Serie TV > Il paradiso delle signore
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Autore: komova_va    24/10/2021    0 recensioni
[Daily 4x14]
Primo esperimento Mariene. Maria e Irene sono rimaste a casa da sole per cena mentre Stefania è fuori con suo padre. Durante la serata le due si confrontano su vari aspetti che le vedono in disaccordo, scoprendo però di poter imparare l'una dall'altra molto più di quanto non si sarebbero aspettate.
[Personaggi: Irene Cipriani, Maria Puglisi. Pairing: Mariene.]
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Crack Pairing
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Maria guardò la propria immagine riflessa nello specchio del bagno, la vestaglia da notte color rosa appena indossata che mostrava alcune pieghe alla base del collo; il viso che la stava osservando dall'altra parte, con un'aria a metà tra il preoccupato e il perplesso, le sembrava così poco familiare che a stento riusciva a riconoscersi. La ragazza si passò una mano tra i lunghi capelli ricci, ora sciolti e liberi di cadere a cascata sulle proprie spalle, poi sospirò.

Che cosa ci succede?, pensò tra sé e sé, interrogando silenziosamente la versione di se stessa che aveva davanti agli occhi. Già, che cosa le stava succedendo? Stava passando troppo tempo con Irene Cipriani, ecco cosa succedeva. Quella ragazza aveva il potere di confonderla, e di farla arrabbiare, e di convincerla a fare cose che non avrebbe dovut- voluto, non avrebbe sicuramente voluto fare, se non fosse stato per lei e la sua influenza negativa, anzi, pessima. Già, perché Maria sicuramente non desiderava sedersi vicino a lei, tenerla stretta mentre sentiva la voce di Irene sparare babbiate e fingere di riprenderla e rimproverarla, anche se poi in realtà tra sé e sé pensava che la sua ironia l'aiutava un po' ad alleggerirsi e le faceva sembrare tutte le preoccupazioni della giornata semplici piccolezze, invece degli ostacoli insormontabili che la sua ansia cronica le faceva vedere. Non desiderava sedersi sul divano di casa sua affianco a Irene e mangiare lì con lei una semplice pasta al sugo, non desiderava che Irene la guardasse negli occhi tanto intensamente come aveva fatto prima e soprattutto non desiderava starle a quella distanza così ravvicinata, a tal punto che se si fosse sporta ancora un po' avrebbe quasi potuto...

Nonononono, cosa stava andando a pensare?! Maria osservò l'immagine del suo viso nello specchio e vide le sue guance completamente rosse, mentre sentiva il cuore nel petto cominciare a battere più forte, così tanto che se Irene le si fosse avvicinata in quel momento probabilmente sarebbe stata in grado di sentirlo pure lei con le sue stesse orecchie.

Allora, una brava ragazza certe cose non le deve nemmeno pensare. È chiaro?!, si intimò, rivolgendo a sé stessa il tono che normalmente avrebbe usato con qualcuno come Irene Cipriani. Toglitelo dalla testa e non ci pensare proprio.

Maria chiuse gli occhi e sospirò una seconda volta. Cercò di fare mente locale e sgomberare il suo cervello da tutti quei pensieri e quelle sensazioni ingombrati e così profondamente sbagliate, ma non appena ci provò nella sua mente si materializzò il ricordo di pochi minuti prima, il viso di Irene così vicino al suo e l'immagine degli occhi verde smeraldo di lei che per alcuni secondi le fissavano le labbra. Ed ecco che la tachicardia faceva ritorno e Maria si ritrovò sovrastata da tutte quelle sensazioni al di fuori del suo controllo che tanto detestava. Non se l'era immaginato, era sicurissima che lo sguardo di Irene fosse stato fisso proprio sulla sua bocca, non poteva essersi sbagliata. E allora, una stupida stupida parte del suo cervello iniziava a domandarsi se anche Irene... se per caso anche Irene non avesse fatto in quel momento gli stessi pensieri, se per caso anche lei non avesse desiderato... Quella cosa le faceva così paura che non riusciva nemmeno a dirlo, nemmeno ad ammetterlo a sé stessa; perché se lo avesse fatto sarebbe diventata reale, e Maria non lo poteva permettere. Non poteva essere reale, non doveva.

Eppure, per quanto si sforzasse di convincersi del contrario, tutto quello che lei sentiva, quella miriade di sensazioni che le affollavano la mente e il cuore e lo stomaco e il resto del corpo erano reali, talmente reali che anche volendolo non riusciva a smetterci di pensarci. Maria sospirò una seconda volta. Aveva bisogno di calmarsi e di riprendere il controllo di sé stessa. Non poteva permettere a Irene di sovrastarla, di avere tutto quel potere su di lei. Di perdere se stessa. Perché la Maria che conosceva, quella che era cresciuta con dei sani principi cattolici e aveva dei valori ben piantati dentro di sé, lo sapeva perfettamente che certi pensieri non si facevano, che erano peccato. E lei non era come Irene, a certe cose ci dava un peso. Lei lo sapeva che fare quello che si desiderava senza pensare alle conseguenze era sbagliato, che era da persone immature e irresponsabili, che c'erano delle regole nella società ed esistevano per una ragione. Lei. Perché per Irene Cipriani era così facile comprenderlo e comportarsi di conseguenza? Magari così l'avrebbe piantata una buona volta di darle il tormento, con tutte quelle domande strane.

