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Autore: Zobeyde    06/11/2021    9 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ALYCIA



 

Nei giorni successivi Alycia fece sentire la sua presenza in casa in maniera forte e chiara. Per Jim, che ormai si era abituato al silenzio quasi contemplativo di quelle stanze, fu strano dover improvvisamente fare i conti con porte che sbattevano in continuazione, rumore di tacchi su e giù per le scale e frasi urlate da un capo all’altro dei corridoi. Per non parlare delle mini-esplosioni che provenivano quotidianamente dal laboratorio di alchimia.
Inoltre, sembrò che quella casa enorme fosse diventata di colpo strettissima, perché Alycia aveva preso possesso di tutti gli ambienti prima a uso esclusivo: vasi di piante esotiche ormai invadevano quasi tutte le superfici disponibili e Blake, che stava facendo davvero di tutto per rientrare nelle grazie della figlia, aveva messo a sua completa disposizione la serra. Persino per la biblioteca fu necessario organizzare dei turni, perché per Alycia era intollerabile la presenza di un altro essere vivente nella stessa stanza mentre studiava.
E magari fosse solo questo: di solito si limitava a intimargli di non starle tra i piedi, o a confabulare con Valdar in orchese solo per il gusto di irritarlo. Ma certe volte, quando era particolarmente di cattivo umore, non esitava a lanciargli delle frecciate davvero perfide; tipo quella volta che si era detta meravigliata che sapesse leggere e scrivere, o quando aveva lasciato intendere che avesse i pidocchi. Ma la cosa che più di tutte lo mandava in bestia era il fatto che non lasciasse mai la sua roba incustodita in sua presenza, come se temesse di essere derubata da un momento all’altro.
Quella convivenza forzata durava da solo un paio di settimane e già Jim non ne poteva più. Proprio adesso che l’apprendistato stava iniziando a dare i suoi frutti! Eppure, quando ormai pensava che le cose non potessero andare peggio di così, precipitarono.
Preso com’era dalla nuova situazione in casa Winters, per diversi giorni Jim aveva completamente accantonato la faccenda dei misteriosi viaggi di Blake e della galleria degli specchi. Così, quando nel tentativo di evitare Alycia attraversò il corridoio con le porte a doppio battente che conducevano all’ala ovest, rimase di stucco nel realizzare che erano scomparse.
Si fermò per ispezionare la parete, decorata con inquietanti fotografie in seppia e teste di animali impagliati, ma completamente uniforme.
Era proprio qui, ne sono sicuro.
Che si trattasse di un’illusione? Provò ad accostare un orecchio al muro e bussò, perché sapeva che le illusioni potevano ingannare solo un senso per volta; ma i suoi colpi non produssero alcun rumore, come se dall’altra parte non ci fosse proprio nulla.
È impossibile, ragionò fra sé. Non può aver fatto sparire una parte della casa.
Era evidente che Blake avesse preso provvedimenti per impedirgli di andare di nuovo laggiù. Ma che fine aveva fatto allora l’ala ovest? Fu tentato di uscire in giardino per verificare se fosse ancora possibile accedervi dall’esterno…
«Che cosa stai facendo?»
Jim fece un gran balzo. Alycia lo stava osservando, con una grossa tazza di caffè in mano e alcuni libri sottobraccio. I capelli erano raccolti in uno chignon disordinato in cima alla testa e indosso aveva un brutto vestito viola che sarebbe stato più adatto a una donna matura.
«Quello che fanno gli esseri dotati di gambe» rispose lui, sulla difensiva. «Cammino. Mi è concesso o ti dà fastidio anche questo?»
Gli occhi di lei si assottigliarono dietro le lenti cerchiate in oro, come se volesse carpirgli ogni stilla di segreto. «Hai l’aria di uno che ha perso qualcosa.»
«Ti sbagli, non ho perso niente.»
«Non ti conviene dirmi bugie.»
