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Autore: douce hope    02/11/2021    1 recensioni
Quando sei Cupido è facile credere che l'amore possa nascere tra chiunque.
Di certo ne è convinta Amanda, il cui diletto è aiutare i suoi compagni di scuola a conquistare il cuore della persona amata.
Ma quando al suo cospetto si presente Michele, taciturno, altezzoso e imperturbabile, Amanda capirà che le frecce nel suo arco non sono sempre così facili da scoccare, soprattutto se il bersaglio è la ragazza più bella della scuola.
Tra amici problematici, figuracce continue e sentimenti irrazionali, Amanda comprenderà che l'amore non è semplice come credeva e che quando Cupido scocca la sua freccia, non hai più via di scampo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Trenta minuti.

Mancano trenta minuti alla fine del compito di matematica, e devo ancora finire un esercizio e ricopiare gli altri in bella copia.

Il giorno della verifica è arrivato come un incudine sulle nostre teste, e devo ammettere che Colombo non si è risparmiata.

Sebbene abbia studiato il programma alla perfezione e mi sia esercitata ripetutamente a casa, ho riscontrato delle serie difficoltà soprattutto nei primi esercizi.

Alla difficoltà del compito e il tempo limitato si è aggiunto anche il dovere morale di aiutare Alessandro, il quale sta copiando dalla sottoscritta.

Fortunatamente i compiti sono identici, ma Colombo è davvero inquietante nella sua capacità di smascherare gli alunni, e nonostante sia riuscita a passare qualcosa al mio compagno di banco sono mossa dall'ansia incredibile di essere scoperta.

Svolgo l'ultimo esercizio cercando di focalizzarmi solo su di esso e non farmi distrarre e influenzare dall'agitazione che si respira nell'aria.

Per fortuna riesco a concluderlo in un quarto d'ora.

Non mi resta che passarlo ad Ale  e ricontrollare tutti i calcoli, cosa che non mi permetterà di ricopiare la prova.

Pazienza, meglio consegnarlo pieno di scarabocchi che consegnarlo a metà.

Colombo hai voluto metterci in difficoltà? Ora ti becchi le cancellature e l'interpretazione dei miei asterischi numerati.

Prendo un profondo respiro e alzo lo sguardo per vedere cosa stia facendo la professoressa.

Indossa gli occhiali dritti sul naso e lo sguardo è puntato sulla fila vicino al muro, quindi facendo minor rumore possibile strappo un pezzetto di carta che infilo nei fogli del compito per scrivere liberamente.

Alessandro deve ancora ricopiare tre esercizi, ovvero metà verifica, e ciò significa che la mia mano dovrà muoversi più di Flash.

Comincio a scrivere guardando costantemente l'orologio mentre sento il banco muoversi sotto il movimento nervoso della gamba di Alessandro.

Lo trucido con lo sguardo e lui smette.

Con un sospiro ansioso continuo a ricopiare. 

Devo star attenta a non sbagliare nulla perché confondere un meno e un più può comportare un disastro.

Dannata matematica.

«Mancini» pronuncia la professoressa improvvisamente facendomi mancare il respiro.

Sia io che il mio compagno ci immobilizziamo e smetto di scrivere con la penna a mezz'aria.

Alzo lo sguardo per vedere la professoressa avvicinarsi al nostro banco, per poi riabbassarlo e continuare a scrivere fingendo di star svolgendo il mio compito.

Ci manca solo che mi colga in flagrante.

Quando si posiziona davanti a noi mi risulta difficile mantenere una faccia rilassata e la osservo un secondo solo per costatare il suo sguardo sospetto rivolto al mio compagno.

«Sono ben venti minuti che non scrivi nulla, cosa stai aspettando? Un'illuminazione improvvisa? O forse hai già concluso il tuo compito» afferma con tono sadico.

Tutti i miei compagni ci guardano per vedere cosa succederà da lì a poco.

«Sto pensando prof» replica Ale con tono sicuro.

