Un
nuovo inizio
E se fosse stato tutto un
sogno? Sì, forse stava sognando, sicuramente si era appisolato in qualche
angolo della nave e stava ronfando come al solito. Di sicuro fra un po’ avrebbe
ricevuto un tacco sulla testa e quell’odioso cuoco gli avrebbe ringhiato che
non poteva dormire fra le sue provviste. Doveva solo aspettare di svegliarsi e
tutto sarebbe tornato al giusto posto
- Ehi spadaccino, tutto
bene? – ma la voce di Robin era reale. Il suo sguardo indagatore era reale,
troppo reale. Zoro annuì e si allontanò.
Non poteva ancora crederci, eppure le notti insonni passate pregando di essersi
solo sbagliato, chiedendo a quel Dio di cui aveva preso il posto di ridargli la
sua realtà, perché non poteva essere quella la realtà, si susseguivano una dopo
l’altra, e facevano male, un male insopportabile, come se i polmoni si
restringessero perché l’ossigeno non arrivava. E quel male si intensificava
ogni volta che passava davanti a quella porta, la porta della sua cucina. Quando sperando di sognare,
l’apriva. Quando pregava di vedere il suo
viso nascosto dal fumo e le sue mani
armeggiare fra gli utensili. Quando si accorgeva di trovarsi in una cucina
vuota, caotica, che non aveva il suo
odore. E allora chiudeva la porta, Zoro, la chiudeva e se ne tornava in camera
ad allenarsi, a soffocare quel male nello sforzo fisico, a tirare i suoi
muscoli sperando di dilaniare quel dolore che gli scorreva bollente nelle vene.
- La cena è pronta – il viso di Chopper sbucò dalla porta e lui alzò gli occhi
verso il compagno.
La cena... non aveva più neanche la voglia di mangiare, non riusciva più a
masticare nulla senza chiedersi che sapore avesse avuto se fosse stato lui a cucinarla. Ma non poteva, non doveva
dimenticare ciò che gli aveva insegnato, ciò che ripeteva di continuo, fino a
fargli sanguinare le orecchie: “Il cibo è un dono e non va sprecato, se
qualcuno ti cucina qualcosa, anche se non ti piace, devi mangiarla e basta”
- E’ molto buono, Nami –
sospirava quando la navigatrice gli chiedeva com’era. Ma faceva male quando lei
gli sorrideva, quando Rufy urlava di volerne ancora e Usopp e Chopper si
contendevano l’ultima porzione, il sorriso divertito di Robin faceva male, perché era come ripetergli per l’ennesima
volta “l’hai perso”.
- Prima di andare a Water
Seven dobbiamo fare una fermata per rifornirci di viveri – Nami prese fra le mani una mappa e indicò un punto.
- Quest’isola è piccolina ma ha quello che ci serve. Domattina dovremmo
intravederla e verso le undici attraccheremo – non chiese chi avrebbe fatto da
vedetta, perché ormai lo spadaccino continuava a proporsi volontario. Chopper
aveva insistito affinché lui gli dicesse cosa c’era che non andava, cosa lo
preoccupava, ma Zoro non poteva dirgli nulla, non voleva farlo. Era stata una
sua scelta. Non aveva neanche pensato un solo attimo ai suoi compagni, a quello
che avrebbero detto. Era stato egoista, ma salvarlo veniva prima di tutto, anche
se alla fine poi...
Salì sulla coffa e fissò l’orizzonte. Nero, oscuro, che sembrava inghiottire la
Merry come fosse un sottile granello di sabbia. Quell’oscurità nel quale stava
annegando anche il suo cuore.
- Cercate di non fare
casini – avvertì la navigatrice mentre Rufy e il cecchino sparivano per le vie
della città.