«Io non dico bugie. E poi, che ti importa se ho perso o no qualcosa?»
«Miaaaooogrrr.»
Entrambi guardarono in basso; a emettere quel miagolio ringhiante era stata Lily, comparsa ai piedi di Jim con la coda che serpeggiava a terra in segno di avvertimento.
«Hai un famiglio?» domandò la ragazza, con un certo stupore.
Jim raccolse in braccio la gatta, lieto di avere finalmente un alleato. «Sì, perché?»
«I maghi di Arcanta non si servono più di demoni da compagnia da secoli» rispose Alycia, studiando attentamente Lily. «I Decani sono assolutamente contrari.»
«Però tuo padre ne ha uno, no?»
«Se non l’hai ancora capito mio padre ha sempre fatto quel che gli pareva anche ad Arcanta. E poi, è sempre stato affascinato dalle tradizioni del Vecchio Mondo.»
«Cioè?»
Alycia roteò gli occhi. «Possibile che ti si debba sempre spiegare tutto? Il Vecchio Mondo è l’epoca che precedette la fondazione di Arcanta, un medioevo selvaggio in cui la magia non era sottoposta al controllo della Legge. In cui tra i maghi regnava il caos.»
«E quindi stai dicendo che i famigli sono contro la Legge adesso?»
«Non sono propriamente vietati, ma sono considerati instabili, primitivi.» Ancora una volta, lo squadrò come fosse qualcosa di disgustoso appiccicato sotto la suola. «In effetti, la cosa ti si addice.»
Eccola che ricomincia…
«Senti, non ho voglia di farmi coprire di insulti anche oggi» esalò lui con rassegnazione. «Trovati un altro passatempo.»
Fece per allontanarsi, ma lei disse: «Non farti illusioni con mio padre, non durerà fra voi.»
Jim si fermò di colpo. «Che vuoi dire?»
Gli occhi color caffè di Alycia si fissarono nei suoi con un’intensità che non aveva mai dimostrato, come se per la prima volta lo stesse guardando veramente. Ma ciò che disse ebbe l’effetto di un pugno nello stomaco:
«Credi di essere speciale perché ti ha scelto come allievo, ma sei solo l’ennesima provocazione verso Arcanta: un Esterno, un meticcio e per di più un prestigiatore da fiera, solo questo basterebbe a far drizzare i capelli ai Decani.  Mio padre è fatto così, adora recitare la parte del genio ribelle. Ma è anche uno che perde interesse facilmente. Lo ha fatto con chiunque, non pensare che con te sarà diverso.»
C’era un’amarezza incredibile in quelle parole. Jim avrebbe tanto voluto sapere cosa avesse fatto Blake per meritarsi la completa perdita di fiducia da parte della figlia. «Mi sembra che abbiamo conosciuto due maghi molto diversi, allora.»
Il sorrisino che lei gli rivolse sapeva di commiserazione. «Dagli tempo, prima o poi farà cadere la maschera.»
Senza dargli modo di ribattere, lo mollò lì nel corridoio e andò a chiudersi come al solito in biblioteca.
Le cose andarono di male in peggio quando Blake iniziò a impartirgli le prime lezioni di duello. In uno scontro magico, gli aveva spiegato, valevano le stesse regole di qualsiasi forma di combattimento: era fondamentale anticipare le mosse di un avversario, coglierlo di sorpresa, coordinare movimenti e incantesimi perché andassero ad annullare le mosse altrui.
Blake cominciò infatti con esercizi simili a quelli del corpo a corpo, basati su prese, calci e parate; impedire all’avversario di usare le mani era la migliore delle strategie e c’erano molti modi per distrarlo, sfruttando per esempio un semplice sgambetto o una gomitata nel punto giusto. Al resto avrebbe pensato la magia.
La lezione era da poco iniziata sul prato di fronte alla casa, quando Alycia decise di assistere, poggiata a braccia incrociate al colonnato. Jim se ne accorse e non riuscì a schivare in tempo una manata di Blake sul torace, e la successiva scossa elettrica che ne seguì.
