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Autore: heliodor    11/11/2021    0 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Una nuova era

 
L’ingresso della forgia era una voragine oscura che sembrava volerli ingoiare. Simm esitò sull’imboccatura, incerto se avanzare o meno. Sulla schiena sentiva il peso rassicurate della spada, l’elsa ancora grezza e poco rifinita che spuntava era l’unica parte che si intravedesse, mentre il resto era nascosto da un panno che vi aveva avvolto attorno.
Dietro di lui, Yander sembrò sul punto di spingerlo per esortarlo a proseguire. “Hai dei dubbi?”
Simm annuì. “Tu non ne hai?”
“Finiamo quello che abbiamo iniziato.”
Fine? Si chiese Simm. Ho paura che questo sia solo l’inizio. Un nuovo inizio di un nuovo incubo.
Invece annuì. “Sì. Finiamo.”
Yander sollevò una mano e sopra la sua testa apparve un globo luminoso. “Faccio strada io. Tu seguimi.”
Anche se aveva perso il conto delle volte che era sceso lì sotto, venire avvolto dall’oscurità lo rendeva irrequieto come la prima.
Quel giorno era sceso nel ventre della montagna insieme a molti che considerava suoi amici. Wyll, Rowlan, Genner, Maifel, il povero Caizan, Birlin e Neida la strega che amava intrecciare i suoi capelli ed era stata decapitata solo due Lune dopo in uno scontro con dei rinnegati.
C’erano anche altri volti che in quel momento si affollavano nella sua mente e dovette faticare per allontanarli.
I fantasmi di quelli che hai tradito ti perseguiteranno per sempre.
Sì, hai ragione, si disse. Mi perseguitano ancora oggi. Anche se so che non li ho traditi io. Non tutti, almeno. Oggi sto tradendo te, Wyll. Ti avevo fatto una promessa e ora puoi vedere quanto vale un mio giuramento solenne.
Fu tentato di voltarsi e tornare indietro, ma era sicuro che Yander glielo avrebbe impedito. A quel punto, era lui a comandare.
Era stato convincente quando gli aveva illustrato la loro situazione, mezza Luna prima, poco dopo essere tornati.
“Quintis ha portato via tutti gli operai e i mercenari” gli aveva spiegato. “E dei pochi che sono rimasti con noi non possiamo fidarci.”
“I mantelli che avevi con te?”
Yander aveva scosso la testa. “Impossibile contattarli e non farebbero in tempo a tornare. Siamo solo io e te, Simm. Come ai vecchi tempi, ricordi?”
Io ricordo solo un giovane stregone che voleva salire di rango, si era detto. Con qualsiasi mezzo. Anche sacrificando migliaia dei suoi amici, se necessario. Quanto ci metteresti a sacrificare me, adesso?
“Quanti sono?” aveva chiesto.
“Venti, secondo Perridan. L’ho mandato in esplorazione e mi ha riferito dei mercenari che Quintis sta assoldando.”
“Perché non ci attacca subito?”
Yander aveva sogghignato. “Lo sa che ha una sola possibilità di colpirci e dovrà essere sicura di vincere, perché se ne usciremo vivi, ci vendicheremo per come ci ha trattati.” Aveva scrollato le spalle. “Almeno, è quello che farei io.”
“Continua.”
“Sta reclutando il meglio che può avere. Veterani di guerra, gente esperta nel combattimento contro gli stregoni. Forse anche qualche soldato nero.”
Simm aveva serrato la mascella.
“Che hai? Non saresti felice di riabbracciare qualche tuo vecchio amico. E magari tagliargli la testa in ricordo dei bei tempi?”
Non immagini quanto mi farebbe piacere, aveva pensato.
“Andiamo via” aveva detto. “Prendiamo tutto il metallo che possiamo e abbandoniamo la forgia.”
Gli occhi di Yander erano quasi schizzati fuori dalle orbite. “Mai” aveva esclamato battendo il pugno sul tavolo. “Dannazione, non me ne andrò. È quello che vuole Quintis. Di metallo puoi trovarne altro, ma di forgia ne esiste soltanto una. E non me la porterà via.”
