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Autore: Nana_13    27/10/2021    0 recensioni
- Terzo capitolo della saga Bloody Castle -
Dopo aver assistito impotenti allo scambio di Cedric e Claire, i nostri protagonisti si ritrovano a dover fare i conti con un epilogo inaspettato.
Ciò che avevano cercato a tutti i costi di evitare si è verificato e ora perdonare sembra impossibile, ogni tentativo di confronto inutile. Ma il tempo per le riflessioni è limitato. Un nuovo viaggio li attende e il suo esito è più incerto che mai. Pronti a scoprire a quale destino andranno incontro?
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 21

 

Cocci rotti


“Allora?” chiese Rachel fremente, mentre guardava Laurenne mescolare il sale alla sua urina in una ciotola di terracotta.

La sciamana la sollevò all’altezza degli occhi per controllare meglio la reazione tra le due sostanze. “Abbi pazienza. Ci vuole un po’ di tempo.” 

Con uno sbuffo Rachel si strinse nella coperta e tirò le ginocchia al petto in modo da trattenere il calore corporeo. Aveva quasi dimenticato quanto facesse freddo da quelle parti. Ne era valsa la pena, però. Per fortuna, le piante nella serra avevano retto al gelo e aveva potuto recuperare ciò che le serviva. Stavano per tornare nel deserto, ma a quel punto si era decisa a chiedere alla sciamana di visitarla. Non sopportava più quello stato di ansia perenne, doveva sapere.

In principio la donna si era dimostrata alquanto sorpresa, sia perché non si aspettava una richiesta del genere sia per il momento in cui era arrivata. “Non ho con me i miei strumenti, se mi avessi avvertita prima…” aveva detto, per poi prendersi qualche istante di riflessione. “Comunque, conosco un metodo alternativo. Non è infallibile, ma possiamo provare.”

E così ora si ritrovava in quella serra a guardarla trafficare, pregando con ogni fibra del suo essere in un responso negativo. Stando alla sciamana, se il sale si fosse sciolto avrebbe significato che non era incinta, viceversa se fossero comparsi dei grumi… Si rifiutava perfino di pensarci. Con un’ansia in corpo che cresceva di secondo in secondo, si mordicchiava le unghie aspettando di conoscere il suo destino. Tutto il prossimo futuro dipendeva da quel verdetto.

Intanto, i due elementi della miscela continuavano ad agire, finché qualche minuto dopo lo sguardo di Laurenne incontrò il suo e Rachel ne afferrò il significato ancora prima che parlasse. In quell’istante sentì il peso del mondo intero crollarle addosso. Finora si era illusa, o forse aveva preferito illudersi, che si trattasse di semplice stress o magari che il ritardo fosse dovuto al cambiamento di clima. Invece la realtà era sempre stata davanti ai suoi occhi, a prescindere dal fatto che si ostinasse a non volerla vedere.

“Se devo essere sincera, non mi sorprende molto.” ammise la sciamana, riponendo il contenitore nella sua sacca da viaggio. “Dai sintomi che mi avevi descritto il sospetto era già forte. Ne ho assistite di donne in gravidanza e ormai dopo tanti anni di esperienza è difficile sbagliarsi.”

Rachel, però, la stava a malapena ascoltando. Disperata, affondò il viso tra le mani, quasi si vergognasse di guardarla in faccia. E adesso? Cosa avrebbe fatto adesso?

“Suvvia, tesoro.” Per cercare di confortarla, la donna le mise un braccio intorno alle spalle, dandole dei leggeri colpetti affettuosi con la sua consueta espressione bonaria dipinta in viso. “Non è poi una notizia tanto brutta.”

“No, infatti. È orrenda.”

Lei sospirò comprensiva. “Avevi già pensato a come fare?”

“Ho sperato fino all’ultimo di non esserlo.” rispose Rachel, scuotendo la testa ancora tra le mani. “Dio mio, che diavolo mi è venuto in mente…” Lo disse tra i denti, in preda a una rabbia mista a desolazione, trattenendo a stento l’impulso di prendersi a schiaffi. E pensare che quei momenti insieme a Mark erano stati i più felici della sua vita. Ora avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare indietro e impedire alla se stessa del passato di commettere un errore tanto madornale.