«Non distrarti» fu il suo rimprovero, quando il ragazzo si ritrasse con un gemito. «La prossima volta potrei aumentare il voltaggio e friggerti dall’interno.»
«Posso partecipare?» chiese a quel punto Alycia. «È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che mi sono allenata. E poi…» Guardò Jim e aggiunse, con una sfumatura di crudeltà: «Ormai l’ho distratto, tanto vale che continui con me, no?»
Blake tergiversò. «Non credo sia il caso: tu sei di livello evocatore, mentre Jim è ancora un discepolo.»
Il sorrisetto malizioso di Alycia si allargò. «Ci andrò leggera, promesso.»
Jim invece deglutì rumorosamente; chissà perché aveva un brutto presentimento.
«Mettetevi in posizione» disse il maestro, lasciando loro spazio. Alycia tolse gli occhiali e si liberò del cardigan, rimanendo con una pesante gonna verde scuro e una camicia bianca dalle maniche a sbuffo. Poi si mise di fronte a Jim, che invece era in canottiera, osservandolo con espressione divertita.
«Vediamo di cosa sei capace» sussurrò, in modo che solo lui potesse sentire. «Saltimbanco.»
Jim represse con fatica la collera, ma Alycia sfruttò quel momento di distrazione per sferrare il primo attacco; cercò di tirargli un pugno tra le costole, che Jim riuscì a parare all’ultimo secondo, incrociando le braccia. Ma era solo una tattica diversiva e il ragazzo si accorse troppo tardi che, con l’altra mano, la maga stava già evocando.
Una raffica di vento gelido gli scompigliò i capelli e subito dopo si sentì sollevare da terra. Non riuscì a emettere neppure un suono e atterrò bruscamente parecchi metri indietro sull’erba.
«Andateci piano» li riprese Blake. «Niente ossa rotte!»
Jim si mise carponi, riprendendo fiato; per fortuna, ormai aveva imparato a cadere nel modo corretto e le sue ossa non patirono troppo il colpo.
Alycia non gli diede un secondo di tregua: intrecciò le mani e un turbine di polvere si gonfiò nell’aria, ma stavolta Jim non si fece cogliere impreparato.
Rotolò su un lato, schivando la corrente con una specie di capriola che sorprese lui per primo: non si era neanche reso conto di quanto fosse diventato agile. E tutto grazie agli stupidi esercizi di Blake.
Lei partì di nuovo alla carica per mollargli un calcio e, all’ultimo secondo, Jim afferrò la sua caviglia, le dita strette sulla pelle nuda sopra lo stivaletto.
Questa volta fu Alycia a essere colta alla sprovvista e si ritrovò in equilibrio precario su un piede solo, ma invece di usare la sua stessa tattica ed esercitare la magia, Jim la tirò per terra insieme a lui. Era giunto il momento che sua altezza scendesse dal piedistallo. E non sarebbe stato un atterraggio morbido.
La ragazza cadde all’indietro con uno strillo e finì seduta a gambe aperte sull’erba, con la gonna spiegata a ventaglio e con un’espressione così sbigottita che Jim scoppiò a ridere.
Il divertimento però durò poco; Alycia serrò la mascella e un lampo verde guizzò nelle sue iridi marroni. Jim sentì qualcosa di viscido scivolargli attorno ai polsi e trasalì.
Sotto di lui, le zolle di terra erano smosse e ne stavano fuoriuscendo grosse radici verdi simili a tentacoli; Jim cercò di alzarsi, ma anche le sue caviglie erano bloccate; le propaggini continuavano a sbucare da tutte le direzioni, allacciandosi strette attorno alle sue gambe, alle braccia…
«Ok» fece Jim, cercando invano di strapparsele di dosso. «Non hai per niente il senso dell’umorismo! Adesso falle smettere.»
