Libri > Forgotten Realms
Segui la storia  |       
Autore: NPC_Stories    26/10/2021    0 recensioni
Inktober 2021 con la lista ufficiale, come sempre troverete storie dei miei personaggi originali nel mondo di Forgotten Realms.
Dovrebbero essere storie brevi (altrimenti come faccio a pubblicarne una al giorno?), ma chissà se ci riuscirò...
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Genere: fantasy
Note: seguito di Collide e Open


26. Connect


1308 DR, in una locanda vicino a Secomber

La stanza sotterranea era davvero vicina alla Superficie, vi si accedeva da un pozzo da cui Aesar poteva vedere il cielo stellato. Era una vista confortante, una piccola parte di lui fino a poco prima aveva ancora il sospetto di essere stato portato nel Buio Profondo. Invece la drow aveva detto la verità: erano da qualche parte nelle campagne colonizzate dagli umani.
"Io e mio fratello abbiamo camminato da stamane al tramonto per portarti qui, quindi la tua foresta non è troppo lontana. In un giorno di cammino sarai di nuovo lì… o in una notte di cammino, se desideri partire subito" lei gli illustrò le sue possibilità, indicando con la mano in una direzione che, dal colore del cielo e dalla posizione delle stelle, lui riconobbe come l'est.
"Vorrei ripartire, non sono a mio agio così lontano dal mio territorio. Però ti confesso che mi sento ancora debole, inoltre avrei davvero bisogno di lavare questi vestiti. Sarebbe troppo arrogante se chiedessi ospitalità per stanotte?"
L'elfo non ne era sicuro, ma per un momento gli sembrò che lei fosse sollevata.
"Non c'è problema, in effetti sarei più tranquilla se potessi ricontrollare le tue condizioni domani mattina. Questa era la prima volta che tentavo un rituale così ardito." I suoi occhi vagarono, come se stesse cercando qualcuno, ma non c'era nessuno oltre a loro nel cortile. "E poi ti avevo promesso un infuso caldo."

L'elfa scura guidò Aesar in un altro cortile più piccolo dove c'era una specie di fontana composta da tre vasche, basse e lunghe e di forma rettangolare. Non era un oggetto messo lì per gusto estetico, questo lui l'aveva capito con uno sguardo, ma non riusciva a indovinare cosa fosse.
"La vasca più in basso serve a lavare i panni" spiegò lei, notando la sua confusione. "Togli i vestiti e lasciali in ammollo, io vado a prendere qualcosa della tua taglia." Ciò detto, sparì in un edificio adiacente. C'erano così tante case di pietra e legno in quel luogo, eppure non aveva visto nessun altro. Era un villaggio abbandonato? Ma tutto sembrava in buono stato di manutenzione…
Cominciò a togliersi i vestiti. All'inizio cercò di capire se ci fosse ancora qualcosa di salvabile, ma no, la morte non è mai gentile con gli indumenti. La sua camicia era lorda di sangue, i suoi pantaloni… meglio sorvolare. In quel momento avrebbe ucciso per potersi fare un bagno.
"Posso lavarmi nella vasca inferiore prima di lavare i vestiti?" Chiese ad alta voce, sperando che lei lo sentisse.
"Ma l'acqua è fredda" sembrava stupita mentre usciva da quell'edificio con dei panni in mano.
Aesar fece spallucce. "Mi lavo sempre in acqua fredda. Qui non lo fate?"
"No, qui siamo viziati e la scaldiamo, ma fai pure come vuoi" concesse lei, girandosi per pudore mentre l'elfo finiva di spogliarsi.

Aesar si immerse nella fontana, facendo strabordare un po' d'acqua. Non aveva sapone, ma potersi lavare anche solo con l'acqua era un sollievo. Dalle vasche superiori l’acqua ruscellava in quelle inferiori, creando un ricircolo che poco alla volta rimosse la sporcizia.
Cercò di pulirsi più in fretta possibile, perché il clima non era mite di notte, nemmeno nella bella stagione. Era una situazione stranissima, era appena morto e tornato in vita e ora si trovava in un cortile di un edificio umano, in ammollo in un lavatoio, con la sola compagnia di una drow e del cielo stellato sopra di lui. Assurdo.
Inoltre aveva degli strani simboli sui palmi delle mani, e ne aveva uno simile sul torace. In effetti, ricordò, la sua camicia era aperta quando si era svegliato. Quei simboli facevano parte del rituale?
Pochi minuti dopo l’elfo dei boschi si alzò e uscì dalla vasca. Sentendo il rumore di sciabordio, la ragazza gli porse un telo senza nemmeno girarsi a guardarlo.
In pochi momenti Aesar fu asciutto e vestito, anche se gli abiti che indossava gli calzavano stranamente, troppo stretti in certi punti e troppo larghi in altri. Il tessuto era caldo e abbastanza morbido, quantomeno.
“Vieni. Ti porto in infermeria. Resterai lì stanotte.”
“Ma sto bene…”
“Non lo sappiamo per certo. Seguimi, ti prometto che è confortevole.”

