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Autore: LadyBlack3    07/11/2021    0 recensioni
***STORIA REVISIONATA E CORRETTA***
Due fratelli molto diversi e dai caratteri opposti.
Due fratelli che dopo anni finalmente si rincontrano.
la loro vita cambierà per sempre... o quasi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Promise

15 giugno 1942 – Great Hangleton.


Il silenzio riempiva già da qualche giorno la vecchia casa in cui in precedenza vi abitavano insieme i coniugi Tom Riddle e Merope Gaunt.
Da quando l’uomo un anno prima, stanco delle bugie della moglie, se ne tornò dai suoi genitori, Merope e suo figlio dovettero cavarsela da soli.
Il piccolo Tom era felice di non dover mai più dividere lo stesso tetto con quello sporco Babbano, tuttavia per sua madre non era la stessa cosa.
L’abbandono del marito fu devastante per lei, che adesso si trovava completamente al verde e con due bambini da mantenere.
Sentiva di non avere la forza per sopportarlo. In quegli attimi era come se amasse soltanto l’uomo che l’aveva ripudiata senza scrupoli piuttosto che la sua prole… nemmeno la nascita della sua bambina contribuì a risollevarle l’umore.
Aveva finto di essere al settimo cielo davanti al primogenito, invece dentro provava un grande dolore. Riddle non era a conoscenza del fatto di avere una seconda figlia, e lei, Gaunt, non la riconosceva nemmeno come tale.
Erano passati pochi mesi e la situazione non era migliorata anzi, era ulteriormente peggiorata.
Si rifiutava di allattarla, di cambiarla, di coccolarla… tutte cose che una mamma fa di consueto. Tutto ciò che riusciva a ottenere durante la giornata era la commiserazione del figlio maggiore, il quale fu costretto a occuparsi della sorellina mentre la madre era intenta a piangersi addosso.
Quel pomeriggio era molto ventoso.
Tom si premurò di chiudere le finestre di casa per evitare che la piccola si ammalasse inutilmente, poi prese a muovere la culla per farla addormentare.
La considerava una bella seccatura, e a essere onesti lui detestava fare il babysitter a tempo pieno. Quello era il compito della madre che, a quanto pare, aveva deciso di andare in ferie nel momento meno opportuno. Sapeva il motivo del suo distacco e per questo sperimentò un forte odio nei suoi confronti.
<< Che vuoi, adesso? >> chiese rude il bambino di nove anni, distratto da un vagito sonoro della sorella.
Quest’ultima aprì gli occhietti vispi, intonati perfettamente con i ciuffi biondi della sua testolina, e sorrise appena incrociò il suo sguardo.
<< Sei fortunata che sei nata femmina, mocciosa. >> ruggì Tom, cercando di ignorare la tenerezza del suo viso << Se no saresti già all’altro mondo >>
Un altro vagito fuoriuscì dalla gola della bambina, che protese le manine verso di lui.
Ormai Tom aveva capito che quando la neonata aveva fame, sete o aveva fatto i bisogni, scoppiava in un pianto isterico. Stavolta voleva solo andare in braccio al fratellone.
<< Non ne ho voglia. Vedi di dormire, piuttosto. >> disse sbuffando, per poi allontanarsi con l’intenzione di andare nella sua camera e riposarsi. Ma la bimba, notando la sua assenza, si mise a piagnucolare.
Tom si bloccò di colpo e sospirò rassegnato.
Nonostante fosse nata da pochissimo, si sentiva già stremato. Non poteva lasciarla un attimo che subito si disperava.
Forse lo aveva preso per la mamma… o per il suo papà.
Si voltò in direzione della culla e con la magia fece sì che dondolasse da sola, nella speranza che quella piccola e fastidiosa creatura si addormentasse una volta per tutte.
Ma era troppo bello per essere vero. La bimba continuò a piangere senza sosta.