Laurenne sembrò intuire i suoi pensieri e prontamente cercò di riportarla con i piedi per terra. “Cara, è inutile piangere sul latte versato. Ormai è successo. Ora devi concentrarti sul presente e prendere una decisione. Anzi, dovete prenderla entrambi, perché questa faccenda riguarda anche il tuo ragazzo.”

Il viso di Rachel riemerse e lei tirò su col naso, prima di guardarla di nuovo con gli occhi inumiditi dalle lacrime. Purtroppo sapeva già cosa pensasse Mark del bambino e che non sarebbero mai stati d’accordo su quel punto. “Lui vorrebbe tenerlo, ma io no. Insomma, con la situazione che stiamo vivendo, con tutto quello che c’è da fare…” Un singhiozzo improvviso le ruppe la voce e per un secondo si ritrovò perfino a dubitare delle sue convinzioni. Ma durò giusto il tempo di tornare alla ragione. “No, è impossibile.” sentenziò infine, nascondendo per metà il volto tra le ginocchia. 

“Calmati.” Laurenne la attirò a sé, stringendola nel tentativo di contenere i suoi fremiti. “Calmati, andrà tutto bene.” 

“E come?” Rachel non riusciva proprio a vedere come sarebbe potuto andare bene. Provava terrore già solo di fronte all’idea di doverlo dire a Mark e al disastro che ne sarebbe seguito. 

“Non tutto è perduto, sei incinta solo da poche settimane.” disse la sciamana. “Prenditi ancora del tempo per pensarci e se dovessi decidere di rinunciare al bambino ti aiuterò io. Non ti lascerò sola, te lo prometto.” 

Avere lei dalla sua parte era motivo di speranza per Rachel, anche se non quanto avrebbe voluto. Per come si sentiva in quel momento, l’unica cosa in grado di risollevarla sarebbe stato svegliarsi nella sua stanza, a Greenwood, e scoprire di essersi sempre trovata in un brutto incubo. Ma ancora una volta avrebbe dato adito a una banale illusione.  

-o-

 

“Rachel è incinta?” Lo sconcerto era lampante negli occhi di Claire quando ripeté sotto forma di domanda ciò che Mark aveva appena detto. 

“Forse.” sottolineò lui, preferendo fissare il tavolo piuttosto che alzare lo sguardo e incrociare i loro volti frastornati. “Potrebbe esserlo. Non ne siamo ancora sicuri.” Dal tono che usò e dalla sua espressione abbattuta si intuiva facilmente che c’era dell’altro.

In realtà, era dalla partenza dell’amica che Juliet lo vedeva diverso, più taciturno e scostante, ma non se l’era sentita di chiedergli niente, proprio perché immaginava che la situazione tra lui e Rachel non fosse delle migliori. Inoltre, non voleva fargli capire di essere già a conoscenza di tutto. Solo quella mattina, su insistenza di Cedric, si era deciso a raccontare qualcosa. “Avete litigato?” tentò cauta, anche se in fondo si trattava di una domanda retorica.

Mark non rispose subito, distratto dai suoi pensieri; poi prese un respiro e si alzò. “Scusate, non mi va di continuare a parlarne.” Detto questo, uscì dalla tenda senza guardare nessuno. 

“Non l’ho mai visto in questo stato.” osservò Cedric scosso. 

Juliet gli rivolse un’occhiata preoccupata, chiedendosi cosa fosse successo. Non che faticasse a immaginarlo. Conoscendo Rachel e sapendo come la pensava riguardo la gravidanza, temeva ci fosse andata giù troppo pesante. A volte, quando si sentiva sotto pressione, era capace di farsi uscire di bocca cose di cui si pentiva l’attimo successivo.

“Sarà meglio che vada a parlargli. Magari riesco a farmi dire di più.” 

Quando anche Cedric ebbe lasciato la tenda, un silenzio carico di incertezza scese sulle ragazze. Per occupare il tempo, Juliet allora si mise a preparare una tisana, sperando l’aiutasse a rilassarsi. Aveva appena messo un pentolino pieno d’acqua sul fuoco quando sentì Claire dietro di sé.

“Tu lo sapevi?” 

