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Autore: 18Ginny18    26/10/2021    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 25 – Controllo

Il mattino seguente, quando Ginevra riaprì gli occhi, le sembrava di essere ancora più stanca della sera precedente... Si era addormentata alle tre del mattino. Aveva passato tutta la notte a chiacchierare con George nella sala comune, davanti al caminetto acceso.
Che serata!
Al loro ingresso nella sala comune i Grifondoro erano scoppiati in una serie di mormorii eccitati e pieni di sorpresa. Tutti gli occhi erano puntati su George e Ginevra. La nuova coppia aveva già fatto scalpore non appena aveva varcato la soglia.
C'era chi aveva urlato al proprio compagno: " - AH! Ho vinto io! Sgancia!", e chi tirava fuori un sacchetto tintinnante di galeoni, falci e zellini.
‘Katie aveva ragione’, pensò Ginevra.
Gli studenti avevano davvero piazzato delle scommesse su chi avrebbe scelto tra Fred e George e adesso non sapeva se arrabbiarsi o riderci sopra. Forse doveva ritenersi offesa?
"Non farne un dramma! Sono solo ragazzini!", disse la voce nella sua testa.
Ginevra non rispose, ma decise che, per una volta, poteva seguire il consiglio dell'entità Oscura.
"Mi sento lusingata", la sentì mormorare con tono divertito.
Ginevra sbadigliò e si mise a sedere sul letto. Ice era al suo fianco, si era appena svegliato. Gli accarezzo la testolina pelosa e lui fece le fusa.
Si guardò intorno.
Le sue compagne di stanza erano già uscite.
Marciò a passo di zombie verso il bagno, tra uno sbadiglio e l'altro. Voleva fare una bella doccia calda prima di iniziare la giornata. Doveva essere carica per affrontare la prima lezione della giornata: Difesa contro le Arti Oscure. Il massimo!
Dopo aver chiuso la porta del bagno alle sue spalle, aprì l'acqua della doccia e una nuvola di vapore riempì la cabina. Levò il pigiama in una manciata di secondi e lo buttò per terra. Strinse la massa di capelli scuri in un bel nodo in cima alla testa per poi fissarla con un fermaglio. Si soffermò un attimo davanti al grande specchio sul lavandino. Le sembrava di non guardare il suo riflesso da secoli. Sembrava diversa eppure, sapeva che quella nello specchio era proprio lei.
Sfiorò l’immagine riflessa nello specchio ripensando alla sua forma canina, se si poteva definire tale. Le mancava trasformarsi e calpestare il terreno in forma di lupo, doveva ammetterlo. Correre tra gli alberi, senza il minimo pensiero, avvolta in un mare nero come la pece e sentire il fruscio debole del terreno umido sotto le sue zampe. Sentire soltanto la velocità. Quella velocità che non riusciva a sentire volando su una scopa.
Sì, la sua Nimbus2001 era veloce… ma volare non era come correre.
Purtroppo non poteva sgattaiolare fuori come faceva pochi mesi prima, Regulus la teneva d’occhio.
Infatti, come per confermare il suo pensiero, sentì la voce di suo zio nella sua testa dire: “Non devi pensarci nemmeno, piccola. Se scappi io ti riacchiappo”.
Un sorriso amaro le curvò le labbra.
Eh sì, le mancava proprio.
Con sospiro distolse lo sguardo dal suo riflesso.
Si infilò sotto il getto d’acqua calda: il suo corpo venne abbracciato da una piacevole sensazione di tepore.

Uscì dalla doccia avvolgendosi in un gran telo di spugna.
Si vestì in quattro e quattr’otto e, dopo aver salutato Regulus, completamente immerso nella lettura di un libro, scese nella sala comune.
George l’aspettava in piedi, vicino al divano dove avevano passato la notte a chiacchierare.
- Buongiorno, principessa – la salutò con un sorriso e il cuore di lei fece una capriola, prima di ritornare al suo ritmo normale.