Innervosito, e con un gran voglia di ucciderla, si precipitò da lei ringhiando: << Insomma, lasciami in pace brutta mocciosa! >>
Ovviamente non cambiò nulla, così Tom la sollevò delicatamente e guardandola truce, sibilò: << Ascoltami bene. Tra qualche anno governerò l’intero mondo magico e sottometterò quei luridi Babbani. Non ho tempo da perdere con te! >>
Merope emise dei gridolini divertiti.
<< Già, ridi finché puoi. >> soffiò serio il ragazzino << Perché se in futuro oserai intrometterti nei miei piani, ti ucciderò, hai capito? >>
La piccola ridacchiò di nuovo e si attaccò al collo del fratello.
<< Non sono stato sufficientemente chiaro >> borbottò, guadagnandosi un bacetto sulle labbra dalla sorellina.
Tom avvampò, indignato: << Non hai idea di cosa ti farei… se solo avessi una bacchetta tutta mia! >>
Merope non fece caso al tono crudele del maggiore e si strinse con più foga al suo petto. Lui ringhiò dall’esasperazione, seppur sotto sotto iniziasse a piacergli quel contatto…
Rimasero così per un po’, Merope non aveva proprio intenzione di staccarsi. Dopo qualche minuto, Tom udì dei passi furtivi dal corridoio.
<< Mamma, ti ho sentita! >> esclamò furibondo.
Ancora con la bimba in braccio, il ragazzino si affacciò fuori dalla stanza e vide la madre sobbalzare vicino alla porta d’ingresso.
<< Dove pensi di andare?? >> sbottò Tom.
Gaunt aveva l’aria di chi era stata appena beccata a compiere un omicidio: << Tesoro, bada a tua sorella mentre non ci sono… >>
<< Non hai risposto alla mia domanda! >>
<< Esco con le amiche >> s’inventò la donna.
Tom la squadrò per intero: << Intendi che andrai a bere?? >>
La strega sussultò: << Eh? M-ma cosa dici…! >>
<< Non fare la finta tonta. Ogni sera ti sento tornare a casa ubriaca fradicia! >> ruggì su tutte le furie e mettendo alle strette la madre << Non ti sei ancora dimenticata di quel Babbano schifoso?? >>
Gaunt assunse un brutto cipiglio. Gli si avvicinò minacciosa, il dito indice puntato contro: << Non parlare in questo modo di tuo padre! E poi non è assolutamente come pensi tu! >>
<< Allora perché ti rifiuti di allattare Merope? >> la canzonò il figlio << Ti rendi conto che sono piccolo e da solo non riesco ad occuparmi di lei? >>
<< Neanch’io ci riesco. >> rispose secca Gaunt, mentre Tom la fissava con le palpebre spalancate.
Non aggiungendo nulla, la strega si coprì e uscì di casa, ma prima che chiudesse la porta, Tom urlò con tutta la rabbia che aveva dentro: << TU AMI QUELL’UOMO PIU’ DI ME E DI MIA SORELLA! NON SEI DEGNA DI ESSERE UNA STREGA! >>
Nessuna replica. La quiete divenne un’altra volta il sottofondo della casa.
<< I Babbani sono esseri pericolosi. >> sibilò tra sé e sé Tom, che poi si rivolse alla bimba << Guarda come papà ha ridotto nostra madre… >>
Merope lo scrutò incantata.
<< Se scopro che andrai appresso ai Babbani anche tu…! >> si zittì. Guardando le sue pupille color smeraldo gli risultò difficile formulare una frase compiuta senza arrossire. Era troppo tenera persino per lui.
A dire il vero, era così dal giorno in cui la sorellina venne al mondo. Qualcosa che a parole non sapeva spiegare e che, di certo, non avrebbe mai ammesso a nessuno. Uno come lui non poteva pensare di affezionarsi a una persona che non fosse sé stesso, anche se Merope lo metteva seriamente alla prova da quel punto di vista.
<< Sarà meglio che non diventi come lei! >> l’avvertì il bambino, ricevendo un paio di occhioni da cucciolo.
Tornò nel salone per rimetterla in culla, stremato dalla fatica, ma non appena la posò Merope scoppiò di nuovo in lacrime.