“Perché non è rimasta qui e ci ha attaccati? Sarebbe stato più semplice per lei.”
“Gli abbiamo ucciso i mercenari migliori prima di partire” aveva risposto Yander. “E dobbiamo averla impressionata parecchio. Forse ci considerava dei vecchietti indeboliti dagli acciacchi e dalla vita comoda, ma per sua sfortuna ci siamo conservati bene, vero amico mio? Tu non hai perso la tua ferocia e io ho mantenuto i miei poteri intatti. Non è stato facile, ma sapevamo che questo giorno sarebbe arrivato.”
 Lo sapevo, è vero, si era detto. Ma lo stesso ho sperato che non accadesse. E se avessi avuto la mia spada a disposizione non avrei dovuto assecondarti.
La spada.
Quello era il mistero più grosso che lo aveva tormentato da quando aveva scoperto di non averla più. La cassa dove l’aveva nascosta conteneva una brutta imitazione della spada.
Qualcuno l’aveva portata via, forse mentre era impegnato alla forgia di Ferrador.
Ma chi? Si era domandato in quei giorni.
Rann era l’unico ad avere accesso al suo alloggio quando voleva, ma l’aveva osservato e non gli era sembrato capace di rubare qualcosa. Ogni volta che aveva alzato la voce con lui era arrossito e aveva chinato la testa come un cane impaurito dal padrone, scusandosi anche se non aveva fatto niente di sbagliato.
Dalkon era il centro dei suoi sospetti insieme al suo cane da guardia, Ballard.
Sanno della spada? Si era domandato.
Era possibile perché servivano Hylana Abrekir e lei avrebbe potuto apprenderlo da qualcuno che aveva viaggiato con lui, forse dallo stesso Rowlan.
Se Hallen fosse ancora vivo, aveva pensato, potrebbe aver scritto una lettera a Hylana avvertendola che avevo la spada. Questo spiegherebbe perché mi ha voluto alla forgia e ha cercato di blandirmi con le sue offerte. Dannazione, avrei dovuto capire che era una trappola. Devono aver agito prima che partissi, magari approfittando delle mie uscite in città per procurarmi il Latte di Luna.
Aveva scosso la testa.
Ma Hallen non sa che ho la spada, si era detto. Come tutti gli altri, sa che l’ho distrutta dopo la morte di Wyll, come avevo promesso di fare davanti a tutti. Sa che sono tornato alla forgia prima che potesse intercettarmi. Gli ho persino fatto trovare i resti inutilizzabili di una spada per convincerlo. Possibile che per tutti questi anni abbia fatto finta di aver creduto alla mia menzogna?
“Ma tutta la nostra abilità ci servirà a poco se non avremo quella spada dalla nostra parte” aveva proseguito Yander. “E per questo servi tu, amico mio. Ora hai tutto quello che ti serve per forgiarne una.”
Potrei forgiarne anche dieci, si era detto. Ma preferirei non dartene nemmeno una. Ma che alternative ho? Anche se non mi importa di morire, devo vivere lo stesso. In questo momento Valya e la figlia di Yander saranno sulla via per Città della Forgia. Se arrivano qui e trovano i mercenari, cosa gli accadrà?
Quel pensiero lo aveva tormentato per giorni finché non aveva preso una decisione e si era messo a lavorare alla spada.
Forgiarne una col metallo che avevano recuperato aveva richiesto dieci giorni di lavoro. Nel frattempo, Yander aveva mandato via i mercenari rimasti.
“Potevano esserci utili” aveva obiettato durante una pausa.
“Non possiamo fidarci di loro, Simm. È gente che Quintis ha reclutato. Quanto pensi che ci metterebbero a tradirci? Meglio che vadano per la loro strada.”
“Potrebbero unirsi a quelli che stanno arrivando.”
“Allora li affronteremo senza temere che ci colpiscano alle spalle.”
Mentre rifletteva su quello che era accaduto in quei giorni, erano scesi di due livelli all’interno della cava, fino a raggiungere la sala che portava a quella dell’albero della vita.