La prese per mano, intrecciando le dita alle sue e la tirò sé.
- Buongiorno – rispose Ginevra, posandogli un leggero bacio sulle labbra. - Pronto per il primo giorno?
- Assolutamente no.
Una volta arrivati in aula la Umbridge era già seduta alla cattedra, come sempre. Solo a vederla veniva la nausea: era lo stesso orrendo confetto rosa che avevano lasciato prima delle vacanze di Natale.
Non appena vide i gemelli Weasley e Ginevra i suoi occhietti divennero più maligni del solito, sembrava sul punto di divorarli.
- Buongiorno, fanciulli! - disse quando gli studenti presero posto in religioso silenzio. - Bentornati.

Il tempo trascorse così lentamente che un paio di ore sembrarono anni. Finalmente Ginevra poteva abbandonare quell’aula e dimenticare la faccia di quel rospo ripugnate per almeno ventiquattro ore. Avevano passato il tempo a leggere sei capitoli da quello stupido libro di testo e a scarabocchiare sulle pagine.
Non si era annoiata così tanto nemmeno con il professor Binns!
Iniziava a rimpiangere seriamente Gilderoy Allock.
Quando gli studenti iniziarono a sciamare fuori dall’aula, la Umbridge richiamò Fred e George. - Vorrei scambiare due chiacchiere con voi, solo per un’istante. E, signorina Black, – chiamò con tono amabile, ma con lo sguardo fiammeggiante, - vorrei parlare anche con lei se è possibile. Può attendere fuori, per piacere?
Ginevra non rispose.
Qui la cosa puzza…”, borbottò l’entità Oscura e Ginevra non poté che essere d’accordo.
Guardò i due ragazzi, ma George fu l’unico a ricambiare l’occhiata.
Il suo ghigno diceva “stai tranquilla, andrà tutto bene”.
- Signorina Black? - trillò l’abominevole insegnante. - Fuori – cinguettò ridacchiando.
Anche se la tentazione di toglierle quel sorrisetto dalla faccia era forte, uscì fuori, chiudendo la porta dietro di sé quando l’insegnante le “chiese” di farlo.
Si appoggiò al muro e sospirò.
Che diavolo vorrà da noi?”, le domandò l’entità.
“Da me, vorrai dire… Per nostra fortuna non sa nemmeno che esisti!”.
L’entità borbottò qualcosa e poi scoppiò a ridere. “Stavo pensando… E se mi presentassi a lei? Scommetto che riusciremmo a toglierle quel sorrisetto irritante dalla faccia una volta per tutte. Vedrai, sarà divertente”.
“Ah-ah-ah… sì. Molto divertente. Dovresti debuttare nel mondo della comicità, sai? Sei davvero brava… o bravo… non so nemmeno sei hai un sesso!”.
Ginevra sentì l’entità sogghignare. “In realtà non appartengo a nessun genere. Ma sono dentro di te, quindi credo di potermi definire una femmina… e l’idea mi piace! Sai è così piacevole essere qui!”.
“Prima o poi dovrai dirmi come sei arrivata qui”, ribatté Ginevra.
L’entità Oscura rispose con tono vago: “Sì, certo… magari davanti a un bel caffè?”.
Quando i gemelli uscirono dall’aula, Fred salutò il fratello con una pacca sulla spalla prima di sfrecciare verso la prossima lezione, lasciandolo fuori dall’aula insieme a Ginevra.
Lo guardarono andare via senza dire nulla.
Lei si era quasi abituata ad essere ignorata. Quasi.
Riavere ciò che avevano un tempo era ormai impossibile, non da quando si erano… “compromessi”.
“No, non ci devi pensare. Pensa a George. Solo a lui”, si ripeté.
Guardandolo le venne una stretta al cuore e si sentì in colpa ad aver ripensato a quell’unico bacio che lei e Fred si erano scambiati. Quel maledetto bacio...
