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Autore: Always_Potter    11/11/2021    1 recensioni
Quando Ryuk lascia cadere il suo quaderno sulla Terra, l’unica speranza dell'umanità è il primo detective al mondo... e una squadra non troppo scelta di Auror.
°*°*°*°
«No, aspetta, fammi capire. Tu hai passato gli ultimi vent’anni a fingere di non esistere, c’è gente seriamente convinta che tu sia un vampiro, e ho visto Robards sull'orlo delle lacrime perché ti sei rifiutato di apparire davanti al Wizengamot per quattordici volte. Ora lanci minacce in diretta televisiva, prendi il tè delle cinque con sei Auror e vuoi presentarti al primo sospettato? Il prossimo passo qual è? Invitare Kira a prendere parte alle indagini e diventare amici del cuore?!»
«Beh, all’incirca… sì, quello sarebbe il piano a lungo termine. Acuta come sempre».
La strega, allibita, accarezzò l’idea di piantare qualcosa di molto acuto nel cranio del detective. Tipo un coltello da cucina.
O una katana.
Avrebbe fatto un sacco di scena.
°*°*°*°
Un detective dal genio imbattuto.
Una Auror dalle abilità eccezionali.
Una quantità sterminata di bugie.
Il Mondo Magico ha di nuovo bisogno di essere salvato.
Genere: Fantasy, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LUMOS

Helo meraviglie: not gonna lie, non ho riletto, ma è uno dei capitoli più lunghi e spero vi piaccia. Missed u all :3

NOX

Capitolo 14

Non era niente di razionale

1 febbraio 2004

Matsuda si sistemò in un angolo del divano, ancora intorpidito dal freddo e dal sonno. Il gufo mandato da L aveva beccato sulla sua finestra alle cinque e, quando Touta aveva attraversato la città in tutta fretta, il sole era ancora ben lontano dall’uscire a mitigare l’aria gelida di Tokyo.

La convocazione a sorpresa lo incuriosiva, sì, ma non abbastanza da impedirgli di affondare sempre più nella seduta confortevole. Dopotutto, L era abbastanza strano da chiamarli a raccolta a un orario del genere.

Sophie, lei si comportava in maniera bizzarra: inquieta, perfettamente sveglia e… entusiasta?

In quell’ultimo mese, la ragazza aveva solo e unicamente manifestato un solido e risentito malumore nelle prime ore del giorno, la fronte aggrottata e le dita costantemente serrate su una tazza di caffè caldo.

Invece eccola lì, ad accoglierli trillando “Buongiorno!” alle sei del mattino: Matsuda aveva cercato lo sguardo di Aizawa, allarmato dall’energia con cui Sophie si era messa a distribuire tè e caffè alla stregua di Watari.

Che poi, dove diamine era Watari?

«Bene, ora che siete qui, non ci resta che aspettare» proferì L quando si furono accomodati, apparentemente assorto nell’impilare zollette di zucchero con delle piccole pinze che ricordavano le zampe di un rapace.

Il Sovrintendente si schiarì la voce. «Scusa, Ryuzaki, ma aspettare cosa

Ci fu un attimo di silenzio, in cui tutti gli occhi della squadra si posarono su L.

Poi ogni traccia di allegria sparì dal volto di Sophie. «Non glielo hai ancora detto?!»

Matsuda si risvegliò definitivamente dal suo stato letargico. «Ehm, detto che cosa?»

Lo sguardo incredulo e irritato della rossa saettò su di lui, e l’agente dovette trattenersi dal sussultare. «Non ve l’ha detto!» ribadì esasperata, passandosi una mano sulla faccia. «Avevi detto che glielo avresti detto» sibilò accusatoria ad L.

«Mi sarà passato di mente»

«No che non ti è passato di mente, tu non sai farti passare le cose di mente!»

Se gli occhi di Matsuda non fossero stati impastati dal sonno, avrebbe quasi pensato che L avesse sospirato mentre gettava via con poco riguardo le pinze d’argento. «Ho preferito mantenere la totale segretezza il più a lungo possibile…»

«Non lo dire»

«… per motivi di sicurezza».

Matsuda capì di essersi perso qualcosa quando Aizawa, accanto a lui, si fece rigido come un pezzo di legno. Anche lo sguardo preoccupato di Mogi, seduto sul divano di fronte, non prometteva niente di buono.

Il Sovrintendente prese un respiro. «Ryuzaki, devo dedurre che tu ci stai nuovamente nascondendo informazioni?»

Oh, pensò Matsuda, ora capisco.

«Non ho mai garantito la piena divulgazione di ogni mio piano, Sovrintendente Yagami» replicò pigramente L, prima di farsi versare del tè da una caraffa volante.

«Ryuzaki…» lo chiamò in tono d’avvertimento Sophie, e in effetti Matsuda poteva vedere la fronte di Aizawa aggrottarsi sempre di più.