Più che una domanda suonava come un’accusa e Juliet se ne accorse, ma fece finta di niente. “Da un po’, in effetti.” ammise. “Da quando l’ho seguita fuori dalla tenda, dopo che avevate litigato. Dovevi vederla, era così sconvolta e…”

“Perché non me l’avete detto? Sono passati giorni.” le fece notare in tono risentito, interrompendola nel bel mezzo del discorso. “Non è giusto che debba venirlo a sapere così, di punto in bianco.”

Sebbene non potesse darle torto e si sentisse un po’ in colpa per non averla resa partecipe, a Juliet tutta quell’ostilità suonava strana. Claire non era mai stata tipo da fossilizzarsi su certe cose. “Hai ragione, scusa. Non volevamo nascondertelo, ma cerca di capire. Da quando ha incontrato Margaret, Ray non è più la stessa. È già stata dura convincerla a confidarsi con me, poi è partita e non c’è stata più occasione di parlarne.” replicò paziente, mentre versava l’acqua calda in due tazze che aveva riempito in precedenza con le erbe per la tisana. 

“Resta il fatto che era una cosa importante e non avete pensato di includermi. Capisco lei, ma almeno tu potevi dirmelo.”

Juliet preferì evitare di mostrarsi infastidita dalla sua insistenza, anche se lo era, e si sforzò di mantenere un’aria serena quando si voltò per porgerle la tazza. “Non sapevo come avrebbe reagito. All’inizio non voleva dirlo a nessuno, figurati se mi fossi messa a spifferarlo ai quattro venti…” Le parole le uscirono in maniera naturale, senza pensarci troppo, tanto che la reazione di Claire giunse del tutto inaspettata. 

“E io sarei i quattro venti?” urlò, colpendo la sua mano talmente forte che la tazza andò a frantumarsi contro il legno del tavolo. Le schegge schizzarono in tutte le direzioni e una colpì Juliet di traverso, ferendola a una guancia. 

Sconvolta, si portò una mano al viso, gli occhi inchiodati su Claire che avanzava minacciosa verso di lei. Il suo corpo era scosso da fremiti di rabbia, non sembrava neanche la stessa persona.  

“La verità è che non vi fidate più di me! Pensate che sia diversa da prima, pensate che sia un mostro!” 

Nell’istante in cui Juliet ritrasse la mano, però, lo sguardo di entrambe si focalizzò sulle sue dita sporche di sangue e Claire si ammutolì, restando impietrita a fissarla. 

In quel brevissimo lasso di tempo Juliet capì di essere in pericolo, ma non sapeva come scongiurarlo. Forse reagire avrebbe significato peggiorare le cose e poi la paura era troppa per riuscire a muovere anche un solo muscolo. 

“Juls…” mormorò Claire in un fil di voce. “Mi… mi dispiace. N-non volevo…” D’improvviso consapevole delle sue azioni, fece per avvicinarsi, ma una voce autoritaria dall’entrata della tenda le impedì di andare oltre.

“Allontanati da lei!” Attirato dalle grida di Claire e dal frastuono dei cocci rotti, Dean si era precipitato dentro, trovandosi di fronte alla scena. “Subito.” aggiunse, fulminandola con lo sguardo. 

Obbedendo a quello che suonava decisamente come un ordine, lei indietreggiò di qualche passo per lasciargli spazio. “È-è stato un incidente.” provò a giustificarsi. “Io… Credimi, non volevo…”

Dean però le diede le spalle, al momento più preoccupato dello stato di salute della sua ragazza che di qualsiasi altra cosa. Accortosi della ferita, le prese il viso tra le mani, osservandola con attenzione per sincerarsi che non fosse profonda. 

Aveva il panico negli occhi e Juliet temette che potesse prendersela con Claire. “Non è niente, sto bene.” cercò di tranquillizzarlo, afferrando un panno lì sul tavolo per tamponarsi il sangue. Con il battito cardiaco non ancora del tutto regolare, si sforzò di apparire padrona di sé, illudendosi di riuscire a fargli credere che la situazione non fosse poi così grave. Accettò anche di sedersi e lasciare che le portasse un bicchiere d’acqua pur di placarlo, e la cosa parve funzionare.

Poco dopo, infatti, Dean mise da parte gli allarmismi per concentrarsi finalmente su Claire. “Cos’è successo?” le chiese in tono inquisitorio. 

