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Autore: My Pride    23/10/2021    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Taste like home Titolo: Taste like home
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 1519 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Bruce Wayne, Jonathan Samuel Kent

Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life

Avvertimenti: What if?, Slash
Just stop for a minute and smile: 8. "E me lo dici solo adesso?"


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Damian aprì gli occhi un po’ a fatica, cercando di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava.
    Alle narici gli giungeva un piacevole odore di erba bagnata dalla rugiada del mattino e, se in un primo momento credette provenisse dalla finestra aperta della sua camera, nel girarsi di fianco sul letto il ricordo che non fosse alla villa lo colpì come uno schiaffo in pieno viso, lasciandolo interdetto.
    Stava fissando dei poster appesi al muro, su un muro che conosceva fin troppo bene, e aveva cominciato a rendersi conto che il pigiama che indossava gli stava comicamente grande. Inoltre vedeva la sua uniforme malamente gettata sullo schienale di una sedia, nascosta in parte da... dal mantello di Superboy. Oh, dannazione. Era a Smallville. A casa Kent. Nel letto di Jon. E indossava il suo pigiama.
    Sgranò gli occhi, coprendosi il viso con entrambe le mani mentre faceva mente locale. Adesso che cominciava a svegliarsi, riusciva a ricordare bene cosa fosse successo. Una normale notte di pattuglia a Metropolis, un paio di cattivoni abbattuti e uno spuntino notturno seduti su un tetto, poi quel bacio che si erano scambiati senza nemmeno rifletterci su, come tante altre volte. In men che non si dica si erano ritrovati a Smallville, dove da un paio di estati i Kent avevano cominciato a passare le loro vacanze, e si erano chiusi nella camera di Jon, con il letto che cigolava sotto il loro peso al ritmo del desiderio che li aveva consumati senza curarsi dei gemiti e degli ansiti che erano scappati dalle loro labbra.
    Damian si toccò automaticamente un punto tra collo e clavicola, dove sapeva esserci un succhiotto che Jon gli aveva lasciato nonostante le sue lamentele. Era stato così... passionale. Di tanto in tanto si erano baciati, certo, a volte si erano anche lasciati andare a qualche carezza e si erano spinti l’uno contro il corpo dell’altro, ma quello... quello era stato inaspettato per entrambi. E mai avrebbe pensato che Jon, solitamente un po’ timido, riuscisse ad essere così fisico in situazioni del genere. Ma non si pentiva di essere finito a letto con lui, gli era piaciuto nonostante il piccolo lamento che gli sfuggì quando si sedette sul materasso.
    Si guardò, aggrottando la fronte nel fissare i pantaloncini e la canotta esageratamente larga che indossava. Non ricordava di essersi vestito, quindi doveva essere stata opera di Jon... accidenti a lui. Non aveva nemmeno idea di dove fosse finito ma, data l’ora che vide lampeggiare sulla sveglia, Damian dedusse che si trovasse nei campi a dare una mano con la fattoria. Forse aveva sperato di finire prima del suo risveglio e di infilarsi nuovamente a letto, chi poteva dirlo.
    Al pensiero arrossì, ma si diede ben presto dell’idiota. Che diavolo, lui era Damian Wayne! Non poteva arrossire come una ragazzina. Sbuffò, aggrottando la fronte. Doveva forse scendere? Oppure sgattaiolare via dalla finestra? Non voleva che Jon pensasse che fosse stata solo una botta e via e che fosse scappato, ma non aveva nemmeno intenzione di affrontare i coniugi Kent, sicuramente rientrati dal loro appuntamento della sera addietro, conciato in quel modo. Non aveva più tredici anni e vederlo col pigiama di Jon, scarmigliato e un po’ zoppicante, non gli sembrava una buona idea. Né lo era scendere in abiti da lavoro, poiché in entrambi i casi si sarebbero chiesti come mai era lì e... e probabilmente il signor Kent aveva già sentito il suo battito cardiaco. Non sapeva se conoscesse il suono del suo cuore - Jon gli aveva detto candidamente di riuscire a distinguerlo tra milioni di persone e di ascoltarlo di tanto in tanto, ed entrambi erano arrossiti a quella confessione così spontanea e sincera -, ma preferiva non rischiare. Si sarebbe scusato con Jon in seguito.
    Pronto a rivestirsi, fu un fischio proveniente da fuori che lo fece incuriosire, tanto che si affacciò alla finestra per poter dare un’occhiata. Dovette aguzzare la vista, ma non gli fu molto difficile scorgere la figura longilinea di Jon che si stagliava fra i campi di grano, con la morbida luce del giorno che baciava i lineamenti del suo corpo e i suoi capelli, lievemente mossi dalla brezza mattutina. Non seppe perché... ma Damian si sentì avvampare. Lo conosceva da anni, ma non l’aveva mai visto così e un lieve sorriso gli incurvò le labbra al pensiero che si era affacciato nella sua mente. Jonathan Kent aveva solo diciannove anni ed era bello come il sole. E in quel momento sembrava che si fosse voltato proprio verso di lui per ricambiare il suo sguardo.