«Arrivo al punto» annunciò L con tono annoiato. Uno sguardo, e le pinze scartate poco prima si trasformarono in un cucchiaino tra le sue dita. «Stasera si uniranno a noi dei collaboratori dal Ministero della Magia Inglese».

L’intera squadra drizzò le orecchie, la sorpresa evidente. Matsuda sorrise.

«Qualcuno ha deciso di unirsi all’indagine?!» chiese eccitato.

«Non pensavo che la Confederazione avesse approvato altre cooperazioni internazionali» obiettò il Sovrintendente.

«Infatti la Confederazione non lo sa» replicò il detective, inarcando un sopracciglio mentre si cimentava nell’impresa di sciogliere tutto quello zucchero in così poco tè. «Su questa nota, vorrei sottolineare la vitalità del mantenere totalmente segreta l’identità di chi arriverà oggi…»

«Ryuzaki, ancora metti in dubbio la nostra lealtà?!» sbottò Aizawa, sporgendosi dal divano.

«No, ragazzi, qui la fiducia non è esattamente il punto…»

«Beh, sì, in un certo senso.»

Sophie ed L parlarono nello stesso momento, guardandosi poi per qualche secondo: il detective era semplicemente scettico, ma la strega sembrava pronta a strangolarlo.

Poi i due si lanciarono in un lungo, fitto, impenetrabile battibecco.

Ukita, seduto tra i due, sembrava non riuscire a muovere gli occhi abbastanza in fretta per tenere il passo col dibattito.

Matsuda sentì Aizawa prendere fiato un paio di volte per intervenire, prima di desistere e ricadere contro lo schienale, le braccia conserte e un’espressione corrucciata in volto. Touta gli diede un paio di pacche sulla spalla, simpatetico.

Una volta che partivano, i due erano praticamente impossibili da fermare. Inoltre, Matsuda non lo avrebbe ammesso per non rischiare una fattura dai colleghi, ma li trovava troppo carini per pensare di intromettersi.

Guardando la spontaneità con cui i due si rimbeccavano, Matsuda pensò che dovessero conoscersi davvero da tanto tempo, sicuramente da prima del caso Kira. Non solo era evidente dal modo in cui si scambiavano opinioni senza assolutamente nessun pelo sulla lingua, ma anche dal modo in cui Sophie pareva sapere sempre cosa passasse per la testa di L, o da come il detective riuscisse a farla indignare con tanta facilità.

Inoltre, L era chiaramente bendisposto nei confronti della strega, il che era più di quanto non si potesse dire di chiunque altro: ascoltava la sua opinione con attenzione e, in un certo senso, si assicurava che tutta la squadra facesse lo stesso.

Personalmente, l’agente non si sarebbe permesso di parlarle sopra a priori, perché l’Auror gli incuteva comunque un po’ di timore nonostante il fare amichevole. Giusto la settimana prima, però, Ukita gli aveva allungato il menù di un take-out, chiedendogli sottovoce che cosa potessero ordinare di nuovo mentre Sophie stava discutendo del caso Misora: il volantino aveva preso fuoco tra le loro mani, sotto lo sguardo piatto di L.

Beh, non propriamente piatto.

Metteva i brividi, pensò Touta.

Sophie si era schiarita la voce rumorosamente prima di riprendere a parlare, il volto stranamente arrossato. Il Sovrintendente Yagami, invece, si era curato di dare loro una bella lavata di capo sul rispetto dei colleghi più anziani e sulla concentrazione durante le riunioni.

Matsuda era comunque dell’idea che lo sguardo di L sarebbe stato sufficiente.

Quindi sì, ecco, il detective non gradiva che la ragazza fosse interrotta più di quanto gradisse essere interrotto lui stesso.

«- se fosse stato per me, avrei imposto loro il Voto Infrangibile due settimane fa, ma i tuoi colleghi si sono detti contrari». Ecco, a proposito di terrificante.

«Oh, certo, scusa se a Londra non amiamo l’idea di vincolare qualcuno a una promessa, pena la morte!» sbuffò Sophie, alzando gli occhi al cielo.

«Colleghi?» chiese titubante Matsuda, non sapendo bene se guardare il proprio capo, Sophie o L. «Sono tuoi colleghi quelli in arrivo da Londra, Sophie? Chi?».

A voler essere precisi, sia L che Sophie aprirono bocca per rispondere, ed erano tutti talmente concentrati su di loro da non accorgersi che la serratura della porta d’ingresso si era appena aperta.

Molto silenziosamente.

«… strapieno di maledetti Babbani!»

 

«Malfoy, giuro che lo dico a Hermione»

«E va bene ma… oh, eccola qua! Ti avviso Sophie, se vedo un altro Babbano di qui a dieci minuti lo Schianto».