<< Mio Merlino! >> sbuffò irritato Tom, che non aveva più voglia di andarle dietro << Taci e dormi! >> aggiunse prima che la sorellina iniziasse a strillare più forte. Provò a usare il ciuccio ma fu del tutto inutile, continuava a sputarlo via.
Dopo parecchi minuti d’inferno, il ragazzino decise di passare alle maniere forti: corse in camera da letto dove la madre nascondeva le sue pozioni magiche. Frugò all’interno di un cassetto vicino al matrimoniale e dopo aver scartato numerosi intrugli, tra cui uno dal nome “Amortentia”, trovò finalmente la Pozione Soporifera. Prese il biberon e la mescolò con il latte riscaldato, poi tornò dalla neonata.
<< Su, bevi! >> disse, prendendola e ficcandole in bocca il biberon.
Non sapeva quanto fosse potente la pozione, fatto stava che le ci volle pochissimo per addormentarsi.
Tom sospirò di sollievo mentre Merope era attaccata ostinatamente al suo petto. L’idea di dover subire quella tortura per altri lunghi mesi gli fece venire la febbre. Svegliarsi ogni due ore, anche di notte, per nutrirla e pulirla era a dir poco stancante…
Rimise la piccola nella culla, ma d’un tratto qualcuno bussò all’ingresso.
<< Chi è? >> gridò ben sapendo che non fosse la madre.
Sentì dei passi timidi finché non apparve sulla soglia del salotto la figura di un ragazzino della sua età, capelli corvini, occhi marroni e lo sguardo spaventato. Era evidente che fosse venuto sotto costrizione.
Tom lo riconobbe e, con visibile disgusto, sbottò: << Cosa sei venuto a fare in casa mia?? >>
L’altro raggelò. Tom gli incuteva molta paura, seppur non ne comprendesse il motivo.
<< Ehm… s-sono venuto per darti i compiti… >> balbettò il bambino di nome Samuel << M-me l’ha detto la maestra… >>
<< Non m’interessa dei compiti. >> sibilò il maghetto in tono inquietante.
<< Perché non stai venendo a scuola? >> chiese poi Samuel.
Tom respirò pesante: << Non sono affari tuoi, sporco Babbano! Non permetterti un’altra volta di inquinare la mia casa con la tua presenza! >>
Era più forte di lui, vedere un non-mago girargli intorno, specie da quando il padre li aveva abbandonati, gli procurava sempre un’enorme fastidio. Per questo odiava andare a scuola e nell’ultimo periodo smise anche di frequentarla per accudire la sorella.
<< Va bene… >> mormorò disperato il compagno di classe, ignorando la parola “Babbano” di cui non conosceva il significato << La maestra mi ha ordinato di portarteli, quindi te li do lo stesso… >> disse riferendosi ai compiti, nella speranza di non finire picchiato.
Tom lo fissò sottecchi, con l’unico desiderio di ammazzarlo riflesso nelle pupille color pece: << Un giorno vi inchinerete davanti a me, esseri inferiori. >> sussurrò tra sé e sé.
<< Hai detto qualcosa? >>
<< Dammeli e basta! >> sbottò Riddle.
Samuel lo raggiunse tremante e glieli consegnò: << La maestra vuole che torni, altrimenti dovrà bocciarti >> soggiunse a occhi bassi.
<< Ah sì? E tu dille di farsi una scopata invece di impicciarsi nei miei problemi. >> rispose burbero.
<< In che senso una scopata? >>
<< Puoi sparire, gentilmente? >> disse strappandogli i fogli dalle mani.
Il bambino fece per ubbidire volentieri, tuttavia si bloccò all’improvviso alla vista della neonata in culla.
<< Che carina! >> disse Samuel << è la tua sorellina? >>
Tom, già innervosito dalla distanza ravvicinata, borbottò a denti stretti un secco: << Sì. >>
<< Posso prenderla in braccio? >>
Tom non rispose, era talmente nauseato che non riuscì a ribattere, nemmeno quando il Babbano la prese senza alcuna delicatezza.