Ma Alycia lo stava fissando con odio, le unghie affondate nel terreno. Un tentacolo gli si avvolse attorno al torace, un altro alla gola e Jim realizzò che se avessero stretto ancora lo avrebbero strangolato…
«Alycia!»
Un’ondata di potere fendette l’aria. Le radici marcirono tutte all’istante e si sgretolarono non appena Jim provò a divincolarsi. Balzò immediatamente in piedi, tossendo e tastandosi la gola. Blake li raggiunse in un attimo, l’aura magica che ancora pulsava attorno alla sua figura.
«Cosa ti è saltato in mente?» ruggì, inchiodando la figlia con lo sguardo. «Ti avevo detto di non esagerare!»
Anche Alycia scattò in piedi, i pugni stretti e le guance in fiamme. «Tu vai a sceglierti un incapace come successore e la colpa sarebbe mia?»
«Questo comportamento è inaccettabile» disse Blake. «Esigo che tu chieda scusa immediatamente!»
Alycia aveva gli occhi lucidi, ma proruppe in una risata carica di astio. «Non hai mai voluto fare il padre e hai intenzione di cominciare adesso? Per favore risparmiati la recita, sei ridicolo!»
Blake inspirò profondamente, le iridi frementi. «Entra in casa, dobbiamo parlare. Adesso.»
Alycia spazzò via il terreno dalla gonna, sollevò il mento con dignità e marciò verso il portico. Blake sospirò e lanciò un’occhiata a Jim. «La lezione è annullata, mi dispiace.»
Il ragazzo lo guardò allontanarsi dietro la figlia. Eh no, stavolta non ve la caverete così!
Finse di andare a recuperare la bici dal vialetto, e invece seguì il maestro dentro casa; quando lui e Alycia salirono le scale per chiudersi in biblioteca, Jim si sistemò nell’atrio e fletté le dita. Uno strano crepitio attraversò l’aria, facendogli ronzare le orecchie e di colpo, le voci di Alycia e Blake giunsero chiare e forti, come se li avesse avuti accanto a sé:
«Non avrei mai pensato che tu fossi capace di una cosa simile» stava dicendo Blake. «Non è così che ti ho cresciuta!»
«No, infatti!» ribatté Alycia. «Tu mi hai cresciuta a bugie e segreti!»
«Sarebbe una giustificazione valida per aver aggredito così il mio apprendista?» Jim non credeva di aver mai sentito il suo maestro così arrabbiato. «Che cosa volevi dimostrare?»
«Che prendendoti in casa quello lì stai ricoprendo di ridicolo la nostra famiglia!» sputò fuori Alycia. «Con tutti gli aspiranti apprendisti che si sono presentati alla tua porta, provenienti dalle casate più illustri di Arcanta e che hanno studiato una vita intera per essere ammessi alla tua Corte! Si può sapere chi è questo Jim? Cos’ha lui di tanto speciale?»
Jim aggrottò la fronte e contrasse le dita per dirigere meglio l’anomalia acustica che aveva generato, prestando la massima attenzione alle successive parole.
«Te l’ho già spiegato» rispose Blake, secco. «Jim non ha mai avuto nessuno che provvedesse alla sua istruzione: è completamente solo con dei poteri che non sa gestire. Hai idea del pericolo che avrebbe corso e in cui avrebbe messo le altre persone? Io gli sto offrendo un futuro, cosa che gli altri promettenti rampolli che ho rifiutato avranno senza il mio aiuto.»
«Avresti potuto scegliere con più cura.»
«Ho scelto con estrema cura, te lo posso garantire.»
«Avresti potuto scegliere me!»
Blake si interruppe. Jim sentì Alycia cercare di soffocare un singhiozzo e capì che stava piangendo.
«Oh, tesoro…»
«Ma io non sono abbastanza, vero? Mai stata all’altezza del grande Solomon Blake! E poi, tanto adesso hai Jim, no? A che ti servo io?»