Dentro di sé sorrise.
Albero della vita era il nome che Rowlan aveva dato a quella cosa. Se fosse stato Simm a scegliere, l’avrebbe chiamato albero delle maledizioni. O maledetto albero. O qualsiasi altra cosa che non avesse a che fare con la vita.
Perché questa cosa ha causato la morte di tante brave persone, si disse. E chissà quante altre ne ucciderà per colpa mia.
In quel momento l’albero era spento e non stava crescendo, ma era un’illusione. Dal tronco formato da tanti fili che si estendevano dal soffitto al pavimento formando un groviglio inestricabile, ce n’erano altri, centinaia, che si diramavano in tutte le direzioni. Non c’era molta differenza tra le radici e i rami di quella strana pianta che cresceva nelle viscere della terra, alimentata da una forza che nemmeno Hallen Rowlan, con tutta la sua sapienza, era stato capace di comprendere.
O di spiegare.
“È meraviglioso” si era limitato a dire la prima volta che l’aveva visto. “È la cosa più bella che abbia mai visto.”
Ricordava ancora i suoi occhi pieni della luminosità che emanava l’albero, dei colori cangianti che si irradiavano da ogni filamento, passando dal rosso al giallo, al rosso e al blu e per tutti quelli che si trovavano nel mezzo.
“È qui?” chiese Yander osservando l’albero.
Simm scosse la testa. “Secondo Rowlan, questa era solo una sala secondaria. Dovevano essercene molte di più quando Saralissa aveva impiantato qui la sua forgia, migliaia di anni fa.”
“Basterà a creare le spade che ci servono?”
“Non se è spento” disse Simm. “E non c’è modo di accenderlo.”
“E allora?”
Simm indicò un condotto laterale con un cenno della testa. Era uno dei tanti che si diramavano da quella sala e la collegavano alle altre. In ognuna di esse vi erano i resti di un albero della vita, i filamenti spenti e consumati dal tempo.
“La forza che li alimentava li ha consumati” aveva spiegato Rowlan mentre ne accarezzava la superficie screziata di grigio e nero lucente. “Come noi.”
Simm si era accigliato.
“Parlo di noi stregoni” aveva aggiunto Rowlan. “Anche noi veniamo consumati dal potere che scorre nei nostri corpi. Forse prendiamo la forza dalla stessa fonte dell’albero della vita. Chissà cosa accadrebbe se affondassimo la spada nel cuore di una strega.”
“O di uno stregone chiacchierone” aveva risposto Maifel.
Rowlan aveva ridacchiato. “O di uno stregone, certo.”
“Noi nasciamo con i poteri” aveva detto Genner con la sua solita stolidità. “Sono un dono degli Dei. O dell’Unico. Non dipendono dalla magia proibita dei maghi. Sarebbe assurdo anche solo pensarlo.”
Rowlan l’aveva guardato con sospetto mentre Maifel gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio. Lui aveva annuito con vigore.
Wyll lo aveva avvicinato. “Che cosa facciamo adesso?”
“Ci serve una fonte di potere ancora attiva” aveva risposto Rowlan. “Gli alberi della vita sono tutti morti, tranne quello che abbiamo bloccato nella sala vicina all’ingresso.”
“Non possiamo usare quello come fonte?” aveva domandato Caizan.
Rowlan aveva risposto con una risatina nervosa. “Certo che no. Che assurdità sono costretto a sentire? Quasi mi vergogno per te.”
Caizan era arrossito.
“Rispondi” gli aveva intimato Genner con tono fermo.
Rowlan lo aveva squadrato con ostilità. “Sì, certo. Quell’albero è alimentato dal potere, ma se lo sblocchiamo riprenderà ad attaccarci con le sue evocazioni.”
“Come può una cosa avere un potere?” si era domandato Caizan.