Altro che musicista, dovrebbe fare l'attore.

Colombo lo scruta da sotto le lenti con poca convinzione ed esamina il suo compito dall'alto.

«Croce» mi chiama.

Il mio corpo si paralizza per il terrore e la mia mente si riempie di immagini in cui Colombo mi scopre mettendomi un due.

La guardo fingendomi serena, ma non credo di starci riuscendo bene come Alessandro.

«Fai cambio posto con Fiore» 

In questo momento tirerei un sospiro di sollievo per averla fatta franca, ma non posso non pensare ad Alessandro che inevitabilmente, con solo metà compito svolto, prenderà un'altro quattro.

Mi alzo dalla sedia rivolgendogli uno sguardo dispiaciuto e mi avvicino al banco di Laura che si alza per sedersi al mio posto.

Faccio un piccolo cenno a Marta la quale è troppo concentrata a scrivere e mi siedo pregando in un miracolo divino.

***

«Questa volta Colombo ha davvero dato il peggio di sé» mi dice Marta una volta aver consegnato i nostri compiti.

Anche lei riscontra delle difficoltà in questa materia, però da quando prende ripetizioni private è migliorata molto.

Mi chiedo perché un alunno debba pagare delle ripetizioni quando la scuola ha proprio la funzione di insegnare. Se Colombo si rendesse conto che tanti studenti necessitano di spiegazioni e attenzioni in più, saremmo tutto più felici.

Marta non è una ragazza svogliata eppure ha dovuto ricorrere ad altri rimedi e questo prova che talvolta anche chi studia molto ha bisogno di aiuto.

«Vero, io mi sono disperata nei primi esercizi» rispondo.

Sgrana gli occhi ripensando alle lunghe equazioni dateci, «A chi lo dici! Spero solo di raggiungere la sufficienza» replica con una smorfia preoccupata.

«Stai tranquilla, sono sicura di sì»

Le rivolgo un piccolo sorriso ed entrambe ci alziamo per goderci un pò d'aria dopo questo massacro. 

Anch'io non ho dato il mio meglio, e spero solo di prendere un voto decente o dovrò davvero faticare per recuperare.

Con questi pensieri mi ritrovo in corridoio e vedo Alessandro parlare con Michele.

Volevo avvicinarmi a lui per consolarlo, ma non mi sembra il caso adesso, e c'è già Michele ad assisterlo.

Alessandro fortunatamente non mi sembra arrabbiato, solo rassegnato al suo destino e amareggiato. Michele invece lo ascolta attento senza interromperlo e quando alza lo sguardo trovando i miei occhi sono totalmente impreparata.

Ma perché continuo a fare sempre questa figuraccia? 

Mi sembra abbia un microchip che lo informa del mio sguardo ogni volta.

Gli rivolgo un piccolo sorriso di saluto che ricambia, poi mi incammino in cerca di Laura rossa in volto.

Dopo poco la trovo vicino le finestre assorta a guardare il panorama.

Mi avvicino e le rendo nota la mia presenza toccandole la spalla.

«Hey» la saluto una volta poggiatami al davanzale.

«Hey» risponde in tono monocorde.

Continua a guardare fuori persa in qualche pensiero e mi allerto all'istante.

«È andato male il compito?» domando incerta e sorpresa.

Questa sarebbe una novità data la sua bravura in matematica.

Scuote la testa ma non dice altro. 

C'è qualcosa che la tormenta ma non riesco a capire cosa. Laura ha sempre la tendenza a tenersi i suoi problemi per sé, però sa chiedere aiuto se ne ha bisogno. Vederla così silenziosamente pensierosa è davvero strano.

Preferisco la sua solita aria innervosita. 

Porta i capelli biondi dietro le orecchie per poi voltarsi verso di me.

«A te com'è andata?» domanda

«Non male, penso di raggiungere la sufficienza» rispondo sondando la sua reazione, «mi preoccupo più per Alessandro in realtà» continuo nominando la persona che nel male la fa reagire.