<< È proprio tenera! >> esclamò Samuel, mentre Thomas da dietro tratteneva una rabbia smisurata << Ed è anche cicciona! >>
<< Come osi toccarla con le tue sudice manacce da Babbano?? >> esplose alla fine Tom, il quale si mise a fissare in maniera strana Samuel che, dopo un po’, iniziò a perdere sangue dal naso e dalla bocca.
All’improvviso avvertì una sensazione dolorosa al torace talmente forte che dovette piegarsi in due. Non capì cosa gli stesse accadendo, ebbe la possibilità solo di cogliere Riddle mentre si riprendeva con bramosia la sorella.
<< Ti consiglio di andare dal dottore, Sam >> ghignò Tom, per poi assistere alla fuga terrorizzata del compagno.
Quando si levò di torno, Riddle guardò la sorellina che si appiccicò di nuovo sul suo petto. Rifletté su ciò che era appena successo e comprese che il suo non era un semplice attaccamento fraterno.
Lui era proprio geloso.
Non aveva mai provato prima la gelosia, neanche per sua madre che ora disprezzava con tutto sé stesso.
Pregò che non fosse amore. Lo riteneva un sentimento ingannevole ed inutile, capace di provocare dolore invece che gioia. Temeva che la sorella gli avrebbe rovinato la vita così come aveva fatto Riddle senior con la mamma.
Ma no… non poteva essere quello, non amore.
Confuso, si avvicinò alla finestra. Vide all’orizzonte l’ombra della collina al ridosso di Little Hangleton su cui sorgeva la casa lussuosa del padre e dei nonni.
Non sarebbe stato il presunto affetto verso una mocciosetta a impedirgli di uccidere quell’uomo dalle vene sporche, tuttavia il bagliore di un pensiero scomodo fece capolino nella sua mente.
Lei come avrebbe reagito?
Scosse la testa con violenza.
Perché gli importava di una sua ipotetica reazione?? Lei, che nemmeno avrebbe mai conosciuto il padre?
<< Già sveglia? >> chiese non appena le palpebre di Merope si aprirono all’improvviso << Non ci posso credere! Quanto cavolo dura quella pozione?? >>
Merope ammirò innamorata il volto del fratello maggiore e ridacchiò di gusto.
Tom non sapeva che altro inventarsi per farla dormire, era esausto: << Tu mi farai uscire pazzo. >> disse contro la bambina che se la rideva.
<< Ti stai burlando di me, per caso? Vuoi finire come il caro Sam? >>
<< Tati… ta… >>
<< Ho un’intelligenza al di sopra della media ma credimi, non ti capisco >> fece sarcastico.
Lei per tutta risposta gli diede un altro bacio sulle labbra e lui per poco non bestemmiò.
<< Cosa ho fatto di male…? >> si domandò da solo e poi la costrinse a guardarlo in faccia << Se sei convinta di potermi abbindolare con la tua tenerezza hai preso un granchio enorme. Non mi farò ricattare da una marmocchia, e se un giorno dovessi conquistare il mondo magico e tu non fossi dalla mia parte, non tornerei mai indietro per te! Chiaro il concetto?? >>



1996 – Presente


Merope fissava la sua bacchetta spezzata ormai da ore. Accomodata sul tavolo del soggiorno e avvolta dal silenzio, non riusciva a non essere preoccupata per il fratello.
Dopo averla cacciata dalla camera in seguito alla confessione della morte di Bellatrix, Voldemort non si fece più sentire. Si chiese cosa stava combinando di sopra e perché non scendeva… quella notizia doveva averlo scioccato più del previsto e a essere onesti non le andava per niente a genio.
Non poteva essere gelosa di una “morta”, ma in quel momento le venne una gran rabbia al pensiero che stesse più male per la ex Mangiamorte che per lei, la quale era scampata di nuovo all’ennesimo pericolo.
Guardò ancora i pezzi della sua bacchetta, e piena di tristezza cercò di rimetterli insieme. Le veniva da piangere; si sentiva impotente.
<< Mamma, perdonami. Ho perso l’unico tuo ricordo >> sussurrò verso l’alto, certa che la sentisse. Ma poi ebbe un flash, prese dalla tasca le foto datele da Selwyn tra lei e il suo fidanzatino.
