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Autore: Shireith    31/10/2021    1 recensioni
Papillon è stato sconfitto, ma le dinamiche non sono chiare a nessuno. La stessa Ladybug nutre dubbi a riguardo. Per di più, senza che gliene spieghi il motivo, un giorno Chat Noir la abbandona.
Cinque anni dopo, il passato ritorna per entrambi.
• Long what if? che non tiene conto della quarta stagione perché quando mi è venuta l’idea ancora non era andata in onda. Lovesquare in tutte le salse con tanta Adrienette e Ladynoir. Scritta seguendo i prompt del #Writober2021 di Fanwriter.it (lista pumpBLANK – prompt misti scelti tra le quattro liste presenti).
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Alya, Gabriel Agreste, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo undicesimo


(29 — blu)
  
 Marinette vedeva blu.
 Abbandonata sul fondo di un oceano aveva sempre pensato di non avere scelta: ovunque si girasse c’era un blu scuro e cattivo che allungava i suoi tentacoli per spingerla sempre più a fondo e se non stava attenta rischiava di annegarci dentro. Risalire in superficie e guardare il blu chiaro del cielo, tornare a respirare senza il timore che qualcuno la ributtasse in mare non era mai stata, almeno credeva, un’opzione valida.
 Ma ora che Alya sapeva Marinette non annegava più, era tornata a respirare, non aveva paura di gonfiare il petto per riempirsi i polmoni d’aria col solo risultato di attirare a sé acqua che l’avrebbe uccisa.
 Il blu del fondo dell’oceano freddo e desolato era diventato il blu del cielo limpido e caldo.
 Avvolta in una coperta (quella era verde, non blu), Marinette accettò volentieri la tazza di caffè che Alya le porgeva. La seconda, per la precisione. Il caffè di prima si era freddato ed era imbevibile. Questa volta Alya ci aveva messo un cucchiaino di zucchero. Marinette pensò che se non fosse stata mattina presto avrebbe chiesto direttamente una bottiglia di vino, e tante grazie. Apprezzò, comunque, il calore che la bevanda bollente le infuse nelle mani.
 Alla sua sinistra, Tikki si stava riempiendo la pancia di biscotti. Alya la guardava con profondo interesse, riconoscendo in lei lineamenti e proporzioni simili a quelli di Trixx.
 Marinette mandò giù un po’ di caffe. «Da quanto sapevi?»
 Solo quella domanda riuscì a indurre Alya a staccare gli occhi da Tikki.
 «È più corretto dire che sospettavo. Cioè, i miei sospetti su di te erano, tipo, al novantanove per cento, mi mancava solo la prova schiacciante.»
 Marinette immaginò l’orgoglio giornalistico di Alya protestare a quell’ammissione.
 «Però se mi avessero chiesto di metterci la mano sul fuoco l’avrei fatto. Una brava giornalista sa fidarsi del proprio istinto quando serve.»
 «Non hai mai pensato di chiedermelo?»
 Il solo fatto che non l’avesse mai confrontata a riguardo dimostrava che, nonostante tutto, il forte senso di amicizia di Alya sbaragliava qualsiasi altra cosa, dall’amore per la verità all’arte del ficcare il naso ovunque di cui era fierissima portatrice.
 «Onestamente? Tutti i santi giorni. Non ne hai idea. Ma… ero sicura che, quando e se avessi mai deciso di dirmelo, sarebbe stata una tua scelta.»
 Marinette avrebbe voluto stringerla in un abbraccio così forte da romperle tutte le articolazioni.
 «Ed è per questo che sono la migliore, sì, sì, sì, sì, lo so. Ora, le cose importanti. Ho diciassette domande.»
 «Te ne concedo tre.»
 «Cinque.»
 «Cinque sia.»
 Alya annuì soddisfatta. «Voglio sapere com’è andato l’appuntamento con Adrien. Nino mi ha detto che gli ha scritto verso l’una e mezza di aver lasciato il tuo appartamento e ovviamente voglio tutti i dettagli. Prima, però…» Il suo tono di voce cambiò, s’addolcì come imbevuto di dieci zollette di zucchero. «Dov’è stato Chat Noir per tutto questo tempo? Perché è tornato solo ora?»
 Marinette sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Non solo era pronta, era addirittura contenta che Alya avesse introdotto l’argomento: sentiva che parlarne con qualcuno che non fosse Tikki poteva davvero aiutarla, come se fino ad allora sia lei che il kwami avessero ignorato un indizio importante che poteva giustificare lo strano comportamento di Chat Noir.