Di nuovo, il suo cervello riprodusse la scena che aveva vissuto nel salotto poco prima, la voce di Irene che domandava:-Dai, dimmi, qual è una cosa che vorresti fare in questo momento?

E ancora una volta, Maria perse il controllo su di sé mentre i battiti del suo cuore acceleravano oltre ogni misura. In quel momento i suoi occhi avevano guardato Irene e d'istinto, senza doverci pensare, la sua mente aveva proiettato un'immagine ben chiara e netta di ciò che desiderava fare, proprio lì, proprio su quel divano. Non era stato il frutto di un pensiero o di un ragionamento, era stato come un impulso (a cui per fortuna non aveva dato adito), un qualcosa che era partito da dentro di sé in modo spontaneo. Un qualcosa che aveva sentito. Lo aveva percepito in modo vivido e inequivocabile, e più Maria cercava di negarlo e di reprimerlo, più questa cosa tornava in superficie a tormentarla. Doveva esserci una via d'uscita. Doveva esistere per forza. E adesso, il pensiero che Irene era di là che la aspettava in attesa di sentire una sua risposta la agitava ancora di più.

Avrebbe potuto inventarsi una qualsiasi bugia. Avrebbe potuto fingere un mal di testa e chiedere a Irene di andare a dormire prima, adducendo come ulteriore scusa il fatto che avrebbero dovuto alzarsi presto il giorno dopo. Se avesse voluto, avrebbe potuto trovare mille modi per evadere il problema e rimanere al sicuro, rinchiudersi in camera sua e lasciare fuori dalla porta ogni pensiero e sensazione che non fossero ben accetti o compatibili con i suoi valori. Sì, volendo poteva farlo. Poi però si guardò allo specchio e si domandò se in realtà fosse quello che voleva davvero, ma purtroppo non riuscì a darsi una risposta. Da un lato, voleva sentirsi al sicuro e scappare dal terremoto emotivo che Irene risvegliava in lei; preferiva molto di più la sensazione di calore, tranquillità e sicurezza che le dava Rocco. Lui era una persona semplice, un ragazzo di poche pretese che aveva bisogno di poco per essere felice: buon cibo, la sua bicicletta e l'affetto dei suoi cari. Le sensazioni che Maria provava in sua presenza erano tutte perfettamente accettabili e lei era perfettamente in grado di controllarle e soprattutto di controllarsi, anzi, non doveva proprio fare il minimo sforzo. Le bastava comportarsi come sapeva che le fidanzate si dovevano comportare e fare le due cose che le riuscivano meglio: cucinare e dargli il suo sostegno.

Irene invece era tutto il contrario. Lei era proprio l'opposto di semplice, e il controllo quando si trattava di lei Maria non sapeva nemmeno dove stava di casa. Sentiva il desiderio di contraddirla, di provocarla, di andarle contro, di darle torto, che generalmente non provava mai nei confronti di nessuno; tuttavia, allo stesso tempo desiderava anche starle vicina e ricercava il contatto fisico (cosa che comunque era reciproca) ogni qualvolta ne avesse la possibilità, soprattutto negli ultimi tempi. La verità era che Irene le faceva desiderare fin troppe cose, e non tutte potevano essere espresse. Una di quelle, le costava ammetterlo, era proprio quella di tornare in salotto e trascorrere il resto della serata sola con lei, continuare con i loro battibecchi e i loro finti litigi, e soprattutto... Maria non poteva ammetterlo nemmeno a sé stessa, ma la realtà era che dentro di sé moriva dalla voglia di scoprire se anche Irene... se quello che aveva pensato lei prima in un attimo di debolezza lo stesse pensando pure Irene o se era stato tutto nella sua testa, se certi sguardi e certe implicazioni nel suo tono se li era soltanto immaginati o se invece erano veri, reali. Maria non ne aveva idea. Cosa le importava poi? Non avrebbe dovuto importarle. Non così tanto. Anzi, per niente. Però purtroppo non era così. E poi, se ci fosse effettivamente stato un distacco emotivo da parte dell'altra ragazza nei suoi confronti, perché insistere così tanto? Perché chiederglielo così tante volte, perché stuzzicarla così insistentemente? D'accordo, Irene in realtà faceva così con tutti, riusciva a esasperare pure il dottor Conti a momenti, quindi Maria non aveva certo tanto da stupirsi, eppure anche per la norma di Irene quel livello di insistenza le era sembrato un po' troppo... o forse si stava semplicemente illudendo che lo fosse, perché era quello che voleva?