Doveva dirgli tutto? Doveva dirgli che aveva baciato suo fratello? No. Non poteva. Non subito, almeno. Doveva aspettare ancora un po’ o sperare che non venisse mai a saperlo.
- Che vuole quella strega? - gli domandò a bassa voce.
George si passò una mano tra i capelli e sospirò. - Ci ha riempito di domande su te, Harry, nostro padre... Ma noi non le abbiamo detto nulla – le fece l’occhiolino.
Ginevra si morse l’interno della guancia e sospirò rumorosamente. - Non la sopporto.
- Allora quando entrerai sarà molto peggio.
- Signorina Black – la chiamò l’arpia e Ginevra sospirò ancora più forte della volta precedente.
George sogghignò. - Ecco, appunto. – Le diede un piccolo bacio sulla guancia e disse: - Ti aspetto qui.
- No. Vai a lezione. Non voglio che Piton te la faccia pagare per colpa mia – disse. - La liquiderò in una manciata di secondi.
- Insisto. - George sapeva che Ginevra sapeva badare a sé stessa, ma odiava starle lontano e poi la Umbridge era un vero mostro. - Non staccarle la testa.
Ginevra sorrise malandrina. - Non posso promettertelo – disse a mo’ di saluto prima di entrare nuovamente nell’aula.
La Umbridge era lì, vicino alla porta, pronta a richiuderla.
- Sieda – cinguettò l’insegnante, indicando il banco vuoto davanti alla cattedra.
- Sto bene in piedi… grazie – rispose con un sorriso finto. - Di cosa voleva parlarmi?
La Umbridge alzò un sopracciglio, contrariata da quel comportamento, ma subito dopo tornò a sorridere. Iniziò a passeggiare attorno a lei come un avvoltoio pronto a cibarsi della sua carcassa.
- Mi è stato riferito che il signor Arthur Weasley, impiegato del Ministero, sia finito in ospedale qualche settimana fa – iniziò, simulando un’espressione dispiaciuta, ma sua larga bocca da rospo non riusciva a nascondere un sorriso divertito che fece infuriare Ginevra.
Sbraniamola”, le sussurrava l’entità Oscura. “La sua morte gioverà a tutti. Nessuno sentirà la sua mancanza!”.
Ginevra la zittì, anche se la tentazione di darle ascolto era molto forte. Portò le braccia al petto e strinse i pugni.
Continuando a girarle intorno, la Umbridge la guardava in attesa che lei facesse qualche passo falso, ma Ginevra era impassibile. Non mostrava alcuna emozione. - Come ho già detto ai suoi compagni, - continuò la megera, impettita, - mi dispiace tanto per l’accaduto. Ma non posso fare a meno di domandarmi come sia possibile che tutti voi abbiate saputo dell’accaduto.
- La signora Weasley ha spedito una lettera non appena il signor Weasley è stato portato al San Mungo – rispose Ginevra. - Mi sembra ovvio che i figli venissero a sapere delle gravi condizioni in cui si trovava il padre, non crede?
La Umbridge continuò a sorridere e, con passo leggero, si avvicinò sempre di più alla ragazza, continuando a parlare con quel tono insopportabilmente stridulo. - Non lo metto in dubbio – rispose, - ma ciò che mi chiedo è come abbiate fatto a lasciare il castello prima di essere informati dell’accaduto. I gufi consegnano la posta al mattino e, quando tutti voi siete partiti, era notte fonda – le sorrise, in attesa di una risposta.
Era convinta di averla in pugno.
Ginevra ricambiò il sorriso, il più angelico del suo repertorio, e rispose: - Ma, professoressa, noi non siamo partiti a notte fonda. Era mattino. Al nostro risveglio siamo scesi in sala comune e abbiamo trovato un gufo appollaiato fuori dalla finestra con la lettera stretta tra le zampe. Lei può immaginare la nostra sorpresa… Siamo andati subito dal preside, raccontando l’accaduto, e lui ci ha spedito immediatamente a casa Weasley.
