Dolcetto o scherzetto?! 🍬
– 31 Ottobre
2009 –
Megumi
contemplò il televisore soppesando avidamente l’idea di chiamare il numero in
sovraimpressione nello spot pubblicitario della linea assistenziale per
l’infanzia. Non era stato vittima di violenza fisica, suo padre l’aveva solo
abbandonato dopo la morte prematura della moglie regalando a lui una sorellastra
indesiderata e per sé una fuga con la matrigna. Gli assistenti sociali l’avrebbero
ascoltato comunque, no? I suoi attuali e molto probabilmente futuri problemi comportamentali
– se solo fosse arrivato all’adolescenza – era certo che sarebbero stati legati
a veri e propri traumi psicologici più che a lesioni corporee.
I
soli quaranta giorni di conoscenza con Gojo Satoru erano bastati ad aprirgli
gli occhi.
«Gojo-san,
il suo costume è fantastico!»
La
stufetta alogena roteò nella ristretta cucina alle spalle di un’euforica
Tsumiki impegnata a trotterellare allegramente intorno al diciannovenne
allampanato per nulla dispiaciuto di essere al centro dell’attenzione. Megumi
non comprendeva tutta quell’insana allegria. Il loro disonorevole tutore si era
autoinvitato in casa per la quinta volta quel mese mostrando il
risultato del suo nuovo sperperamento di denaro: un appariscente e aderente
tutina verde acido completata da una gigantesca testa di drago.
Megumi
aveva pensato che l’uomo andasse seriamente a rubare da qualche parte di notte
usando la loro casa come base segreta per la fuga. Le doti atletiche per
entrare dalle finestre sicuramente non gli mancavano ma il telegiornale più
volte controllato non aveva mai riportato notizie di gioiellerie svaligiate o
grossi uomini d’affari derubati dopo ogni sua visita.
«Non
è un po’ troppo vecchio per fare dolcetto o scherzetto?»
Satoru
si portò drammaticamente le mani sul cuore asciugandosi una lacrima inesistente
dagli occhioni neri cartonati. Megumi stoicamente non batté ciglio fissandolo
come se avesse davanti un bambino mai cresciuto e fosse lui l’unico adulto
responsabile presente in quella casetta. Ridicolo e fin troppo veritiero.
«Megumi!
Non trattarlo male!»
Tsumiki
era subito accorsa in difesa di quell’estraneo preso tanto a cuore per sua
somma sfortuna. La sua sorellastra vedeva nel buono in tutti, anche in sgorbi
come l’uomo che civettava in lungo e in largo le sue doti di salvatore di
orfani, insegnandogli in gran segreto parole che non avrebbe probabilmente dovuto
conoscere fino alla pubertà. Atteggiandosi infine a classico genitore pungente
davanti a Tsumiki, chiedendogli pure da chi avesse imparato tali oscenità
quando al limite della pazienza gli aveva urlato di “andare a farsi fottere”
la scorsa settimana. Non sarebbe caduto di nuovo nello stesso tranello dalla
parte del torto.
«È
lui che si rende ridicolo da solo»
«Oh,
povero me! Cosa ho fatto per meritarmi tutto ciò?!» il melodrammatico atto di
Satoru stordì i presenti in cucina in una struggente propensione delle braccia
verso Megumi immediatamente scalato indietro di qualche sedia «Il mio
figlioccio mi detesta, mi offende, mi tratta persino male…dove ho sbagliato?!»
«E
lo chiede anche?» ribadì seccamente il bambino restringendo le labbra all’occhiata
fulminante della sorella.
«Megumi,
è ingrato da parte tua trattarlo così!»
Tsumiki
si era accucciata accanto all’ammasso verde caduto in ginocchio sul pavimento
dove un fazzoletto enorme bianco – il lenzuolo che avrebbe dovuto essere non
meno di cinque minuti prima il costume da fantasma che Gojo inutilmente aveva
provato a fargli indossare – sventolava davanti al nasone ingombrante della
maschera. Simbolicamente il drago si stava soffiando il naso, praticamente Gojo
soffiava oltre l’apertura della bocca per far muovere la stoffa distante buoni
venti centimetri dalla vera faccia.
