“Ryo?”
Mick Sbattè gli occhi, perplesso, alla vista
dell’ex amico che se ne stava
spaparanzato nel letto d’ospedale, con quel pigiama consunto,
a strafogarsi di
riso. L’americano era a braccetto della bella Kazue, che
stringeva un mazzo di
garofani dalle mille sfumature di bianco e rosa, e delicati fiorellini
di nebbia,
mazzo che lui le aveva portato in dono, dopo essere passato a trovarla
dall’obitorio dove aveva fatto un turno extra: stavano per
iniziare insieme una
serata che lei sperava essere romantica, e lui bollente.
Mick
aveva finto
di passare casualmente davanti alla stanza dell’amico, aveva
sperato che non lo
avrebbe trovato più lì, visto e considerato cosa
stava per accadere, ma
purtroppo aveva scoperto di aver avuto ragione: Ryo non si era mosso
dal suo
letto, dove se ne stava tranquillo e beato come un pascià.
“Ma che diavolo ci
fai ancora qui?”
“Che
razza di
domanda, mangio!” gli rispose, guardandolo come se fosse
stato un completo
idiota. “Le infermiere sono tutte pazze di me, dovranno
cacciarmi fuori di qui
a forza! Ah, ah, ah!”
“Sì,
ma….” Il
biondo si grattò il capo, guardando prima Kazue, poi Ryo,
che sghignazzava come
un completo idiota. Mick era a dir poco senza parole, e si chiese se le
conseguenze della sparatoria non fossero state più nefande
di quello che
avevano creduto all’inizio. O, se per caso, Ryo non fosse
semplicemente un
completo idiota: la giuria doveva ancora esprimersi al riguardo.
“Insomma, tra
poco inizia il matrimonio di Kaori, e speravo saresti andato a
fermarla. A
impedirle sai, di, ehm, sposarsi.
Con
un altro.”
“No.”
lui si
limitò a dire, secco, deciso e distaccato, mentre
l’uomo e la donna si
guardavano, senza capirci nulla: Ryo era stato parecchio chiaro
riguardo cosa
provasse ancora per Kaori, e Mick era certo che avrebbe finalmente
messo le
palle e compiuto un gesto grandioso, andando a rovinare quelle nozze
con quel
riccastro da strapazzo, e invece, eccolo lì. Stravaccato in
un letto che si
rimpinzava di riso bollito mentre l’amore della sua vita
sposava un damerino
che, con tutta probabilità, tempo sei mesi
l’avrebbe convinta che bisognava
fare qualche cambiamento.
“No?”
Mick sbatté
le palpebre alla velocità della luce, più e
più volte, il viso che esternava la
sua perplessità. “In che senso, no?”
“No
vuol dire no.
Nel senso che stiamo meglio così.”
Ryo
rispose con una scrollata di spalle, con totale aplomb, prima di
mettersi in
bocca un’altra dose di riso. “Noi siamo amici. Noi
siamo colleghi. Kaori ha sempre
avuto ragione, io non sono fatto per la
vita da uomo sposato, sono un single incallito… lo stallone
di Shinjuku, il
fidanzato di tutte… e poi lei si sta per sposare, ed io, con
le donne sposate,
non ci provo, è una questione di principio, non sono mica
come te, sai!”
Così
dicendo, Ryo
eruppe in una sonora risata, preferendo far credere che quella, tutto
sommato,
fosse anche una sua scelta, mentre
invece lui a rimettersi con Kaori, da quando lei era tornata a Tokyo,
ci aveva
provato eccome, ma non era servito a nulla, nemmeno quel bacio
favoloso, dato
in un vicolo fuori dal Cat’s Eye, le aveva fatto cambiare
idea, nonostante lei
in un primo momento lo avesse assecondato, non solo rispondendo a
quella sua
esplicita avances ma prendendo lei stessa da lui tutto quello che
voleva… ma
poi si erano baciati di nuovo, sotto
copertura, e lei era stata molto… distaccata, e Ryo
lì aveva capito di aver
perso la sua opportunità.
Per
giunta,
quando era andata a trovarlo in ospedale, nonostante si fosse
chiaramente
dimostrata preoccupata per le sue condizioni, si era comportata come se
nulla
fosse, da quel punto di vista. Avevano parlato del più, del
meno, e davanti ai
colleghi gli aveva pure detto che sperava che Ryo si riprendesse per il
matrimonio, che lui era il suo più caro amico e che sarebbe
stata felice di
averlo accanto nel giorno più importante della sua vita.
“Vedo
che ti senti già meglio… e così
corriamo dietro alla
infermiere, eh?” Kaori lo punzecchiò, entrando in
camera e sedendosi accanto al
letto. Ryo si mise a sedere dritto, e si grattò la nuca,
ridendo imbarazzato.
“Eh,
eh, sai com’è, cercavo di ottenere un rilascio
anticipato,
eh, eh, eh…”
La
donna si mise a guardare fuori dalla finestra, con aria
pensierosa; stringeva in grembo i pugni, e sembrava stesse lottando, ma
contro
cosa, o per cosa, nemmeno Ryo, che la conosceva meglio di chiunque
altro,
sapeva dirlo.
“Tutto
bene a casa e al lavoro?” Le domandò con voce
calda,
desideroso di farla uscire da quell’imbarazzante situazione,
e Kaori sembrò
risvegliarsi dallo stato di torpore in cui era caduta.
“Ryo….”
Iniziò, incerta, incapace di guardarlo negli occhi.
“Tu….
Tu eri mio amico, vero? Prima di… insomma, tu sei sempre
stato il mio migliore
amico, lo sai vero?”
“Lo
so, Sugar.” Le rispose con tono suadente, stropicciandole i
capelli. “E credimi, le cose non sono cambiate. Non
sarò più il tuo uomo
ma… ma
rimarrò sempre tuo amico.”
Dire
quelle semplici parole per lui fu come morire, non aveva mai
faticato tanto a parlare, mai aveva avvertito una simile coltellata al
petto:
le pallottole avevano fatto meno male.
Ma
l’amicizia era meglio di nulla.
Kaori
era andata avanti: in un modo o nell’altro, lo avrebbe fatto
anche lui. Un giorno. Forse.
