qualcosa di diverso, questa volta, che non sapeva spiegare nemmeno lui che di solito era bravo a razionalizzare quello che gli accadeva.
"Ti faccio ridere?" chiese, cercando di distrarsi mentre da lontano sorvegliava Giulia che aveva preso nel frigo il cartone di succo d'arancia e si arrampicava sullo sgabello dell'isola per versarlo in un bicchiere.
"No, assolutamente" si affrettò a chiarire Maya "ma non sei male quando non lasci prendere il sopravvento alle tue paranoie"
"Quindi pensi che io sia un paranoico …" la squadrò, cercando di capire cosa ci fosse in quella testa, provando anche ad individuare un possibile bluff. Maya fece spallucce, lasciandosi andare ad una piccola smorfia di incertezza.
"Non dico questo. È solo che dovresti lasciarti andare un po'" suggerì la ragazza, sistemandosi alla sua temporanea postazione lavorativa nel salotto dei Bonelli "In redazione chiedi a tutti di darti del tu, di essere informali … ma poi …"
"Ma quella è autorità … è diverso" la interruppe, in piedi davanti a lei "se giocassi a fare l'amicone non mi prenderebbe più sul serio nessuno."
"E perché con me è diverso?" domandò allora lei, guardandolo dritto negli occhi.
Il modo in cui lei lo squadrava dal basso era come se lo stesse guardando dentro. Giocava a poker con lui e ogni volta la posta era sempre più alta; e quella era una partita che sarebbe stato ben felice di perdere.
"Perché lavoriamo a stretto contatto tutto il giorno tutti i giorni" rispose banalmente, ma ci credeva poco pure lui "sei la persona di cui mi fido di più"
Eccola la verità, nuda e cruda. Claudia se n'era andata e pretendeva di avere pure tutti gli onori al suo rientro, sua sorella aveva preso le difese di sua moglie e il suo migliore amico era un cazzone che lo avrebbe spinto tra le braccia di una escort invece che stargli vicino. L'unica che fino a quel momento c'aveva capito qualcosa era, sulla carta, la più estranea di tutti.
Maya si trovo impreparata, come raramente accadeva, a rispondergli. Come se non bastasse, era tornata a sentire quel profumo, caldo ed opulento, ancora più forte ed avvolgente del solito, complice forse il calore del riscaldamento in casa che lo esaltava. O forse, semplicemente, ogni centimetro di quell'appartamento era intriso del suo profumo, visto che ci viveva. Il solo pensiero le annebbiava il cervello. Ma doveva rimanere con i piedi per terra, esattamente come aveva fatto la sera del gala e nei giorni successivi. Avrebbero finito il lavoro, sarebbe andata a casa a prepararsi ed avrebbe aspettato la mezzanotte con sua sorella. E poi lo avrebbe rivisto dopo la Befana. Sarebbe passato tutto, come già era successo una volta. Anche lei, pensò, era fatta di carne e aveva certi bisogni … forse era il caso di chiamare Federico Ultima Spiaggia, e vedere se era disponibile per una serata e via.
Un fragore li distolse. Giulia, in cucina, aveva rovesciato il succo su tutto il piano della cucina ed il padre era dovuto correre in soccorso; arrotolando le maniche della camicia bianca, Alex aveva dovuto pulire tutto e lei, prendendo un saccottino alle mele e accendendo il pc, affogò la tensione accumulata nel dolce e nel lavoro.
 