Tutti quei discorsi sui desideri la stavano facendo impazzire, ecco qual era la verità. Maria non riuscì più a sostenere il suo stesso sguardo e abbassò gli occhi sul pavimento, e nel mentre pensò a quanto fosse infinitamente più semplice la vita di Rocco, per il quale si ritrovò a provare una punta di invidia. Lui quello che voleva lo sapeva bene: bastava una scampagnata in una domenica di sole a renderlo felice, magari seguita da un bel picnic. Fu in quel momento che a Maria venne l'illuminazione: ecco cosa avrebbe dovuto rispondere a Irene, cucinare! Cucinare era una cosa che le piaceva fare e che la divertiva, a prescindere da tutto e da quello che le dicevano le altre persone. Ecco, adesso aveva la sua risposta, sarebbe tornata di là e avrebbe risposto così a Irene, e finalmente l'avrebbe lasciata stare e non avrebbe più insistito. Proprio come voleva. Perché era quello che voleva, giusto? Certo che sì. Cos'altro avrebbe potuto desiderare? Che Irene non ci credesse e continuasse a insistere, che capisse da sola quello che Maria non riusciva e non poteva dire e la rassicurasse dicendole che da parte sua era lo stesso e non c'era niente di sbagliato? Ovviamente no. Sarebbe stato assurdo, ridicolo e sbagliato. Profondamente sbagliato, proprio come tutti quei pensieri che non avevano né capo né coda. Maria non poteva permettere che quella paura rivolta a cose sulle quali non esercitava alcun controllo la sottomettesse e la schiacciasse: al contrario, avrebbe fatto un altro respiro profondo, si sarebbe fatta coraggio, avrebbe finto come ogni giorno della sua vita di non provare nulla per Irene Cipriani che non fosse un vago senso di amicizia misto a disappunto per la sua indole anticonformista e disinibita, sarebbe tornata nel salotto e le avrebbe tenuto testa. E così fece.


 

-Finalmente, stavo incominciando a darti per dispersa.

Quando Maria fece finalmente ritorno nel salotto di casa ragazze, il caratteristico sarcasmo di Irene fu la prima cosa che trovò ad accoglierla; non che avrebbe dovuto stupirsene, in realtà, Irene era sempre la solite Irene. Era lei che si stava illudendo di... non sapeva nemmeno lei di che cosa, esattamente. Appena entrata, Maria studiò la stanza con circospezione e notò che la sua coinquilina era comodamente seduta sul divano, certo ben lontana dal tenere una postura composta e ordinata come facevano tutte le ragazze educate e per bene, ma comunque seduta, non sdraiata né stravaccata. Il che significava che, ipoteticamente, se qualcun altro avesse voluto sedersi lì vicino, lo spazio ci sarebbe stato. Maria osservò per una frazione di secondo il posto vuoto sul divano accanto a Irene e ripensò a quanto erano state vicine poco prima, dopo che Stefania se n'era andata via e poi per tutto il resto della cena. Ripensò alla sensazione che le aveva provocato il contatto fisico con lei, il calore che aveva sentito quando l'aveva stretta a sé, e subito il suo cuore minacciò di tornare a battere forte quanto prima; per quanto istintivamente si sentisse attratta dall'idea di ripristinare nuovamente quel contatto e sentire di nuovo Irene così vicina, Maria capì presto che quella sicuramente era una cattiva idea. Onde evitare di tornare a sentirsi come poco prima in bagno, Maria preferì preservare la sua pace mentale e optò per sedersi su una delle sedie del tavolo, che comunque le avrebbe permesso di guardare in faccia Irene e sostenere una conversazione con lei... semplicemente, a una distanza di sicurezza (decisamente necessaria).

Irene la osservò prendere posto in silenzio, senza aggiungere ulteriori commenti. Solo allora Maria realizzò che nel frattempo, proprio come lei, anche Irene aveva avuto il tempo di cambiarsi e mettersi in tenuta da notte: stava infatti indossando la sua camicia da notte verde, che secondo Maria era anche fin troppo leggera visto il periodo e il cambio di stagione che erano in procinto di attraversare. Eppure, a Irene non sembrava importare più di tanto, quasi come se non sentisse il freddo, forse perché era cresciuta in ben altre temperature rispetto al caldo della Sicilia che aveva accompagnato l'infanzia e l'adolescenza di Maria. E comunque, al di là della temperatura, coprirsi un poco di più male non le avrebbe certo fatto, però del resto a ognuno il suo...

Spostando lo sguardo verso il lavello e i fornelli, Maria notò poi con una certa sorpresa (indubbiamente positiva) che ogni cosa era al suo posto: non c'era alcuna traccia di piatti sporchi o pentole da lavare, e anche la tavola era stata sparecchiata (non che fosse stata un'impresa impossibile, visto che non ci avevano nemmeno mangiato, ma comunque). Dunque Irene si era decisa a darsi una mossa, finalmente. Almeno quello.

-Vedo che ti sei data da fare, ah, - la stuzzicò Maria, girando lo sguardo verso di lei dopo essersi assicurata che il resto della cucina fosse in ordine.

-Per forza, dopo quello che mi hai detto! - rispose Irene. Maria si sentì quasi in colpa, non si aspettava certo di impressionare Irene così tanto. Certo era che quando si parlava di cibo, improvvisamente Irene prestava subito più attenzione, chissà come mai.

-Vedi che con te solo le minacce funzionano, ormai t'ho capita, - scherzò Maria, accennando ad un sorriso.

-Questo non è assolutamente vero. Per tua informazione, anche i giusti incentivi possono fare la differenza!

Maria la guardò con curiosità, alzando il sopracciglio destro. Giusti incentivi? Cosa intendeva dire Irene? Voleva prenderla in giro come suo solito, o stava effettivamente pensando a qualcosa in particolare?