“Mi
fa piacere sentirtelo dire, Ryo.” Gli strinse le mani, con
gli
occhi che piangevano. “Ryo, io… tu mi sei sempre
stato accanto nei momenti più
importanti della mia vita, e… e spero che riuscirai ad
esserci anche… anche al
mio matrimonio. So che potrebbe sembrare strano ma… ma
vorrei davvero che le
cose tornassero a com’erano una volta. A, a prima che ci
mettessimo insieme,
insomma.”
Ryo
ingoio, mentre il suo cuore smetteva di battere ed il suo
intero essere veniva percorso da un’ondata di gelo.
“Lo
sai quanto ti ho sempre voluto bene, Kaori…” Le
disse,
abbassando gli occhi, incapace di guardarla in faccia, temendo che, s
ei loro
occhi si fossero incrociati, lei avrebbe capito. “Il giorno
del tuo matrimonio
sarà il più bello e felice della tua
vita… e sarei onorato se tu volessi
condividerlo con me.”
Kaori
scoppiò a piangere, e gli gettò le braccia al
collo,
stringendolo, ringraziandolo – quasi con quelle parole lui le
avesse dato la
sua benedizione.
Ryo
assaporò per un’ultima volta il suo profumo,
sentendosi male,
un essere orribile, alla sola idea di averle appena mentito.
Col
cavolo che
andava a vederla che si sposava con un altro: molto meglio starsene in
ospedale
coccolato dalle infermiere che lo celebravano come un eroe per aver
fermato il
cecchino e salvato la sua partner. E poi… poi avrebbe deciso
cosa fare della
sua vita. Rimanere lì, con lei, era fuori discussione:
vederla sposarsi, avere
figli da quel demente di Shinji? Starsene a guardare mentre lui, quel
finto
bravo ragazzo, la manipolava nell’abbandonare i
suoi sogni, per seguire quelli di lui?
Non
se ne
parlava. Erika gli aveva chiesto se fosse interessato ad un posto
all’Interpol,
e Ryo adesso stava iniziando a pensare seriamente ad accettare
quell’offerta;
avrebbe preso due piccioni con una fava, anzi, tre: sarebbe stato
lontano da
loro due, avrebbe comunque mantenuto il suo lavoro, e avrebbe vissuto
nel Paese
del topless. Cosa avrebbe potuto chiedere di più dalla vita?
Solo,
per adesso,
nessuno lo sapeva: aveva solo accennato la cosa ad Erika, per
telefono…
Mick,
intanto,
non riusciva a credere a ciò che sentiva; si stava
letteralmente mettendo le
mani nei capelli, strappandoseli tanto era indignato e arrabbiato con
il suo
cosiddetto migliore amico che si stava rivelando per quello che era- un
emerito
deficiente. Mollata Kazue nel corridoio, con la bava alla bocca nemmeno
fosse
stato una belva feroce ammalata di rabbia, si precipitò
nella stanza del
poliziotto, e lo afferrò per la giacca del pigiama.
“Ma
sei un
coglione o cosa?!” Mick sibilò. “Tu
quella donna la ami, non puoi lasciartela
scappare così!”
“Non
è vero! Io
non amo nessuno! Sto benissimo da solo!” Ryo
abbaiò, petulante, praticamente
sputacchiando in faccia all’amico.
“Passerò la mia eterna gioventù a
saltare da
un letto all’altro! Basta trattenersi!”
“Ah
sì?” Mick
fece un sorrisetto furbo, stringendo gli occhi a fessura. “E
allora la tua
dichiarazione d’amore, cosa mi dici di quella? Ih, ih,
ih!”
“Eh?
Ma di che
parli?” Ryo arrossì leggermente, guardandolo
incredulo. “Io non l’ho mai detto
a nessuna che... che, Insomma, quello!”
Mick
quasi si
strozzò dalle risate: Ryo era un caso così
disperato che nemmeno parlare
d’amore gli era possibile, quella parola gli scatenava delle
reazioni
fisiologiche viscerali – iniziava a capire perché
Kaori avesse deciso di
mandare a monte le nozze e si fosse cercata una persona più
emotivamente matura
e normale.
“In
realtà, caro
il mio Ryo, lo hai
detto eccome: per la
precisione, a
Reika, dopo che ti hanno sparato!” Il
biondino iniziò a raccontare; la sua voce assunse un tono in
farsetto, quasi a
voler dare un maggiore effetto comico a tutta quella faccenda assurda;
intanto,
Ryo impallidiva, ed ingoiava a vuoto, mentre il suo stomaco si
chiudeva. “Oh,
avresti dovuto vedervi, Ryo…. giuro che solo a sentire Maki
che la raccontava
sembrava di essere lì!”
“Eh?
Ma…” Ryo
sbattè le palpebre, boccheggiando nemmeno fosse stato un
pesce fuor d’acqua;
guardava il vecchio amico in tralice, incerto se credergli o meno.
“Eh,
guarda che è
non mica una bugia, eh! Maki dice che la piccola Reika era davvero al
settimo
cielo!” Mick continuò, sghignazzando.
“Tutta sorridente, tutta contenta e
felice, ti stringeva, voleva riempirti di baci,
si è pure messa a piangere, e tu avevi una tale
faccia da idiota… a
quanto pare c’era
da morire dal ridere,
ma purtroppo Maki ha pensato a chiamare i soccorsi piuttosto che
registrare
tutto per i posteri!”
Brividi
iniziarono a percorrere l’intero corpo di Ryo, che sudava
freddo mentre vedeva
materializzarsi nella sua mente tutti i suoi incubi… lui con
Reika. Ma cosa gli
era passato per la testa? Sì, certo, era una bella donna,
era graziosa, ed era
capace, nel lavoro, ma lei non era proprio il suo tipo, lui non
l’aveva mai
vista in quel modo….
“Andiamo, non
posso averle detto che, sì,
insomma, quello! Me lo ricorderei!” Ryo insistette. Era certo
che se ne sarebbe
ricordato: quelle parole erano per lui un tabù, lui era
cinico e un po’
stronzo, un dongiovanni, lui teneva
alle persone, ma da lì a provare quell’emozione
ce ne passava… ci era andato vicino solo una volta, ma non
aveva mai detto
quelle parole, nemmeno a lei, al massimo, quando Kaori gli aveva
sospirato
languida di amarlo, al tempo della loro fugace relazione, Ryo si era
limitato
ad annuire e dire anch’io…
“Ammetto
che
avevo creduto che sarebbe stato più semplice far passare un
cammello dalla
cruna di un ago, visto quanto tu ed io siamo sentimentalmente immaturi
ma,
amico mio, sono propenso a credere a questa versione dei fatti, anche
perché ci
fosse solo la bella Reika come testimone oculare della tua confessione
potrei
nutrire dei dubbi, ma anche Maki t’ha sentito e mi ha
raccontato tutto!”