"Bene. Direi che ci siamo"
"Direi proprio di sì"
Erano le 17 del 31 Dicembre e l'editorial board era pronto. Alex avrebbe rivisto ancora qualcosa nei giorni successivi, prima di presentarlo alla redazione, ma nulla che non avrebbe potuto fare da solo.
"Ora sei libera di goderti le tue meritatissime vacanze" le disse Alex, riordinando alcuni fogli sul tavolo "e anche qualche giorno in più quando vuoi. Non esitare a chiedere … in fondo hai perso una settimana bianca per me."
"Non è stata una grave perdita" ammise lei "e poi è perfettamente in linea con la tradizione del giorno …"
Alex la scrutò incuriosito e interdetto.
"Buttare la roba vecchia" spiegò lei.
"Da come ne parli sembra quasi la vita di una delle protagoniste di Baby" quella serie non era certo il suo genere, ma si parlava di Roma e se l'era dovuta sorbire perché avevano fatto diversi pezzi di attualità e di commento partendo proprio da lì.
"Non così estrema, ma abbastanza borderline"
Probabilmente uno che veniva dalla borgata non avrebbe mai capito cosa significa vivere nel lusso senza esserti sudato un centesimo di ciò che spendi. È facile, ma non da alcuna soddisfazione, ed è come una droga. Alla fine, vivi totalmente disconnesso dalla realtà.
Era la prima volta che si confidava con lui così candidamente. Fino a quel momento aveva accennato, magari essendo una persona molto intelligente lui aveva intuito qualcosa. Chissà, forse aveva persino preso informazioni su di lei quando le aveva affittato casa dei suoi, chi poteva dirlo e chi avrebbe potuto biasimarlo.  Ma mai si era sentita così libera e sicura nel raccontare a qualcuno che non appartenesse ala sua cerchia più stretta - Lavinia ed Olivia in pratica - dei dettagli della sua vita privata.
Non era ancora il momento di raccontargli del Metodo Parioli, ma era sicura che prima o poi l'avrebbe fatto e non temeva più la sua reazione e il suo giudizio.
Fidarsi ciecamente era una cosa che lei non sapeva fare ma, per qualche motivo, stava iniziando proprio con Alex.
"Beh comunque" disse lei per stemperare l'atmosfera - non le piaceva quando le cose si facevano troppo serie a lungo "per incominciare il nuovo anno devo prima liberarmi di Puffetta"
Giulia, dopo pranzo, si era messa a vedere i cartoni in braccio a Maya mentre faceva l'aerosol e lì era rimasta, tra le sue braccia, addormentandosi. Né Alex, né tantomeno Maya erano stati in grado di spiegarsi questo colpo di fulmine tra le due, ma certo non se ne lamentavano. Alex sorrise dolcemente "Hai ragione, ci penso io"
Mentre si avvicinava per prendere la piccola, il campanello dell'appartamento suonò, inaspettatamente.
"Claudia?!"
Aprendo la porta, con grande sorpresa Alex trovò sua moglie.
"Scusa … sotto ho incontrato il signor Albiati del terzo piano che mi ha aperto e non riuscivo a trovare le chiavi"
"Certo … quella è la borsa di Mary Poppins!" esclamò lui "Te lo dico sempre. Ma che ci fai qui? Edoardo?" le domandò, aiutandola a portare in casa i bagagli.
"Cosa vuoi che ti dica, con Giulia con la febbre non riuscivo a stare tranquilla. Dedo è rimasto con i miei. Lo riportano loro a Roma il 5, prima di ripartire"
Mentre entrava in soggiorno, Claudia si fermò, raggelata. Maya stava seduta al tavolo del soggiorno, e in braccio a lei Giulia che dormiva.
"Non ci credo … che schifo …!"
Era stato solo un sibilo, con un po' di fortuna Maya non l'aveva sentita. Ma Alex sì. L'uomo prese di forza la moglie per un braccio, strattonandola verso il corridoio.
"Che cazzo dici?" domandò a bassa voce, perché Maya nell'altra stanza non sentisse.
"Che ci fa lei qui?"
"Claudia non fare scenate inutili. Maya è la mia assistente, è ovvio che stia lavorando qui con me visto che sono dovuto rimanere a casa con la bambina"
"Appunto. Tu dovevi rimanere con la bambina. Non lei … dille di levarle le mani di dosso sennò vado di là e faccio un casino, Alex. Te lo giuro." sbraitò, guardandolo in cagnesco.
"Signorina Alberici!" la salutò con affettata cortesia, entrando in soggiorno, seguita da Alex, senza neanche badare troppo a mimetizzare il disprezzo che provava nei confronti di Maya
"Da quanto tempo …" "Signora!" rispose la ragazza, timidamente.
Di nuovo, come ogni volta che le stava di fronte, Maya provò una spiacevole sensazione di inadeguatezza. Riusciva con uno sguardo solo a farla sentire un niente. E ora, con sua figlia tra le braccia, quegli occhi di ghiaccio sarebbero stati capaci di darle fuoco.
"Maya che ne dici se ti riaccompagno a casa?" le propose Alex, gentile ma allo stesso tempo in difficoltà; la ragazza aveva capito subito, appena aveva sentito pronunciare il nome della donna ed aveva sentito la sua voce che avrebbe dovuto levare le tende il prima possibile; da come la guardava e da come Alex, inquieto, guardava lei, non le era ancora passata per la storia delle foto. Lei, in quelle settimane, aveva completamente rimosso la sfuriata in ufficio al marito. La signora, la stronza, evidentemente no.
Accettò passivamente l'invito del suo capo e meccanicamente mise apposto le sue cose. Lentamente, si alzò dal tavolo per allungare la piccolina sul divano. Non sentiva niente, il suo cervello era completamente immobile, intorno tutto era ovattato, come se lei fosse in una bolla di sapone o si fosse alzato un banco di nebbia fitto. Sentiva solo le sue guance infuocate - di certo non per il riscaldamento nella casa - e concentrò tutte le sue forze a non incrociare lo sguardo della donna.
"Anche a casa l'accompagni, neanche più ti nascondi quindi …" bisbigliò verso Alex, piegandosi sul divano per coprire Giulia con una coperta mentre Maya era andata in corridoio a mettere la giacca "beh certo dopo quelle foto non serve più."
"Ho bisogno di prendere un po' d'aria … approfitta del tempo che starò fuori per capire quanto ti stai rendendo ridicola" le disse Alex, indignato.
Se non ci fosse stata Maya … e non c'entrava solo il lavoro. Quello, bene o male, anche se in ritardo, l'avrebbe portato a termine. Ma se Claudia era stata la tempesta che le aveva sconvolto la vita in peggio, Maya era un uragano al contrario, che gliel'aveva raddrizzata, dirompente.
Razionalmente, voleva solo lasciarsi il passato alle spalle e riorganizzare la sua vita. La vita, senza alcuna logica, lo stava spingendo sempre più in fretta e sempre più con forza, verso quella ragazza.
 
 

Ciao a tutti! Eccoci alla fine di un nuovo capitolo. Ce n'è di carne sul fuoco a questo giro, e sono sicura che mi sono fatta anche debitamente perdonare per non aver fatto interagire Alex e Maya nello scorso capitolo. Chissà cosa succederà ora: Claudia ha perso la testa, Alex sembra sempre più pieno di lei e sempre più vicina a Maya. Anche lei non è più così tanto indifferente al suo capo. Riusciranno a resistersi? Lo scopriremo presto alla prossima puntata XD
Ringrazio quanti stanno recensendo di capitolo in capitolo, anche quelli più vecchi, anche chi non si fa sentire ma è presente con le visualizzazioni che sono tante! Alla prossima,
Fred ^_^
   
 
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