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Autore: eddiefrancesco    02/11/2021    1 recensioni
Incuriosita dall' inaspettata eredità che le ha lasciato la sua madrina, un'eccentrica signora conosciuta come la strega di Wychford, la contessa Octavia Petrie decide di andare a dare un' occhiata alla nuova proprietà.
Ma arrivata in quella splendida villa di campagna a causa di un equivoco viene scambiata per una istitutrice dal tenebroso Edward Barraclough, il nuovo affittuario e dalle sue nipotine.
Ma ancora non sa in che guaio è andata a cacciarsi!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Octavia decise di non uscire a cercare Pip immediatamente. Lei era una bambina sensata e un breve periodo da sola le avrebbe fatto passare i malumori. Perciò trascorsero alcuni minuti prima che Octavia e Lisette cominciassero a fare il giro del lago. Le foglie stavano cambiando rapidamente colore e le chiome degli alberi erano più vive che mai. Lisette era incantata, e lei e Octavia passarono più tempo di quanto avessero stabilito raccogliendo esemplari da essiccare tra le pagine degli album. Era un pomeriggio sereno quando avevano lasciato la casa, ma ora in cielo si stavano addensando delle nubi e l'aria si era fatta decisamente più fredda. Le giacche leggere e gli abiti di mussola erano diventati insufficienti, e Octavia decise che Pip aveva avuto tempo sufficiente per sfogarsi. Era ora di trovarla e rientrare. Conoscevano troppo bene la bambina per cercarla lungo i sentieri o tra i cespugli. Pip amava arrampicarsi. Ma dopo qualche minuto passato a scrutare le chiome di tutti gli alberi preferiti da Pip, chiamandola a gran voce, fu chiaro che il diavoletto si stava deliberatamente nascondendo. Octavia si sentì crescere dentro irritazione e ansia. Cominciavano a cadere i primi goccioloni di pioggia e Lisette era scossa da brividi. Octavia si tolse la giacca e, ignorando le proteste della ragazza, gliela mise sulle spalle. Poi proseguirono, cercando sempre più lontano dalla casa. Finalmente, colsero un lampo rosso su un ramo che si protendeva sopra il versante più remoto del lago. Octavia si infurio'. Gli alberi sulla riva del lago erano stati proibiti, e così pure i rami alti di qualunque altro albero. Pip aveva violato due delle regole principali. Ma non era il momento di dar sfogo alla collera. La pioggia stava scendendo più fitta, e si stavano inzuppando tutt'e tre. Non bisognava innervosire Pip. La discesa dall'albero sarebbe già stata abbastanza difficile, in quelle condizioni. Octavia controllo' la voce. «Bene!» chiamò. «Mi chiedevo dove foste finita. Vi sentite meglio? Siete pronta a scendere? Vi bagnate tutta, lassù. Credo che sia meglio rientrare.» «Non siete in collera con me perché sono salita su quest'albero?» domandò Pip. «Ero sicura che lo sareste stata.» «E allora, perché lo avete fatto?» «Volevo punirvi! E non scendero' finché non avrete detto che non ve ne andrete!» gridò Pip in tono di sfida. «Miss Froom non ci avrebbe lasciate sole per due giorni, e non dovreste farlo neanche voi.» «Farmi arrabbiare non servirà. Potrei essere tentata di restare via più a lungo!» esclamò Octavia. «E poi, non saremo sole. Edward resterà con noi. Ti piace la sua compagnia, vero, Pip? » imploro' Lisette. «A Edward non piace la mia! Invita a cena altre persone, ma non me.» «Edward sta benissimo in tua compagnia! Guarda quanto tempo passa a Wychford, pur essendo un uomo così impegnato.» Pip scosse la testa ostinatamente. «Non è vero! Non ci voleva neanche portare qui.» Mettendo più autorità nella voce, Octavia intervenne. «Philippa, sono troppo bagnata per discutere e la povera Lisette ha freddo. Mi sta venendo il torcicollo a guardarvi da qua. Parliamone sulla terraferma.» «Non so dove sia!» «Sì che lo sapete. Scendete, Pip. Torniamo in casa a mangiarci delle focaccette tostate davanti al fuoco. Molto meglio di una noiosa cena.» Pip amava le focaccette. Esitò, poi cominciò ad avanzare lentamente lungo il ramo. Le scivolo' un piede sulla corteccia viscida e Octavia trattenne il