Perché ce le aveva ancora? La sua storia con Gaius era finita, era stata tradita in modo spudorato.
Riguardò le foto animate.
All’improvviso le sue gote divennero rosse e, accortasi dell’incidente, scosse il capo e respirò a fondo.
<< Sono una cretina >> commentò a sé stessa, imbarazzata e indignata << Non voglio perdere la mia dignità per un brutto traditore! >>
Fece per strapparle, ma qualcosa la bloccò e non sapeva cosa… ciò la fece innervosire maggiormente. Era convinta di non provare nulla e che non ci sarebbe stata più alcuna possibilità con lui.
Allora per quale assurdo motivo il suo cuore stava battendo all’impazzata?
<< Mi dispiace! >> disse arrabbiata e distogliendo lo sguardo dalle fotografie << Ho un altro fidanzato adesso, molto migliore di te! >>
<< Ah, davvero? >>
Merope saltò dalla sedia e, imprecando sottovoce, si affrettò a togliere di mezzo le sue vecchie foto.
Voldemort le rivolse un’occhiata eloquente prima di sedersi accanto a lei.
<< M-mi hai spaventata… >> disse lei, ma non ebbe il tempo di cambiare subito argomento che il fratello la interruppe.
<< Chi sarebbe questo nuovo fidanzato? >>
<< A dire il vero mi riferivo a te >> rispose in tono di sfida.
Il volto che traspariva non sembrava così segnato dal dolore come si sarebbe aspettata. Il suo comportamento era piuttosto normale.
Infatti sorrise all’uscita di Merope, la guardò con intensità e disse: << Lo so che sei ancora innamorata del pervertito, non c’è bisogno di nascondere le prove >>
Merope arrossì di colpo: << Questo non è affatto vero! Figurati se mi deve piacere uno falso come lui! >>
<< Allora dammi quelle foto >>
<< Eh? >>
<< Hai detto che non ti piace più, quindi posso buttarle via. >>
<< No >> fece all’istante la bambina.
Voldemort trattenne le risate: << Perché no? >>
<< Perché… >> non riuscì a trovare una scusa adeguata, così prese le foto e le mise velocemente sotto la maglietta. Lì di sicuro non sarebbe potuto andare a ficcanasare…
<< Perché devo buttarle io… più tardi >> aggiunse facendo finta di niente.
Il maggiore guardò la scena e non sapeva se ridere o piangere. La conosceva fin troppo bene per non capire che stesse pensando a Gaius; il colore delle sue guance la tradiva, e persino la curvatura delle sue labbra che tentava invano di nascondere descrivevano un mezzo sorrisetto molto convincente.
<< Ti credo sulla parola. >> aggiunse sarcastico.
<< Ma è vero, non lo amo più! >> disse a braccia conserte.
Voldemort per un attimo scorse la figura di Gaunt nel volto di Merope. Le stesse parole, infatti, le usava abitualmente lei quando in casa si apriva il discorso “Tom Riddle”.
In fondo le due erano sempre state identiche da quel punto di vista.
<< Sei proprio la figlia di tua madre. >> commentò severo.
<< Mi sembra ovvio >> rispose Merope, che non comprese l’allusione del fratello << Anche tu sei figlio di mamma >>
<< E chi l’avrebbe mai detto? >> sogghignò ironico il Signore Oscuro.
Ma in quel momento Merope non aveva voglia di ridere, sospirò e ricominciò a pensare alle cose serie. Possibile che si fosse ripreso così in fretta dalla perdita di Bellatrix? Colei che considerava quasi degna del suo rispetto, la seconda in fatto di potenza e abilità magiche, la strega più simile a lui di chiunque altro…
Qualcosa non quadrava.
<< Come ti senti? >> domandò cauta.
Ciò che ricevette fu un breve mutismo da parte del fratello, che si tramutò presto in una smorfia rassicurante. Il modo in cui la scrutò fu molto strano, era come se in un certo senso lo inteneriva.