La rossa sospirò mentre la task force, congelata dallo stupore, fissava i nuovi arrivati come fossero allucinazioni. Tranne L, ovviamente: L stava scegliendo una fetta di torta.

«Malfoy, ti sembra il momento di lamentarti dei Babbani?» chiese Sophie esasperata, non riuscendo però a nascondere un largo sorriso mentre abbracciava il suo migliore amico.

«È sempre un buon momento per lamentarmi dei Babbani» replicò lui, sdegnoso, poggiando a terra una ventiquattr’ore in pelle di drago grigia.

Antracite, l’aveva corretta più e più e più volte Draco.

Lei lo squadrò con sospetto. «Hai portato solo quella?»

«Di sotto ci sono altre sette valigie» sbuffò Ron, spostando il biondo con una spallata per abbracciare la strega.

«Io non sono un pezzente, Weasley!»

«No, Malfoy, tu sei una principessa» replicò amabilmente Harry, chiudendosi la porta della suite alle spalle. Sorrise all’amica, che lo abbracciò di slancio. «Ci sei mancata, Soph»

«Anche voi». Sophie non riusciva a smettere di sorridere, mentre si voltava e finalmente tornava a rivolgersi al resto della squadra. Arrossendo appena, si accorse che L la stava fissando di sottecchi, ma si affrettò a distogliere lo sguardo.

«Bene, ragazzi, questa è la Task Force per la cattura di Ki-»

«Harry Potter!» sbottò Matsuda, spezzando il silenzio allibito della squadra e guadagnandosi una gomitata da Aizawa.

«Matsuda!» L’agente si coprì la bocca con una mano, rosso d’imbarazzo.

Sophie trattenne malamente una risata mentre si rivolgeva agli amici, indicando l’agente con un pollice. «Lui è Matsuda, e poi ci sono Mogi, Ukita, Aizawa, e il Sovrintendente Yagami».

Questi fece un passo avanti, inchinandosi con rispetto. 

«Penso che sia corretto che anche loro sappiano i nostri veri nomi. Io sono Soichiro Yagami, è un onore conoscervi» dichiarò solennemente, e gli altri sembrarono riscuotersi di dosso lo stupore, imitando il sovrintendente e ripetendo i loro veri nomi.

Sophie non aveva bisogno di guardare nella direzione di L per sapere che disapprovasse profondamente l’idea.

«Ron Weasley, il piacere è nostro» replicò Ron, compito.

«Harry Potter» sospirò il suo migliore amico, in quel misto di disagio e circostanza che caratterizzava le sue presentazioni.

«Malfoy, Draco Malfoy.» Il biondo dalla voce strascicata scandagliò la stanza con occhi gelidi, soffermandosi solo per un breve momento (e con un certo dissenso) su di L: in quel momento, il ragazzo dai capelli corvini sembrava particolarmente fuori posto mentre si serviva la colazione con il capo basso e le ginocchia portate al petto. Sophie poté udire il lamento interiore di Draco quando scorse le dita dei piedi nudi che sbucavano dai jeans troppo lunghi. «Credevo che L sarebbe stato presente».

Sophie passò lo sguardo tra i due, pregando che l’amico non causasse già un incidente diplomatico.

«Io sono L» intervenne a quel punto il detective, le parole scandite con freddezza e lo sguardo ostinatamente concentrato sulla sua tazza di tè. «D’ora in avanti, vi prego di chiamarmi Ryuzaki, e di spegnere eventuali apparecchi elettronici».

Lo stupore di Draco e Ron era palpabile e, quando inarcarono le sopracciglia in direzione di Sophie, lei rifilò loro uno sguardo supplicante, accennando al divano libero.

«Ok allora, Ryuzaki» intervenne Harry con tono conciliante, sedendosi assieme agli altri amici. La rossa gli sorrise, incoraggiante e grata. Sebbene Harry non fosse sempre il più diplomatico ed entusiasta delle situazioni delicate, la ragazza sapeva di potersi fidare di lui più della bocca senza filtri di Ron e molto più di quella snob e arrogante di Draco.

Soprattutto, il famoso Prescelto non avrebbe mai giudicato L da un paio di occhiaie pesanti o un comportamento un po’ eccentrico: forse erano stati gli anni coi Dursley, forse era stato lo scoprire che la magia esistesse a undici anni compiuti, forse era stato scoprire che Piton-il-traditore fosse un eroe di guerra, fatto stava che Harry sembrava ormai incapace di giudicare un libro dalla copertina.

Per esempio, se trovava una Caccabomba nel cassetto della scrivania e correva dritto ad affatturare Draco, non si trattava di pregiudizio, ma semplice buonsenso.