fiato. Ma Pip si aggrappo' a una sporgenza e si tenne stretta. Guardò giù. «Non... non ce la faccio!» esclamò incerta. «Certo che ce la fate, Pip. Siete salita, no? Ora potete scendere.» Pip avanzò di qualche centimetro, poi, proprio mentre raggiungeva il tronco dell'albero, scivolo' di nuovo. Per un momento terribile, parve che questa volta cadesse davvero. Ma con quello che parve un enorme sforzo riuscì a girarsi e si sedette con la schiena contro il tronco. La sua voce si fece stridula. «Miss Petrie! Non ci riesco. È... è troppo scivoloso. Non ce la faccio.» Octavia ebbe una stretta al cuore. Era quello che aveva temuto. Pip era salita in preda alla rabbia, ma ora vedeva il pericolo. Non le mancava il coraggio, e in circostanze normali se la sarebbe cavata. Ma ora era infreddolita, bagnata e probabilmente anche affamata. Era letteralmente paralizzata dallo spavento. «Miss Petrie! Miss Petrie, cosa faccio? Ho paura!» Octavia si girò verso Lisette. «Correte in casa! Chiamate aiuto. Io resto qui. Presto!» Lisette lanciò un'occhiata ansiosa alla sorella. «Non dovrei restare io?» Octavia disse con decisione: «Siete più veloce di me. Andate!» Con suo profondo sollievo, Lisette si allontanò di corsa senza altre discussioni. Octavia aveva già deciso cosa fare. Lisette doveva girare tutt'intorno al lago per arrivare a casa, e nel frattempo Pip si sarebbe infreddolita e sarebbe diventata ancora più rigida. Lasciata sola lassù troppo a lungo, avrebbe potuto fare un altro tentativo di scendere. Un tentativo che si sarebbe potuto rivelare disastroso. Octavia esamino' l'albero. Ne aveva scalati di più difficili, da bambina. Era piccola di statura ma agile. Le gonne lunghe le sarebbero state di impaccio, ma... Si sfilò le calze e le usò per legarsi l'abito sopra le ginocchia. Mentre si rimetteva le scarpe, gridò: «Restate dove siete, Pip. Salgo su da voi» Poi tirò un bel respiro e cominciò ad arrampicarsi. La pioggia le colava lungo il viso e negli occhi, ma la ignoro', concentrandosi sul modo di raggiungere la bambina terrorizzata. Fu un enorme sollievo quando le arrivò vicino e si sentì sicura al punto di prendere Pip tra le braccia e di appoggiarsi con lei contro il tronco. Erano tutt'e due bagnate e intirizzite, ma avrebbero dovuto attendere gli aiuti. Octavia non poteva portare giù Pip da sola. Edward era rientrato inaspettatamente presto da Londra e si stava togliendo il mantello bagnato nell'atrio quando Lisette fece irruzione dal portone. Un'occhiata al suo viso sconvolto e ai suoi abiti inzuppati, e si irrigidi'. «Cos'è successo? Si tratta di Pip? Dov'è?» Lisette cominciò a singhiozzare parole incoerenti, ma non appena riuscì a descrivere dov'era Pip e l'istitutrice, Edward si girò verso il palafreniere e gli ordinò di correre verso il lago. Poi, fermandosi solo l'attimo necessario a dare istruzione alla governante e affidarle Lisette, lo seguì. Al principio, Edward pensò che Lisette gli avesse dato delle indicazioni sbagliate. A parte Jem, non c'era nessuno sotto l'albero. Poi udì un grido. Alzando gli occhi, vide quello che gli parve un mucchio di abiti bagnati nell'incavo tra il grosso tronco e uno dei rami principali. Era miss Petrie. Tra le braccia, si intravedevano una giacca rossa e un groviglio di ricci neri. «Correte e prendete una scala!» ordinò al palafreniere. «E coperte! E fate venire degli uomini.» Prima che il domestico avesse fatto dieci passi, Edward s'era tolto la giacca e stava scalando l'albero. La pioggia era ancora battente, e gli appigli insidiosi. Mentre saliva, si chiese come diavolo avesse fatto miss Petrie ad arrivare fin lassù da sola. Quando fu più vicino, la sentì dire: «Ecco Edward, Pip! Non siete contenta?» La voce era calma, ma il viso rivelava la sua tensione. Li sforzo di tenere in equilibrio se stessa e la bambina sul ramo doveva essere enorme. Erano inzuppate fino alle ossa e Pip rabbrividiva, il viso nascosto nel collo di miss Petrie. Stava aggrappata alle sue spalle in modo convulso, come se non volesse più lasciarla, ed era in un tale stato di panico che