“Non lo so… Ho perso il controllo, ma non volevo farle del male. Juls, mi dispiace tanto!” 

La guardò con aria implorante, cercando disperatamente il suo perdono e Juliet provò quasi dolore fisico nel vederla ridotta in quel modo. Che fosse davvero dispiaciuta era evidente, eppure non riusciva proprio a ricambiare il suo sguardo. C’era stato un momento in cui non aveva più riconosciuto in lei la persona con cui aveva trascorso gran parte della sua vita. Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi un giorno ad averne paura.

“Che ti è saltato in mente?” la attaccò Dean, non altrettanto compassionevole. “Non hai pensato a cosa poteva succedere? Se non fossi arrivato io…”

“Dean, ti prego. Ti ho detto che sto bene.”

“Ho sbagliato.” disse amareggiato, ignorando il suo tentativo di intervenire a favore dell’amica. “Non avrei dovuto lasciarti sola, non sei ancora pronta.”

Le sue parole furono come una lama nel petto di Claire, che a quel punto scoppiò in lacrime e corse via, nonostante i richiami di Juliet.  

“Claire!” Si alzò di scatto con l’intenzione di raggiungerla, ma Dean le si parò davanti per bloccarle il passaggio. 

“Non seguirla.”

“Perché le hai detto quelle cose? Non l'ha fatto apposta, è stato un incidente…”

“Un incidente che poteva costarti la vita.” puntualizzò lui, guardandola severo. “Devi renderti conto che la tua amica non è più la stessa persona di prima, soprattutto in questa fase. È ancora instabile e basta un niente per provocare in lei reazioni esagerate. In più siamo in periodo di plenilunio, il che la rende ancora più pericolosa. Lo capisci?”

Il fastidio di dovergli dare ragione si aggiunse a quello di sentirsi impotente di fronte a una situazione che non sapeva gestire. La realtà era che non era abituata alla nuova natura di Claire. “Motivo in più per andarle dietro. Non voglio che si senta in colpa.” ribatté ostinata.

Dean sospirò. “Tu sei ferita e sentire l’odore del tuo sangue rischierebbe di peggiorare le cose.” spiegò con fare paziente.

“Cosa proponi allora? Di rinchiuderla da qualche parte finché non sarà passato il plenilunio?” 

“Se fosse necessario, sì. E, credimi, al momento è quello che vorrebbe anche lei.”

Juliet rimase allibita nel sentirlo parlare in quel modo. “Non puoi dire sul serio.”

Di fronte al suo sconcerto, lo vide imporsi di avere maggior tatto. “Ascolta, capisco che le vuoi bene e che per te è difficile guardare le cose con distacco, ma devi fidarti di me. Mi occupavo dei neo-vampiri prima di lasciare la Congrega. È stato il mio compito per anni, perciò so quello che dico.” concluse lapidario. “Ora sarà meglio che vada a cercarla. Non si sa cosa potrebbe fare in quello stato.”

“Lasciami venire con te…” 

“No.” replicò all’istante, per poi realizzare subito di essere stato troppo brusco. “Resta qui. Per favore.” la pregò più addolcito.

A quel punto, Juliet evitò di insistere oltre. Sapeva che quando era così deciso non c’era verso di convincerlo, così si rassegnò, limitandosi a seguirlo con lo sguardo mentre usciva.

Appena fuori, Dean diede una rapida occhiata nei dintorni in cerca di Claire, vedendo però solo gente del villaggio. Si era già dileguata chissà dove, ma non si lasciò scoraggiare e rifletté sulle probabili opzioni. Se fosse stato in lei si sarebbe nascosto in un luogo isolato, lontano da possibili tentazioni, e l’unico che corrispondeva a tale descrizione era in prossimità della pozza d’acqua, dove spesso la portava per addestrarla. Così non perse tempo e si diresse subito lì. 

Quando arrivò, dapprima non vide nessuno e ne rimase sorpreso. Aveva dato per scontato di trovarla e non gli veniva in mente altro posto altrettanto adatto a sfogare la rabbia senza rischi. Con la testa che già lavorava in cerca di alternative, fece per andarsene, ma prestando maggiore attenzione il suo udito captò un leggero movimento di foglie di una pianta lì vicino, seguito da un piangere sommesso. Scostò le fronde e Claire era lì, rannicchiata con le ginocchia al petto, il capo chino per nascondere il viso bagnato dalle lacrime. 