Ridacchiando, Mick gli diede una manata sonora sulle spalle, facendo
venire al
poliziotto tutta una serie di colpi di tosse; il riso gli
tornò su, fermandosi
a metà tra stomaco e bocca, e Ryo fulminò Mick.
“E
com’è che, se
ho detto a Reika che la amo, tu mi
vuoi vedere con Kaori, eh?” Ryo domandò, mentre
sentiva l’irritazione montargli
dentro. “E comunque io mica ci credo ancora a questa storia,
secondo me vi
siete inventati tutto!”
“Ma
perché…” Mick
prese a ridacchiare, il viso così vicino a quello di Ryo che
l’ex collega
poteva sentire il profumo del suo dopobarba, una cosa che invece di
profumare
sembrava più un olezzo- Mick aveva ottimo gusto per alcune
cose, pessimo per
altre. “Tu, mentre deliravi in preda al dolore, a chi credi
di averlo detto,
eh? Caro il mio stallone! Ih, Ih, Ih!”
Ryo
sbatté gli
occhi, senza capire dove l’amico volesse arrivare.
Lo
aveva detto? O
Mick lo stava prendendo per il culo?
“Andiamo,
Ryuccio, pensaci bene…se ti impegni dico che te lo
ricordi…” Mick lo prese in
giro, dandogli delle leggere pacche sulla schiena, mentre Ryo fissava
il vuoto.
Era
come se la
sua mente fosse avvolta dalla nebbia, ma lentamente, un tiepido raggio
di sole
prese a farsi strada nei suoi pensieri, in quel turbinio tempestoso.
Un
immagine. Un
ricordo. E poi un altro ed un altro ed un altro ancora.
A
Terra, Ryo aveva freddo. Si sentiva soffocare, circondato da
tutte quelle persone, ma non riusciva a vedere bene nessuno di quei
visi, la
vista era annebbiata.
“Ryo,
Ryo ti prego, non morire!” Una donna gli disse, e Ryo
sentiva sul suo volto le lacrime della donna. “Non farmi
questo!”
“Andiamo
Ryo, tieni duro, i soccorsi stanno arrivando!”
Udì;
stavolta, a parlare era stato un uomo – sembrava la voce di
Maki.
“Resisti,
Ryo, resisti!” La donna lo chiamò, supplicandolo.
Sembrava disperata. Ryo la sentì parlare, e la
voce…lentamente, cambiò… o forse
la riconobbe per la prima volta… le sorrise, allungando una
mano verso il viso.
“Ti
amo…” le disse, tossendo tra una parola e
l’altra, mentre in
bocca avvertiva il sapore ferroso del sangue. “Ti
amo… così tanto… da
sempre…”
Lei
sgranò gli occhi, sorridendogli felice, come mai prima di
allora; le lacrime continuarono a lasciare i suoi bei occhi castani, ma
stavolta erano lacrime di gioia, non più di paura o dolore.
“Oh
Ryo….non lasciarmi!” La donna lo
supplicò, lasciandosi cadere
sull’asfalto accanto a Ryo, gettandogli le braccia al collo e
stringendolo.
“Sei
tornata da me…” Lui si voltò verso di
lei, sorridendole, in
pace. Aveva gli occhi lucidi, ma non era abbastanza in forze da
piangere vere
lacrime. “Ti amo…Sugar.”
“O
merda.” Ryo
ingoiò, fissando il muro bianco asettico davanti a lui,
passandosi una mano nei
capelli. “L’ho detto davvero. Ho detto a Reika
che… ma non l’ho detto davvero a
lei, insomma, io credevo… ero convinto che
fosse Kaori!”
“Già…”
Mick continuò a canzonarlo. “Quando
dalla bocca ti è uscito quel nomignolo lei è
rimasta di sasso, non capiva, poi
Maki si è messo a strillare che chiamassero Kaori e allora
le si sono aperti
gli occhi e ha capito che avevi pensato di parlare con la tua
ex… e invece che
strozzarti le hai fatto pena e si è messa addosso a te
nemmeno fosse stata, non
so, dell’edera! Sembrava pure ancora più
innamorata di te!”
“Cazzo!”
Ryo
sibilò, grattandosi i capelli ribelli, a denti stretti,
sentendo una sensazione
inusuale nel petto - come qualcosa che gli batteva nel petto. Poi,
all’improvviso, impallidì, e guardò il
suo vecchio amico, ingoiando a vuoto,
quasi temendo la risposta. “Mick… lei…
Kaori lo sa?”
“Beh…
ecco… noi
speravamo che, come dire…” Mick
sospirò, alzando gli occhi al cielo. “Che tu ti
facessi furbo e glielo dicessi tu.”
All’improvviso,
come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa di importante,
Ryo
afferrò il polso di Mick, e guardò
l’orologio: era tardi. Se non si fosse
sbrigato, non ce l’avrebbe mai fatta. “Mick, sei in
macchina?”
“Certo
che sono
in macchina! Cosa credi, che mi potrei mai muovere sui mezzi pubblici,
io?” Gli
domandò, mentre guardava Ryo arrancare nella stanza e
buttare tutto fuori
dall’armadietto che aveva accanto al letto, alla disperata
ricerca di qualcosa
che non fosse un pigiama da nonnetto. “E come mai vuoi
saperlo, Ryuccio caro?”
Lo schernì, braccia incrociate mentre stava appoggiato allo
stipite della
porta. Immaginava il perché, ma voleva che fosse il suo
amico a dirlo ed
ammettere la verità, una volta per tutte.. ed ad alta voce!
Ryo
trovò una
borsa con quello che cercava, pochi capi basici, non un
granché né il meglio
che avrebbe potuto offrire il suo armadio a casa ma era meglio di
nulla, e si
vestì, senza nemmeno prendersi la briga di infilarsi boxer o
calzini.