Megumi
sospirò sconsolato conscio di combattere una battaglia persa, era perennemente
invischiato in quel due contro uno da fargli sembrare tale lotta vecchia di
anni e non poche settimane. Le fauci spalancate mostrarono il volto distorto in
un inquietante sorriso quando sua sorella fu troppo concentrata su di lui per
badare al pazzoide accolto in famiglia, spingendolo a riaprire stizzito il
libro pur di non dargli alcuna soddisfazione.
Mossa errata e infruttuosa, con il suo menefreghismo aveva solo attirato
maggiormente su di sé la brutta copia di Peter Pan geneticamente modificata.
Satoru si era avvicinato in una sola falcata spingendogli il muso cartonato sul
libro volato immediatamente per terra. Caricandoselo in spalla senza il minimo
sforzo.
«Mi
lasci andare!» le gambe e le braccia scalciarono nel vuoto mentre Tsumiki coprì
la bocca per non ridere apertamente dinanzi al cattivo umore del fratello e
all’allegria ancora esternata dal giovane «La deve smettere di prendermi come
un sacco di patate, lo vuole capire?! Tra l’altro senza permesso!»
«Dobbiamo
festeggiare Halloween piccolo asociale!» la rispostaccia di Megumi venne
inghiottita da una serie di imprecazioni borbottate all’allegra pacca approdata
sul suo sedere «Non ti fa bene leggere sempre, diventi lunatico. E se lo sei mi
tratti male, ed io ci soffro così tanto Megumi-chan!»
la confidenza per nulla sincera accompagnò l’atterraggio di Megumi sul bancone
della cucina dal quale le gambe penzolanti non toccavano terra «Se io soffro
anche zia Ieiri soffre nel sentire i miei
dolori genitoriali, anziché concentrarsi sui suoi testi sarebbe troppo occupata
a smaltire la rabbia e ignorerebbe i suoi studi. Comincerebbe a fumare sigaretta
dopo sigaretta fino ad esaurire le scorte mondiali e questo sai cosa
comporterebbe? Lo sai?! Una guerra Megumi-chan!
Vuoi davvero che una giovane studentessa di medicina perda l’opportunità della
sua vita per andare a combattere nello Zimbabwe per l’ultima pianta di tabacco?
Lo vuoi davvero?! Difendi la sua vita indossando questo costume da fantasma!»
Megumi
fissò scioccato l’enorme bocca del drago sproloquiante senza sosta non avendo
necessita di incontrare un paio di occhi azzurri per scoprire cosa avesse
assunto il suo tutore per indire quella serie di sequenze temporali senza
senso, tutto per convincerlo ad andare a fare dolcetto o scherzetto. Gojo era
così al naturale e non era un bene quando il numero della salvezza in
televisione era ormai stato sostituito dalla pubblicità di un prodotto
dimagrante.
«Gojo-san
lei si ascolta quando parla?» chiese cautamente domandando contemporaneamente a
sé stesso perché fosse ancora il solo a farsi interrogativi sulla sanità
mentale dell’uomo «Dovrebbe smetterla di assecondare quello stupido libro sui
metodi di persuasione ed educazione infantile che ha comprato al mercato del
pesce, inventare parenti o stragi nel mondo per commuovermi non funziona… tra
l’altro, credo che lei nemmeno sappia dove si trovi lo Zimbabwe»
«Sei
di ghiaccio Megumi-kun»
Satoru
cambiò repentinamente umore abbandonando la facciata fintamente spaventata,
preferendo guardarlo pensieroso con le mani sui fianchi, imitato da Tsumiki più
intimidatoria dell’uomo. Le maniche squamate della bestia rompevano qualunque barlume
coscienzioso, decorate con cerchietti informi sovrapposti su tutte le braccia
in doti artistiche che un bambino come lui avrebbe potuto realizzare meglio.
«Suvvia,
Megumi-chan non fare l’asociale!»
«Lei
è infantile, nemmeno i miei compagni di classe fanno così tanta confusione» bofonchiò
esasperato voltandosi nella direzione opposta a braccia incrociate «In più, lei
non è un vero drago e Halloween non è nemmeno una festa giapponese. Non ha
senso festeggiarla»
«Megumi!»