-Ah sì? E che incentivi vorresti, sentiamo un po'? - domandò Maria, nel tentativo di indagare.

-Tu che cosa dici?

-Devo sparare a caso? Allora, vediamo un poco... - Maria decise di stare al gioco e fece finta di pensarci sul serio, appoggiando il gomito sul ginocchio mentre si portava la mano destra sotto il mento. Poi, dopo alcuni secondi di silenzio, finalmente le rispose: -Dunque, così a braccio mi viene da dire essere portata al lavoro tutte le mattine con una bella auto di lusso, oppure andare a cena al ristorante cinque volte a settimana, o meglio ancora, diventare capocommessa e bacchettare tutte le altre Veneri dal mattino alla sera.

Per tutta risposta, Irene si limitò a guardarla e scuotere la testa con finto fare deluso:-Però, non immaginavo avessi un'opinione così bassa di me, che mi credessi così materialista.

-Perché scusa, tutte queste qua non ti interessano per niente quindi, è questo che stai dicendo Irè? - la sfidò Maria. Si era resa conto che Irene stava facendo finta, ma anche così Maria doveva ammettere di essersi sentita un filino in colpa. Sapeva benissimo che Irene Cipriani era molto di più di quello che diceva di desiderare, nonostante facesse il possibile per nasconderlo.

-No, sto dicendo che sei ingiusta con me... - si lamentò Irene, fingendosi offesa.

-Ah, pure. E perché, sentiamo?

-Perché ci sono cose che per me sono molto più importanti di andare al lavoro in macchina o a cena al ristorante, ma evidentemente non tutti sono in grado di cogliere la mia sensibilità, - concluse la Venere, di nuovo con fare drammatico. Questa volta però il realismo scenico aumentò, dal momento che Irene non si limitò semplicemente a protestare contro le presunte accuse avanzate da Maria, la quale ovviamente era perfettamente consapevole del piccolo teatrino che stava mettendo su, ma per rendere il tutto più credibile si alzò anche dal divano e fu sul punto di fare un'uscita di scena drammatica verso la porta della sua stanza; soltanto che Maria non le permise di arrivare tanto lontano.

-Ma dove vai!- esclamò divertita non appena l'altra le passò vicino, e prima che se ne rendesse conto, quasi come presa da un impulso istintivo, le afferrò il braccio con un vigore che non sapeva nemmeno di avere e ritrascinò Irene sul divano, esattamente nello stesso punto in cui era stata seduta fino a poco prima; soltanto che questa volta, dopo averla messa a sedere come si fa con un bambino che fa i capricci, invece di allontanarsi sulla sedia Maria prese posto accanto a lei. Anche questo gesto le venne quasi automatico, non era un qualcosa sul quale aveva dovuto pensare o ragionare come aveva fatto nel momento in cui era rientrata nella stanza, aveva semplicemente sentito quella semplice azione come naturale. E non le venne in mente che forse era meglio evitare che si ripresentasse uno scenario come quello di prima, non le venne in mente che la vicinanza ad Irene Cipriani solitamente non portava mai a niente di buono, non le venne in mente il perché aveva preferito mantenere una distanza di sicurezza e piazzarsi sulla sedia giusto qualche minuto prima. Se se ne fosse ricordata e avesse dato retta al suo buonsenso, forse la serata avrebbe finito per concludersi in modo diverso. E invece, Maria in quel momento non stava pensando proprio a niente; l'ironia di Irene aveva finito per contagiare anche lei, e lei aveva deciso di stare al gioco e darle corda, per qualche ragione. Non si rendeva conto nemmeno lei di quanto avesse bisogno di un po' di leggerezza.

-Madò che permalosa che sei, amunnì! - scherzò Maria, lasciandosi andare ad un sorriso mentre osservava il viso imbronciato di Irene, che se ne stava con le braccia conserte. Vedendo che l'altra non accennava a rispondere, la ragazza proseguì per ottenere da lei una qualche reazione:

-Dai dimmi, quali sarebbero queste cose che per te sono così tanto importanti? - insistette. In attesa della risposta, appoggiò il gomito su uno dei cuscini del divano mentre lasciò riposare di nuovo la testa sulla sua mano aperta, la postura del suo corpo decisamente (e quasi inconsapevolmente) inclinata verso la sua interlocutrice e i suoi occhi verdi intenti a scrutare il viso di Irene, quasi come se lo stesse studiando alla ricerca del più piccolo cambiamento per poter avere un indizio o un segnale su ciò che le stava passando per la testa, uno qualsiasi.

-Neanche per sogno! - protestò nuovamente Irene, la quale teneva lo sguardo fisso sul pavimento e non accennava a guardarla negli occhi. Da un lato la cosa faceva sentire Maria più tranquilla, per assurdo: se Irene era decisa ad ignorarla, lei poteva osservarla meglio senza che questa se ne accorgesse o le rivolgesse altri sguardi come quello di prima che la facevano sentire a disagio. Non che le piacesse fissare Irene Cipriani comunque, assolutamente, né le interessava farlo. Ma proprio no.

-Hai voluto fare quella che ne sa più degli e non mi prende sul serio? - proseguì poi Irene, con tono saccente. -Ora ne paghi le conseguenze.