«Questo strambo sareb-» le stava sussurrando Ron, prima che la rossa gli sferrasse una gomitata nello stomaco. Draco, per fortuna, si limitò a squadrare L come faceva all’incirca con tutti: Sophie lo fissò truce finché lui, cogliendo la minaccia silenziosa, smise di guardare il detective come se fosse un insetto particolarmente bizzarro posato sul suo porta-sigari preferito.

Harry si schiarì la gola. «Allora, qual è l’organizzazione?» chiese, indicando con un gesto vago e abitudinario se stesso, i ragazzi e Sophie.

Chiunque avrebbe detto che l’espressione di L fosse diventata ancora più indecifrabile e neutra, ma Sophie avrebbe giurato di averlo visto affilare impercettibilmente lo sguardo. «Lei, il signor Weasley e il signor Malfoy vivrete nella stanza attigua alla nostra: come gli altri, considerate quest’ultima il Quartier Generale. A questo proposito vi comunico che-»

«Un momento» lo interruppe Draco, una nota polemica che richiamava apertamente l’attenzione dei presenti. «Ha detto “nostra”, Sophie dorme-»

«La signorina Clarke risiede stabilmente nel Quartier Generale, signor Malfoy. Sempre che non voglia condividere la suite con voi, è indifferente.»

A quel punto la rossa distolse di scatto l’attenzione dai suoi amici, fissando il detective con espressione sbigottita.

Signorina Clarke?

Indifferente?

«Come stavo dicendo, cambieremo albergo ogni due o tre giorni al massimo, per quanto riguarda le operazioni…»

Sophie non si aspettava quel tono stizzito, e non poteva ignorare l’accurata scelta di parole, perché L non era uno che diceva una cosa piuttosto che un’altra per pura casualità: non sapeva nemmeno cosa fosse, una casualità.

No, le sembrava piuttosto di essere finito in mezzo a un piccolo match di tiro alla fune, e non le piaceva essere usata come corda.

«… perciò uscirete solo se strettamente necessario e dopo essere stati Trasfigurati e forniti di nuovi distintivi…»

La rossa intercettò lo sguardo di Draco, rendendosi conto che la stava scrutando con un sopracciglio inarcato. Lei aggrottò la fronte e scosse impercettibilmente il capo.

«… ovviamente, vi ricordo che ogni decisione in merito spetta a me e, come vi dovrebbe aver già comunicato la signorina Clarke-»

«Sophie, per Godric» interruppe bruscamente a quel punto, alzando gli occhi al cielo. Si pentì un attimo dopo di quell’uscita, abbassando di scatto gli occhi sulle candide sneakers di stoffa che indossava.

«… Come Sophie vi dovrebbe aver già comunicato, non ho intenzione di transigere su quest’aspetto» terminò L, impassibile, prima di finire in un sorso il suo tè.

La strega fece una lieve smorfia d’insofferenza a quel tono: se già normalmente la sua voce baritonale era condita da una spolverata di supponenza, ora sembrava che il mago avesse rincarato la dose di boria che trasudava dalle sue parole. Nient’altro che un invito a nozze per gli orgogliosi Auror britannici.

Harry aveva la fronte aggrottata.

Ron guardava Harry e Draco, seduto sul margine della poltrona come pronto a scattare.

Draco aveva aperto la bocca polemica per quella che prometteva essere uno dei suoi classici: magari non Mio padre lo verrà a sapere, ma era plausibile un La Magiavvocatessa Granger lo verrà a sapere!

O un Il Ministro Shacklebolt lo verrà a sapere!

E Il Mondo Magico lo verrà a sapere!

L’universo lo verrà a sapere e vi spiaccicherà con una meteora!

Si diede della stupida per aver scordato che, in quella stanza, i suoi amici non erano certo gli unici propensi a causare discussioni.

Con uno sbuffo che era a metà tra una risata isterica e un gemito, Sophie scattò in piedi.

«Vi mostro la suite! Draco, Ron, su, gambe in spalla!» proruppe, tirandoli in piedi e trattenendosi dal tirarli via per le orecchie.

«Ma-»

«Sette valigie, giusto? Merlino solo sa quali robe oscure avrà portato Draco, meglio non lasciarle in mezzo ai Babbani, giusto?!»

Il biondo la guardò malissimo, mentre si raddrizzava la giacca stropicciata.

«Harry, aggiorna Ryuzaki sulla situazione a Londra, eh? Ci penso io alla tua roba!» aggiunse la ragazza, passando davanti ad L senza un secondo sguardo: sentiva già alla perfezione il modo in cui i suoi occhi grigi le stavano perforando la nuca.

 

«Potete non cedere alle provocazioni? Per favore, non voglio che vi rimandino a Londra oggi stesso» si lamentò la rossa, aprendo la porta di una stanza con una spallata e gettandovi un paio di borsoni alla cieca.