Tsumiki
si precipitò a dare pacche sulla schiena al loro ospite caduto in depressione
sul pavimento sotto di lui, rimproverando con gli occhi il fratellino
concentrato spudoratamente altrove.
«Ci
sono!» ridestatosi improvvisamente Satoru uscì dall’appartamento sbatacchiando
la coda legata in vita contro ogni mobile dell’atrio, lasciandosi alle spalle
il rumore di un vaso rotto prima di rientrare distruggendone un altro «Questo
ti dimostrerà che sono un drago!»
Megumi
sgranò gli occhi terrorizzato alla vista di una bottiglia di liquore ad alta
gradazione e un accendino. Il primo ingurgitato e il secondo avvicinato alla
bocca.
«No,
aspetti! Sì fermi!»
Megumi
starnutì stringendosi la coperta addosso sulla barella dell’ambulanza. Tsumiki
dietro di lui ringraziò educatamente il paramedico accettando la tazza di
cioccolata calda, il volto illuminato a scatti dai lampeggianti azzurri.
«Che
fiamme alte!»
Megumi
face del suo meglio per ignorare l’ammirazione decantata dall’uomo seduto
accanto a lui. La loro casa era andata a fuoco, completamente bruciata. Tutto
per colpa di un idiota e la sua idea geniale di giocare al mangiafuoco davanti
i mobili di una cucina interamente realizzata in legno, quasi arrostendo anche
lui al primo soffio.
«Certo
che è proprio uno spettacolo perfetto per questa serata»
Alla
parola “spettacolo” Megumi ruotò lentamente la testa verso la sua
sinistra. La capoccia da drago non esisteva più, gli strati di cartapesta e
colla vinilica erano stati i primi a prendere fuoco sulla testa del
proprietario. Era stato un miracolo per i paramedici che i capelli e la faccia
ne fossero usciti intatti, una sfortuna per lui. Non aveva avuto nemmeno quel briciolo di
soddisfazione di vederlo sofferente.
«Si
rende conto che a causa sua non abbiamo più una casa?!»
Satoru
spostò l’azzurro contornato da ciglia argentee dritto verso i suoi occhi, una
serietà disarmante impressa nei lineamenti del volto che spinsero Megumi a
deglutire. Dopotutto, aveva una coscienza anche il suo tutore e doveva portare
rispetto alle persone più grandi. Forse in cuor suo anche lui si stava davvero
dispiacendo di aver distrutto la sua casa per puro divertimento.
«Lo
capisco Megumi-kun» da terra, nell’angolo fino a quel
momento non considerato, Satoru sollevò una zucchetta plastificata di medie
dimensioni scoperchiandola autorevolmente davanti a lui «Sarai scioccato, non
fare complimenti»
Megumi
squadrò il mucchio colorato di cioccolatini e caramelle straripanti avvertendo
la pressione sanguigna salire. Il corpo umano non l’aveva ancora studiato a
scuola, ma quell’espressione l’aveva letta così tante volte nei suoi libri da
comprendere perfettamente il suo stato d’animo attuale. Omicida. Voleva
prendere ogni singolo involucro e infilarlo incartato nella bocca del suo
tutore fino a farlo soffocare, farlo risorgere, ripetere la stessa fase almeno
quindici volte.
«Io
e Tsumiki non abbiamo più un posto dove vivere e lei mi offre delle
caramelle?!»
Il
pompiere di passaggio si fermò a contemplarli e Megumi poté sentire il
compatimento a distanza. Satoru aveva scaricato la confezione di dolcetti ad
una perplessa e silenziosa Tsumiki tirando fuori dalla maglia il libro tanto
odiato e una penna.
«Offrire
dolcetti per consolare il bambino…non funziona» scuotendo affranto la testa
Gojo bagnò la punta della penna sulla lingua sbarrando il testo in esame «Sei
proprio un bambino complicato Megumi-chan»
Megumi
sbatté la coperta sulla barella ignorando i richiami di sua sorella. Scese i
gradini dell’ambulanza dimenandosi come un pazzo quando fu tirato indietro fino
a trovarsi seduto sulla pedana del veicolo tra le gambe allungate di Satoru.