“Perché?
Come
perché?” gli domandò con una vocina
stridula mentre lo afferrava per il bavero
della giacca e lo scuoteva. “Ma perché devo
fermare Kaori! Devo fermare quel
dannato matrimonio prima che sia troppo tardi! Non può
sposarsi senza sapere
che… che cosa provo per lei!”
“Bravo,
my
friend, così si fa!”
Mick gli dette una
pacca sulla spalla, sghignazzando, menefreghista del pallore sempre
più forte
di Ryo, che intanto si era fatto una corsa in corridoio e aveva
strappato dalle
mani di Kazue il mazzo di fiori, che erano, guarda caso, e grazie alla
sua
buona stella, i preferiti di Kaori. Mick scrollò il capo,
divertito: trovava
adorabile che Ryo ancora non riuscisse a usare quella parolina, e
sperò con
tutto se stesso che, almeno una volta che fosse trovato davanti la
rossa del
suo cuore, avrebbe trovato la forza e la determinazione di ammettere la
verità,
solo la verità, tutta la verità,
nient’altro che la verità su cosa tormentava
il suo animo. “E adesso andiamo a prenderci la tua sposina, e
ringrazia che a
me piacciono le macchine veloci, altrimenti con te che ti svegli
all’ultimo
minuto mica ci arriviamo in tempo al municipio di Tokyo!”
Tocchi
leggeri alla porta della sala destarono Kaori, che, mettendosi a posto
il corto
velo, si voltò verso l’ingresso, col cuore che le
martellava in gola, allo
stesso tempo emozionata e spaventata dall’idea di chi potesse
essere che la
disturbava in quel momento. Si dette della sciocca, scrollando lieve il
capo
per non far andare fuori posto i capelli che Eriko le aveva
accuratamente
acconciato dopo che aveva indossato l’abito lungo sotto alle
ginocchia:
probabilmente era solo suo fratello, o la stessa Eriko che era andata a
controllare a che punto la futura sposa fosse: lui le aveva detto e
ripetuto
che amava troppo la vita da scapolo, che non sarebbe mai potuto
cambiare, e che
quindi era meglio che le cose fossero andate così.
Schiena
dritta, Kaori si schiarì la gola, preparandosi, ed
indossò
la sua solita armatura di donna composta e dalla rigida etica e morale.
“Avanti.” disse con un tono che però lei
stessa reputò troppo alto di almeno
un’ottava.
La
porta si aprì con un leggero cigolio, e da essa fece
capolino
la testa bruna di Reika; la presenza della donna spiazzò la
poliziotta, che non
si era aspettata di vedere li la collega che, anzi, aveva
più volte ribadito di
non essere interessata a partecipare alla cerimonia, nonostante le due
fossero
quasi imparentate, ora che Saeko e Hide erano sul punto, finalmente, di
sposarsi, dopo aver passato tanti anni a fare tira e molla.
“Reika!”
Kaori esclamò, facendo un paio di passi verso
l’altra,
stampandosi sul viso il suo migliore sorriso. Non era certa che Reika
le
piacesse, ma sapeva che era brava nel suo lavoro, ligia, e per questo
meritava
almeno di essere rispettata, nonostante i suoi tanti difetti.
“Non mi aspettavo
che tu venissi.”
“Nemmeno
io, in realtà.” Reika le rispose. Occhi bassi, le
sue
labbra erano tirate, come in un pigro sorriso di rassegnazione.
“Ma desideravo
parlarti. C’è una cosa che credo tu debba sapere.
Riguarda Ryo, e cosa è
successo al Centro Commerciale, quando gli hanno sparato.”
Kaori
si irrigidì, e perse la sua proverbiale compostezza. Ogni
muscolo del corpo teso, si voltò, dando le spalle
all’altra; ricordava fin
troppo bene cosa era successo quel giorno, e forse lo avrebbe ricordato
per
sempre - perché Ryo avrebbe sempre avuto un posto speciale
nel suo cuore. Ma
adesso era ora di andare avanti… perché,
nonostante anche lei avesse atteso per
ore col cuore in gola il medico che dicesse loro come stavano le cose,
che li
rassicurasse sul fatto che il loro amico, fratello, compagno si sarebbe
salvato, aveva visto lo sguardo di Reika, e quello di Ryo mentre lo
facevano
scendere dall'ambulanza.
Amore:
lui stava andando avanti, e vedere, sapere che lo stava
facendo era come avere la sua benedizione, essere certa che sposare
Shinji era
la cosa giusta da fare.
“Non
mi interessa nulla di cosa c’è tra voi, Reika. Ryo
ed io
ormai non stiamo più insieme da tempo, ed ognuno di noi
è libero di farsi la
propria vita… per questo mi sto sposando oggi!”
“C’è
una cosa che devi sapere prima di decidere se vuoi andare
fino in fondo con questo matrimonio,” Reika le disse,
proferendo le parole con
decisione, il suo sguardo triste sì, ma che bruciava col
fuoco della
determinazione. Stringendo i pugni, fece i pochi passi che la
dividevano da
Kaori, e la afferrò per le spalle, obbligandola a voltarsi e
guardarla in
faccia- a smetterla di nascondersi. “Quando il cecchino
l’ha ferito ed era
andato in shock, lui ha cercato te! Mi ha chiamato col tuo nomignolo,
dicendoti
che ti ama ancora!”
L’esitazione
di
Kaori durò un solo attimo.
“Ryo?
Ammettere di amare qualcuno?” Kaori quasi sibilò,
con la
voce impastata dalle lacrime e dalla rabbia. Ogni parola di Reika era
stata
come una stilettata per lei, che faceva sgorgare lacrime dai suoi occhi
e
sangue dal suo cuore. “Ma per favore, è
più facile che il Mar Rosso si divida
ancora piuttosto che lui ammetta di amare qualcuno! Anche
l’altra volta diceva
di essere pronto e di volere che ci fosse un noi,
ma quando siamo andati a vivere insieme lui non era mai a
casa, e continuava a flirtare con tutte… a volte sembrava
quasi che fossi
trasparente, che mi trattasse più come la serva che la sua
compagna! Ryo è
allergico al matrimonio, lo ha sempre detto che non si sarebbe mai
sposato e
che di figli non ne voleva nemmeno sentir parlare... sono stata sciocca
io a
credere che avrei potuto cambiarlo, ma adesso me ne sono fatta una
ragione, ed
ho accettato che noi potremo solo essere amici… e poi
io… io credevo di poter
rinunciare ad un figlio mio, ma voglio davvero avere un bambino, e
crescerlo
con il mio compagno!”