«Cedere alle provocazioni? Ma l’hai sentito quello come parla?!» sibilò velenoso il biondo, le braccia incrociate e gli occhi lampeggianti mentre aspettava che le sue valigie si sistemassero da sole. Letteralmente.

«Mi dispiace dirlo, ma devo dare ragione a Malfoy, quello è un- ARGH!» Ron schivò per un pelo un pesante baule in pelle di drago, che stava per fluttuare dalla porta d’ingresso a quella della stanza di Draco attraverso il suo stomaco. Il rosso cadde nelle borse che stava portando con un’imprecazione.

«Aspetta, ti do una mano… Draco?!» chiamò la strega, fulminando il biondo che, indolente, se ne stava appoggiato a un muro senza alzare un dito.

«Io le mie valigie le ho già sistemate» replicò, scrollando le spalle.

Sophie rispose con un grugnito poco delicato, mentre lei e Ron spingevano gli ultimi bagagli oltre una porta. «D’accordo, sentite» sbuffò, levandosi i capelli dalla faccia, «lo so che non è una delle persone più facili con cui avere a che fare…»

Entrambi i maghi sbuffarono con fare sarcastico.

«… però, innanzitutto tu Draco dovresti solo stare zitto, sai essere un insofferente pezzo di snob quando vuoi!»

«Ha ragione» appuntò immediatamente Ron, sorridendo amabilmente all’occhiataccia che gli rivolse il collega.

«Poi, ne stiamo parlando come se Robards non ci trattasse come pezze tre volte su quattro»

«Sì, Sophie, però Robards ha l’età di mio papà e fa un po’ paura, non sembra uscito dal backstage delle Sorelle Stravagarie!» le fece notare Ron, corrucciando la fronte lentigginosa.

«Ron!» lo riprese la rossa, spostando poi lo sguardo indignato su Draco.

«Ah, non guardare me, io avrei detto molto di peggio».

La strega si appoggiò allo schienale di un divano, passandosi una mano sul volto. «Sentite, lo so che è… particolare, e giovane, e ha dei modi che ti fanno venire voglia di prenderlo a Schiantesimi, ma è lui a dirigere le indagini, ed è-è pazzesco, davvero, dovete solo dargli un attimo di tempo, è assolutamente geniale e quando vi sarete abituati ai suoi modi vedrete che detective è…»

«È davvero L?» la interruppe Draco, la voce strascicata e gli occhi ridotti a fessure.

Sophie ammutolì, spiazzata.

Se è davvero L?

«Il vero L non si è mai mostrato a nessuno» sottolineò il biondo, senza staccare gli occhi dalla strega.

«In effetti… non è lo stratagemma che ha usato in tv? Con Kira? Ha usato quel tipo, quel…»

«Lind L. Taylor» fornì Sophie con tono assente.

«Ecco!» esclamò vittorioso Ron, inarcando le sopracciglia. «Quello! Potrebbe usare lo stesso trucco anche adesso!»

I tre rimasero in silenzio e Sophie, vagamene frastornata, non ci credette. Non ci credette di non aver neanche considerato quella possibilità: insomma, nessuno si spacciava per L se non voleva finire male, questo era vero, ma se fosse stato architettato tutto da lui in primis…

No, Ryuzaki è L si ritrovò a pensare spontaneamente.

Se non lo aveva mai messo in discussione, se non le era mai passato per la testa, c’era un motivo. No, non era niente di razionale, non erano prove certe e incontrovertibili, di quelle che avrebbe portato alla scrivania di Robards.

Si trattava di qualcos’altro, come il modo in cui vedeva le piste per il caso formarsi nei ragionamenti del detective, o la placida consapevolezza con cui un mago anziano e indiscutibilmente abile come Watari si rimetteva al servizio di un ventenne, o quell’aura di autorità che aveva sempre percepito in lui, istintivamente e quasi senza rendersene conto.

Quello era L, non aveva dubbi a riguardo. Ma non sapeva come spiegarlo.

«Sentite, non posso fare altro che dirvi di fidarmi di me, su questa» sospirò infine la strega, guardando i suoi amici.

«E tu? Tu ti fidi di lui?» chiese Ron, ma non con tono scettico. Era incerto, questo sì, ma Sophie sapeva che le avrebbe dato retta, che si fidava della sua compagna di squadra.

«Sì, sì io mi fido di lui» la replica le sfuggì dalla bocca senza che ci dovesse riflettere nemmeno un istante. Quasi si sorprese da sola per quelle parole, per la certezza con cui parlò.

Merlino, erano innumerevoli i motivi e gli episodi che logicamente le avrebbero dovuto far dubitare di quel ragazzo: era un bugiardo patologico, ometteva e dissimulava con la stessa frequenza con cui respirava, testava e provocava a non finire i limiti delle persone, ed era disposto a fare pressoché qualsiasi cosa per raggiungere i propri risultati.