-Quanti drammi che fai, Madre Santa! - sospirò Maria, congiungendo le mani in segno di disperazione. -Ci credo che poi sei così brava a fare l'attrice.

Non appena ascoltò la sua stessa voce Maria si rese immediatamente conto del messaggio che aveva appena fatto passare, nemmeno troppo tra le righe, e si pentì immediatamente di quell'ultima frase da lei pronunciata. Non aveva detto nulla di chissà che sconveniente o strano, e comunque era la verità, Irene era brava a recitare, attività in cui invece lei faceva proprio pena (e si vedeva), ma comunque l'idea di essersi lasciata sfuggire un complimento davanti alla diretta interessata un pochino le dava fastidio. Non voleva che Irene scoprisse quello che realmente pensava di lei, e tutte le cose positive che non le aveva mai detto, che non aveva mai detto a nessuno in realtà. C'erano cose che era meglio non si sapessero, e che la sua stupida bocca avrebbe fatto meglio a tenere per sé.

Comunque, Irene non mancò di notare l'osservazione, naturalmente: -Sbaglio o mi hai appena fatto un complimento?-, fece presente, mentre l'incavo della sua bocca si incurvò in un piccolo sorriso.

L'interesse nella conversazione da parte della Venere, com'era prevedibile, era aumentato all'istante, e Irene sgusciò per un attimo fuori dal suo stato di finta arrabbiatura e rivolse finalmente un'occhiata a Maria, decisamente più addolcita rispetto alla versione imbronciata di poco prima.

Maria venne colta alla sprovvista dalla reazione: che a Irene importasse veramente ciò che pensava di lei, che le avesse fatto davvero piacere quella sua osservazione? Ma no, subito dopo tornò alla realtà e si disse che era semplicemente la solita Irene, sarebbe andata dietro il primo che le diceva brava e le faceva gli applausi; e Maria ancora stupida che si illudeva di poter contare qualcosa per lei, che il suo parere significasse qualcosa. Lei che era così diversa poi, così timida e impostata e a tratti anche impacciata. Cosa avrebbe dovuto fregargliene della sua opinione, giustamente?

Per questo, Maria decise di non concederle troppo terreno e rimanere sul vago con la sua risposta:-Può essere... e comunque non ti montare la testa, oggettivamente è vero che sai recitare, è solo una constatazione. Dai, ora che ti ho anche fatto un complimento, me la dici la risposta a 'sta domanda?

-E così pensi di comprarmi con i complimenti, eh? Mi dispiace ma ci vorrà molto di più, - si rifiutò Irene, facendo ritorno al suo precedente stato d'animo. Questa volta la ragazza incrociò anche le braccia al petto, forse per dare un'ulteriore segnale di chiusura e resistenza verso i tentativi di riappacificazione di Maria.

-E sentiamo, cos'è che devo fare per ricevere il tuo perdono? - insistette la sarta, fingendo un tono serio per stare al gioco della sua coinquilina.

Guardando Irene, Maria osservò tra sé e sé che le era seduta davvero molto vicino... le sarebbe bastato allungare la mano soltanto di pochi centimetri per arrivare a toccare la sua spalla. E, se poi avesse proceduto ad allungarla ancora un po', avrebbe quasi potuto sfiorarle il viso e le guance... Aspetta un attimo, stava davvero pensando che voleva toccare Irene Cipriani? Cosa le stava prendendo? Certo che non lo voleva... O forse era troppo codarda per farlo, forse aveva troppa paura per ammetterlo perfino a se stessa, essendo ben consapevole del fatto che non si potesse. Stupidi desideri inespressi e stupida Irene che si metteva perfino ad incoraggiarli. Se solo avesse saputo...

-Beh, tanto per cominciare potresti rispondere alla domanda che ti ho fatto io per prima, e poi se ne può parlare, - fece presente Irene.

Ecco qua; bastò una semplice frase per gettare di nuovo Maria nel panico.

-Ah, giusto, la domanda di prima... - tergiversò. No, poteva farcela, ci aveva già pensato prima a quale risposta dare. Aveva tutto sotto controllo. Ma davvero sarebbe bastato a convincere Irene?

-Allora?- la spronò l'altra, tenendo gli occhi fissi su di lei.

-Irè, mi metti sotto pressione così!- sbottò Maria, la quale non si sentiva per nulla aiutata dall'insistenza e l'esuberanza della sua coinquilina. -Cos'è che vuoi sapere esattamente, una cosa che mi piace fare?- aggiunse poi, per ricapitolare.

-Sì, una cosa che ti andrebbe di fare questo momento, - riepilogò Irene.

-Beh, non proprio in questo questo momento, ma in generale la prima cosa che mi viene in mente quando penso a quello che mi piace fare è cucinare... a parte il lavoro, chiaro, - riuscì finalmente a rispondere. Maria si congratulò con se stessa per essere finalmente riuscita a dare a Irene quello che voleva senza aver finito per ridicolizzarsi o fare la figura della cretina (o dire troppo). Dall'esterno poteva anche dare l'idea che avesse la situazione sotto controllo e che fosse calma e rilassata, ma dentro di sé la realtà era ben diversa. Del resto, non era la prima volta che le succedeva con Irene, che sortiva spesso quell'effetto su di lei.