Lo stregone emise un profondo sospiro. «Alycia, sei la cosa più preziosa che ho, come puoi pensare che non ti voglia con me perché non ti reputi all’altezza? Sei una delle maghe più brillanti di Arcanta e sarai una grande alchimista.»
«Ma questo non ti ha impedito di abbandonarmi!» esclamò lei. «Per poi rifiutarti persino di prendermi come tua allieva! Quale padre farebbe una cosa del genere?»
«L’ho fatto per proteggerti» disse lo stregone, tristemente. «Non ho mai voluto allontanarti, se ho preferito lasciarti ad Arcanta è stato solo per il tuo bene. Ci sono delle questioni irrisolte, delle cose che devo sistemare…»
«Già, c’è sempre stato qualcosa di più importante, vero? Nemici da combattere, missioni segrete. Tutto pur di non doverti occupare di me!»
«È Volkov, vero? Ti ha messo lui queste assurde idee in testa?» La voce di Blake tornò ad acquisire una sfumatura fredda e amara. «Sapevo che non era una buona idea permetterti di diventare sua allieva: ti ha inculcato i suoi stessi metodi, i suoi ideali contorti, il suo rancore…»
«Almeno lui è rimasto quando tu non c’eri!» urlò lei. «Quando eri lontano chissà dove o troppo ubriaco per ricordarti di avere una figlia!»
Ci fu una lunga, dolorosa pausa. Jim avvertì una fitta al petto, poteva quasi percepire l’aria nella stanza scricchiolare dalla tensione…
«Sono sobrio da tre anni» disse infine Blake, con fermezza. «Ti ho promesso che sarei cambiato e sto facendo del mio meglio per riuscirci.»
«Furbo da parte tua venire in un Paese dove gli alcolici sono vietati.»
«Ho commesso molti errori» ammise lui, con voce talmente bassa che Jim dovette amplificare l’incantesimo fino al suo limite. «Ma ti giuro che ci sto provando, Alycia. Vorrei che tu tornassi a fidarti di me.»
Pochi istanti dopo, la porta della biblioteca si aprì e Alycia ne emerse mentre asciugava le lacrime con il dorso della mano. Jim si tuffò all’istante dietro un grosso vaso giapponese, revocando l’incantesimo.
«Parto stasera, mi assenterò per qualche giorno» annunciò Blake, comparendo alle spalle della figlia. «Ti chiedo solo di non maltrattare Jim, vorrei trovarlo vivo e in salute al mio ritorno. Credi di poterci riuscire?»
«È talmente mediocre che non merita i miei sforzi.»
«È già qualcosa» sospirò lui. Poi tirò dalla tasca un fazzoletto e glielo offrì, dicendo con voce più dolce: «Ti andrebbe una tazza di tè? Magari, potremmo consultare insieme qualcuno di quegli atlanti e trovare qualcosa di utile per la tua tesi.»
Alycia si soffiò il naso e acconsentì.
Jim attese che i due entrassero in salotto e uscì finalmente allo scoperto, rimuginando su quanto appreso. Non aveva idea che il suo maestro potesse avere alle spalle una situazione familiare così complicata, ma adesso una parte di lui riusciva a capire i comportamenti di Alycia. Non che la giustificasse, insomma, aveva pur sempre cercato di strangolarlo…però adesso la guardava sotto una luce diversa: quella ragazza era un nodo di rabbia e dolore, doveva esserseli portati dentro per anni, sin dall’infanzia. Jim sapeva bene cosa significasse crescere sentendosi inadeguati agli occhi di un genitore, e Alycia doveva essersi sentita proprio così, abbandonata da un padre assente e che a quanto pare aveva anche delle forti dipendenze…e questo Volkov, l’Arcistregone del Nord, che le aveva fatto da maestro…per qualche ragione aveva approfittato della situazione per aizzare la figlia contro il padre.