“Claire…”

Nel sentire la sua voce lei ebbe un sussulto e appena lo vide balzò in piedi, ritraendosi allarmata. “Ti giuro che non volevo farle niente!” esclamò subito tra i singhiozzi. “Stavamo parlando e poi… non so cosa mi sia preso, ho colpito la tazza che è praticamente esplosa. Quando sei arrivato stavo solo cercando di aiutarla…”

“Lo so, calmati.” la interruppe in tono rassicurante. Era in forte stato di agitazione e doveva prima riuscire a placare quel fiume in piena se voleva evitare altri guai. “Non sono arrabbiato e soprattutto non sono venuto qui per metterti sotto processo. So quello che stai provando, che il senso di colpa ti uccide, ma devi calmarti. Juliet sta bene, è solo un graffio…”

“Non è questo il punto!" urlò per sovrastare le sue parole. Ho rotto io quella stupida tazza, si è ferita per colpa mia!”

Dean percepì la rabbia mista a disperazione montare in lei e d’istinto portò le mani avanti, pronto a difendersi da un eventuale attacco. In quelle pupille dilatate e il fiato corto riconosceva i sintomi di una reazione a cui aveva avuto modo di assistere tante volte in passato. “Respira, Claire. Ricorda l’addestramento. Respira…” Lo ripeté più volte, accorgendosi che stava facendo effetto quando la vide seguire le sue indicazioni e ritrovare pian piano l’equilibrio interiore. 

Più respirava più tornava padrona del suo corpo, finché anche i singhiozzi inconsulti cessarono del tutto e Dean seppe di poter abbassare la guardia. 

Ancora avvilita ma di nuovo in sé, Claire si asciugò scompostamente le lacrime dagli occhi. “Avevi ragione, è cambiato tutto.” riconobbe, abbassando lo sguardo pieno di vergogna. “E adesso Juliet mi odia. Tutti mi odieranno.”

“Nessuno ti odia. L’hai detto anche tu, ricordi? È stato solo un incidente. Pensaci, poteva andare molto peggio. Sei riuscita a mantenere il controllo di fronte al sangue nonostante siamo a ridosso del plenilunio. Sei stata brava.” Non erano solo lusinghe, ci credeva sul serio, ma serviva anche a far crescere la sua autostima, e infatti funzionò.

Claire sembrava rincuorata, seppure ancora diffidente nei suoi confronti. “Non lo pensi davvero, altrimenti non ti saresti arrabbiato.” mugugnò, tirando su col naso.

Avvicinatosi di qualche passo, Dean annuì. “Hai ragione, ti chiedo scusa. Non avrei dovuto reagire in quel modo, ma ho visto Juliet ferita e mi sono spaventato. E poi è plenilunio anche per me, sai?.” aggiunse con un sorriso.

Ormai il clima si era alleggerito e lei sorrise a sua volta, dimostrando di non temerlo più. D’un tratto, però, la sua espressione tornò malinconica. “Cosa succederà quando non riuscirò più a controllare la fame?” 

“Faremo in modo di non arrivarci.”

Con una vena di frustrazione nello sguardo, Claire sospirò. “Vorrei tanto avere la forza di ignorarla.”

“Non puoi.” le disse subito Dean. Magari fosse esistito un sistema, lui per primo avrebbe pagato oro. 

“A parte i primi tempi, non mi era mai capitato di sentirla così forte. Al castello mi nutrivano spesso per tenermi a freno, perciò non ho mai dovuto preoccuparmene più di tanto. Prima invece, quando ho visto il sangue…” esitò incerta. “O meglio, quando ho sentito il suo odore, è stato…” 

“Lo so.” la precedette, sapendo già cosa stava per dire. “Conosco molto bene la sensazione.” Era come un impulso irrefrenabile, qualcosa a cui non si poteva sfuggire. Per quanto ci si sforzasse di reprimerlo, prima o poi ti costringeva a cedere.

“Tu come ci riesci? Insomma, ti ho visto in quella tenda. Eri a due centimetri e non hai battuto ciglio.”