-Cucinare? Sarebbe questo il tuo grande desiderio?- la prese in giro Irene, inarcando un sopracciglio. Maria si sentì immediatamente ferita nell'orgoglio da quella risposta derisoria, e anche un po' offesa (e non in modo ironico e innecessariamente drammatico come quello di Irene). Per quanto la sua prima reazione istintiva fu quella di mettersi sulla difensiva, riuscì a mantenere il controllo quel tanto che bastasse da rimanere educata e non attaccare Irene a sua volta. Non in modo eccessivo, perlomeno.

-E che c'è di male? Mica tutti possiamo avere tutti i tuoi sogni di gloria, nel mondo servono anche cuochi e sarte e postini, ah - le fece notare Maria.

-No no infatti, per carità, non c'è niente di male, - replicò Irene, tutt'altro che convinta. La ragazza, al contrario di Maria, non era molto brava nel mascherare i suoi sforzi per non ridere, e le sue labbra erano piegate in un sorriso canzonatorio che lasciava intendere perfettamente cosa pensasse a riguardo.

-E allora perché ridi?- la accusò Maria, arrossendo. Non che le importasse dell'opinione di una persona come Irene, che di contatto con la realtà ne aveva ben poco evidentemente, ma le dava fastidio che le sue passioni e i suoi interessi venissero ridicolizzati così. Come se Irene poi avesse chissà quali aspirazioni. Se non altro Maria non aveva bisogno di un uomo per fare ciò che la rendeva felice.

-Ma no, niente, pensavo solo che è incredibile che l'unica cosa che fai soltanto per piacere è qualcosa che bisogna fare in ogni caso per sopravvivere, - commentò la Venere, questa volta in tono più serio.

-Irè, che ti devo dire, se non ti vado bene puoi sempre cercarti un'altra coinquilina, - rispose a tono Maria, nuovamente sulla difensiva. Irene sicuramente non aiutava a far venire meno il suo imbarazzo, d'altra parte.

-Chi sarebbe quella permalosa adesso, sentiamo un po'? - la stuzzicò l'altra. Maria per tutta risposta alzò gli occhi al cielo, senza degnarla di uno sguardo. -E comunque anche la mia era soltanto una constatazione, mica una lamentela. Anzi, se ci pensi alla fine è anche conveniente: a te piace cucinare mentre a me piace mangiare bene. In un certo senso ci completiamo, no?

In effetti, alla fine il ragionamento di Irene filava pure. Maria sapeva che stava scherzando, ma una parte di sé si sentì comunque compiaciuta e felice di aver ricevuto un complimento per le sue doti culinarie, e una sensazione di calore si diffuse alla base del suo stomaco. Irene aveva forse ammesso che insieme funzionavano bene? No, non gliela avrebbe fatta passare liscia così facilmente. Meritava di penare perlomeno ancora un po'.

-Quindi fammi capire, secondo la tua logica tu sei quella che mi sfrutta mentre io invece mi faccio usare a tuo piacimento?- riepilogò la ragazza.

-Permalosa e drammatica, - ribadì Irene, citando appositamente le parole usate poco prima dalla stessa Maria. -Forse in fondo non siamo poi così diverse, no?

-E va bene, - cedette Maria, lasciandosi andare ad un sorriso autoironico mentre ripensava ai suoi modi di fare spesso tragici e tendenti al pessimismo cronico. Purtroppo aveva il brutto difetto di non essere abbastanza consapevole di se stessa certe volte (ovvero sempre), e succedeva che gli altri dall'esterno riuscissero a farle notare comportamenti o tratti che le appartenevano prima ancora che lei stessa li notasse o li vedesse. Non aveva mai pensato che effettivamente l'amore per la tragicità era una cosa che lei e Irene condividevano. -Forse certe volte anche io tendo ad esagerare un poco... ma questo non cambia che i pasti gratis te li scordi, ti avviso, - la mise in guardia, mentre con il braccio tracciava una “x” immaginaria nell'aria per rendere il concetto ancora più chiaro.

-Eddai, hai visto anche tu quello che combino quando mi metto ai fornelli... io ci provo anche, non è colpa mia se proprio non sono capace! - piagnucolò Irene.

-Certo, non è mai colpa tua Irene. Che poi, non è che non sei capace secondo me. È che non ti applichi, - le spiegò Maria, e lo pensava veramente. Se soltanto fosse stata capace di restare seria e concentrata per più di quindici secondi, Irene avrebbe anche potuto essere brava secondo lei. Quando una cosa le interessava, come ad esempio vendere un abito alle clienti o ottenere una qualche informazione, la sua coinquilina sapeva essere molto sveglia e fare caso ai particolari; quando voleva poi era anche molto brava ad improvvisare ed essere creativa e fantasiosa, tutte cose che in cucina, tutto sommato, non guastavano mai. Non che Maria avesse prestato attenzione a Irene e avesse fatto caso a tutti questi piccoli particolari nel corso della loro convivenza, ovviamente; li aveva semplicemente notati per caso.

-Una frase per niente scontata e banale, - la prese in giro Irene. Da un lato era quasi meglio che non le avesse creduto e avesse ricondotto il tutto ad una banale frase di circostanza.