La Umbridge abbandonò il sorriso, i suoi occhi sembravano sul punto di lanciare fiamme e la sua voce diventò ancora più leziosa. - Ne ho abbastanza! Ora tu mi dirai la verità o sarà peggio per te, carina.
Ginevra sbatté le palpebre, confusa. - Ma io le ho appena detto la verità.
- La verità! - La Umbridge scoppiò a ridere. Nei suoi occhi vi era uno strano luccichio. - Credi che io sia stupida? Perché tu e il signor Potter siete partiti? Che ci facevate nel cuore della notte nell’ufficio di Silente? Cosa state tramando? - urlò battendo il pugno sul banco lì vicino.
Ginevra non si scompose. Non aveva paura. - Non so di cosa parla. Io e il signor Potter siamo stati invitati per le vacanze di Natale dalla famiglia Weasley e, dopo l’accaduto, non volevamo lasciare soli i nostri amici. Ora, se vuole scusarmi, sono in ritardo e il professor Piton non ama molto i ritardatari.
Stava per andarsene, ma la Umbridge, nonostante fosse molto più bassa di lei, la prese per un braccio e strinse forte. - Tu non vai da nessuna parte. Se non parli di tua spontanea volontà… ti farò parlare io.
Ginevra ispirò, rumorosamente, gli occhi fissi sull’insegnante. Digrignò i denti. Stava per perdere il controllo. Lo sentiva. - Mi tolga le mani di dosso – le ordinò, senza smettere di fissarla.
La donna aveva sguainato la bacchetta, ma Ginevra non ne era affatto intimidita. La rabbia accumulata iniziò ad emergere.
Voleva farla bruciare.
A quel punto, come per darle ascolto, le sue dita iniziarono a farsi calde e un leggero solletico a cui non badò minimamente diede vita a delle piccole fiammelle. Né lei né la sua insegnante riuscirono a vederle. Erano troppo impegnate a lanciarsi occhiate assassine.
Le fiammelle stavano vagando indisturbate lungo il corpo della Grifondoro senza farle del male. Erano parte di lei.
Regulus avvertì il potere della ragazza senza però poter intervenire. L’entità Oscura glielo stava impedendo.
Gli occhi di Ginevra stavano diventando sempre più scuri. Era sul punto di perdere il controllo.
L’entità Oscura gioiva dentro di lei, pronta a divertirsi con l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.
Per fortuna o per sfortuna, in quell’istante uno scricchiolio le fece voltare. Qualcuno aveva aperto la porta. - Professoressa?
Nonostante fosse contrariata, la Umbridge mostrò il suo inquietante sorriso e nascose la bacchetta dietro la schiena. - Sì, signor Weasley? Ha bisogno di qualcosa?
Sfortunatamente per lei, George non era stupido come pensava. Infatti, lui aveva notato la bacchetta puntata contro Ginevra non appena era entrato nell’aula. Quel gesto non era passato inosservato, così come la stretta della donna al braccio della studentessa e le fiamme che si erano appena dissipate tra le dita di quest’ultima.
Nonostante fosse sorpreso, George non lo diede a vedere.
Lanciò uno sguardo al braccio della sua ragazza, ancora stretto dalle dita grassocce dell’insegnante e, avvertendo il suo sguardo, la Umbridge arrossì. Allentò lentamente la presa, tossendo rumorosamente nel vano tentativo di distrarlo. Non appena fu libera dalla morsa di quell’arpia, Ginevra si scostò immediatamente, tenendo gli occhi serrati e cercando di calmare i battiti frenetici del suo cuore.
L’entità Oscura era delusa. “Proprio adesso che cominciavo a divertirmi…”.
- Mi perdoni, caro – tossì, - diceva?