<< Non ho intenzione di pensarci >>
<< Ma non sei triste? >>
<< Per chi mi hai preso? >> chiese severo.
Merope arrossì di nuovo: << Be’, prima lo sembravi… >>
<< È stato uno shock ma no, non sono triste >> si girò verso di lei << Grazie per l’interessamento >>
<< Tom >> proseguì Merope mentre lo osservava maneggiare la bacchetta << Scusa se non sono riuscita a salvarla >>
Vodemort buttò le pupille rosse e vitree su di lei e inarcò le labbra all’insù: << Tu non c’entri nulla. È successo e basta. >> vide la sorellina abbassare lo sguardo, sicché aggiunse << Mi aspettavo ne fossi felice visto che eri gelosa >>
<< Non ero gelosa! >> disse arrabbiata << Speravo solo che la riportassero ad Azkaban, non certo che finisse con l’anima mangiata! >>
Lui non replicò, seppur un accenno di sorriso beffardo continuava a imprimersi sul suo volto.
Dopo qualche secondo, Merope disse preoccupata: << Sicuro che è tutto ok? >>
<< Cosa ti fa pensare il contrario? >> soffiò tranquillo, senza distogliere gli occhi dal vuoto.
<< Lei era la tua preferita! >>
<< Ti ho già detto che sto bene >>
<< Ma… >>
<< Non ci tenevo così tanto come pensi >> disse brusco il fratello << Se fosse accaduto qualcosa a te sarebbe stato peggio. >>
Merope sorrise d’istinto. Lo sapeva bene, lo aveva osservato mentre piangeva a dirotto per la sua morte… però non si capacitava del suo distaccamento per quella tragedia personale.
<< Mi rendo conto soltanto ora di quanto foste diverse >> disse all’improvviso il mago oscuro, guadagnandosi l’occhiataccia di Merope.
<< Quindi credevi che fossimo uguali… >>
Voldemort la ignorò: << Quando sei morta lei ha finto di essere dispiaciuta, nonostante io stessi soffrendo terribilmente. Non vedeva l’ora che ti dimenticassi per avere più attenzioni da parte mia. >>
La piccola non ne fu affatto sorpresa e in tutta sincerità non voleva nemmeno sprecare giudizi inutili.
<< Tu invece… >>
<< Capisco >> lo bloccò la sorellina, arrossendo << Ma non voglio essere elogiata per qualcosa che dovrebbe essere normale >>
<< Mmh >> Voldemort sibilò ghignante, poi si protese verso di lei e la costrinse a guardarlo << Dovresti esserlo. Secondo me hai un super potere nascosto dentro di te… non c’è altra spiegazione se sei riuscita a cambiare un mago del mio calibro >>
In quel momento Merope ribollì d’imbarazzo: << Ma che dici… >>
<< Da piccolo mi ero ripromesso di non farmi soggiogare dal tuo bel faccino. Come temevo ho fallito >> rise maligno il Signore Oscuro, con la sorellina che lo fissò piena di sconcerto.
<< Tu che? >>
<< È la verità. Parlavo spesso con te quando eri neonata. Devo ammettere che eri un’ottima ascoltatrice… >> la beffò il fratello, facendola diventare rossa.
<< Menomale che non capivo >>
Voldemort le rivolse un’occhiata sarcastica: << Lo notavo da come mi ridevi in faccia. Sei sempre rimasta la stessa, eh, mocciosa? >>
Seguirono lunghi istanti di calma, in cui Merope era talmente imbarazzata da non poter aprire bocca. Ma per fortuna fu il maggiore per primo a rompere il ghiaccio.
<< Stavo pensando che tra poco compirai gli anni >> esordì solenne.
Merope, se possibile, si meravigliò ancora di più.
<< Ehm… sì… >>
<< Che ne diresti se ti facessi un regalo? >> propose mellifluo.
<< Sei Tom o un impostore? Mi stai facendo paura. >> domandò sospettosa.
Lord Voldemort sorrise nel suo tipico modo inquietante e le accarezzò i capelli: << Non c’è niente che desideri più di qualunque altra cosa? >> chiese retorico.