Ma era evidente che Jim non era il solo a cui lo stregone stava nascondendo delle cose. A quali questioni irrisolte si riferiva? E perché si era allontanato dal mondo magico, per cui, a conti fatti, era una specie di eroe? Che avesse a che fare con i suoi misteriosi viaggi attraverso gli specchi..?
Mentre rifletteva su tutto ciò, un miagolio familiare attirò la sua attenzione; Lily era tornata da lui, in maniera discreta e inaspettata come suo solito. La gatta sollevò una zampina e gli grattò la scarpa, facendo ondeggiare la coda.
«Ti ascolto» disse Jim; dopo tutte le assurdità di quella giornata, parlare con un gatto sembrava la cosa più normale.
Lily fece dietrofront e imboccò la via del seminterrato. Jim emise un sospiro tetro, di tutte le zone della casa quella abitata da Valdar era la meno allettante da esplorare. Seguì ugualmente la gattina giù per le scale, ritrovandosi in un vasto ambiente spoglio, buio e gelido. E proprio lì, in fondo a un corridoio dall’aria anonima che non aveva mai visto, erano ricomparse le porte a due battenti che conducevano all’ala ovest.
 

Giunse la sera.
Suo padre era partito già da alcune ore senza preoccuparsi di dirle quando sarebbe rientrato o dove fosse diretto, ma per Alycia faceva lo stesso; sin da bambina, era abituata alle sue continue sparizioni, a vederselo ricomparire all’improvviso anche dopo mesi di silenzio, spesso a orari impossibili; talvolta, lo sentiva entrare nella sua stanza mentre fingeva di dormire, per accarezzarle la testa e lasciarle un regalo sul comodino.
Ma la maggior parte delle volte, Alycia lo ritrovava il mattino dopo a russare su un sofà, ancora col cappotto addosso e circondato da bottiglie vuote.
Sapeva ormai cosa spettarsi da quell’uomo e non faceva più domande. Non servivano. E poi, quella partenza improvvisa era esattamente ciò che stava aspettando: dopo due settimane di silenzio, avrebbe avuto l’occasione di fare rapporto.
Si inoltrò sola nel bayou, la fitta palude che circondava la proprietà; la foresta era immobile e silenziosa, con le sue cupe tonalità di verde e nero e il forte odore di fango e foglie marce. Con l’umidità della sera, dagli acquitrini si era levata una fitta foschia, che avvolgeva sinuosa i tronchi degli alberi e le caviglie della ragazza. La mantella nera con cappuccio, tirato sopra la testa, svolazzava al suo passaggio facendola somigliare a uno spirito inquieto.
Raggiunse una vecchia quercia nel cuore della palude e gettò indietro il cappuccio; una volta certa di essere sola, chiuse gli occhi e rimase in attesa.
«Buonasera, mia cara.»
Alycia riaprì gli occhi. Dalla nebbia era emerso un uomo imponente, avvolto in un cappotto rosso e con un colbacco di astrakan in testa. Aveva una folta barba brizzolata, il naso adunco e lo sguardo severo. Il suo volto era segnato da vecchie cicatrici pallide, le grosse mani strette sull’impugnatura a forma di testa di lupo di un bastone da passeggio di fattura simile a quello di suo padre.
«Maestro» mormorò la ragazza, accennando una riverenza.
L’uomo le rivolse un sorriso che però non si estese ai suoi freddi occhi grigi.
«Pensavo che avessimo messo da parte questo genere di formalità. Come stai?»
«Bene. Anche se è stata dura rivederlo.»
«Lo posso immaginare» l’uomo mosse qualche passo verso di lei, zoppicando appena, ma senza emettere alcun suono; la sua intera figura pareva sfocata, come se fosse celata dietro una superficie di vetro.
Questo, perché Boris Volkov, Il Lupo Grigio, non era davvero lì con lei, non fisicamente almeno: si trattava di una Proiezione, un’emanazione della coscienza di un mago in grado di viaggiare attraverso il Tutto. Era il mezzo che avevano scelto per tenersi in contatto in maniera sicura, ma era la prima volta che Alycia lo testava da quando aveva lasciato Arcanta.