“Kaori...”
rattristata, con il cuore in subbuglio, Reika alzò una
mano verso la donna per sfiorarla e darle conforto, ma poi decise che
non
sarebbe stata una mossa saggia- era evidente che a Kaori non piacesse
essere
consolata, che preferisse armarsi di tutto punto per affrontare i
problemi da
sola, e comunque, loro non erano certo così intime: non era
bastato loro essere
entrambe donne in quell’ambiente così
profondamente maschile per cadere in un
cameratismo che, non fosse stato per la bruciante attrazione che
entrambe
provavano per Ryo, sarebbe potuto apparire naturale.
La
donna fece un paio di passi indietro, poi si voltò verso la
porta, e sfiorò l’intelaiatura, quasi cercasse un
motivo per indugiare
ulteriormente all’interno di quell’ambiente.
“Ryo ti ama davvero, Kaori, e
credo che stavolta lui sia cambiato. Credo che tu dovresti dargli una
possibilità.”
“Una?
Gli ho dato cento, mille possibilità negli anni! Sono stufa
di essere sempre io quella che si sacrifica, che si preoccupa, che
aspetta, che
scende a compromessi! Con Shinji ho trovato una mia
stabilità... lui mi
rispetta, come donna e come professionista e di certo non mi chiude in
casa
perché si è scordato che sono andata a vivere da
lui… e poi vogliamo la stessa
cosa, costruirci un solido futuro, insieme, con i bambini che
arriveranno!”
Kaori sbottò, sbattendo i piedi per terra. “Non ho
intenzione di perdere tempo
dietro ad un ragazzino troppo cresciuto che non è
sentimentalmente maturo e che
non sa cosa vuole, non quando ho un uomo perfetto che mi ama e che mi
sta
aspettando adesso per farmi
diventare
sua moglie!”
Ma
tu non lo ami, Reika
pensò, con un sorriso amaro sulle labbra. Guardò
Kaori: si
stringeva nelle braccia, trattenendo a stento le lacrime.
“Ha
avuto così tanto tempo, quando me ne sono
andata…” Kaori disse
a bassa voce, il tono così lieve che non si capiva se stesse
parlando o
riflettendo. “Più di un anno, ma non è
mai venuto da me. Non ha mai lottato per
riportarmi da lui. Solo quando ha capito che un altro aveva preso il
suo posto
ha iniziato a corteggiarmi… se non fosse stato per Shinji,
lui non avrebbe
fatto nulla…”
“Volevo
solo che lo sapessi, Kaori. E dirti che…” Reika
sorrise-
un sorriso triste, colmo di amarezza. C’era tuttavia una luce
nei suoi occhi,
che sembrava essere quella della speranza. “Non so se te lo
hanno già detto, ma
Saeko mi ha detto che le cose nei prossimi mesi cambieranno. Lei ha
avuto una
promozione e dirigerà il dipartimento, e Maki
prenderà il suo posto
all’unità…
e io...io ho deciso di cambiare lavoro. Il mio ex partner ha aperto
un’agenzia
investigativa e mi ha chiesto di divenire sua socia, e anche Mick
sarebbe
interessato ad unirsi a noi, sai? Sembra aver fatto amicizia con la
dottoressa
che si è occupata di Ryo, e credo che voglia rimanere qui in
Giappone per starle
accanto, anche se adesso il processo contro Kaibara e Sonia Fields
è
terminato.”
“Reika,
non è necessario che tu…” Kaori si
voltò, quasi sconvolta,
e si avvicinò con irruenza alla giovane donna.
“Sei un’ottima poliziotta, non
andartene per me!”
“Non
lo faccio per te, Kaori,” le rispose, posandole le mani sulle
spalle. “E nemmeno per Ryo. Lo faccio per me. Non voglio
struggermi per un uomo
che non mi amerà mai, ma costruirmi il futuro che voglio io.
Voglio
reinventarmi, fino a che ho l’età per
farlo!”
Sorridente,
diede un leggero bacio sulla guancia alla sposina,
quasi a suggellare un patto di pace tra due donne che, per anni, erano
state
avversarie, tanto sul lavoro quanto per il cuore del bel tenebroso
detective.
“Qualsiasi cosa tu decida di fare, auguri, Kaori, e sii
felice!”
E
così dicendo, se ne andò; si chiuse la porta alle
spalle, il
cigolio ancora più sinistro, quasi che volesse rappresentare
una caduta
rovinosa…. un equilibrio spezzato. Kaori si chiuse nelle sue
spalle, portandosi
le mani al cuore, e sospirò. Si voltò, e vide il
suo riflesso nello specchio,
lei con indosso l’abito da sposa di alta moda che Shinji
aveva insistito perché
lei acquistasse.
Lui
non le aveva
permesso di occuparsi di nulla, aveva promesso di pensare a tutto lui,
perché
lui voleva sposarla. Non come Ryo, che aveva iniziato ad avere
addirittura le
coliche non appena la data delle nozze aveva iniziato ad avvicinarsi.
Shinji
voleva una
moglie. Ryo…lei non sapeva cosa Ryo avesse voluto dalla loro
relazione, ma alle
volte le era sembrato che lui si accontentasse di
una governante che gli scaldasse il letto.
Non
c’era proprio
nulla da decidere. La scelta razionale era semplicissima da fare: da
una parte
un uomo che la voleva, dall’altro uno che non sapeva cosa voleva.
Stringendo
i
denti, si raddrizzò, pronta ad andare a sposarsi con Shinji.
Shinji
e Kaori erano l’uno accanto all’altra, davanti
all’ufficiale del comune. Lei
teneva tra le mani un delicato bouquet di gigli e pan di cuculo, che
lei
guardava timida, le gote arrossate. Shinji, bellissimo nel suo completo
blu
scuro, dai riflessi iridescenti, la guardava come se lei fosse stata la
cosa
più bella del mondo, certo che la donna fosse timida ed
emozionata.