 «Non lo so.»
 «Non lo sai?»
 Marinette puntò lo sguardò sulla tazza. «Non lo so», ripeté dopo essersi schiarita la gola. «Cinque anni fa, una sera, mi ha dato appuntamento.» Sorvolò sulla parte del loro posto speciale, l’avrebbe lasciata per un altro momento. «Mi ha detto che se ne sarebbe andato, che non poteva spiegarmi niente. Ha lasciato il miraculous ed è sparito. L’ho rivisto ieri notte per la prima volta.»
 La bocca di Alya non si spalancò fino a terra solo perché non le era possibile. Dovette riprendere fiato prima di domandare: «È successo dopo che avete sconfitto Papillon, no?»
 Marinette annuì. «Non so se c’è un collegamento», la intercettò quando la vide schiudere le labbra. «Ci ho pensato tantissime volte, ma… che collegamento vuoi che ci sia?
 Alya si concesse un breve silenzio. Marinette ne comprese le ragioni quando con voce incerta azzardò: «Non credi possibile che si sia alleato con Papillon, vero?»
 «No.»
 Marinette non si stupì della prontezza della sua risposta. Non avrebbe mai potuto odiare Chat Noir, ma anche nell’eventualità che ci fosse riuscita, nemmeno allora l’avrebbe ritenuto capace di un simile gesto. Papillon avrebbe potuto offrirgli il mondo e Chat Noir avrebbe comunque preferito la giustizia al potere.
 «Lo credo anch’io», commentò Alya, «però è comunque strano.» Si volse verso Tikki. «Secondo te?»
 Seguì un silenzio imbarazzante.
 Marinette sospirò. «Tikki sa chi è Chat Noir.»
 Poco ci mancò che Alya le sputasse il caffè in faccia. Marinette le fu grata di essersi trattenuta.
 «E chi è?»
 «Non lo so.»
 «Non spetta a me rivelare la sua identità», s’intromise la vocina pacata di Tikki, senza dare ad Alya il tempo di ribattere (la sua reazione fu tuttavia chiara dal modo in cui aveva allargato gli occhi). «Anche adesso che niente impedisce a Chat Noir di rivelarsi per chi è davvero, deve essere una decisione che spetta a lui.»
 Sebbene Marinette, da principio, avesse faticato ad ammetterlo, una parte di lei aveva sempre saputo che il ragionamento di Tikki aveva una sua logica. Quando Chat Noir se n’era andato, poi, l’aveva pregata – anche se credeva di non averne il diritto – di non chiedere né a Tikki né a Plagg di svelarle la sua identità. La sua voce era risuonata più seria che mai, come se quella semplice informazione potesse distruggere qualsiasi cosa stesse nascondendo. Ed era proprio quello, il problema: essendo all’oscuro di cosa le stesse nascondendo, Marinette non sapeva dove sbattere la testa.
 Ci pensò Alya a strapparla ai suoi pensieri.
 «Però niente ti evita di indagare, giusto?»
 La scintilla che Marinette vide guizzare nei suoi occhi era fin troppo familiare, segnalava in maniera inequivocabile che la sua migliore amica aveva ceduto il posto alla giornalista dal fiuto infallibile.
 Marinette scambiò un’occhiata incerta con Tikkii. «Tecnicamente no. Però Chat Noir mi ha chiesto di non farlo.»
 L’aveva lasciata senza uno straccio di motivazione, le aveva tagliato il cuore in due ed era ricomparso per terminare l’opera – Chat Noir aveva fatto tutto questo, eppure Marinette rimaneva appigliata alla sua promessa, alla certezza che una motivazione, qualsiasi essa fosse, doveva esserci.
 Alya si abbandonò a un lungo sospiro. «Ammiro la tua fedeltà, ma arrivati a questo punto non penso che Chat Noir se la meriti. Hai il diritto di sapere.»
 Un suono ovattato le interruppe. Marinette seppe con certezza che era il suo telefono ad averlo emesso perché lo sentì vibrare in una tasca dei pantaloni. Nell’arco di quattro secondi Marinette lesse un messaggio di Joëlle e il terrore s’impossessò del suo volto mentre scattava in piedi come una molla (non versò il caffè per terra solo perché la tazza era già vuota) e urlava come a voler annunciarlo a mezzo mondo di essere in ritardo per il suo lavoro.
 «Ne riparliamo più tardi!» urlò anche Alya mentre Marinette si precipitava fuori dall’appartamento. «Hai altre diciannove domande a cui rispondere», sbuffò poi quand’era ormai da sola, perché intanto gliene erano venute in mente altre.
   
 
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