«Come sta il Corvo Bianco?» domandò l’Arcistregone del Nord, senza ulteriori preamboli. Gettò una rapida occhiata al paesaggio intorno a sé. «Si è scelto un luogo insolito dove godersi la pensione.»
«È sfuggente, come sempre» rispose Alycia. «Non ha voluto ancora rivelarmi il vero motivo per cui se ne è andato.»
«Sospetta qualcosa?»
«Ovvio che sospetta, non è uno stupido. Ma dammi tempo, riuscirò a scoprire che combina» Alycia ebbe un attimo di esitazione, poi gliela buttò lì: «Oh e pare abbia un nuovo apprendista.»
Volkov la fissò, le sopracciglia aggrottate. «Chi?»
«Un sempliciotto che ha trovato in un circo. Pare sappia poco o nulla del nostro mondo.»
«Come sarebbe a dire in un circo?» Volkov era costernato. «È forse impazzito?!»
«È quello che ho pensato anche io. Dice che vuole toglierlo dalla strada.»
«Molto compassionevole da parte sua» commentò lo stregone, pensieroso. «Cosa gli sta insegnando?»
«Le solite cose: illusioni, manipolazione elementare, combattimento.»
«Non sottovalutarlo» comandò il maestro. «Voglio sapere il più possibile sul suo conto: tuo padre non fa mai niente a caso, se ha deciso così di punto in bianco di prendere con sé un allievo ci sarà sicuramente qualcosa sotto.»
«Sei ancora convinto che stia ingannando i Decani?»
«Ne sono più che convinto. Ma ho bisogno di maggiori informazioni: il Decanato non mi lascerà mai agire se non gli mostro prove inconfutabili che Solomon Blake trama qualcosa, è ancora troppo influente alla Cittadella.» La guardò negli occhi, intensamente. «Per questo ho bisogno che tu mi riferisca ogni atteggiamento sospetto, qualunque cosa ti paia insolita o…»
«Insolita?» Ad Alycia venne quasi da ridere. «Stiamo parlando di mio padre, lui vive per essere insolito!»
«Come se non lo sapessi» ringhiò Volkov. «Conosco quell’uomo, le sue menzogne e i suoi sporchi giochetti meglio di chiunque altro. Per questo non devi mai abbassare la guardia con lui.  Che cosa ti ho insegnato?»
«Che l’amore rende deboli.»
Volkov sembrò soddisfatto della risposta. «Ti ho addestrata bene. So di averti chiesto tanto: è sempre tuo padre, nonostante tutto.»
«Il mio compito è salvaguardare il nostro popolo» disse Alycia monocorde. «La Legge viene prima di qualsiasi cosa, anche dei rapporti familiari. Se è vero che mio padre sta agendo contro Arcanta, contro la sua stessa gente, è giusto che paghi le conseguenze.» La voce le tremò leggermente mentre aggiungeva: «Come ha pagato mia madre.»
Volkov la guardò. «Isabel sarebbe orgogliosa della donna che sei diventata» disse con voce più morbida. «Me la ricordi così tanto, lo sai? Anche lei era intelligente, coraggiosa e determinata. Una vera guerriera.»
Sollevò la grossa mano e la pose sulla sua spalla; nonostante non potesse percepire quel tocco, la ragazza represse dentro di sé l’impulso di allontanarsi.
«Ci sono novità da Arcanta?» chiese, riassumendo il controllo delle proprie emozioni. «So che ne avete preso uno.»
Volkov parve sorpreso. Ritirò la mano. «Come lo hai saputo?»
«Ho sentito delle voci, ma dalla tua espressione deduco siano vere»
Volkov sospirò.
«Il Decanato non vuole che certe informazioni trapelino. Si creerebbe il panico. Per questo ha lasciato a noi Arcistregoni il compito di gestire la cosa…»
«Quindi è vero» appurò lei, cupamente. «Si stanno riorganizzando.»