Saeko
e Hideyuki,
in piedi accanto a lei, guardavano la porta della sala consiliare con
trepidazione, attendendo che capitasse qualcosa… non una
cosa qualunque, ma una
in particolare, che Ryo arrivasse e ponesse fine a quella scempiaggine.
Shinji
era un
bravo ragazzo, e sì, voleva bene a Kaori, e la amava anche,
in pratica venerava
il terreno su cui lei camminava… ma la capiva davvero? La
conosceva? Kaori e
Ryo avevano una chimica invidiabile, erano sempre stati in grado di
capirsi con un solo
sguardo, e Hideyuki
era stato certo che quella chimica che avevano in campo si sarebbe
potuta
replicare benissimo nella vita di tutti i giorni, e renderli una
coppia- di
amanti, amici, genitori- invidiabile..
Ryo
e Kaori erano
fatti per stare insieme: lo sapevano tutti, solo loro due avevano da
capirlo.
L’errore non era stato mettersi insieme, ma troncare quella
relazione senza
darsi una vera possibilità.
“Se
qualcuno
conosce un motivo per cui questa coppia non debba essere unita in
matrimonio,
parli ora o taccia per sempre!” disse con un sorriso benevole
il vicesindaco.
Shinji guardò Kaori, Kaori guardò il fidanzato,
gli ospiti dello sposo
sorrisero benevoli, quelli della sposa presero a mormorare continuando
a
fissare le porte, in attesa che quel qualcosa in particolare avvenisse.
“Vuoi
tu, Shinji,
prendere Kaori come tua legittima sposa?”
L’ufficiale, con un sorriso stampato
sul viso, gli domandò. Shinji si voltò verso
Kaori, prese tra le sue mani
quelle della fanciulla, e radioso rispose: sì.
L’ufficiale
porse
la medesima domanda a Kaori; lei guardò Shinji mordendosi le
labbra prima di
fissarsi i piedi, mentre il compagno la guardò incerto,
sollevando un
sopracciglio con fare interrogativo.
“Kaori?”
la
apostrofò leggermente spazientito. “Il vicesindaco
ti ha fatto una domanda.
Potresti rispondere, per favore?”
Dal
lato degli
ospiti di Kaori, si alzò un mormorio, e molti fra i suoi
conoscenti presero a
ridacchiare, mentre altri scossero il capo alzando gli occhi al cielo.
Alcuni
presero anche a far passare denaro di mano in mano, indicazione che
erano state
fatte scommesso circa l’esito della cerimonia, e che quelle
persone erano
convinte che ancora una volta Kaori si stesse tirando indietro.
“Signorina
Makimura, allora?” il vicesindaco le domandò,
spazientendosi sempre di più;
occhi sottili e venati di rosso, stava perdendo la pazienza, e come un
bambino
piccolo stava per mettersi a sbattere i piedi. “Guardi che io
ho un altro
matrimonio fra pochi minuti!”
“LEI
NON LO
VUOLE!” Le porte della sala si spalancarono, sbattendo contro
il muro, e Ryo,
vestito con un paio di jeans neri e una maglietta rossa, vecchie scarpe
da
ginnastica ai piedi, fece il suo plateale ingresso, marciando verso il
suo
obiettivo tra i mormorii di sdegno degli invitati di Shinji e i
languidi
sospiri e le risate di quelli di Kaori.
“Ci
mancava solo
questo pezzo di idiota decerebrato!” Shinji sibilò
a denti stretti, non appena
Ryo gli fu vicino; il detective sorrise compiaciuto, mentre Kaori
sbatteva i
suoi grandi occhioni nocciola, quasi scioccata che il suo fidanzato si
comportasse in quel modo, dopo essersi dimostrato tanto affabile.
“Possiamo
andare avanti, per cortesia?”
“Guarda
che Kaori
non ti ha risposto, brutto damerino da strapazzo!” Ryo lo
accusò, la voce bassa
e quasi stridula, prima di voltarsi verso Kaori, che gli dava le
spalle,
rigida, e rifiutava di guardarlo negli occhi. Un lieve murmure a
livello delle
spalle tradiva il fatto che, in preda all’emozione, stesse
tremando, e questo
fece sorridere Ryo, il cui cuore era infuso di contentezza e
felicità, conscio
che forse non tutto era perduto. “E comunque, Shinji ha
ragione: sono stato un
vero idiota. Perché non ho capito quanto tu fossi importante
per me fino a che
non ti ho persa!”
“Importante?!”
Sentire quelle parole fece scattare la giovane donna dai capelli rossi;
Kaori
si voltò, e chiuse la distanza che la divideva da Ryo, che
prese a colpire sul
petto con il semplice bouquet. “Ma se mi hai chiusa in casa perché ti eri
dimenticato che mi ero
trasferita da te!”
“Andiamo,
è solo
successo una
volta…” lui si
giustificò, balbettando e ridacchiando, mentre, mani alzate,
muoveva alcuni
passi all’indietro.
“E
alla sera, eri
sempre in giro per i tuoi maledetti locali di Shinjuku, pieni di
donnine che
non aspettavano che l’occasione giusta per strusciarsi
addosso ad un uomo
impegnato!” Continuò lei, perseverando nel
colpirlo con il mazzolino di fiori.
“Sempre…
sarà
successo qualche volta… e poi lo sai che lo faccio per
cercare informazioni…”
“E
quando è
saltato il matrimonio e noi ci siamo lasciati? Tu non hai fatto nulla
per
fermarmi o farmi cambiare idea! Non sei mai nemmeno venuto a cercarmi!
Hai
preso la palla al balzo, ammettilo!”
“Ehy,
quella
volta non è stata direttamente
colpa
mia!” Ryo si giustificò, il tono di voce alterato
mentre smetteva di fare passi
indietro e ne faceva alcuni verso di lei. “Che ne sapevo io
che c’erano dei
mafiosi che ce l’avevano col gemello di una delle guardie di
sicurezza! E poi
io il matrimonio volevo solo rimandarlo, sei tu che mi hai lasciato e
hai
annullato tutto!”
“E
sentiamo, cosa
avrei dovuto fare? Aspettare che tu decidessi su una nuova data?
Aspettare
altri cinque o sei anni?” Lo apostrofò,
sbattendogli addosso il bouquet come un
pugno, mentre Ryo continuava ad indietreggiare. “Ma cosa
credi, che non lo
sappia che lo sposarmi è stato solo un contentino? Povera piccola Kaori, già le ho detto
che figli non ne voglio, diamole
almeno questo!”