- Sono preoccupato per Zoro – la voce della piccola renna arrivò fievole alle
orecchie della ragazza. Nami guardò la Merry che diveniva sempre più vicina
mentre stringeva fra le braccia delle buste
- Anche io... da qualche giorno è cambiato, sembra un’altra persona... – da
quel giorno in cui erano stati attaccati da quei cacciatori di taglie, quando
Usopp era tornato ferito e lui era corso ad occuparsi di quei due. Ma quando si
era svegliato non era stato più lo stesso. Era come se avesse perso qualcosa,
come se per qualche ragione una parte di lui si fosse spenta.
- Mi sento inutile – gli occhi del compagno diventarono lucidi, lucidi e
carichi di sofferenza
- Dobbiamo solo stargli
vicino Chopper, vedrai che gli passerà – sorrise la navigatrice verso la
piccola renna. Il dottore annuì anche se con qualche esitazione, ma il suo
istinto gli diceva che ciò che aveva lo spadaccino, la sua malattia, non sarebbe guarita tanto facilmente.
Seduto con le gambe
incrociate e lo sguardo perso nel vuoto, Zoro riviveva per l’ennesima volta
tutti i momenti passati insieme. Ogni attimo: dalle battaglie alle litigate,
dal combattere fianco a fianco, allo stringersi fra le lenzuola. Come poteva
essere che avesse memoria di qualcosa che non era mai esistito, e perché Rufy e
gli altri non se lo ricordavano?
- Sei pensieroso – scosse la testa alle parole di Robin. Era stanco di sentirsi
osservato e giudicato, sapeva che i suoi compagni si erano accorti della sua
stranezza, ma non poteva far nulla per cambiare le cose.
- Se vuoi ti lascio solo – mentre i passi dell’archeologa si mossero Zoro la
bloccò.
- Secondo te... è possibile viaggiare nel tempo? - doveva chiederglielo, anche se avesse fatto la
figura dell’idiota. Forse si stava sbagliando è ciò che era accaduto era solo
frutto di qualche trucco e forse avrebbe potuto fare qualcosa per rimediare, per
riportarlo da lui.
- Alcune teorie dicono di sì... ma sono solo teorie non ancora verificate, più
che altro ipotesi... perché ti interessa? – ma a Robin non fu concessa nessuna
risposta, perché lo spadaccino si alzò e andò via.
Ipotesi, teorie... baggianate!
Erano tutte cavolate! Non poteva esserci nulla di vero, come poteva lui aver
viaggiato nel tempo e aver cambiato le cose? Come era stato possibile?
Eppure... eppure quel bambino, il suo sorriso, la sua voce... perché erano così
chiari nella sua mente?
Tornò ad allenarsi, si
sarebbe allenato finché non fosse venuto qualcuno a chiamarlo per dirgli che
era pronto il pranzo, finché Nami non avesse detto che stavano per salpare,
finché non fosse arrivato qualche nemico da combattere. Avrebbe atteso gli eventi
che si sarebbero succeduti stanchi, sterili, totalmente inanimati.
Ma quegli eventi sembravano essersi fermati, perché continuò per ore e ore, e
poi altre ore ad allenarsi, mentre nei suoi occhi brillava il sorriso
mascherato del suo cuoco e le sue orecchie
ascoltavano i suoi insulti, le sue lamentele, quelle parole che avrebbe voluto
sentirgli pronunciare ancora milioni di altre volte. Ma questo, non sarebbe mai
potuto accadere... Si alzò dal pavimento afferrando l’asciugamano che sostava
sul letto e uscì sul ponte. Doveva respirare, doveva provare a convincersi di
essere ancora vivo, di avere una missione da compiere. Kuina, doveva vivere per
mantenere la sua promessa.
Scese i brevi pioli verso la prua mentre udiva il ridacchiare del suo capitano.
- Non ci credo!! Ma è possibile? – stava palando con qualcuno, forse con Usopp,
magari erano tornato dal loro giro.