“Come puoi avere tu i poteri?” gli aveva risposto Rowlan. Genner aveva aperto la bocca per replicare ma lui gli aveva fatto un cenno con la mano. “Non vi dico di credermi. Se me ne darete l’occasione, vi dimostrerò che in questo santuario, Saralissa era capace di infondere i poteri in qualsiasi oggetto volesse. E forse anche nelle persone.”
“Come?” gli aveva domandato Genner.
“Ve lo mostrerò” gli aveva risposto Rowlan.
Il pozzo era una voragine senza fondo che sembrava volerli ingoiare. In bilico sopra di esso, c’era lo sperone di roccia al quale si stavano dirigendo.
Yander si guardò attorno con espressione scettica. “Io vedo solo un enorme foro nel terreno” disse.
“Saralissa era prudente” disse Simm salendo sopra l’altare. “Gli alberi della vita erano solo uno dei suoi esperimenti. Così almeno pensava Rowlan la prima volta che ci condusse qui sotto.”
“Lui ha letto i libri di quella maga?”
“I maghi non ci hanno lasciato niente” disse. “Rowlan aveva raccolto tutte le informazioni recuperandole da centinaia di testi. Leggendoli e studiandoli fino a che la sua mente non rimase sconvolta.”
“È un bene che sia morto. Come farai a rendere magica la mia spada?”
“Usando il potere contenuto in questa sala” disse. “O, più precisamente, sotto di essa.”
Yander lo raggiunse con un balzo e guardò nel foro. “È quello che penso io?”
Simm annuì.
Sul fondo del pozzo, profondo un centinaio di passi, c’era un leggero lucore che sembrava battere al ritmo dei loro cuori.
“Quello è…” disse Yander esitando, il viso illuminato dalla luce spettrale.
“Il potere che scorre dentro queste pietre” disse Simm estraendo la spada. Protese il braccio verso il pozzo, facendo in modo che la lama catturasse parte della luce che proveniva dal fondo.
E anche qualcos’altro.
Sottili fiammelle danzarono attorno a essa, illuminandone i particolari. Conosceva ogni parte di quella spada e questo valeva per tutte quelle che aveva creato e posseduto.
Tranne una.
L’unica che non osava impugnare da anni e che aveva dimenticato da qualche parte, seppellendola sotto il doloroso fardello dei rimorsi.
“Che aspetti?” domandò Yander. “Quanto ci vorrà?”
“Non lo so. L’altra volta ci vollero due giorni.” Sullo sperone di roccia vi era un altare di pietra a forma di semisfera. La sezione piatta era scheggiata e dall’aspetto antico. Vi poggiò sopra la spada in modo che la punta sporgesse verso il pozzo.
“Come sapremo che la spada è stata incantata?”
Simm ghignò. “Lo sapremo, fidati. Il metallo richiamerà a sé il potere del pozzo.”
“Continua.”
“Non c’è altro. Il primo che toccherà la spada sarà legato a essa finché non morirà.”
“Tutto qui?”
“Ti aspettavi qualcosa di diverso?”
Yander scosse la testa. “Mi sento strano a stare qui.”
“È la maledizione che aleggia su questo luogo.”
Lui si accigliò. “Non mi hai parlato di una maledizione.”
“Quando scendemmo qui sotto, Rowlan e gli altri mantelli avvertirono qualcosa di strano. I loro poteri non funzionavano bene come altrove. Genner e Maifel non riuscirono nemmeno a evocare una lumosfera, tanto erano deboli.”
“Come è possibile?”
“Rowlan diceva che ciò che dona i poteri può anche reclamarli, se uno stregone si avvicina troppo alla fonte. Tu puoi credere a ciò che ti pare.”
Yander annuì. “Allora andiamo via. Torneremo tra un paio di giorni e prenderemo la spada.”
“Prenderemo?”
“La prenderò io” si affrettò a dire. “E tu avrai la prossima. È il nostro accordo, ricordi?”
Simm si limitò ad annuire.
Non c’è nessun accordo tra di noi, si disse, ma non temere, non voglio la tua maledetta spada.
“Tra due giorni” disse Yander con gli occhi che gli brillavano. “Solo due, Keltel. E una muova era avrà inizio.”

 
  
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