«Perché?»

Stupita sgrano gli occhi alla sua risposta inaspettata. 

Perché non commenta acidamente come al solito, ed è addirittura interessata?

C'è sicuramente qualcosa che non va.

«Stai bene?» mi viene spontaneo chiederle.

Aggrotta le sopracciglia confusa, «Certo»

«Sei...strana»

Porta le mani sulle mie spalle scuotendole leggermente, «Sto benissimo»

Non mi convince per nulla, però forse è meglio non insistere.

Alle sue spalle vedo Michele e Alessandro avanzare per dirigersi alle macchinette e decido di riprendere il discorso.

«Il compito di Ale è andato male...di nuovo» rispondo alla sua domanda precedente.

Laura rimane silenziosa senza commentare e mi chiedo a cosa stia pensando.

Forse proprio ad Alessandro, anche se mi sembra paradossale.

Non so proprio come farà quando Colombo ci consegnerà i compiti e dovrà informare i genitori di un altro brutto voto, soprattutto dato gli ultimi avvenimenti.

Non la prenderanno affatto bene, e temo già di sapere come lo puniranno.

«Ragazze!» Sento dire una voce alle mie spalle e il momento successivo delle mani fanno pressione sulle mie spalle e Vittoria si posiziona di fronte a noi con un piccolo saltello.

È raggiante nel suo ampio sorriso, in netto contrasto con l'espressione incolore di Laura.

«Come mai così contenta?» domanda proprio lei notando il suo stato d'animo.

Vittoria si dondola sui talloni continuando a mostrarci anche i denti del giudizio, e poi ci porge dei biglietti emettendo un piccolo urletto.

Io e Laura ci guardiamo confuse per poi prenderli e scoprirne il contenuto.

JOVANOTTI TOUR 
6 APRILE 2019
STADIO OLIMPICO

«Wow...non dovevi» commenta Laura dopo qualche secondo di silenzio.

Vittoria alza gli occhi al cielo per poi strapparci i biglietti dalle mani.

«Non sono per voi» chiarisce subito, «ma per me e Marco. Sabato è il nostro anniversario e ho organizzato questa sorpresa»

Non riesce a contenere il suo entusiasmo mentre riprende a saltellare come un grillo.

«Perché Jovanotti? Non mi sembra il genere di musica che piace a Marco» le domanda la bionda.

«Perché la nostra canzone è "Chiaro di luna"! Ho fatto una fatica immane per trovarli ma ce l'ho fatta!» esclama non riuscendo a trattenere la gioia.

Sorrido intenerita nel vederla così innamorata, ma soprattutto così romantica, caratteristica che non l'ha mai contraddistinta.

Lei è la prova e la ragione per cui amo essere Cupido.

«Che gesto romantico Vic» le faccio notare appositamente per infastidirla.

Detesta essere definita romantica, perché si è sempre ritenuta una persona immune a quelle sciocchezze sdolcinate di cui ero solita nutrirmi.

Parole sue, non mie.

«Guarda che li ho presi soprattutto perché Jovanotti è il mio cantante preferito» si mette sulla difensiva.

Non riesco a contenere una risatina di fronte la sua espressione infastidita e anche Laura si lascia sfuggire un sorriso.

«Certo» fingo di assecondarla.

Vittoria sbuffa contrariata per poi mormorare un «Vado in classe» imbarazzato.

Non ci resta che ridere mentre la vediamo andare via e decidiamo di fare lo stesso dato che sta per iniziare l'ora di filosofia.

Dopo due ore di compito non so come farò a sopravvivere alla voce calma ma soprattutto capace di far addormentare del professor Parisi.

Con mio stupore quando varchiamo la porta della classe lo troviamo già lì in sommo anticipo, ma soprattutto in piedi e poggiato sulla cattedra e non mezzo morto sulla sedia.

«Ragazze sedetevi» ci invita facendo un gesto della mano in direzione delle sedie.

Entrambe andiamo ai nostri posti e il professore aspetta che tutti facciano ritorno in classe con ancora quell'aria felice.

Di solito si presenta sempre in ritardo e non vede l'ora di concludere e tornare a casa, oggi invece lo vedo particolarmente sveglio.

Quando siamo tutti seduti e composti finalmente si smuove dalla sua posizione e prende a camminare per l'aula.

Non tutti sembrano aver notato il cambiamento che vedo in lui, qualcuno infatti ha già posato la testa sulle braccia pronto a dormire durante la spiegazione.

«Ragazzi...ho una bellissima notizia» comincia all'improvviso catturando la nostra attenzione.

Se per buona notizia intende una riduzione del programma, allora non posso che concordare.

«Come ben sapete quest'anno non erano in programma gite scolastiche a causa di mancanza di accompagnatori» riprende facendoci drizzare le orecchie.

Tutti sappiamo in che direzione sta andando il suo discorso.

«Ma...ho insisto duramente con la preside in quanto ritengo fondamentali i viaggi d'istruzione per la socializzazione tra gli studenti, e ho convinto la Professoressa Rossi e la Professoressa Colombo ad accompagnare le nostre classi. Quindi preparatevi perché tra poco si parte!» conclude entusiasta.

Subito si elevano urla di gioia e d'assenso mentre Alessandro al sentir nominare la sua pena personale scuote la testa contrariato.

Tutti sembrano gioiosi di partire, e devo ammettere che anche io non sono da meno. Adoro viaggiare, e questo sarà il nostro primo viaggio come classe dato che gli anni precedenti non abbiamo avuto questa possibilità.

Credo infatti che nessuno desisterà sebbene ad accompagnarci ci sarà l'uccello del malaugurio.

«E quale sarà la meta professore?» domanda Vanessa da infondo l'aula.

Il prof si apre in un sorrisetto prima di pronunciare con aria solenne, «Firenze» 

Il mio respiro rimane intrappolato nei polmoni mentre la voce del professore che ci informa di maggiori dettagli mi arriva ovattata alle orecchie.

Firenze.

La città che sogno di visitare da sempre.

Il Duomo, Ponte Vecchio, Gli Uffizi, La cupola di Brunelleschi, Santa Maria Novella, L'Arno.

E tantissime altre meraviglie da scoprire.

Non ci posso credere.

Sento la pelle d'oca in tutto il corpo, proprio come ogni volta che sono emozionata e con il cuore a mille.

Non potevo ricevere notizia più bella.

Firenze sarà sicuramente affascinante, incantevole e...romantica, soprattutto se la si conosce bene e si sa quali posti visitare.

Un momento. 

Come ho fatto a non pensarci prima? 

È come se avessi ricevuto un aiuto dall'alto.

Questa è la mia opportunità e Firenze è semplicemente perfetta.

***

Ho sempre paragonato la campanella dell'ultima ora agli Hunger Games, con i ragazzi che corrono come dei forsennati per uscire dalla prigione in cui siamo rinchiusi per sei ore consecutive, che spintonano senza grazia il malcapitato di turno e pestano i piedi puntualmente quando indossi le scarpe nuove di zecca.

Oggi mi ritrovo ad essere proprio una di quelle persone, infatti quando la campanella suona volo via senza salutare nessuno.

Probabilmente Alessandro avrà pensato che avessi un'incontinenza intestinale, ma pazienza. Devo essere veloce.

Devo parlare con Michele della mia idea, e dato che con mille studenti nel cortile è difficile individuarlo, dovrò essere io ad aspettarlo vicino il portone e avvistarlo al momento della sua uscita.

Dopo aver sceso le scale come mai prima d'ora mi ritrovo con il fiatone fuori scuola e la milza dolorante.

Devo seriamente iniziare ad andare in palestra.

Perlustro i volti dei miei compagni uno ad uno e quando finalmente lo vedo mi avvicino repentinamente.

Quando incontra i miei occhi i suoi si tingono di stupore, ma non gli do tempo di aprire bocca perché afferro la sua giacca e lo trascino con me obbligandolo a seguirmi.

«Che stai facendo?» lo sento chiedermi, ma decido di non rispondere.

Spintono qualche ragazzo che ha deciso di impalarsi nel mezzo del cortile e mi dirigo dietro le scale antincendio.

È l'unico posto in cui si può avere più tranquillità e parlare liberamente senza orecchie indiscrete a sentirci.

Quando rallento la presa Michele si liscia la giacca stropicciata dalla mia stretta, gesto che mi provoca non poco divertimento.

«Non preoccupati principino, non è nulla che un ferro da stiro non possa risolvere» lo prendo in giro.

Michele in risposta fa una smorfia che non fa che divertirmi di più.

«Che ti è preso?» mi chiede riferendosi alla mia furia.

Incrocio le braccia al petto e mi accomodo su uno scalino .

Lui resta in piedi a fissarmi pronto a ricevere risposte.

C'è qualcosa di diverso in lui, forse il fatto che indossi dei semplici jeans e una maglietta nera, o forse i capelli leggermente scompigliati.

Sì, devono essere i capelli. Di solito li tiene in perfetto ordine.

Amanda non ti distrarre.

«Tu di filosofia hai Parisi, giusto?» domando sperando che la memoria non mi inganni.

«Sì, perché?» conferma facendomi rilassare.

«Vi ha parlato della gita, immagino» 

Nel suo sguardo passa un'ombra che non riesco  a spiegarmi, ma è solo un istante.

«Sì» dice soltanto.

Mi alzo per fronteggiarlo e gli poggio una mano sulla spalla per fargli aprire gli occhi.

«Michele, questa è l'occasione perfetta» dichiaro.

Si scosta leggermente confuso da quello che gli sto dicendo.

«Perfetta per cosa?» domanda incerto.

«Come per cosa? Per il piano Cupido!» gli faccio notare ovvia e allo stesso tempo disorientata.

Possibile che un ragazzo intelligente come lui non capisca una cosa così semplice?

«La classe di Rebecca verrà con la Professoressa Rossi e avrete modo di stare finalmente insieme!» continuo felice.

Le gite sono delle vere e proprie fughe d'amore degli adolescenti, sia per chi ha già il cuore impegnato sia per chi vuole rimorchiare.

Questo viaggio a Firenze sarà l'occasione giusta per Michele non solo di farsi conoscere ma anche di conquistare Rebecca. Ha una conoscenza di Firenze che nessuno di noi possiede, e potrà conquistarla non soltanto portandola in posti poco conosciuti e romantici, ma anche con la retorica.

Alle ragazze piacciono i ragazzi acculturati, e sono sicura che Rebecca non è da meno.

Con Firenze da sfondo e la magia che solo una gita scolastica è in grado di trasmettere, la loro storia potrà finalmente sbocciare ed essere rappresentata in una cartolina.

«Non verrò a Firenze» mi informa.

In un secondo tutto il mio piano e progetto ad occhi aperti viene distrutto e strappato in mille pezzi.

In che senso non viene?

«Cosa?» il tono mi esce inevitabilmente scontroso.

Devo chiudere questa storia il prima possibile, perché anche se ho chiarito i miei rapporti con Michele, non riesco più a sostenere l'ansia del piano.

Di solito riesco a concludere tutto molto velocemente, e non voglio che questa storia si protragga ancora a lungo.

«Mi sembra inutile spendere dei soldi per andare a visitare una città che conosco a memoria» fa spallucce.

«Michele, le gite sono fatte per interagire con gli altri, non solo per vedere una città» gli faccio presente.

«Mi bastano le persone con cui interagisco»

Espiro aria dal naso cercando di calmarmi. Il poverino non sa che ho poca pazienza e che si sta esaurendo alla velocità della luce.

«Michele, ti ricordi cosa ti ho chiesto quando ho accettato di aiutarti?»

Apre la bocca ma lo interrompo subito, «Ti ho domandato se fossi disposto ad aprirti con me. E tu mi hai detto che avresti fatto di tutto per conquistarla. Sbaglio?»

Rimane in silenzio memore della nostra conversazione.

«Questa è la tua concezione di tutto?» lo provoco.

«È solo una gita!» allarga le braccia esasperato.

Il suo tono di voce, la sua postura rigida, i suoi occhi, mi fanno capire che non sono i soldi il problema.

«Hai detto che ti saresti fidato di me»

«Mi fido infatti» risponde in un sussurro.

I suoi occhi brillanti mi guardano con fermezza, e anche se so che non sta mentendo non posso non credere che mi stia nascondendo qualcosa.

So che non posso forzarlo a fare qualcosa che non vuole, ma come posso aiutarlo se lui non me ne da modo?

È lui quello innamorato di Rebecca, non io.

«Non posso costringerti a venire in gita» affermo dopo qualche secondo di silenzio mantenendo il contatto con i suoi occhi, «però se il motivo non sono i soldi, le tue sono solo parole a vento»

Mi umetto le labbra distogliendo per un momento lo sguardo e trovare le parole giuste.

«Dobbiamo essere partner in questa storia, perché da sola non ce la posso fare, lo capisci?» 

Muove la testa in un gesto d'assenso scompigliandosi i capelli in un gesto nervoso, riflettendo sulle mie parole.

«Se non vuoi venire in gita allora non sarà quella l'occasione perfetta. Ne troverò un'altra, non ti preoccupare...però tu pensaci»

Gli volto le spalle e comincio e tornare indietro verso il cortile, non prima di dirgli, «Intanto avrò modo di conoscere i gusti di Rebecca» 

Mi allontano lasciandolo con i suoi pensieri, e pianifico la mia prossima mossa.

***

«Un pigiama party?» chiede mia madre con sguardo allucinato.

Mescola il sugo nella padella mentre aggiungo il sale all'acqua per la pasta.

«Che cosa stupida» commenta Samanta seduta al tavolo.

Le lancio un'occhiataccia e decido di ignorarla.

«Saremo solo poche di noi» continuo cercando di convincerla.

«Chi?» mi domanda continuando a prestare attenzione ai pomodori.

«Vittoria, Laura e altre due ragazze che non conosci»

«E dove vi metterete tutte?» 

«Io ho un letto abbastanza grande da dormire in tre, poi abbiamo anche due brandine. Lo sai che ci entreranno nella mia camera. Ti prego fammelo fare!» 

Congiungo le mani mostrandole l'espressione più tenera che il mio viso è in grado di produrre.

Purtroppo viene smorzata dal commento di Samanta in sottofondo, «Ma quanti anni avete? Dieci?»

Innervosita mi volto nella sua direzione «Nessuno ha chiesto la tua opinione»

Mi volto nuovamente verso mia mamma replicando lo sguardo di Bambi.

«E va bene!»

Un urletto mi sfugge dalle labbra mentre l'abbraccio ringraziandola.

Almeno una parte è andata a buon fine.

Faccio anche una linguaccia a Sam, giusto perché non guasta mai, poi notando che l'acqua sta bollendo calo la pasta.

«Sam, oggi devi andare a prendere tu Amanda a danza, io ho una riunione» le ricorda mia madre.

Sam alza gli occhi dallo schermo del telefono improvvisamente alterata.

«Non posso, mi devo vedere con Ludovico» 

«Tua sorella non può tornare a casa da sola alle otto e mezza di sera» 

Guardo Samanta sconcertata, non può davvero abbandonarmi! Ho già perso troppe lezioni ultimamente.

«Amanda ha due gambe perfettamente funzionanti e in alternativa c'è l'autobus. Non sono il suo taxi personale» e con questo si alza da tavola andando in camera sua e chiudendo la porta.

E lasciandomi in cucina ferita.
 

   
 
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