-Dai, sono seria! - tentò di convincerla Maria. -Cucinare richiede attenzioni ai dettagli e cura, se tu invece ti distrai e pensi ad altro poi sbagli le dosi, i tempi, e ci credo che il cibo poi non viene buono.

Del resto, Maria sapeva, o per meglio dire, aveva notato per caso nonostante il suo completo e palese disinteresse nei riguardi dell'altra ragazza, che Irene era una persona che apprezzava molto la sincerità e la franchezza. Se avesse voluto davvero aiutarla a migliorare, probabilmente avrebbe dovuto farle notare prima di tutto i suoi punti deboli, affinché fosse in grado di lavorarci su e rinforzarli.

-Insomma mi stai dicendo che non sono tagliata, - ricapitolò Irene, la quale evidentemente ancora una volta non aveva colto il senso del discorso di Maria.

-Ma no, non ho detto questo... è che ti devi impegnare, - tentò di farle capire Maria, questa volta spiegando il tutto in modo più chiaro e coinciso.

-Quindi secondo te c'è speranza anche per me, non sono un caso disperato?- chiese Irene. Per un attimo i suoi occhi verdi si illuminarono come era successo poco prima, e Maria si domandò se davvero le interessasse migliorare ai fornelli o se di nuovo Irene la stesse solo prendendo in giro e fosse un altro dei suoi scherzi.

Un po' per questo, e un po' per evitare di dare alla Venere false speranze, Maria esitò alcuni istanti, prima di rispondere: -Eh, diciamo che con la pratica si può sempre migliorare, ecco...

-E quand'è che ho occasione di fare pratica? - ribadì Irene, un po' sconsolata. -A pranzo siamo quasi sempre fuori, la sera torno stanca dal lavoro e mettermi a provare nuove ricette è l'ultimo dei miei pensieri.

-Ah se per assaggiare la pasta hai fatto la tragedia greca non oso immaginare se dovessi metterti a fare addirittura cose nuove, - rifletté Maria ad alta voce.

-Ecco, infatti... e poi non conosco nemmeno molti piatti, da sola diventa tutto più difficile.

Le due ragazze per un istante si guardarono, e Maria si domandò un'altra volta se Irene avesse buttato lì quell'ultima frase per caso o se ci fosse invece un intento di qualche genere dietro le sue parole. A giudicare dall'occhiata che si scambiarono, entrambe capirono di star pensando la stessa cosa, anche se nessuna delle due osò verbalizzarla. Non subito, perlomeno. Maria sapeva che sarebbe stata una cattiva idea. Che non aveva senso e che non avrebbe portato a nulla di buono. Eppure, una parte di sé, quella che nutriva un po' di fiducia verso Irene e le sue potenzialità – dunque quella tutt'altro che lucida e obiettiva – la spinse a proporre:

-Irè, se ti fa piacere e se hai seriamente voglia di imparare, potrei insegnarti qualcosa io.

-Davvero?- chiese Irene, con un po' di incertezza. Dal modo in cui la stava guardando e in cui la sua voce aveva pronunciato quell'unica esitante parola, Maria capì che la sua coinquilina stava seriamente prendendo in considerazione l'offerta, e la cosa per qualche ragione la rese felice.

-Certo, - le rispose, nonostante fosse altrettanto incerta e dubbiosa nei confronti della riuscita di quel progetto improvvisato. -Magari partiamo dalle basi, ecco, ma si potrebbe fare.

-Tipo un panino?- chiese l'altra, presumibilmente scherzando (o almeno era quello che Maria si augurava di tutto cuore).

-Vabbè, adesso, se hai bisogno di aiuto per farti un panino ti serve proprio l'aiuto di uno bravo Irè, ma bravo forte, - l'avvertì.

-Dai che scherzo, direi che fino alla pasta ci siamo, - la rassicurò Irene con un sorriso.

-Ah bene, sulla pasta non ne ero sicura... - spiegò Maria, senza nemmeno distaccarsi troppo dalla realtà. Dopodiché decise di prendersi alcuni istanti per riflettere e ragionare su quale piatto sarebbe stato meglio proporre alla sua potenziale allieva come esordio. Naturalmente doveva essere qualcosa che richiedesse una minima preparazione, e non un semplice ingrediente messo sopra una fetta di pane, ma allo stesso tempo non doveva essere nemmeno troppo complicato o troppo lungo o troppo impegnativo, altrimenti Irene si sarebbe scoraggiata e avrebbe finito per desistere. Certo, se fosse partita scegliendo qualcosa che fosse di suo gradimento e che le piacesse mangiare, magari Irene sarebbe stata anche più motivata ad imparare a prepararlo, se non altro per se stessa e per soddisfare il proprio appetito. Ripassando mentalmente i piatti preferiti di Irene (che Maria si ricordava soltanto per caso, ancora una volta, nulla più di una mera questione di circostanza naturalmente) e ciò che la vedeva mangiare più spesso e con più gusto, ad un tratto le venne un'idea. -E se ti insegnassi a fare la frittata?