Per quanto dovesse aspettarsela, la domanda lo prese un po’ alla sprovvista. “Beh… Diciamo che ho un dono naturale, riesco a gestire il contatto con il sangue umano meglio di altri. Naturalmente è anche merito dell’età. All’inizio non è stato facile, ho dovuto fare molta pratica.” spiegò. Era sempre piuttosto restio a parlare di sé, soprattutto riguardo certe cose, ma in quel caso poteva essere utile quindi fece uno sforzo. “Senza contare che si trattava di Juliet. Non permetterei mai ai miei istinti di prevalere quando c’è lei di mezzo.” 

A Claire sfuggì di nuovo un sorriso e Dean vide nei suoi occhi accendersi una luce. “Certo.” concordò, mostrando di capire. “Immagino sia questo il segreto. Cercare di prevedere le conseguenze che le tue azioni potrebbero avere sulle persone che ami.” ragionò.

Soddisfatto, lui annuì. “È uno dei sistemi più efficaci, sì.”

“Lo terrò a mente.” Il sollievo si dipinse sul volto della ragazza quando giunse alla conclusione che non tutto era perduto. Fece un ultimo respiro profondo e tornò a guardarlo. “Bene professore, sono pronta per la prossima lezione. Prima però voglio tornare da Juls per chiederle scus…”

“No, Claire. Aspetta un attimo.” La fermò, impedendole di partire in quarta. Non era ancora il momento di compiere gesti troppo impulsivi. “Per ora è meglio che voi due non stiate a contatto. Almeno finché la sua ferita non smette di sanguinare.” sentenziò in tono pacato ma risoluto.

Lì per lì lei sembrò rimanerci male, ma ben presto si rese conto che aveva ragione. 

“E dobbiamo trovare una soluzione per il plenilunio. In qualche modo dovrai pur nutrirti.” Sebbene stesse attento a non darlo a vedere, la questione lo impensieriva non poco. Già da tempo, infatti, sospettava che, essendo Claire una neo-vampira, l’intruglio miracoloso che consentiva a un veterano di tenere a bada la fame sarebbe stato insufficiente nel suo caso. D’altronde, la mancanza di nutrimento l’avrebbe resa sempre più aggressiva e il rischio di altri incidenti andava assolutamente scongiurato.

“Come pensi di fare?” gli chiese preoccupata.

Era evidente che al momento affidarsi alla sua esperienza fosse l’unica scelta possibile e Dean si sentiva responsabile, considerando che era stato proprio lui a morderla. Non le rispose subito, prendendosi qualche istante per riflettere. In realtà, una mezza idea gli era già venuta, ma non era così semplice da mettere in atto. L’infermeria di Laurenne era il luogo ideale dove trovare quello che gli occorreva e fortuna voleva che disponesse anche di qualcuno all’interno. Ora si trattava solo di convincerlo ad aiutarli.

Fecero ritorno alla tenda soltanto dopo qualche ora, una volta sicuri non rappresentasse più un pericolo per Juliet, che trovarono in uno stato di ansia neanche troppo ben mascherata. Il suo primo istinto alla vista di Claire fu quello di correre ad abbracciarla, ma entrambe si resero subito conto che non era il caso, anche per via della presenza di Mark e Cedric, ignari dell’accaduto. Quando le avevano chiesto come si fosse ferita aveva risposto con una mezza verità, ossia che le era caduta una tazza mentre versava l’acqua per la tisana e uno dei cocci le era schizzato sul viso, graffiandola. Non le era passato per la testa nemmeno per un secondo di raccontare loro tutta la storia, temendo che, come Dean, la facessero più tragica di quanto non fosse. Si limitò allora a stringerle la mano di sfuggita mentre le passava accanto per sedersi al tavolo insieme ai ragazzi e quel piccolo gesto bastò a farle capire che era tutto apposto. 

“Vieni, devo chiederti un favore.” le sussurrò Dean all’orecchio, evitando di farsi sentire dagli altri. 

Si misero in disparte, nell’angolo defilato dove di solito Juliet cucinava e lì rimase ad ascoltarlo un po’ incuriosita. 

“Che tu sappia, Laurenne ha delle riserve di sangue da qualche parte? Immagino che con tutti i feriti che arrivano ne conservi qualcuna.” 