- E così vieni dal mare settentrionale? – la voce di Usopp si unì a quella del
capitano. Mare settentrionale? Avevano di sicuro trovato qualche strambo
personaggio e l’avevano portato sulla nave. Zoro decise che non era in vena di
nuove conoscenze, voleva solo starsene da solo, con i suoi pensieri, i suoi
ricordi, ma la risata che gli arrivò alle orecchie lo fece arrestare
all’istante.
- Sì, una piccola isoletta nel mare del nord – non fece neanche in tempo ad
accorgersene che le sue gambe lo catapultarono lì dove arrivava quella voce.
- Zoro – neanche sentì Rufy né successivamente Usopp
- Hai finito di allenarti? – il petto iniziò a fare male per quanto forte il
cuore gli stesse battendo. Era davvero un sogno?
- Quindi tu sei il famoso Zoro? Ho sentito tanto parlare di te, volevo
incontrarti – quel sorriso gli si stampò negli occhi. Quel sorriso dolce e
gioviale. I suoi capelli biondi che venivano smossi dal vento e i suoi occhi
azzurri che si specchiavano nei suoi.
- Sanji – vide quegli occhi sgranarsi e il sorriso allargarsi
- Conosci il mio nome? Che onore – ridacchiò ancora. Non era possibile che
fosse lì, davanti ai suoi occhi, che stesse ascoltando la sua risata e la sua
voce. Rufy e Usopp continuarono a guardare il loro compagno che se ne stava
fermo immobile con la bocca semiaperta a inghiottire quasi facesse fatica anche
solo ad aspirare l’aria.
- Sanji ha bisogno di un passaggio fino a Water Seven e io ho pensato di farlo
venire con noi, giusto? – Rufy si rivolse verso quel ragazzo biondo che non
poteva non essere lui.
- Eh già, mi serve una barca visto che la mia è finita in fondo al mare -
- Tu... – come svegliatosi
da un lungo torpore Zoro si smosse, fece qualche passo verso quel ragazzo
biondo e si fermò a pochi centimetri da lui. Lo fissò a lungo, i suoi
lineamenti, la sua espressione incuriosita, quel sorriso accennato sulle
labbra. Avrebbe voluto allungare le braccia e stringerlo, fregarsene di tutto e
tenerlo stretto contro il suo petto e sussurrargli quanto aveva temuto di
perderlo, di non poterlo più avere accanto, quanto lo amava e quanto non
potesse fare a meno di amarlo ma... Non era il suo Sanji, non era più il suo
Sanji, ma quel piccolo bambino. Non c’era nessuna maschera su quel volto,
nessuna sofferenza dietro le sue iridi azzurre. Quel sorriso era sincero, la
sua risata era sincera.
- Sai Zoro, anche Sanji è uno spadaccino – solo allora la notò. Solo dopo le
parole del suo capitano Zoro vide una katana sul fianco destro del ragazzo. Una
spada, una sola spada.
- Si ma non sono certo
bravo come il grande Roronoa – era la stessa ammirazione che aveva avvertito
quella notte, quando quel bambino l’aveva assillato di domande sul suo sogno,
sulle sue spade, sulla sua vita da guerriero. Un’ammirazione che non aveva
neanche mai lontanamente aleggiato nelle parole del suo cuoco.
- Certo è figo un cuoco-spadaccino, vero Usopp? –
cuoco? Guardò nuovamente quel sorriso, quel sorriso nel quale poteva perdersi.
Era ancora tutto stranito.
La sua vita era cambiata da un giorno all’altro, poi era ricambiata nuovamente
come se qualcuno si fosse divertito a tirare le redini del suo destino, un
destino nel quale Zoro non aveva mai creduto perché lui solo poteva decidere
del suo futuro, e poi paradossalmente era piombata nel caos più totale ed ora,
davanti a lui, vedeva il sorriso della sola persona per cui era valso la pena
fare tutto.
- Sei un cuoco? – lo sospirò appena e lo vide annuire.