Eppure, Sophie si fidava di lui, si fidava di L.

Ron cercò lo sguardo di Draco, ma lui non aveva smesso di fissare la strega. Con una smorfia, si limitò a scrollare le spalle larghe. «Beh, d’accordo allora. Torniamo da Ryu-coso»

Sophie ridacchiò, tirandogli un buffetto sulle spalle mentre infilavano la porta. «Ryuzaki, Ron, Ryuzaki»

«Sì, sì, quello»

«Winchester» sibilò il biondo alle sue spalle, improvvisamente, senza farsi sentire da Ron. «Dobbiamo parlare».

 

***

 

«In pratica non abbiamo piste» osservò Ron, scoraggiato.

Avevano passato le precedenti due ore a rivedere, passo per passo, ogni avvenimento e ogni indizio raccolto durante le indagini, per definire le loro mosse future.

«Al momento stiamo continuando a raccogliere informazioni e indagare sulle morti degli Auror, casomai ne saltasse fuori qualcosa di nuovo» disse Aizawa, che si sforzava di comportarsi normalmente con quelle sorte di leggende viventi.

“Del resto dopo un po’ hanno smesso anche con L” osservò Sophie distrattamente, mentre scrutava di sottecchi il detective in questione, non capendo se avesse intenzione o meno di riferire i suoi piani riguardo ai figli maggiori di Kitamura e di Yagami.

L alzò lo sguardo dal budino che stava divorando, cogliendo l’occhiata interrogativa della ragazza. Si lecco le dita sporche di cioccolato con il capo inclinato di lato, intento a riflettere.

Fu allora che s’intromise nel discorso come se niente fosse, senza dare il minimo peso alle voci che si sovrapponevano attorno a lui.

«In realtà ho trovato il modo di continuare a indagare sulle famiglie del direttore e del sovrintendente» disse tranquillo, iniziando a impilare una sull’altra le scatolette vuote.

«Non ne erano usciti tutti puliti dalla videosorveglianza?» chiese Draco, accigliato.

«Ho detto che non abbiamo trovato prove che indichino Kira come uno di loro, ma non che siano necessariamente innocenti. In particolare, ho deciso di seguire con attenzione le mosse della figlia maggiore di Kitamura, Ayame, e suo figlio, signor Yagami» tutti gli agenti dell’OSG evitarono di guardare in direzione dell’uomo, a disagio. Soichiro, però, non parve troppo sorpreso.

«Cos’hai in mente?» chiese Harry, seduto sul bordo del divano.

Sophie lo trovava più nervoso del solito: dopo la dozzina di volte che si era raddrizzato gli occhiali rotondi, si aspettava solo che saltasse in piedi e cominciasse a marciare avanti e indietro nel salotto, come aveva fatto migliaia di volte nella Sala Comune dei Grifondoro.

«Avvicineremo Light Yagami all’università tramite gli esami di ammissione, mentre per Ayame Kitamura attenderemo aprile per avvicinarci, quando inizierà l’anno scolastico. In quel momento sveleremo ad entrambi i ragazzi di essere L… ovviamente, dato che della famiglia Kitamura se ne è occupato il gruppo composto da Mogi, Aizawa, Ukita e Matsuda, sarà uno di loro a impersonarmi»

«Scusami, Ryuzaki» intervenne Soichiro, perplesso, «ma il primo turno degli esami di ammissione si è già svolto»

«Difatti io e Sophie vi abbiamo preso parte, utilizzando false identità».

La strega, sentendo gli sguardi dell’intera squadra su di sé, sorrise nervosamente.

«Non è pericoloso?» chiese Matsuda, titubante.

«Non finché Kira non sarà in grado di scoprire il nome di una persona solo dal suo volto» disse L, completando la torre di plastica che aveva innalzato sul tavolino.

«D’accordo» disse Harry. «Ma cosa faremo da qui a… ad aprile? Anche a inventarsele non ci saranno ancora molte scartoffie sulle morti dei dodici agenti, né possiamo indagare solo sui rapporti delle autopsie. Si sono rivelate dei vicoli ciechi fino ad ora, dubito che la cosa cambierà»

«Concordo. Per questo ho deciso, innanzitutto, che una parte di noi si dedicherà alle ricerche di Naomi Misora: esiste ancora la possibilità che sia viva e la sua testimonianza potrebbe essere cruciale per una svolta in questo caso. Inoltre continueremo a monitorare la rete internet babbana, in cui sono specializzati Aizawa, Mogi e Ukita, nonché Watari, e i giornali magici clandestini dedicati a Kira. Non smetteremo di analizzare i decessi causati da Kira per cercare di capire come esattamente sia provocato l’Avada Kedavra. Per tutto questo avrò bisogno della vostra piena collaborazione, non disdegnerei di riuscire a concludere questa faccenda prima di aprile».