portarla a terra poteva essere un problema. La prima cosa da fare era rassicurarla. Edward si fermò, sorrise a entrambe e disse allegramente: «Posso unirmi a voi, signore, o vi scorto giù?» Sedette a cavalcioni sul ramo accanto a loro. Il viso di Pip era nascosto e la stretta delle sue mani si era fatta ancora più convulsa. Miss Petrie esordì dicendo: «Credo che prima dovrete scusarvi con Pip, Mr. Barraclough.» «Per cosa?» «L'avete esclusa dall'invito a cena, ieri sera.» «Oh, che strano. Credevo non le interessasse affatto! Credevo che avrebbe preferito di gran lunga un tè con le focaccette davanti al fuoco oggi pomeriggio. Per questo ero tornato a casa presto. Sono rimasto un po' deluso, ve lo assicuro, quando non ho trovato nessuna di voi tre.» Pip alzò la testa e mormorò con una vocina esile: «Davvero, Edward? Siete tornato a casa presto, per questo? Avrei proprio voglia di mangiare una focaccetta .» «Be', allora faresti meglio a scendere, piccolina! A Mrs. Dutton non piace aspettare. Passatela a me, miss Petrie, e la porterò giù in un baleno. Bene, così.» La profonda, rassicurante voce di Edward ebbe il suo effetto. Pip si lasciò trasferire da un braccio all'altro ed Edward rivolse a miss Petrie un sorriso solidale. «Voi dovrete attendere qui, temo» disse, scivolando lungo il ramo. «Ma tornerò presto. Guarda, Pip! C'è una scala che ti aspetta, ed è proprio qui sotto. Coraggio.» Edward un po' guidò e un po' trasporto' Pip lungo la scala che era stata portata da Jem e da uno dei giardinieri. Quando la bambina fu a terra, la passò al palafreniere. «Resta con Jem ora, piccolina!» le raccomando', avvolgendola in una delle coperte. «Ti porterà subito a casa per scaldarti. Lisette è già là. Devo aiutare miss Petrie.» Jem partì ed Edward tornò ad alzare in viso verso l'alto. Aveva un piede sull'ultimo piolo della scala quando vide che miss Petrie stava scendendo la scala da sola! «Non fate sciocchezze!» esclamò. «Aspettate!» Salì in fretta la scala e arrivò giusto in tempo per vederla scivolare sull'ultimo grosso ramo prima di raggiungere la sommità della scala. Per un istante mozzafiato, miss Petrie rimase appesa, aggrappata al ramo sopra la sua testa. Edward la afferrò proprio mentre le sue mani cominciavano a perdere la presa. Con un grugnito, la strinse contro di sé. «Mi sembrava di avervi detto di aspettare» ringhio'. «P...pensavo che la vostra p... priorità sarebbe stata accompagnare Pip a casa. Mr.Barraclough, e avevo troppo freddo per attendere il vostro ritorno.» Lui vedeva quale sforzo facesse per non battere i denti. «Non capisco proprio. Normalmente sarei p... perfettamente in grado di s... scendere da sola da un albero così.» «Siete una sciocca! In questo momento non siete nelle condizioni di fare ginnastica! Siete fradicia, intirizzita e rigida per la tensione. Devo portarvi subito a casa. Non voglio trovarmi con un istitutrice malata per le mani. Andiamo!» Si mosse verso il piolo più alto della scala. Miss Petrie guardò giù, degluti', poi scosse la testa. «Dovete darmi un po' di t... tempo. Non c... non credo di farcela in questo momento. Ho le braccia e le gambe che sembrano diventate di g... gelatina. È assurdo!» Lui la guardò meglio. Era pallidissima. I capelli, sciolti dal convulso abbraccio di Pip, le scendevano sulle spalle in un groviglio di riccioli bagnati. Aveva una stria di sporco su una guancia e lo scollo dell'abito era strappato su una spalla. Non che avesse importanza. Tanto il vestito era reso trasparente dalla pioggia. Quasi senza rendersene conto, lui notò che aveva delle caviglie sottili e polpacci ben modellati... E poi si rese conto turbato che si era alzata la gonna alle ginocchia e che le sue gambe erano nude! Dicendosi con fermezza che non era il momento di farsi distrarre, si schiari' la voce. «Se io scendo la scala per primo, ce la fate a seguirmi da vicino? Così, se cadete, potrei afferrarvi. Non dovrebbe essere difficile. Credete di potercela fare?» Lei guardò a terra dubbiosa, ma annuì.
   
 
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