“Potremmo
smetterla con questa pagliacciata ed arrivare al dunque?”
Shinji domandò,
alzando gli occhi al cielo, nonostante avesse la netta sensazione che
nessuno
gli stesse dando la benché minima attenzione; Ryo e Kaori
erano persi in una
loro bolla, nel loro mondo, e non vedevano niente e nessuno.
“La
smetteremo
quando avrò detto ciò per cui sono venuto qui.
Kaori, io… ecco, il fatto è
che…. Insomma…” Ryo ingoiò a
vuoto, e prese a sudare. Il cuore gli scoppiava
nel petto, e sentiva il sangue che cessava di fluire verso gli organi
vitali
ma, la bocca impastata da quel tripudio e rimescolio di emozioni,
l’uomo non si
dette per vinto: sapeva che, se avesse tergiversato ancora, se le
avesse negato
quelle parole, l’avrebbe persa, e stavolta per sempre. “KAORI, IO TI AMO!”
“Oh
insomma,
adesso basta! Saeba, fai un favore a tutti e smettila di metterti in
ridicolo!”
il magnate della tecnologia lo apostrofò, mentre, intanto,
intorno a loro, gli
amici di Ryo e Kaori battevano entusiasti le mani, incoraggiando la
coppia a
compiere quell’ultimo passo che li divideva dalla
felicità. “Kaori, rispondi al
vicesindaco, così almeno la facciamo finita una volta per
tutte e ce lo leviamo
dai piedi!!”
Con
gli occhi
lucenti di lacrime, ed il cuore che le batteva con tale forza nel petto
che Ryo
credette di vederlo, Kaori
guardò l’uomo
che nemmeno due anni prima aveva quasi sposato; in tutti quegli anni,
Ryo non
le aveva mai detto quella frase, né a lei né a
nessun’altra.
Ryo
si limitò a
sorriderle, incatenato alla meraviglia dello sguardo di lei.
“Rispondi,
Kaori.” le disse con disarmante semplicità, mentre
portava una mano a sfiorarle
il viso.
Kaori
guardò Ryo,
poi il fratello, che le fece cenno di sì col capo,
sorridendole benevole e
comprensivo e quasi grato, mentre, Saeko al suo braccio, la sua
compagna
piagnucolava come una ragazzina emozionata, le lacrime che le distavano
il
trucco raffinato e ricercato ed infine si voltò verso
Shinji, che spalancò gli
occhi, incredulo.
“Kaori,
andiamo,
non starai davvero pensando di…”
Sibilò, capendo fin troppo bene quale aria
tirasse. “Non vorrai fare la sciocchezza di rimetterti con
lui! Lo sai che tu
ed io siamo perfetti insieme, ce lo dicevano tutti da ragazzi! Vogliamo
anche
le stesse cose… e poi, io non ti farei mai piangere, non
come faceva lui!”
“Kaori
non ha
bisogno di un uomo che le dica cosa vuole dalla vita,” Ryo
sentenziò, colpendo
Shinji con uno sguardo glaciale, e quelle parole, quello sguardo, le
parlarono
molto di più di quella confessione d’amore: Ryo la
stava lasciando libera di
scegliere, dandole però tutte le informazioni necessarie
perché la sua scelta
fosse consapevole. “Lei lo sa benissimo cosa vuole, e chi vuole!”
Ed
in quel
momento, c’era solo una possibilità. Forse sarebbe
stato un errore, forse sarebbe
tornato tutto come prima, ma Kaori voleva provarci, voleva credere che
i loro
amici, che il suo cuore, quello di Ryo stessero dicendo il vero, e che
lui
fosse davvero cambiato: se non lo avesse fatto, sapeva che se ne
sarebbe pentita
per il resto dei suoi giorni, vivendo chiedendosi come sarebbe potuto
essere
tra di loro.
“Mi
spiace,
Shinji. Sei sempre stato un bravo ragazzo ed un mio carissimo amico.
Tengo
davvero tanto a te e hai ragione, in teoria saremmo potuti essere
perfetti
insieme, ma non credo che ci siamo mai davvero amati. Ci piaceva
giocare alla
coppietta, alla famigliola felice, ma…” piangendo,
ma con il sorriso sulle
labbra, Kaori si voltò verso Ryo, e gli portò la
mano destra alla guancia. Ryo,
col sorriso, si lasciò andare a quel contatto, emettendo un
sospiro di
sollievo, mentre il suo cuore si placava, forse per la prima volta
davvero in
tanti anni.
Kaori
non aveva
bisogno di dirgli nulla: i loro sguardi parlavano più di
mille parole. Era
sempre stato così, e sempre sarebbe stato.
“Ma,
anche se sei
pieno di difetti, non riesco a smettere di amarti, Ryo.”
Ridendo
felice
come un ragazzino, Ryo la afferrò per il polso, coperto dal
delicato guanto di
pizzo, e come la prima volta che l’aveva baciata di sua
volontà la
tirò contro di sé, affondando il naso nei
ricci profumati, la veletta che gli solleticava piacevolmente la pelle,
e Kaori
si lasciò andare a quel contatto mentre il vicesindaco
gettava a terra i fogli
e se ne andava via sbattendo i piedi e Shinji li guardava con la bocca
aperta e
gli occhi sgranati, incredulo che una cosa del genere fosse potuta
accadere.
“Su,
su, andiamo,
mica è la fine del mondo, il Giappone è pieno di
donne, non lo sa?” Il magnate
dell’industria si voltò, e vide che una bella
donna dai lunghi capelli castani
lo aveva preso a braccetto. Batté le palpebre un paio di
volte per capire se
fosse vero e stesse capitando davvero, e dovette ammettere che non era
tutto
frutto della sua fantasia.
Kaori
era davvero
abbracciata a Ryo Saeba e lui aveva davvero una graziosa ragazza che lo
stringeva
contro il proprio prosperoso seno.
Forse
Kaori aveva ragione: erano innamorati entrambi dell’idea
dell’amore, non l’una
dell’altra, e la loro amicizia era così forte e
salda che nemmeno il suo
orgoglio sembrava essere stato scalfito da quel rifiuto.