«Ah
-ah, non puoi andartene in giro così» la sorella per la prima volta incerta si
precipitò accanto a lui per evitare un ulteriore fuga o aiutarlo in una
probabile rappresaglia, Megumi non lo capiva «Non vi preoccupate, vi troverò io
un’altra casa e fino ad allora potete restare da me»
«No!»
gridò impanicato Megumi.
«Davvero?»
domandò speranzosa Tsumiki.
I
due fratelli alla contrastante e contemporanea risposta si guardarono in
cagnesco sotto lo sguardo divertito di Satoru intento a sgranocchiare un
torroncino a cioccolato, seguito da una caramella frizzantina all’arancia e un cioccolatino
alla nocciola. Megumi avrebbe preferito vivere per strada piuttosto che sotto
lo stesso tetto di un pazzo, perché sua sorella non lo capiva?
«Tutto
risolto allora!»
«Cosa?...
No! Io non voglio vivere con lei!»
«Megumi!
Gojo-san ci sta offrendo un tetto per evitare di dormire in strada!»
«Dopo
che ce lo ha tolto dandogli fuoco!»
Gongolando
allegramente Gojo prese in braccio entrambi i bambini – faticando molto di più
a tenere fermo quello più indisciplinato – dirigendosi a grandi falcate quasi
saltellando verso una strada qualunque, incurante degli urli dei paramedici e
del capo dei pompieri al seguito. Sorridendo spudoratamente ai fantasiosi nomi
con cui il bambino arrabbiato lo stava chiamando mentre la lunga coda
bruciacchiata strisciava sul marciapiede.
«Possiamo
andare a fare dolcetto e scherzetto! Megumi-chan
la prossima volta non aspettare una casa bruciata per uscire a divertirti!»
«Lei
è un pazzo da internare!»
«Dove?»
cinguettò l’interessato euforico depistando gli inseguitori tra le caotiche vie
di Tokyo «All’interno di una dimensione parallela da cui non potrei più uscire per
stuzzicarti se non con una tecnica maledetta d’annullamento messa perfettamente
a punto per volontà del mio carceriere?»
«Perché
deve complicare anche le cose più semplici?!»
«Devi
pensare in grande per poter contenere me» il sorrisetto affilato inquietò
Megumi più delle pittoresche decorazioni a tema streghe e fantasmi delle
abitazioni «Sono la persona più forte che esista, ricordalo sempre»
«Gojo-san
bussiamo lì!»
Tsumiki
interruppe la cupa aria di sfida calata tra i due ragazzi, indicando una delle
tante porte del complesso di appartamenti verso la quale Satoru corse quasi
travolgendo gli altri bambini sul marciapiede pur di accaparrarsi il primato.
Sostituendo l’imbronciato Megumi nel coro scrosciante dell’apertura, orgoglioso
della piccola bambina per aver scelto inaspettatamente proprio quella
direzione.
«Dolcetto
o scherzetto?!»
Nanami,
in pigiama sulla soglia, osservò il suo caffè prima di tornare a fissare
incerto il trio domandandosi quale problema avesse la nuova marca acquistata al
supermercato.
Gojo Satoru non era spostato, tantomeno aveva figli.
Il caffè doveva essere scaduto.
Note
finali
Ho
rispolverato la mia cartella di fanfiction trovando questa storia originariamente
creata per un progetto di drabble (sì, sto ridendo anche
io…proprio 200 parole sono) >.>
Ultimamente
sono fissata con i personaggi bambini, è la terza storia anche se in fandom
diversi dove li uso come protagonisti in meno di tre giorni. L’autunno mi fa proprio
venire la voglia di scrivere, che brutta fine…ma per una volta posso
orgogliosamente augurare buon Halloween in tempo!! *^*
Un
grazie a chiunque leggerà la storia e mi raccomando, i dolcetti non hanno età! 🧡
Autoconvincetevi come Satoru!
Alla
prossima,
Aky
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono
proprietà di Gege Akutami;
questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro