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Autore: eddiefrancesco    05/11/2021    1 recensioni
Incuriosita dall' inaspettata eredità che le ha lasciato la sua madrina, un'eccentrica signora conosciuta come la strega di Wychford, la contessa Octavia Petrie decide di andare a dare un' occhiata alla nuova proprietà.
Ma arrivata in quella splendida villa di campagna a causa di un equivoco viene scambiata per una istitutrice dal tenebroso Edward Barraclough, il nuovo affittuario e dalle sue nipotine.
Ma ancora non sa in che guaio è andata a cacciarsi!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Pip, nella sala da musica, portò suo zio da Octavia e unì le loro mani. «Edward vi mostrerà come si fa.» «Io... credo di conoscere i passi, Pip. Tuo zio si sarà già stancato, ne sono certa.» «Ballate con Edward, miss Petrie!» la incito' Lisette. «Solo qualche passo... Mi piacerebbe vederlo fare bene.» «Miss Petrie?» chiese Mr. Barraclough, alzando un sopracciglio. «Potete concedermi questo onore?» Il contrasto tra quel sopracciglio e il tono eccessivamente formale fece ridere Octavia. Entrò nello spirito del gioco. «Oh, grazie, signore.» Fece una aggraziata riverenza. «Naturalmente.» Lui la condusse al centro della sala e si inchino' a lei. Lisette attaccò un'altra animata danza e loro cominciarono a girare vorticosamente, sotto gli occhi affascinati di Pip. Nessun ballo si sarebbe potuto svolgere in modo più decoroso, o sotto l'occhio di uno chaperon più attento. Non stavano ballando un valzer o una quadriglia, bensì un'innocente danza campestre con poco contatto ravvicinato. Non si scambiarono neppure un'occhiata allusiva. Ma a nessuno dei balli a cui aveva partecipato a Londra, Octavia si era mai sentita come nella sala da musica di Wychford, al suono del piano di Lisette: in armonia con il suo cavaliere, turbata dal suo tocco, pur lieve che fosse. Fecero un paio di danze, alla fine delle quali lei decise che era meglio smettere. Con una riverenza, disse: «Credo che Lisette possa essere soddisfatta, sir.» «Forse, ma io no» mormorò lui, inchinandosi. Octavia arrossi' e lo guardò con rimprovero. Fu un errore. Mr. Barraclough aveva una luce tanto malandrina negli occhi che lei era seriamente tentata di ricambiare il suo sorriso. Questo non poteva essere, perciò disse severamente: «Mi pare che Pip abbia avuto abbastanza eccitazione per oggi, Mr. Barraclough. Vado a vedere se Mr. Dutton ha qualcosa da suggerire per la cena.» Octavia non riuscì a dormire, quella notte. Dopo essersi rigirata per molto tempo, si alzò a sedere sul letto e fissò il cerchio di luce gettato dalla piccola lampada accanto alla porta. Era stata messa lì al tempo della malattia di Pip, e ora veniva accesa tutte le notti, in caso la bambina avesse un altro dei suoi incubi. Ma, al posto della stanza, vide un volto abbronzato, un sopracciglio un po' sollevato da una cicatrice, il fascinoso sorriso di un uomo, il luccichio dei suoi occhi... Octavia fece un profondo sospiro. Il sentimento che provava per Edward Barraclough non sembrava influenzato da argomenti razionali. Proprio quando credeva di averlo sotto controllo, tornava in vita al semplice tocco della mano di lui durante una danza campestre! Raramente Octavia si era sentita così viva, così conscia della presenza di un uomo... E ora, proprio quando aveva bisogno di tutta la sua forza per controllare queste nuove emozioni, era arrivato Harry a complicare il tutto. La sua presenza a Wychford avrebbe aumentato il rischio di essere scoperta. Doveva cercare di convincerlo a restare ad Ashcombe, anche se questo avesse voluto dire chiedere a Mr. Barraclough altri due giorni di permesso per incontrarlo là. E lei non voleva assolutamente lasciare Wychford, neppure per due giorni. Le era rimasto così poco tempo... Quei pensieri angosciosi furono interrotti da un grido di spavento proveniente dalla stanza accanto. Un grido seguito da un altro, e da un altro ancora. Octavia saltò giù dal letto e si buttò una vestaglia sulle spalle. Afferrò la lampada e corse nella stanza di Pip. La bambina dormiva, ma era profondamente turbata. Si rigirava nel letto, gemeva, agitava le braccia come se cercasse disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi. Era in preda a un altro dei suoi incubi. Octavia si affretto' a posare la lampada, si sedette sul letto e la prese tra le braccia. «Tranquilla, Pip, tranquilla! Vi ho presa. Sono qui, mia cara. Siete al sicuro.» Gli occhi di Pip si aprirono e fissarono Octavia senza vederla. Poi la bambina la riconobbe, nascose la testa nel suo petto e pianse. «Miss Petrie! Oh, miss Petrie, ho avuto tanta paura.» «Lo so» disse Octavia, stringendola ancora più forte. «Ma siete al sicuro ora. Si è trattato solo di un brutto sogno, Pip. Vedete? Siete qui, nella vostra piccola stanza nella torre, e io dormo nella camera accanto. Non avete nulla da temere, cara.» Pip rimase immobile per un istante, poi sollevò la testa e si guardò attorno. Quel che vide parve rassicurarla e sorrise. «È vero. Sono al sicuro nella mia stanza nella torre. E voi siete qui. Sono così lieta che Edward abbia scelto voi, miss Petrie.» Si rannicchio' meglio tra le braccia di Octavia, le sue palpebre si abbassarono e in meno di un minuto dormiva pacificamente. Octavia posò la guancia sui capelli di Pip. Era tanto facile amare quella bambina. Che dolore sarebbe stato per entrambe quando avrebbero dovuto separarsi! Si appoggiò contro i guanciali e chiuse gli occhi... Neanche Edward riusciva a dormire bene, ed era nel dormiveglia quando Pip urlò. La sua camera si trovava a una certa distanza e al principio lui pensò si trattasse di un gufo o di una creatura dei boschi. Solo dopo qualche minuto gli venne in mente che il richiamo potesse provenire dalla stanza di Pip. Rimase in ascolto, ma non udì nulla. La casa era immersa nel silenzio. Decise comunque che non sarebbe riuscito a riposare serenamente finché non si fosse assicurato che tutto andava bene. Prese la vestaglia e, stringendosela in vita, percorse il lungo corridoio che lo separava dalla stanza della nipote. Qui si fermò. La porta era socchiusa e attraverso la fessura poteva vedere il letto di Pip, nell'alone di luce di una piccola lampada. Octavia Petrie era appoggiata contro i cuscini e teneva Pip tra le braccia. Erano entrambe addormentate. Edward rimase immobile. Si trovava di fronte a un piccolo dilemma. Non voleva svegliare nessuna delle due, ma se Pip era per metà sotto le coperte, miss Petrie era seduta sopra, e in una posizione molto scomoda. Sarebbe stata infreddolita e tutta indolenzita al suo risveglio. Entrò in silenzio nella stanza e si fermò accanto al letto. La luce tenue si rifletteva su un viso incorniciato da riccioli biondo miele che si posavano dolcemente sui capelli neri di Pip. Miss Petrie respirava piano, e l'alzarsi e abbassarsi del suo seno era chiaramente visibile sotto la vestaglia leggera. Era una delle scene più toccanti e ricche di innocente seduzione che lui avesse mai visto... Distolse lo sguardo con determinazione e cercò nella stanza una trapunta da metterle addosso. Quando tornò a girarsi verso il letto, scoprì che lei aveva spalancato gli occhi e lo stava guardando. «Non preoccupatevi. Stavo soltanto cercando una coperta. Prenderete freddo.» sussurro'. Lei scosse la testa. «Pip è profondamente addormentata. Credo di poterla lasciare.» Si girò, coprì la bambina con delicatezza, poi cercò di alzarsi. Ebbe un ansito di dolore. «Cosa c'è?» le chiese. «La... gamba! Si è intorpidita.» «Permettetemi di aiutarvi.» Edward le porse la mano e l'aiuto' ad alzarsi. «Non avreste dovuto...» «Non parliamo qui! Non voglio che la bambina si svegli.» Tentò un passo verso la porta e trattenne il fiato. Barcollo'. Edward la prese in braccio e la portò fuori della stanza senza dire una parola. In corridoio la posò e con cura richiuse la porta di Pip. «Possiamo parlare qui?» le chiese a bassa voce. «Suppongo. Ma non c'è nulla da dire. A parte un grazie per avermi aiutata. Sarei stata tutta indolenzita, domani.» Alzò il viso verso di lui sorridendo. Edward non poté trattenersi. La cinse con le braccia e la attirò gentilmente a sé, stringendo la sua testa contro il petto. «Mia cara Octavia. Cosa devo fare?» sussurro'. Lei si concesse di restare così per un istante, poi si scosto' per guardarlo con espressione grave. Lui fu commosso nel vedere che non c'era traccia di paura nei suoi occhi. La carezza dei suoi capelli di seta e la fragilità del suo corpo lo stavano infiammando, ma non voleva tradire la sua fiducia.
   
 
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