“Sono
Reika
Nogami, lavoravo con Ryo e Kaori… cosa ne dice, andiamo ad
annegare le nostre
sofferenze in un paio di bicchieri di sakè?”
L’uomo
arrossì, e
sorrise ebete grattandosi la nuca, mentre intanto
amici e colleghi della sposa fuggitiva e del
suo bel tenebroso li incitavano a scambiarsi un bacio, Ryo e Kaori non
gli
dettero ascolto, e, corsero fuori dal comune, mano nella mano, ridendo
e
scherzando proprio come quando erano stati ragazzini; nel piazzale, Ryo
raggiunse Mick, che lo attendeva mollemente appoggiato allo sportello
della sua
macchina italiana.
“Ce
ne hai messo
di tempo, vecchio volpone!”
l’americano
lo prese in giro, prima di fare l’occhiolino a Kaori, con
sommo disappunto di
Ryo che lo fulminò. “Ma almeno vedo che
è servito a qualcosa tutto questo
can-can… la bella sposina l’hai salvata!”
“Quanto
sei
scemo, Mick!” Kaori ridacchiò, nascondendosi la
bocca scarlatta dietro alla
manina guantata. Si voltò indietro, e vide riuniti tutti i
loro amici, i loro
colleghi, quelli che negli anni erano divenuti la loro famiglia, ed in
quel
momento comprese cosa le era sfuggito fino a quel giorno: quella era le
perfezione, la felicità. Non aveva bisogno di trasferirsi in
una casa con tre
bagni, giardino e cinque camere da letto, né che Ryo le
mettesse l’anello al
dito. Voleva solo quelle tre parole, da lui, e stare
con lui, circondata dall’affetto dei loro cari.
E
poi, chissà:
Ryo aveva saputo fare quella ammissione… magari, col tempo,
le sarebbe venuto
ulteriormente incontro, e le avrebbe dato ciò che aveva
sempre desiderato da
lui… un figlio loro.
Ma
avevano ancora
tempo, per quello. Adesso erano Ryo e Kaori, e per lei era abbastanza.
Era
tutto quello che voleva, che aveva sempre voluto…
l’inizio della loro storia,
anzi: di un nuovo capitolo di quel racconto iniziato tanto tempo prima,
quando
lo aveva incontrato per la prima volta, innamorandosene
all’istante nonostante
Ryo all’epoca non fosse chissà quale bel soggetto.
“Oh,
prima che mi
dimentichi… Ho una cosa per te!” Le disse
facendole l’occhiolino. Ryo le mise
nel palmo della mano un piccolo oggetto metallico, freddo, e la donna
si stupì
che fosse uno dei suoi orecchini preferiti, che aveva smarrito mesi
prima.
“L’hai perso mesi fa, una sera che siamo andati a
prendere un panino insieme, e
io… io aspettavo l’occasione giusta per
ridartelo!”
Il
poliziotto si
voltò velocemente verso Mick, e gli fece
l’occhiolino, mimando con la bocca la
parola grazie: aveva fatto bene a darlo a lui. Aveva affidato la
scatolina
portagioie al vecchio amico in un momento di sconforto, ma Mick, come
sempre,
aveva avuto la vista lunga - e non se n’era mai separato,
attendendo
l’occasione giusta per ridarglielo.
“Ho
anche
l’anello, sai… quello lo avevo scelto per te, e
non me ne sarei mai potuto
separare, ma…” le disse, giocherellando con la
scatola che teneva in tasca. “Ma
non voglio mettere a nessuno di noi due fretta, Kaori… per
adesso… per adesso
puoi accontentarti di essere mia?”
Strinse
nelle sue
le mani di Ryo, ed accennò un timido sì con un
gesto del capo. Ryo aveva conservato
l’anello, non lo aveva venduto…
quell’anello che lei una sera aveva gettato
contro il muro, che aveva passato ore e ore a riguardare… e
che quel giorno,
mentre Shinji lavava i patti, lei aveva indossato
all’anulare, sorpresa quando
poi era stato Shinji ad entrare in camera, e non Ryo. Si era
così arrabbiata –
così spaventata – per
quella sua
reazione che aveva deciso di liberarsi di quel ninnolo, lo aveva
venduto,
svenduto, aveva perfino cercato di instillare in lei (ed in Ryo) la
falsa
consapevolezza che per lei non avesse significato nulla…
eppure, quando aveva
creduto che Ryo non fosse stato in grado di ritornarne in possesso, lei
ci era
rimasta, segretamente, male, e si era sentita male, sbagliata, per
questa sua
reazione.
Ma
lui lo aveva
trovato. E lo aveva tenuto con sé.
Ryo
le sorrise,
con occhi pieni di amore; adesso, ne era certo: un giorno, sarebbe
stato pronto
per fare quel passo. E anche tutti i successivi. Non solo le avrebbe
detto,
ancora e ancora e ancora, che l’amava, ma l’avrebbe
sposata, e le avrebbe dato
la casa e la famiglia che Kaori aveva sempre desiderato.
Quasi
avesse
percepito cosa stesse pensando, e forse era davvero così,
Kaori gli sorrise,
dolce ed innamorata, sguardo incantato ed incantevole, e
lanciò il bouquet alle
sue spalle, ridendo quando, sotto lo sguardo timido di Falcon, che
arrossì come
un ragazzino, finì nelle mani di Miki, che con aria sognante
ne inspirò a fondo
il profumo: la donna guardò di sottecchi l’uomo
che amava da tanti, troppi
anni, e gli sorrise, timida ma determinata, desiderosa di poter
condividere con
il suo amore quella gioia che adesso Kaori stava provando,
ripromettendosi di
fare qualunque cosa fosse necessaria per convincere l’ex
poliziotto a camminare
verso l’altare con lei, immaginandosi già il
vestito che avrebbe indossato, e
la chiesetta dove avrebbero celebrato le loro nozze…
Mentre
le campane
in lontananza suonavano a festa, Kaori gettò le braccia al
collo di Ryo, e
chiudendo gli occhi, lo baciò, lenta, languida e dolce,
assaporando il sapore
di quel bacio ed il dolce sorriso di lui contro le sue
labbra… quello non era
il loro primo bacio, eppure ne aveva tutto il sapore…
perché era il primo della
loro nuova vita insieme.
L’avventura
era
appena cominciata!