Annuirono tutti, pronti ad affrontare Kira a suon di scartoffie e ore interminabili al computer.

Uno spasso.

 

***

 

2 febbraio 2004

«Seriamente, Sophie?»

«Cosa?!» chiese esasperata la strega, incredula che Draco avesse già trovato qualcosa di cui lamentarsi in così poco tempo.

«Come cosa?! Lo spettro? Il mezzo Infero? Il Re di Tutti i Panda?!» domandò sarcasticamente il biondo, non curandosi particolarmente di tenere un tono di voce moderato.

«Draco, per favore»

«Ma l’hai visto

«Draco, ne abbiamo parlato ore fa! Seriamente, una persona tanto geniale potrebbe anche avere le sembianze di un procione e non avrei nulla da ridire»

«Ma non quello, che me ne frega!»

«E io che ne so?!»

«Potreste abbassare la voce?!» ululò Harry dalla sua stanza, seguito dal grugnito di assenso di Ron.

La rossa sbuffò, premendosi le dita nell’angolo interno degli occhi. Se L li avesse cacciati tutti in blocco, non si sarebbe nemmeno stupita. L’amico, nel mentre, si era drammaticamente stravaccato in una poltrona, con la solita, arrogante, onnipresente energia da padrone dell’universo.

«Senti, Sophie, so che dimostro uno scarsissimo interesse per la tua vita sentimentale ma, seriamente, l’ultimo almeno non sembrava appena uscito da una bara!»

La rossa a quel punto non stava ascoltando, perché un sorso di tè le era andato di traverso attorno a “sentimentale” e stava tossendo anche l’anima, sbrodolandosi nel processo.

«Sei davvero melodrammatica» borbottò Draco, incrociando le braccia.

Lei lo fulminò con lo sguardo, operazione difficoltosa dato che la tosse le aveva fatto venire le lacrime agli occhi. «Si può sapere che cosa stai dicendo?» sibilò sottovoce, quando finalmente tornò padrona delle proprie corde vocali.

«Ecco, ecco perché odio impicciarmi nella tua vita sentimentale…»

«Allora non farlo?»

«… perché sei così testardamente cieca, e ingenua, senza speranze oserei dire…»

«Sto mandando segnali contraddittori? Perché non te l’ho chiesto!»

«… rifiuti fino allo stremo, quando è così palese ed evidente che…»

«Merlino, sei insopportabile!»

«… te la fai con L!»

I due rimasero a fissarsi a occhi spalancati per quasi un minuto, immobili e oltraggiati.

Il primo a riprendere parola, ovviamente, fu Draco. «Ah io sarei insopportabile?!»

«Mi hai appena accusato di farmela con Ryuzaki!» sputò Sophie, il volto tinto di un intenso scarlatto che faceva a pugni coi suoi capelli.

Draco alzò gli occhi al cielo, liquidandola con un gesto altezzoso della mano.

«No, ehi- Draco! Questa è una cosa seria, non puoi andartene in giro a sparare certe-»

«Vuoi forse dirmi che non è vero?»

«No che non è vero!» sbottò Sophie con voce acuta.

In quel momento, dei passi strascicati e inquietanti interruppero i due amici, facendoli voltare verso il corridoio: Harry, i capelli schiacciati in direzioni impossibili e il volto congestionato dal sonno, li stava fissando con uno sguardo allarmante.

«Se non la smettete di fare casino, vi rimando IO a Londra!» minacciò con voce raschiata dal sonno, più serio che mai.

«Scusa Harry…» mormorò Sophie, mordendosi un labbro. Draco invece lo ignorava bellamente, ma il moro sembrò considerarla una cosa positiva: li fissò ancora per qualche momento, annuendo soddisfatto, e poi tornò in camera curandosi di sbattere la porta.

«Sei tu che lo difendi a spada tratta e lo fissi in continuazione, non io» proseguì allora il biondo, totalmente indisturbato dall’interruzione.

Sophie gemette, esasperata, mentre cercava di pulire una macchia di tè dalla sua felpa extra-large a colpi di bacchetta. «Draco, perché a ventitré anni hai ancora la vena pettegola di un quindicenne?!»

«Perché purtroppo ti conosco, ed è mia personale missione farti notare tutte le balle che ti racconti» replicò amabilmente lui, mentre controllava l’etichetta della latta di tè posata sul tavolino, un’ombra di insoddisfazione già stampata in faccia.

«Vai al diavolo! E poi, mannaggia a te, lo sai che non so fare questi stupidi incantesimi di pulizia…»

«So che non sei abituata alla civiltà, ma esiste la lavanderia, negli alberghi»

«Cambiamo albergo ogni giorno, imbecille. Che faccio, glielo lascio per data da destinarsi?!»