- Sì, lo so che è strano un cuoco che usa una spada ma... è una storia strana –
Rufy insistette affinché gliela raccontasse e Usopp gli diade man forte. Zoro
non riuscì a dire nulla, rimase immobile e in silenzio mentre le sue labbra si
muovevano, e ad ogni parola il suo cuore rallentava o accelerava di continuo.
Mentre quelle candite mani si agitavano nell’aria come solo quel bambino sapeva fare.
- Quando ero bambino ho incontrato una persona... è strano, ma non riesco a
ricordare né il suo nome né il suo volto...- le dita si nascosero nel taschino
della camicia che portava sbottonata priva di cravatta, per poi riemergere
stringendo una piccola stecca bianca. Le diede fuoco e aspirò un po’ di fumo.
Zoro non avrebbe mai creduto che quel gesto, gli sarebbe potuto mancare così
tanto.
- Ricordo solo che era uno spadaccino... trascorsi con lui dei giorni molto
belli e lui mi disse che mi avrebbe insegnato ad usare una spada, anche se era
pericoloso per un cuoco... “le mani sono la cosa più preziosa per un cuoco, non
dovresti usare un’arma tanto pericolosa come una spada”... mi pare che disse
così...- mentre una nuvola bigia di fumo saliva al cielo, Zoro rivisse nelle
sue parole quegli attimi. Incredibile come adesso tutto apparisse così strano.
Era lì ad ascoltare quel bambino mentre parlava di lui... quel bambino, perché
ormai era fin troppo chiaro che non era altri che quel bambino.
- Ed è lui che ti ha insegnato? – alla domanda di Usopp quel ragazzo scosse la
testa.
- No, è sparito improvvisamente anche se mi disse che sarebbe tornato... ma non
lo fece... – un sorriso piegò le sue labbra e Zoro si perse nello sguardo
malinconico che coprì i suoi occhi.
Vado a fare una cosa e torno...
aspettami Sanji
- Ma io ho voluto lo
stesso imparare e così... voilà – le dita si strinsero attorno all’elsa della
sua spada mentre la sigaretta fumava lenta.
- Strano come l’incontro con qualcuno possa cambiarti la vita... – sorrise
nascondendo gli occhi sotto i ciuffi dei suoi capelli biondi
- Sanji, che ne dici di
unirti alla nostra ciurma? Sei un cuoco e noi ne cercavamo uno da tanto! Dai
- così come era accaduto al Baratie, con
la stessa istintività Rufy gli aveva fatto quella proposta e Zoro non poté fare
a meno di pensare che lui non c’era, lui non c’era quando Sanji si era unito
alla ciurma.
- Unirmi a voi? Ah per me va bene – il
suo Sanji non aveva accettato con tanta enfasi, questo è quello che gli disse
Rufy. Non aveva fatto altro che rifiutare deciso, finché non era stato quasi
costretto ad abbandonare il Baratie, perché ci volle una farsa per farlo
smuovere, per fargli decidere di realizzare davvero il suo sogno. Ma questo Sanji che si trovava davanti
aveva negli occhi la speranza, la fiducia di quel bambino, quella fiducia che
Zoro aveva deciso di preservare a costo della sua vita. La sua scelta ora
pareva davvero avere avuto un senso.
- Che ne dici Zoro? Non hai detto che volevi un cuoco? – il sorriso di Rufy si
scontrò con l’espressione seria dello spadaccino. No, non voleva un cuoco,
voleva quel cuoco... ma ora che
guardava quel ragazzo così diverso e allo stesso tempo fin troppo familiare,
non poteva non desiderare di averlo a bordo, anche se guardando i suoi occhi
avrebbe visto quelli di un’altra persona, perché la sigaretta che stava
fumando, non aveva lo stesso sapore di quelle che gli era abituato a sentirgli
sulle labbra.
- Ok, va bene- sospirò guardando ancora quel viso.