Lei non riuscì a nascondere un certo disorientamento. “Sì, dovrebbe essercene qualche sacca in infermeria.” rispose comunque, premurandosi a sua volta di parlare sottovoce. “Perché?”

“Claire ha bisogno di nutrirsi. Tra poco sarà plenilunio e vorrei evitare altri incidenti spiacevoli. Mi puoi aiutare?” 

La perplessità si fece strada sul volto di Juliet. Si trattava di una richiesta non facile da soddisfare.

“Ovviamente io non posso entrare, ma ho pensato che tu, frequentando spesso quel posto, potresti procurartene un paio.” continuò Dean, accortosi subito dei suoi dubbi. “Non gliene servirà molto. Le basterà assumerne poco alla volta.”

“Dean, non lo so…” Ebbe un attimo di esitazione, mentre rifletteva sul da farsi. “Insomma, non c’è niente che non farei per Claire, ma quel sangue serve per i feriti… E poi Laurenne è via, sarebbe il caso di aspettare che torni per chiederglielo.” 

“Purtroppo non c’è tempo. Con il plenilunio alle porte non è escluso che Claire possa avere altre crisi. Ha bisogno di nutrirsi prima possibile. Oggi è finita bene, ma non sappiamo come andrà la prossima volta… Anzi, a essere sinceri preferirei evitare che ci sia una prossima volta.” si corresse lui, come sempre badando più alla concretezza che alla forma. Era abbastanza certo che Laurenne avrebbe compreso l’urgenza della situazione.

Alla fine risultò convincente, perché Juliet annuì, sospirando rassegnata. “Va bene. Più tardi ci proverò.” Sapeva già che non sarebbe stato semplice avvicinarsi all’unico frigorifero esistente nell’accampamento senza che qualcuno degli aiutanti della sciamana la notasse e ancor più riuscire nell’impresa di andarsene portando con sé le sacche di sangue, ma avrebbe fatto lo stesso un tentativo. Magari verso sera, quando l’infermeria era meno frequentata. 

Dean le rivolse un sorriso riconoscente. “Grazie.”

Mentre ricambiava, lei pensò che in fondo i suoi scrupoli potevano anche attendere. Il benessere di Claire contava più di ogni altra cosa. “Come sta?” gli chiese poco dopo. Per tutto il tempo in cui era rimasta sola non aveva fatto altro che pensare all’espressione piena di rimorso dell’amica, tormentandosi per non essere stata in grado di rassicurarla, paralizzata com’era dalla paura. 

“Meglio.” rispose Dean. “Alla fine si è calmata, anche se si sente ancora in colpa. Devo ammettere di essere rimasto sorpreso dalla sua capacità di autocontrollo, ma del resto tiene troppo a voi per pensare di farvi del male e questo è un vantaggio. Lo dimostra il fatto che abbia preferito scappare piuttosto che aggredirti.”

A Juliet sfuggì un sorriso triste. Nonostante potesse a stento immaginare cosa stesse passando Claire in quel momento, avrebbe tanto voluto poter fare qualcosa per farla stare meglio. Si sentiva così impotente. Il lato positivo era che Dean fosse lì, che almeno uno di loro sapesse cosa fare. A quel punto le venne naturale alzare di nuovo lo sguardo su di lui. Non si erano parlati molto dalla notte dell’arrivo di Claire e a dirla tutta si era già stancata di tenergli il muso. “Dean…” mormorò d’un tratto, esitando in cerca delle parole. “Grazie per quello che stai facendo. Intendo aiutare Claire. Non eri obbligato.”

Per un istante lo vide interdetto, prima di sorriderle ancora. “Figurati, non mi pesa. Te l’ho detto, ho una certa esperienza con i novellini. E poi è anche nel mio interesse che impari a controllarsi.” Di fronte alla sua aria interrogativa provvide a spiegarsi meglio. “Non posso rischiare che si ripeta la scena di stamattina e del resto non sarà possibile evitare per sempre che voi due rimaniate sole. Perciò le sto insegnando a stare in mezzo agli esseri umani senza che questo le provochi sofferenza e sia un pericolo per gli altri.” concluse.

Soddisfatta della risposta, Juliet continuò in silenzio a guardarlo e, quando con il dorso della mano salì a sfiorarle la guancia nel punto in cui si era ferita, non si mosse. 