Il Grifondoro sorrise, spavaldo, reprimendo l’istinto di mettere le mani addosso alla strega. - Il professor Piton vuole che torniamo immediatamente in classe.
Era una bugia, ovviamente, ma dopo aver sentito la Umbridge urlare contro Ginevra, capì che doveva trovare il modo di tirarla fuori di lì.
Anche se visibilmente interdetta, la Umbridge annuì. - La prego, riferisca al professor Piton che manderò in classe la signorina Black tra un’istante.
- Eh, no – continuò il rosso, avvicinandosi sempre di più. - Adesso.
La Umbridge sospirò, infastidita. Poi sorrise. - Ma certo – gracchiò. - Parleremo in un altro momento, sì?
I terrificanti occhietti della Umbridge erano fissi su Ginevra, in attesa di una risposta che non sarebbe mai arrivata.
Infatti, Ginevra la fulminò con lo sguardo, sopprimendo a fatica l’istinto di farla fuori, lì su due piedi, e uscì dall’aula seguita da George.
Camminavano in silenzio finché Ginevra non fu in grado di reprimere tutta la rabbia. Poi, George la prese per mano e se la portò alle labbra, baciandola dolcemente. Quel piccolo gesto riuscì a farle tornare il sorriso.
- Grazie.
Passandole un braccio attorno alle spalle, George la tirò a sé. - Farei qualsiasi cosa per la mia principessa – le baciò la chioma scura e continuarono a camminare.
Non era il momento di farle domande. Che importava se dalle sue mani uscivano fiamme! L’amava comunque.
E poi, una piromane faceva sempre comodo, no?

Quando Fred Weasley aveva varcato la soglia dell’aula di Pozioni senza i suoi soliti compagni, ovvero il gemello e la Black, leggere i suoi pensieri per Severus fu inevitabile. Scoprì ben presto che la Umbridge li aveva interrogati sulla loro “prematura” partenza da Hogwarts, niente di strano dopotutto. Era una possibilità che l’Ordine aveva messo in conto.
Tramite i pensieri del ragazzo aveva visto che lui e il fratello se l’erano cavata egregiamente contro quella strega. Erano bastati pochi minuti. Ma ciò che fece scattare Severus fu il passare del tempo. Infatti, né Ginevra né l’altro Weasley erano tornati dal “colloquio”.
Severus aveva capito da tempo che la Umbridge era una donna imprevedibile. Avrebbe voluto cacciarla dal castello lui stesso, ma Silente gliel’aveva impedito. Quello stupido vecchio! Non capiva che quella donna sarebbe stata la rovina del castello?
Con la sua impeccabile calma, assegnò agli studenti una pozione difficilissima, sicuro che quello gli avrebbe dato il tempo necessario per agire. Irritato, chiese a Fred dove fossero finiti i suoi compagni, fingendo ovviamente di non saperlo, ma, prima che avanzasse verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure, i due Grifondoro varcarono la soglia.
Si tenevano per mano.
Severus li scrutò con attenzione, cercando anche il minimo segno di violenza, soprattutto sulla ragazza. Era sotto la sua custodia, dopotutto, e doveva assicurarsi che niente e nessuno le facesse del male.
Sospirò sollevato quando non ne trovò alcuna traccia.
- Le chiediamo scusa professore – disse George. - La Umbridge ci ha trattenuti.
Per la prima volta, Severus apprezzò la sincerità del ragazzo ma finse di non avergli dato ascolto.
- Avete mezz’ora per preparare la pozione che ho appena assegnato – disse con il suo solito tono freddo e noncurante. - Io tornerò il prima possibile. Tutto ciò che dovete sapere è scritto alla lavagna, se avete problemi chiedete ai vostri compagni.
Senza attendere una risposta, Severus Piton marciò spedito verso l’aula di Difesa contro le Arti Oscure. Doveva cantarne quattro a quella megera.