- Evviva, abbiamo un cuoco e presto avremmo anche un carpentiere – l’esultanza
di Rufy e di Usopp investì Zoro come un fiume in piena. Avrebbe voluto esultare
anche lui, ma nel suo petto il cuore faceva ancora fatica ad abituarsi a tutti
quei crolli e quelle risalite, perché quel sorriso dolce aveva la capacità di
ipnotizzarlo, come solo il sorriso di quel bambino era riuscito a fare
- Roronoa Zoro... spero diventeremo buoni amici – vide quella bianca mano
allungarsi e restare tesa verso di lui. Una mano sicura, decisa, determinata...
la mano preziosa di un cuoco, la sua
mano. La guardò qualche secondo e poi ghignò piegando le braccia sul petto.
- Non contarci troppo... cuoco – reale o meno, questa era la sua nuova vita e
l’avrebbe vissuta fino all’ultimo. Per mantenere la sua promessa, per
realizzare il suo sogno, per il ricordo del suo
cuoco, quel ricordo che non sarebbe mai svanito dal suo cuore anche se ora
avrebbe dovuto imparare a conoscerlo nuovamente, impegnarsi ancora per
sopportare il suo odore di fumo, imparare a non cedere alle sue provocazioni e,
magari, a cedergli quando ne era il caso. Gli sarebbe mancato, il suo odioso cuoco, gli sarebbero mancate
le litigate con lui e le notte a combattere per decretare il migliore di
loro, e ironicamente avrebbe sentito la mancanza del suo sorriso falsato e
anche dei suoi sguardi vuoti. Ma non poteva non avere nel cuore un soffio di
quella che avrebbe potuto definire, serenità, perché quel Sanji frutto di un
passato macchiato di sangue, quel ragazzo che non avrebbe mai potuto cancellare
quel ricordo orrendo, che si era costruito un muro d’avorio per tenere lontano
tutti per non essere più ferito, che avrebbe rischiato di autodistruggersi con
un anima così lacerata, quel Sanji non c’era più, era rinato, e quella sua
nuova vita, era anche merito suo.
- Non farci caso, lui è fatto così – ridacchiò Rufy avvolgendo un braccio
attorno al collo del ragazzo
- Alla fine ti abituerai
al suo caratteraccio – sorrise il cecchino mentre lo spadaccino si allontanava.
Il ragazzo biondo guardò la schiena del pirata e quella buffa testa verde
sparire dietro una porta, la porta di quella che sarebbe stata la sua cucina.
- Lo spero – sorrise ancora.
- Ehi ragazzi, vi ho detto dell’All Blue? -
Stava per iniziare una nuova vita su quella nave, insieme a quella strana
ciurma di cui non sapeva praticamente nulla ma che per qualche strano motivo,
sentiva di conoscere da una vita, specialmente quello strano ragazzo, quello
spadaccino così particolare che era sicuro, Sanji,
gli avrebbe riservato non poche sorprese.
The
End
or
A
new Beginning…
Allora, piaciuta?
Per ovvi motivo ho evitato di modificare le vicende dei mugiwara che senza
Sanji nella ciurma sarebbero di sicuro state diverse (basta pensare ad Arlong o ad Alabasta), avrebbero
richiesto troppe variabili che avrebbero finito con il fondermi il poco
cervello che mi è rimasto x_x. Quindi perdonatemi se
è un po’ tutto “alla buona” XD
Spero abbiate gradito anche il finale, non sono mai stata un amante dei lieto
fine smielati, ma odio anche le fini tristi, ho voluto quindi terminare questa fic con uno sguardo positivo. Anche se Zoro ha perso il suo
Sanji, sa di aver fatto la cosa giusta e ora, forse imparerà anche ad
affezionarsi a questo nuovo cuoco ^-^
Che dite, scrivo un possibile sequel di questo nuovo inizio? XDDD ma anche no,
vi ho già annoiato abbastanza ^-^
Ancora grazie per aver seguito, recensito, preferito o soltanto letto “I
giorni del pianto”.
kiss kiss Chiara