Era confortevole davvero. L’infermeria era un edificio a parte - Aesar non aveva mai visto un accrocchio di edifici di pietra così tutti l’uno addosso all’altro, ma la drow gli aveva spiegato che era un’ex-abbazia - e avevano dovuto scavalcare un muretto per arrivare lì. L’alternativa, a detta di lei, sarebbe stata fare tutto il giro del complesso e non ne valeva la pena.
Appena aperta la porta di legno, erano stati accolti da un piacevole tepore e un profumo di erbe essiccate. La giovane gli fece cenno di accomodarsi sul letto e andò a mettere un bollitore sul fuoco.
“Il fuoco qui è sempre acceso, è magico” si degnò di spiegare. “E c’è anche un oggetto incantato che produce acqua pura all’infinito. Sai, così non si rischiano avvelenamenti.”
“Chi potrebbe volervi avvelenare?” Domandò lui, trovando assurda quell’idea.
“Oh, be’…” lei ci pensò un momento. “Non lo so. Ma siamo drow, non tutti sono felici che viviamo qui.”
“Continui a parlare al plurale” notò lui, sedendosi infine sulla branda che lei gli aveva indicato. Era più morbida del letto che aveva in casa sua, probabilmente ne avrebbe ricavato solo un mal di schiena. “Però io non so niente di te, nemmeno il tuo nome.”
“Oh. È vero. Mi chiamo Kore. Quando parlo al plurale, intendo me e la mia famiglia.”
“Un’intera famiglia di drow vive qui?”
“Uhm. Non proprio. Solo io e mia madre siamo drow di sangue puro, mio fratello e le mie sorelle sono… sai, mezzi e mezzi. Ma io ti ho detto il mio nome, potresti ricambiare.”
“Scusa. Aesar. Il mio nome è Aesar Sarsantyr.”
“Aesarsar… scusa, sembra uno scioglilingua. È tutto il nome, o c’è anche il cognome?”
“No, Aesar è il mio nome e Sarsantyr è il mio cognome” chiarì lui. Poi realizzò una cosa, e sbiancò. “Ma tu sei una maga o qualcosa del genere? Forse non dovevo dirti il mio nome.”
“Ah, ma grazie! Che bella manifestazione di fiducia. Potevo lasciarti morto, lo sai?”
L’elfo arrossì. “S-scusa. È solo che è così difficile. Tu sei drow, e fidarmi va contro tutto quello che mi è stato insegnato.”
Kore atteggiò il volto in un broncio, ma non rispose. Invece, tolse il bollitore dal fuoco, versò l’acqua bollente in una teiera e preparò un infuso con alcune erbe.
“Senti, Aesar… non importa” sospirò lei. “Fai quello che ti pare. Domattina te ne andrai e se tutto va bene non ci vedremo mai più, quindi non mi cambia niente se ti fidi di me o no. Adesso prendi questo infuso, dovrebbe metterti un po’ di colore sulle guance. Poi me ne andrò e ti lascerò riposare. Domattina riavrai i tuoi vestiti e tanti saluti.”
Kore gli porse un bicchiere in cui aveva appena versato del liquido fumante. Aveva un buon profumo di fiori e sottobosco e cose vive. In quel momento lui ne aveva un gran bisogno.
"Che cosa sono i simboli che ho sulle mani e sul petto?" Domandò lui di punto in bianco, mentre aspettava che il suo infuso raggiungesse una temperatura accettabile.
Kore fece un'espressione strana, difficile da leggere. "Ah. Quelli. Facevano parte del rituale… li ho anche io" rivelò, mostrando il palmo di una sua mano.
Aesar notò che i simboli erano perfettamente simmetrici, e quelli sulle due mani erano uguali. Se lei si fosse messa di fronte a lui come uno specchio, i loro simboli sarebbero risultati identici, ma anche se si fosse messa accanto a lui ed una terza persona li avesse confrontati sarebbero risultati identici. Il pensiero era ridicolo, un concetto che di solito si applica solo alle parole, ma Aesar aveva la sensazione di essere diventato palindromo.
"Ah… e a che servono?"
L'elfa scura deviò lo sguardo verso le proprie dita, come se stesse valutando le sue unghie. In realtà voleva solo evitare di guardarlo negli occhi.
"Quelli ti tengono in vita" confessò.