    In men che non si dica, il suono di un boom sonico gli giunse alle orecchie, prima che Jon comparisse fluttuando sotto la finestra con le braccia incrociate sul davanzale. «Ben svegliato… D», accennò, usando un tono così dolce che Damian non ricordava mai di aver sentito. Si squadrarono negli occhi per un secondo, e il giovane Robin poté notare che aveva un bel rosato a colorargli le guance. Difficile dire se fosse per il troppo lavoro o, semplicemente, al ricordo di quanto accaduto la sera precedente.
    «Lavoravi ai campi?» chiese di rimando lui, cercando di scacciare la sensazione di imbarazzo che sembrava essersi creata tra loro. La domanda che era uscita dalla sua bocca, fin troppo ovvia e stupida, ne era la prova.
    Jon, però, annuì genuino, stringendosi un po’ nelle spalle. «Ogni tanto aiuto papà, come facevo ad Hamilton. Ma adesso è più facile».
    «Solo perché stavolta si fida abbastanza da farti usare i tuoi poteri», ghignò mentre, entrambi contro il davanzale dentro e fuori, non facevano altro che fissarsi. Jon aveva qualche pagliuzza fra i capelli e odorava di erba bagnata, sole e terriccio, il viso un po’ sporco sotto la guancia destra e la camicia parzialmente aperta sul collo faceva intravedere la canotta bianca sottostante che aderiva ai muscoli… e a Damian non dispiacque come visione. Anzi, forse avrebbe anche potuto abituarsi e... oh, sì. Pensò che l’avrebbe baciato volentieri, ora come ora. E in verità lo fece, sporgendosi verso il suo viso per catturare le sue labbra e intrappolare le lingue di entrambi.
    Jon restò giusto un po’ interdetto, ma ricambiò il contatto e sollevò un braccio per poggiare una mano sulla guancia dell’altro, godendosi quell’istante mentre se ne stava sospeso in volo fuori dalla finestra della propria camera da letto, incurante del fatto che suo padre o sua madre avrebbero potuto vederlo. Baciare Damian gli sembrava la cosa più naturale del mondo, e aveva desiderato farlo molte volte da quando, a quindici anni, aveva capito di avere una cotta per il suo migliore amico. E, nonostante persistesse un pizzico di imbarazzo per quello che avevano fatto la notte precedente, l’avrebbe volentieri rifatto se i suoi genitori non fossero stati a casa.
    Quando si separarono, leccandosi impercettibilmente le labbra a vicenda, si fissarono per un secondo prima che fosse Jon a sorridere di nuovo. «Ti va di... mhn... ti va di restare per colazione?» chiese timidamente, massaggiandosi dietro al collo con una mano.
    Quel modo di fare un po’ divertì Damian, poiché faceva apparire Jon più genuino del solito. «Che diranno i tuoi nel vedermi?» chiese con vago sarcasmo, e l’altro stavolta si grattò la guancia destra.
    «Credo che... mhn... mio padre si sia già accorto che sei qui», ammise colpevole.
    «E me lo dici solo adesso?
Mpf. Stupido super udito», mugugnò Damian, anche se in parte stava sorridendo. «Se a loro non dispiace avermi in giro...»
    «Mia madre ti adora, D».
    «Per quanto rispetti Lois, dubito che mi adori così tanto».
    «Ripetilo quando ti risparmierà il terzo grado da giornalista», ridacchiò Kent, e Damian si limitò a roteare gli occhi.
    «Jon», lo richiamò, guadagnandoci un’occhiata curiosa.
    «Mhn?»
    «Stai dondolando i piedi», gli fece notare, facendo un cenno col capo verso il basso. E Jon, sbattendo le palpebre, si spostò un po’ dal davanzale e abbassò gli occhi per vedere che stava effettivamente muovendo le gambe nel vuoto, accennando un sorrisino imbarazzato.
    «Scusa». La voce suonava un po' nervosa. Poi, finalmente, volò oltre la finestra per potersi sedere sul davanzale, osservandolo da quella posizione. «Facciamoci una doccia e scendiamo, prima che diventino sospettosi», replicò senza abbandonare il sorriso dipinto sul suo volto.
    Damian fece scorrere lo sguardo su di lui, forse persino un po' curioso, prima di stuzzicarlo un po'. «Una doccia... insieme?» chiese, e Jon sbatté le palpebre per un momento, poi aprì la bocca per dire qualcosa e infine balbettò, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
    «N-No! Cioè, ecco... io... noi...» Si batté le mani sulla faccia per darsi una calmata, e Damian dovette soffocare una risata quando Jon lo fissò ad occhi spalancati. «Solo... solo se ti va...?»
    «Datti una mossa prima che cambi idea».
    Una singola frase che lasciò Jon senza parole, prima che, sorridendo sfavillante, si ritrovasse letteralmente a rotolare in camera mentre Damian lo superava; gli volò accanto in un attimo e, cingendogli le spalle con un braccio, entrambi si chiusero in bagno soffocando qualche risata, col sole che cominciava ad irradiare le montagne
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ammetto che questa storia la stavo scrivendo un po' di tempo fa, ma non sapevo mai come finirla
Oggi, invece, a quanto pare ho avuto l'illuminazione ed eccoci qua, con questi due scemi adorabili che alla fine si stuzzicano tra di loro prima di dover fare i conti col resto della famiglia (Ma tanto Clark li ha già sentiti, quindi continuare a perdere tempo sarà etteralmente inutile, lol)
Negli ultimi tempi ho bisogno di un po' di comfort zone e loro riescono a darmela di sicuro (sia come amici che come amanti, non importa, mi piace la loro dinamica e basta), un po' come un tempo riuscivano a fare Ed e Roy, quindi la cosa mi fa sorridere come una scema e scrivere un mucchio di roba. Bon, chiudo qui i miei scleri che è meglio
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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