Merope ci rifletté su. In effetti c’era qualcosa che desiderava ardentemente…
<< Le tette grosse! >> esclamò tutta convinta, al che il fratello cambiò subito espressione e la fissò del tipo: “sei seria?”.
<< Che c’è? >> fece la piccola alla faccia di Voldemort.
<< Grazie a Salazar per quello dovrai aspettare >> roteò gli occhi << A parte ciò, cos’altro vuoi? >>
<< Be’… >> Merope osservò la bacchetta spezzata e implicitamente il maggiore comprese cosa voleva dire, ma la sua risposta fu un secco no.
<< Una bacchetta non può essere aggiustata dalla magia, nemmeno il mago più potente potrebbe riuscirci >> le spiegò pacato, ricevendo lo sguardo triste della bambina << A 11 anni te ne regalerò una nuova >>
<< Ma io non ne voglio una nuova… >>
<< Purtroppo non si può riparare >> ripeté Voldemort << Posso farti un altro regalo, però >> la incoraggiò in tono serio.
Merope sollevò le palpebre, le quali s’illuminarono appena incrociò quelle del fratello. Non aveva bisogno di regali se c’era lui al suo fianco…
<< Non voglio nulla >>
<< Sicura? >> chiese scettico. Dopo che la sorella rimase zitta, Tom si alzò e le diede delle piccole pacche << Vorrà dire che te lo farò lo stesso. >>
<< Ti garantisco che non voglio nessun regalo. L’unica cosa che conta per me è che mi resti vicino per sempre >> confessò la bambina, con Voldemort che diventò paonazzo a quella rivelazione. Fece finta di niente e continuò a sospirare, fino a quando non si diresse fuori.
Se aveva intenzione di riunificare la propria anima doveva farlo subito. Merope era sopravvissuta un’altra volta per miracolo e lui non poteva permettere che i frutti del suo regime del terrore la coinvolgessero ancora. Decise che quello sarebbe stato il momento propizio… lo avrebbe fatto per lei, poiché l’unica cosa che voleva era vederla crescere serena e senza stigmi sociali. Doveva studiare a Hogwarts come tutti i bambini maghi, diventare una strega potente e coraggiosa, ma se lui fosse rimasto Lord Voldemort sarebbe stato molto più difficile per la sorellina farsi strada da adulta.
Sì, quello era il regalo di compleanno perfetto…
Pensò a cosa avrebbe dovuto affrontare di lì a pochi minuti e gli tremarono i polsi. Riunificare gli Horcrux non era roba da dilettanti. Il dolore che avrebbe percepito se lo sarebbe ricordato per tutta la vita, ma ormai aveva preso la sua decisione.
<< Aspetta! Dove stai andando? >> chiese la piccola.
<< Resta qui. >>
Merope lo raggiunse con l’aria preoccupata. L’ultima frase l’aveva detta nello stesso tono che aveva usato lei quando poi si suicidò. Sembrava che dovesse andare al patibolo.
<< Che vuoi fare? >>
<< Sei proprio cocciuta, eh! >> esclamò il maggiore per poi inginocchiarsi alla sua altezza << Non preoccuparti, dovrò assentarmi per qualche minuto. >>
<< Posso venire con te? >>
<< Meglio di no >> rispose freddo << Ti fidi di me? >>
Lei annuì, sempre con l’angoscia dipinta in viso.
<< Allora mi aspetterai qui >>
<< Va bene… fai presto, fratellone >> disse dandogli un bacio sulla guancia. Lui la fulminò, anche se apprezzò il gesto. Era la sua firma da quando era piccola e lui l’aveva sempre gradita nonostante dimostrasse l’opposto.
Mentre saliva al piano di sopra, la bambina non gli tolse gli occhi di dosso. Cercò di non badarci e in cuor suo sperò che non lo seguisse.
Dalla cantina recuperò l’anello e lo portò nella sua stanza, aggiungendolo al diario e a Nagini che strisciava libera sul pavimento. Si chiuse dentro e prese un bel respiro profondo.
O adesso o mai più.


 
   
 
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