“Ti fa male?” chiese premuroso.

Lei scosse la testa. Sopra vi aveva applicato una garza per tamponare il sangue e per nascondere il taglio in previsione del ritorno di Claire, ma il dolore era sparito da un pezzo. “È solo un graffio. Guarirà presto.” 

Non aveva neanche finito di dirlo, che Dean si avvicinò ancora, finché i loro volti non si sfiorarono e Juliet lo sentì posare le labbra sulla garza nel modo più delicato possibile. 

“Sei sicura?” le sussurrò all’orecchio, provocandole un brivido lungo la schiena. 

Era talmente tesa che a stento riuscì a emettere un fiato. “In effetti…” deglutì. “Ora che ci penso brucia ancora un po’.”

Quando ridacchiò divertito, il suo respiro sul collo le procurò l’ennesimo brivido e un sussulto di eccitazione le sfuggì senza volerlo nell’istante in cui la attirò a sé per baciarla. Un bacio all’inizio appena accennato, ma che cresceva d’intensità man mano che Dean prendeva consapevolezza della sua intenzione di assecondarlo. Come se le fosse mai venuto in mente il contrario. Le era mancato fin troppo in quella manciata di ore trascorsa dalla loro ultima discussione e ogni volta provava sempre più impazienza di fare pace. 

Dopo un lasso di tempo che per lei era sempre troppo breve, si separarono. 

“Spero non resti la cicatrice.” confessò, temendo che stesse pensando a quello mentre la guardava. 

Lui, invece, rise della sua ingenuità. “Non rimarrà. E se anche dovesse, non cambierebbe nulla. Saresti comunque bellissima.”

Il cuore le si sciolse come se fosse stato fatto di cera e in quel preciso momento sentì di non essere mai stata più innamorata di lui. Avrebbe voluto esternarlo, ma Dean glielo impedì con un altro bacio e il proposito si cancellò di colpo dalla sua mente. 

Stava per perdere definitivamente ogni volontà, quando di punto in bianco qualcuno da fuori annunciò la propria presenza e riconobbero la voce di Qiang. Il guerriero domandò se Dean fosse lì con loro e lui, ritrovando in breve tempo il contegno che Juliet aveva già dato per perso, diede la sua conferma.

“Non vorrei disturbare, ma Najat ha chiesto di te.” lo informò il guerriero, parlando a voce alta per sovrastare il chiacchiericcio e il trafficare dell’ambiente esterno. “Ha messo a punto un piano di attacco per la prossima incursione e vorrebbe sentire il tuo parere.” 

L’espressione che Juliet gli riservò era tutta un programma e la cosa non sfuggì a Dean, che però provvide innanzitutto a liquidare il seccatore. “D’accordo. Puoi dirle che la raggiungerò più tardi?” tentò, sperando che bastasse.

“Veramente mi ha chiesto di accompagnarti subito da lei.” 

A quel punto, Dean sospirò rassegnato. “Va bene, dammi solo un minuto.” acconsentì.

“Okay, ti aspetto qui fuori.”

Quando i loro sguardi si incontrarono di nuovo, il disappunto sul volto di Juliet era lampante. 

“Mi dispiace.” si scusò allora, intuendone il motivo.

“Non fa niente, tranquillo.” mentì lei, affrettandosi a cambiare espressione. D’altronde, nonostante faticasse a mandare giù che Najat le avesse rotto le uova nel paniere, non poteva farci niente. Certo, il sospetto che lo facesse di proposito le aveva attraversato la mente, ma si era trattato di un attimo. Ovviamente era un’assurdità.

“Porto Claire con me. Non mi fido a lasciarla qui finché è a stomaco vuoto.”

Juliet annuì appena, rispondendo poi al suo bacio con scarsa convinzione e Dean ci fece caso, perché si soffermò qualche istante sulle sue labbra, come se si aspettasse qualcosa in più, prima di sussurrarle: “A più tardi.”

Senza aggiungere altro, se ne andò e Juliet lo sentì chiamare Claire per avvertirla che sarebbero usciti. Pervasa da uno strano senso di dejà-vu, si chiese come fosse possibile passare dalla felicità alla delusione nel giro di così poco tempo.
   
 
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