«E velocemente, anche. Lo Zelota che abbiamo catturato stava salpando per il Sudamerica clandestinamente: si chiama Dagon Carcosa, ha partecipato alla Guerra Civile ad Arcanta diciassette anni fa.» Indicò una delle cicatrici che gli deturpavano il volto, che spaccava a metà il sopracciglio destro. «Cercò di portarsi via il mio occhio, il figlio di puttana!»
«Questo significa che potrebbero esserci altri sopravvissuti nascosti» disse Alycia, la mente che lavorava in fretta. «Perché hanno deciso di muoversi proprio adesso? Cosa hanno in mente?»
«Ci ha pensato Una Duval a spremerlo.» Le labbra di Volkov si arricciarono, scoprendo un sorriso feroce. «Ha opposto resistenza, ovviamente, ma non esistono segreti per l’Arcistrega dell’Est: Carcosa ha confermato che i seguaci dell’Eretica stanno reclutando nuovi adepti al culto del Vuoto. Ha parlato di una missione, quella di continuare quanto cominciato dalla loro padrona. E di una profezia.»
«Profezia?» ripeté Alycia, stupita. «È uno scherzo, spero.»
«È quanto ha riferito.»
«La chiaroveggenza non è neanche annoverata tra le Scienze Occulte» ribatté Alycia, in tono ragionevole. «Nessuno la pratica più dal Vecchio Mondo, è roba da ciarlatani e truffatori.»
«Rafat e i suoi sembrano crederci fermamente» disse Volkov, grave. «All’epoca della caduta, Lucindra sapeva di essere braccata e ha pensato di lasciare istruzioni precise, di inculcare ai suoi servi assurde storie di predestinazione affinché portassero a compimento i suoi piani.»
Lucindra. 
Alycia inorridì nel sentir pronunciare quel nome; erano in pochi a conoscere la vera identità della Strega Eretica, l’unica minaccia, dopo più di mille anni di pace, ad aver seriamente messo a repentaglio l’inviolabilità di Arcanta.
«Stando alla profezia, l’Eretica tornerà al potere grazie a un’arma che prima non aveva» proseguì Volkov. «Che le consentirà di sprigionare il Vuoto contro Arcanta una volta per tutte.»
«Che genere di arma?»
«Il problema con le profezie è che sono sempre molto vaghe» rispose Volkov con un sospiro. «Potrebbe trattarsi di un manufatto magico estremamente potente come di una persona. Qualunque cosa sia, gli Zeloti si sono già attivati per trovarla. Perciò dobbiamo agire in fretta se vogliamo scongiurare il pericolo di un’altra guerra.»
Alycia rosicchiò le unghie in preda all’ansia e prese a camminare avanti e indietro nella radura.
«Ci servono più informazioni, cos’altro ha detto il prigioniero?»
«È morto prima che potessimo estorcergli altro.»
«Lo avete lasciato morire!» scattò lei. «Avrebbe potuto essere ancora utile, condurvi al covo degli Zeloti!»
«Conosci Una: a volte calca un po’ troppo la mano.»
Alycia fece scoccare la lingua, delusa.
«Pazienza, mia cara» le disse Volkov. «La vendetta è un piatto che si serve freddo. Ma abbiamo bisogno del tuo aiuto: se anche tuo padre è al corrente della profezia è probabile che sia già sulle tracce dell’arma.»
«Indagherò» assicurò Alycia con prontezza. «Sono sicura che le risposte che cerco sono nel suo grimorio: devo solo trovare un pretesto per consultarlo. Ora devo andare, ti farò nuovamente rapporto appena mi sarà possibile.»
«Bene.» Volkov, la guardò per un lungo momento. «Abbi cura di te, Alycia. Sei sempre nei miei pensieri.»
«Lo so, maestro.»
Il Lupo Grigio le sorrise un’ultima volta per poi dissolversi nella nebbia.

 
  
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