«Non è che ci perderesti poi molto…»

«Neanche Hermione ci perderebbe poi molto se ti uccidessi. Dici che posso procedere?!» sbottò Sophie, agitando la bacchetta con furia: un cuscino esageratamente imbottito si alzò dal divano e si lanciò verso Draco.

«Credo potrebbe essere uno spiacevole inconveniente, circondata costantemente da forze dell’ordine come sei» commentò una voce pensosa, dalla porta d’ingresso.

Mentre Sophie si voltava di scatto, un tonfo e un’imprecazione la avvertirono che il cuscino aveva raggiunto il bersaglio. L era fermo sulla soglia della porta, le mani in tasca e le sopracciglia leggermente inarcate; la ragazza si stampò un sorriso innocente in volto e intascò rapidamente la bacchetta.

«Sono venuto ad avvisarvi che la squadra arriverà domattina alle otto. E a ringraziarvi per la vostra collaborazione»

«Potter e Weasley stanno dormendo» replicò freddamente Draco, massaggiandosi la guancia (su cui si era impressa una graziosa fantasia damascata).

Il detective annuì distrattamente e si voltò di lato, come per andarsene. Chiaramente, però, non era venuto solo per i convenevoli, dato che si fermò e alzò il capo, fissando un punto imprecisato del soffitto.

«Hermione Granger ha un caso che la potrebbe portare al Wizengamot? Ero quasi convinto che si sarebbe unita alle indagini» chiese d’un tratto, sempre rivolto all’affresco stile Rinascimento sopra di lui.

Sophie osservò Draco con la coda dell’occhio: se l’amico, all’arrivo di L, aveva ricomposto la gelida maschera di sottile disprezzo che utilizzava con tutti, ora sembrava che le sue spalle fossero scolpite nella pietra, tanto erano rigide.

«Hermione Granger non lavora nell’Ufficio Auror» replicò con tono di sufficienza, e la rossa riportò subito lo sguardo su L.

«Oh, mi deve perdonare, Malfoy, pensavo foste meno rigidi sulle collaborazioni intra-ufficio… a Londra» il detective parlò con tono moderato, quasi sinceramente dispiaciuto, mentre i suoi occhi scendevano lentamente dal soffitto per posarsi dritto in quelli di Draco.

I tre rimasero immobili, per qualche secondo.

Poi Sophie scattò in piedi, anticipando di pochi attimi l’amico grazie ad anni e anni di allenamento nel prevenire le sfuriate tra lui, Harry e Ron. Non sempre coi risultati sperati, ovviamente. «Credo che Draco debba andare a dormire, altrimenti domani sarà un’inutile palla al piede» ridacchiò la ragazza, battendo appena troppo pesantemente una mano sulla sua spalla per nascondere il fatto che lo stesse praticamente schiacciando nella poltrona.

«Io sarei la palla la piede?» sputò lui, arcigno, mentre scacciava la sua mano con uno schiaffetto.

«Buonanotte!» sorrise amabilmente la strega, sospingendo il detective fuori dalla porta per chiudersela alle spalle: Draco stava scuotendo il capo con espressione tempestosa, e lei gli fece l’occhiolino.

«Allora, svolto abbastanza test per una giornata?» chiese Sophie, voltandosi per scoccare a L uno sguardo divertito. «Sai, nominare Hermione è il modo più facile per farti schiantare il primo giorno».

«I tuoi amici sono così indisciplinati?» replicò il detective, inarcando un sopracciglio.

Lei sbuffò, puntellando la schiena alla porta. «Non fingere di non sapere in cosa ti sei cacciato. E non torturare i miei amici, dai».

Sophie sperò che le chiacchiere leggere camuffassero l’agitazione che le era montata dentro quando L era comparso nella stanza, ma lo sguardo penetrante del detective le lasciava sempre poche speranze.

Avrà sentito?

Il ragazzo aprì bocca.

Ecco, ha sentito, ha-

«Non sono tuo amico anch’io?»

Sophie rimase immobile per qualche secondo, gli occhi leggermente troppo grandi e il sorriso come congelato sulle labbra. «I-io, tu, certo che…» farfugliò, prima di cogliere il leggero sorrisetto che gli curvava un angolo della bocca. «Ryuzaki! Ho detto basta test, è tardi» lo riprese incredula, raddrizzandosi.

L però non arretrò, preferendo continuare a fissarla da sopra il proprio naso. Sicuramente, era solo un altro modo per metterla a disagio, e sì, forse ci stava riuscendo, ma non gli voleva certo rendere la vita facile.

Così attese che il detective distogliesse lo sguardo dal suo, quando ormai aveva le guance scarlatte e il suo sorriso era puro nervosismo. Poi lo seguì nella suite adiacente, accogliendo grata quel muto forfait.

«E comunque, la lavanderia è estremamente efficiente.»

Sophie si strozzò con la sua stessa saliva.

 

 

  
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