Non appena vi fu davanti, spalancò la porta dell’aula con un gran tonfo facendo sobbalzare la strega che era al suo interno.
- Professor Piton. – La Umbridge sorrise immediatamente al suo collega. Era seduta alla sua cattedra e aveva l’aria di scrivere una lettera molto importante, probabilmente un rapporto al Ministro della Magia. La piuma continuava a grattare il foglio senza che lei la toccasse. - Cosa la porta qui? Non ha lezione in questo momento?
Severus guardò la donna e, nel suo solito tono apatico, rispose alla domanda: - Infatti. Ma detesto quando gli studenti vengono sottratti alle mie lezioni senza il mio consenso.
La Umbridge arrossì per la seconda volta nella giornata e la sua penna smise di scrivere. - Ho rispedito gli studenti in classe come lei ha chiesto, professore – disse con la sua vocetta zuccherosa e il suo solito e inquietante sorriso riprese il posto sulle sue labbra da rospo. - Io e la signorina Black stavamo solo facendo due chiacchiere… da donna a… donna.
Severus alzò un sopracciglio. Il suo tono di voce era freddo e noncurante. - Se non è di troppo disturbo, gradirei che lei non sottraesse gli studenti dai loro doveri nelle ore scolastiche. Potrà parlare con loro in un secondo momento.
- Trattenere uno studente qualche minuto non è poi così grave, professore – replicò rapida la Umbridge. - È curioso che lei sia arrivato fin qui solo perché una studentessa non si è presentata alla sua lezione.
Piton arricciò le labbra. - Detesto quando uno studente salta una mia lezione senza una scusa plausibile. Spero che questo non si ripeta.
Il professore di Pozioni le voltò le spalle pronto ad andarsene, facendo svolazzare il suo lungo mantello nero, ma la risata della Umbridge lo bloccò.
- Oh, le chiedo scusa – disse, anche se il tono lasciava intendere che non era affatto dispiaciuta. Infatti, un sorriso si allargò sul suo viso. - Trovo divertente che lei sia arrivato al punto di minacciare un Sottosegretario Anziano del Ministero della Magia.
Piton si voltò appena verso di lei, inarcando le sue sopracciglia nere.
La Umbridge si avvicinò a lui, ampliando l’irritante sorriso e cinguettò beatamente: - Non credevo possibile che un Mangiamorte osasse anche solo pensare di mettersi contro di me, il braccio destro del Ministro. Ma la sua era solo una discutibile fandonia, non è così, professore?
Severus non disse nulla.
Lasciò la stanza e tornò dai suoi studenti.
“Stupido! Stupido! STUPIDO!”, se solo avesse potuto avrebbe urlato. “Davvero una mossa stupida, Severus. Sei troppo coinvolto”.

Come la sera precedente, Katie lanciò un’occhiata a Fred. Se ne stava in disparte a parlare con il suo amico Lee Jordan e sembrava un po’ infastidito da quell’atmosfera che si era creata nella sala comune negli ultimi due giorni.
Forse era solo una sua impressione ma, dato che tra la sua amica e il bel Battitore c’erano dei trascorsi, Katie non poteva fare a meno di pensarci.
Spostò la sua attenzione sull’amica seduta al suo fianco, lanciandole uno sguardo eloquente.
- No – rispose Ginevra.
- Ma io non ho parlato!
- Non ho bisogno di sentirtelo dire – continuò Ginevra a bassa voce. - Non ho voglia di parlarne.
La curiosità di Katie era evidente, ma Ginevra non voleva saperne. Ignorò tutte le sue domande, fingendo di leggere il tomo di Trasfigurazioni Avanzate.
In realtà non sapeva nemmeno cosa dire.
Le domande di Katie le frullavano in testa come una cantilena da ore: “Cosa c’è tra te e Fred adesso? Siete ancora amici? Vi parlate? Ti ha detto qualcosa? Di cosa staranno parlando lui e Lee?”.