Aesar spalancò gli occhi e raggelò.
"Come? Pensavo che mi avessi riportato in vita"
"È così" si difese lei "ma sono soltanto un'apprendista, e non avevo nessuno a cui chiedere aiuto. L'unico rituale alla mia portata era questo: condividere con te la mia energia vitale per farti tornare in vita."
"D'accordo, sono vivo, ma mi stai dicendo che non sono indipendente? Che in qualsiasi momento tu potresti… cambiare idea, cancellare tutto e io morirei?"
"N… no, questo non posso farlo. È come se avessi firmato un contratto, i simboli che abbiamo sul corpo sono sigilli. Creano un canale di energia vitale fra noi che fluisce in una direzione, da me verso te. Entrambi ci sentiremo più deboli rispetto a prima, perché l'energia vitale di una sola persona è divisa in due. Se io dovessi morire, allora tu moriresti quasi subito. Se tu dovessi morire, io smetterei di condividere la mia forza vitale e tornerei come ero prima. Questi sono i limiti del rituale."
"Quindi siamo legati a doppio filo" mormorò lui, terreo in volto.
"Non siamo legati, siamo liberi di continuare la nostra vita separatamente. Però siamo connessi, e lo saremo fino alla morte di uno dei due. Mi dispiace, questo era il meglio che potevo fare."
Aesar tacque per un lungo momento e poi prese una sorsata di infuso. Era buono, ma non ci fece caso.
"Uccidendomi ti ho tolto metà della tua vita" considerò infine. "Perché hai fatto una simile pazzia? Io per te non lo avrei fatto. Eravamo estranei."
"Ti sei ucciso per colpa mia" gli ricordò la giovane. "Ce l'hai un'idea di come mi sia sentita? Io non sono un'assassina. Non avrei potuto vivere con questo peso. E poi non ho mai detto che la nostra durata di vita si sia accorciata, vivremo per tutto il tempo che a due elfi è dato di vivere, saremo solo più fragili. Saremo più vulnerabili al freddo, alle malattie, probabilmente anche alla fatica. Per un po' sarà come vivere una vita a metà, ma credo che sapremo adattarci."
"Perdona la schiettezza, chi diamine ha inventato un rituale così poco efficiente?"
Kore tornò a fissarsi le mani.
"La magia richiede sempre un prezzo. Quando sei bravo, quel prezzo è irrisorio. Può essere una componente materiale, oppure un po' della tua fatica mentale. Quando non sei ancora esperto ma vuoi ottenere comunque grandi risultati, come richiamare qualcuno dal dannato mondo dei morti, devi accettare di pagare un prezzo molto più alto. Quel rituale è stato creato da una ragazza come me, un'apprendista. La leggenda dice che volesse riportare in vita il suo amore, e che dopo di allora vissero - fragili - ma felici e contenti. Se fossi stata più esperta avrei potuto darti di più, e risparmiare a me stessa il disagio che provo."
Aesar arrossì, un po' per la vergogna e un po' per qualcos'altro che non riuscì a identificare. "Non volevo offenderti. Hai fatto anche troppo per me" mormorò.
"Non cominciare con questa storia anche tu, mi sembra di sentire mio fratello" Kore buttò giù in un sol sorso quel che restava del suo infuso e si alzò in piedi. "È stata una mia scelta, fine del discorso. Adesso riposa, domani ti attende un viaggio impegnativo."
La drow mise la sua tazza in un catino pieno d'acqua e lo istruì di fare altrettanto quando avesse finito, poi lasciò l'infermeria.
Aesar la guardò uscire senza un fiato, ma dentro di sé era un po' a disagio. Era in un edificio di pietra, molte miglia lontano da casa sua, con persone sconosciute fra cui forse Kore era la sua unica alleata. Nonostante la stanchezza non sapeva se sarebbe riuscito a fare la reverie, la meditazione rilassante che fanno gli elfi al posto di dormire.
In quel momento desiderò che lei fosse rimasta. Si sarebbe sentito meno solo e spaesato, e poi… c'era qualcosa di allettante nell'idea di meditare accanto a lei. Quando si era risvegliato nella stanza sotterranea, dopo il rituale, aveva sentito una connessione emotiva tra loro che poi però si era affievolita ed era scomparsa mentre la loro mente cosciente prendeva il sopravvento. Forse entrare in trance insieme a lei avrebbe permesso a entrambi di sentire di nuovo quella connessione. Era stato così piacevole.

All'epoca nessuno dei due si accorse del problema: il fatto che la creatrice del rituale e il suo innamorato avessero poi vissuto felici e contenti non era una garanzia che altri lo avrebbero fatto. Anzi.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Forgotten Realms / Vai alla pagina dell'autore: NPC_Stories