-La frittata?- ripeté Irene, sondando quella proposta con attenzione. Maria non gliela aveva mai vista cucinare in casa (di fatto le cose che Irene cucinava erano molto, molto limitate), per cui aveva correttamente immaginato che non sapesse farla.

-Vedi che è semplice, anzi, una cavolata davvero, e per farla ci vogliono giusto cinque minuti, - tentò di convincerla, facendo leva su tutti gli elementi che avrebbero potuto spingerla a dire di sì.

-Beh, se la metti così si potrebbe provare. Che cosa ci servirebbe? - chiese poi Irene.

-Ma niente, sostanzialmente uova e parmigiano, - illustrò Maria, mentre mentalmente ripassava la rapida procedura da insegnarle, -e poi dipende da cosa ci vuoi mettere dentro.

Per tutta risposta, Irene si alzò di scatto e si allontanò dal divano, lasciando sola Maria che la osservava dubbiosa muoversi nella stanza. La ragazza si avvicinò al frigorifero e aprì l'anta, poi squadrò per alcuni secondi i cibi (non tantissimi) contenuti al suo interno. Se Irene avesse dato una mano a fare la spesa una volta ogni tanto magari avrebbero anche potuto prendere più cose in una volta, ma Maria una sola era e il numero di buste che riusciva a portare era limitato. Fortuna che qualche volta la signora Agnese l'accompagnava al mercato e facevano la spesa assieme, almeno qualcuno che le dava un po' di sostegno c'era. Alla fine, dopo quella che sembrava essere un'accurata ispezione, Irene propose:

-Potrebbe andare bene il prosciutto cotto?

-Sì, certo, perché no... - confermò Maria, che continuava a nutrire grossi dubbi nei confronti delle intenzioni della sua coinquilina. -Perché? Mica vuoi metterti a farla ora la frittata?

Il prosciutto serviva per i panini dell'indomani poi, per evitare di spendere altri soldi in caffetteria. Salvatore era buono e caro, ma giustamente quello che preparava aveva un costo e non sempre con il loro stipendio riuscivano a permettersi il pranzo già preparato. Ma naturalmente, Maria non si aspettava che Irene si ricordasse di questo piccolo particolare, né che per lei avesse importanza.

-E perché no scusa? - obiettò Irene. -Anzi, non sarebbe affatto una cattiva idea, visto che ho ancora un po' di fame.

-Ma abbiamo già lavato tutto! - le fece presente l'altra. Cucinare avrebbe significato sporcare altri piatti, un'altra padella, altre posate.... -E poi adesso è tardi.

-Ma se non sono neanche le nove! E comunque hai visto che ci metto due secondi a lavare le cose, - evidenziò Irene, la quale effettivamente aveva anche ragione. Soltanto da quando era a Milano Maria si ritrovava a cenare a certi orari, ma a casa sua a Partanna probabilmente i suoi genitori si stavano appena mettendo a tavola (e manco era così sicuro). -Eddai, fallo per aiutare una povera ragazza senza speranza.

Maria non sapeva se era la fame a farla parlare così o la effettiva voglia di imparare una ricetta nuova (anche se aveva i suoi sospetti), stava di fatto che in qualche modo Irene stava riuscendo a convincerla. Forse perché, per quanto non lo volesse ammettere, un pochino quella strana idea improvvisata piaceva anche a lei, per una serie di ragioni. Le piaceva aiutare le altre persone, le piaceva fare cose che la facevano sentire utile e apprezzata e capace; le piaceva cucinare; le piaceva mangiare, e anche lei, come Irene, aveva ancora un po' di fame, specie dopo la semplice pasta al sugo che avevano avuto per cena; e poi, le piaceva anche.... le piaceva anche passare del tempo con Irene, per quanto non fosse contenta di ammetterlo. Anzi, per una volta il capovolgimento delle dinamiche sarebbe volto a suo vantaggio: finalmente Irene non avrebbe potuto fare la parte di quella superiore e che si prendeva gioco degli altri, perché era Maria quella a doverle insegnare. Il fatto di avere un certo potere su di lei, per quanto piccolo e limitato a una situazione molto breve, la faceva sentire... Non avrebbe saputo nemmeno lei come spiegarlo, stava di fatto che le faceva venire voglia di accettare la proposta di Irene e fregarsene dei soldi in più che avrebbe dovuto spendere l'indomani in caffetteria, o in latteria, o ovunque sarebbero finite a mangiare.

-E va bene, ma solo perché a dire la verità un po' di fame ce l'ho anche io, - si arrese infine Maria. Non era proprio la ragione principale, ma senza dubbio aveva una certa importanza. Mentre vedeva il sorriso soddisfatto dipinto sul viso di Irene e si alzava dal divano per raggiungerla, Maria pensò tra sé e sé che dare voce ai desideri inespressi e ascoltare l'istinto non era poi così male.




Nota dell'autrice:
E niente, doveva essere una one shot, eppure in qualche modo è diventata una cosa divisa in tre parti. Avrei voluto concludere il tutto in una parte sola, ma visto che la cosa stava andando per le lunghe ho pensato di fermarmi qua e raccontare l'epilogo della loro serata in un'ultima parte finale (o almeno questo è quello che spero). Spero vi sia piaciuta e ringrazio tutte le persone che si sono prese tempo per leggere il seguito!

 
   
 
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