Purtroppo non aveva nessuna risposta. Solo dubbi.
Chiuse il libro di scatto.
- Ti prego, Katie, è stata una giornata lunga – mormorò la giovane Black con un sospiro, senza rispondere alle sue domande.
- Scusa, hai ragione. Sono un’impicciona – scherzò lei. Poi il suo sguardo divenne serio. - Però voglio che tu sappia che io ci sono. Per qualsiasi cosa. Puoi confidarti con me.
Sorrise. - Lo so. Grazie, Katie.
Le era davvero riconoscente. Sapeva che Katie era una vera amica, di cui si poteva fidare.
Katie ricambiò il sorriso e dopo un forte sbadiglio, capì che per lei era arrivato il momento di andare a dormire. - Domani sarà una giornata impegnativa!
Non appena la Cacciatrice di Grifondoro raggiunse il dormitorio femminile, George prese il suo posto sul divano. Mise un braccio attorno alla vita della giovane Black e le diede un piccolo e casto bacio sulle labbra. - Come mai la mia principessa è così pensierosa? - le sussurrò all’orecchio.
- Stavo pensando a quanto sarà terribile rivedere la faccia di quel rospo confettato domani mattina – mentì lei, prontamente.
Lui sorrise furbo. - Lo sai che posso darti quello che ti serve per saltare un’ora o due?
Ginevra aggrottò la fronte, disgustata. - Non voglio ritrovarmi con il naso ricoperto di pus per un mese.
- Quello era solo un effetto collaterale. Ora le nostre merendine sono perfette e Martin Frye si è rimesso completamente.
- Sì, come no – ribatté Ginevra bonariamente.
Lui sorrise e le diede un buffetto affettuoso sulla testa. - Donna di poca fede… Vorrà dire che ti coprirò le spalle contro la strega cattiva – rispose facendole l’occhiolino.
- Oh, mio principe – sospirò lei sogghignando.
Si scambiarono un dolce bacio e rimasero accoccolati sul divano della sala comune, pronti a godersi il calore del caminetto acceso per il resto della serata. Poi, una voce alle loro spalle chiamò la ragazza. - Ginevra!
Era Angelina Johnson.
- Congratulazioni – disse. - Vi ho già detto che siete una bella coppia? - poi si rivolse solo a Ginevra. - Posso parlarti un attimo?
Ginevra era un po’ sorpresa ma acconsentì. Si alzò dal divano sotto lo sguardo stralunato di George.
Le due ragazze si allontanarono quel tanto che bastava per scambiare qualche parola in privato. Ginevra guardò Angelina, aveva un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
Poi accadde l’inaspettato: abbracciò Ginevra, come se fosse la sua più cara amica.
- Ma che diamine… - mormorò George guardandole dal divano.
- Grazie per i tuoi consigli. Avevi ragione! - esclamò Angelina. - Fred adesso è diverso. È tornato com’era una volta.
- Ma io non ho fatto nulla. - Nonostante Ginevra provasse a spiegarle che non c’entrava nulla, Angelina continuava a ringraziarla.
Era bello vederla felice, ma anche piuttosto strano. Erano abituate ai soliti battibecchi. Andare d’amore e d’accordo non era… be’, forse doveva farci l’abitudine.
- Se mi avessero detto che un giorno avremmo potuto parlare senza crisi di nervi non ci avrei creduto – ridacchiò, poi divenne cupa. - Ero così ossessionata dall’idea che Fred potesse lasciarmi che… mi dispiace.
Angelina Johnson che si scusava con lei? Era un sogno per caso?
Ginevra era rimasta senza parole.
- Magari potremmo fare un’uscita a quattro, se ti va – le disse. - Così potremmo anche ricominciare da zero. Sai…
Ginevra annuì. - Sì, mi sembra una buona idea.
- Fantastico! - Angelina sembrava al settimo cielo. Ampliò il sorriso e, dopo averle augurato la buonanotte, si fiondò verso Fred. Le labbra di lui si curvarono in un dolce sorriso mentre l’accoglieva tra le sue braccia.
Dopo aver assistito a quella scena, che lui stesso definì “agghiacciante”, George si avvicinò alla sua ragazza e si abbassò quel tanto che bastava per mormorare: - Ma che le è preso? Fino a qualche mese fa ti voleva disintegrare!
- Be’, diciamo che prima delle vacanze c’è stato un momento in cui abbiamo più o meno “legato”.
- E perché non me lo hai detto?
- Non ne ho avuto il tempo. Eravamo impegnati a fare ben altro se ricordi... – rispose con pizzico di malizia.
Lui ghignò. Fece scivolare le mani sui suoi fianchi e l’afferrò, provocandole dei brividi molto piacevoli lungo la schiena. Poi si avvicinò al suo orecchio, lentamente. - Odio quando mi nascondi le cose… - sussurrò, poi le mordicchiò il collo.
Ginevra ridacchiò, poi lui iniziò a farle il solletico sui fianchi. Purtroppo conosceva bene i suoi punti deboli. Era quasi senza fiato dalle risate, e cercò di dimenarsi per scappare via.
Quando George la lasciò andare lei iniziò a correre verso i dormitori maschili. Lui la seguì immediatamente, con un sorriso malizioso sulle labbra.

I giorni successivi Ginevra continuò ad avere lezioni su lezioni e si rese conto che ogni materia diventava sempre più difficile. I professori non facevano che ripetere la parola “M.A.G.O.” così tante volte che lo stress stava pericolosamente aumentando.
Possibile che il tempo giocasse a suo sfavore? Quanti giorni mancavano agli esami? Solo al pensiero le veniva la nausea.
Dopo aver stuzzicato il suo pranzo con la forchetta, si recò nell’aula di Incantesimi, ancora vuota. Si sedette nella rampa in fondo. Per una volta, era la prima ad arrivare.
Ne approfittò per leggere i suoi appunti per il compito. Non era mai stata così nervosa. Non era un’amante dello studio come Hermione, ma poteva vantarsi di essere una studentessa dotata e studiosa. Il problema era che la tensione la stava distruggendo. Oltre la Umbridge, la profezia da mantenere segreta, aiutare Harry a organizzare le lezioni per l’ES e gestire l’entità Oscura cos’altro doveva aggiungersi alla lista?
Sbuffò.
Ehi! Devo ritenermi offesa?”, protestò l’entità Oscura. “Sbaglio o, nell'ultimo periodo, stiamo andando d’accordo?”.
Si portò le mani tra i capelli e cercò di riacquistare un po’ di calma. “Sì, ma non è facile”.
L’entità brontolò, fingendosi offesa.
Ginevra sospirò e abbozzò un mezzo sorriso. “Ti regalerò dei cioccolatini per farmi perdonare se prometti di non tenermi il muso”.
Con il ripieno di nocciole?”, domandò estasiata.
“Rigorosamente”, giurò Ginevra e, mentre sistemava le sue cose sul banco, sentì l’entità Oscura esultare come una bambina.
Tu sai come conquistarmi”, cinguettò l’altra.
Ginevra rise silenziosamente. Doveva proprio ammetterlo: quel mostriciattolo cominciava a piacerle.
Mi fai arrossire…”.
Gli studenti iniziarono ad entrare vociferando tra di loro e occupando quasi tutti i posti all’ultima fila vicino a lei.
Angelina era entrata in aula, si scambiarono un sorriso da lontano. Si era seduta poco distante da Ginevra, vicino l’uscita. Aveva un’aria stravolta e sembrava che già non vedesse l’ora di scappare dall’aula.
Prima che Ginevra potesse chiederle cosa avesse, il professor Vitious entrò in aula.
  
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